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Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)
Messaggi di Giugno 2011
12 giugno sul mezzodì Entrai in quel cortile sul tardo pomeriggio
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Post n°254 pubblicato il 28 Giugno 2011 da simurgh2
In una piazza di Venezia, a Campo S Barnaba, tempo fà, c'era questo tipo dall'aria che si intuiva bizzarra, che girava a rovistare nei luoghi dove gli altri non guardavano e ogni tanto lanciava un urlo. La gente passava, in genere turisti. Sentivano quel grido e si giravano a guardare. Un grido che ti faceva fare un soprassalto, come frantumasse l'aria immobile della piazza. Non c'era una ragione apparente perchè quello la si mettesse a fare un urlo. Poteva essere di rabbia, gioia, dolore, allegria. Non era chiaro. Poi una voce, era di uno delle bancherelle nella piazza, cominciò a rispondergli. A grido rispondeva con un altro. Un doppio grido. Un grido che poi restava fermo e per qualche istante creava un senso di sospensione, come un funambolo che attraversasse sopra la piazza, camminando su un cavo. Quella tensione provvisoria ecco, per me è quel che intendo poesia. Al grido rispondeva il grido. A quel tragico del primo rispondeva un altro che lo annullava. Ed era un dialogo strambo, eccentrico, sorprendente. Si intrometteva tra le chiacchiere dei turisti, delle guide culturali, dei camerieri, delle duchesse ai tavolini. Era una cosa umanissima, che toglieva ogni finzione, ogni vanità alla maestosità dei palazzi. Non so, per me quel grido là era poesia. Ecco, la poesia è quel tipo là che lancia urli. Il suo grido in giro si farà sentire sempre, e qualcuno sarà la a rispondere, almeno spero. Altrimenti la poesia sarebbe terribile.
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Cliccando qui c'è la prima parte Il poeta diceva che quella scritta "Si prega di lasciare i servizi consoni di riutilizzo" a leggerla cosi, sentivi l'andamento di una marcetta che dispone l'anima sull'attenti. |
Ho uno che lavora qua con me, si chiana Erminio, ha 43 anni che non so come si faccia a mettere un nome del genere, Erminio, che non c'è piu nessunbo a chiamarsi a quel modo. Erminio è uno di quelli che dice "L'avevo detto io". Uno che ha sempre detto tutto, che aveva previsto, che sapeva già.. per mecrede di possedere una specie di arte divinatoria. Vai a fare osroscopi no? Oppure il chiromante, che ne sà, dico io. Secondo me porta sfiga uno cosi. Non è neanche che sia lungimirante, ma solo uno che vede le cose per come van storte. Che siccome son sempre tante è anche facile penso io. Non credo viva bene uno cosi. Un pessimista senza ironia. Non è neanche cinico, che a me i cinici piacciono. Tipo Cioran insomma. Quando le cose vanno bene, non dice mai "L'avevo detto io". Come mai? Cosi, se ascolti lui ti pare che le cose vadano sempre male. Lo mando a cagare tante volte ma è come avere un corvo appollaiato sulla spalla. Vai a cagare, vai Erminio. |
In un osteria di Reggio Emilia, un poeta si imbatte in una scritta che trova sul muro di un bagno. La qual cosa sembra a lui un bel poemetto. Due versi. Un endecasillabo elementare e di poco conto e un ottonario, dice. Lui è un professore universitario di letteratura, se ne intende. Mentre io, di metrica sò un tubo. Era scritto questo: Continuerò a scrivere di questa storia, che a me pare illuminante circa il senso profondo della poesia, del suo scaturire e del poter comparire in ogni luogo. ( 1 parte ) Il poeta in questione, nonche professore universitario emerito, si chiama Ermanno Cavazzoni |
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Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)
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