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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

Invidio il vento

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ALMOST BLUE-CHET BAKER

 

 

"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

Messaggi di Gennaio 2012

Sasso

Post n°389 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da simurgh2
 

Un dettaglio viene a sconvolgere tutta la mia lettura; è un mutamento vivo del mio interesse, una folgorazione.
A causa dell’impronta di qualcosa, la foto non è più una foto qualunque.
Questo qualcosa ha fatto tilt, mi ha trasmesso una leggera vibrazione.
(Roland BarthesLa camera chiara. Note sulla fotografia)

 

Il sasso

 

Quà, il cosidetto poeta, intende parlare di un sasso che ci aveva messo un milione di anni per arrivare sul fondo di un laghetto, dalla montagna da cui si era staccato per farsi la sua vita, e dal laghetto risalire fino alla riva. Riflette sul potere dei giganti e dei draghi sulle cose inermi


 Trygve Seim and Andreas Utnem - KYRIE

 

Il sasso 

Millemilemila e poi ancora millemila

ci avrà messo quel sasso a raggiungere la riva

A risalire dal fondo con ignobile, testarda pazienza, l'ardore

e raggiungere la luce con l'ambizione di ridiventare montagna

Ma non una montagna cosi. Un Ararat voleva diventare

Pian piano, s'era detto. Non ho mica fretta

Fin da piccolo, quando ancora era montagna di roccia

Sfatta dal vento, dall'acqua, dal temperamento

Prima di staccarsi dal cordone materno, già sapeva

Il suo destino era ridiventare montagna. Un Ararat voleva

S'era portato su anche due sasse. Non si sa mai

Doveva fiondarle, ardire la copula, farle crescere sassetti

riempire di ghiaino un intero piazzale, un cortile, una piazza

Aveva aspettato ere geologiche, mica età di passaggio.

Un sasso non è che abbia fretta. Non gli prende la usma

Era un bel sasso lui, dentro il laghetto. Levigato, tondetto.

Era uno che aveva studiato. Alta considerazione per lui la sotto.

Le sasse se lo contendevano da ferme sbattendo le ciglia vibratili

Finchè un giorno, non si sà come ma insomma per finire la storia

i tre sassi, il sasso, due sasse si trovano sulla riva scoscesa del laghetto

E arrivi tu, con le tue idee per la testa, di lanciare questi sassi

per chissà quale rito o espressione poetica e li prendi su

Un sasso, due sasse e li lanci nel laghetto, per sentire il pluf!

e sapere che vanno sul fondo, per amore del gesto, del lancio, del volo

Quel sasso bello, tondetto, ammirato che ci aveva messo milioni di anni

per arrivare dalla montagna al fondo di quel laghetto ecco

Ecco, per un chissà che cosa in una domenica di noia vien preso su

e lanciato nell'acqua. Per infrangerne lo specchio. Potevi prendere un rasoio.

Quanti ne ho lanciato io al di la del fiume solo per diventare un campione

 

 

Perché ci fa paura quando dicono
le pietre cosa siamo ancora prima
di noi. Prossime a noi ma più vicine
a noi che a loro ritorniamo sempre.

( Aldo Nove)


 

" E se gridano gli alberi, se i monti 
ci parlano questo vorrei imparare: 
ad ascoltare senza interpretare. 
Altra pietà non c'è, non c'è pregare"

(Aldo Nove)

 

 
 
 

Un altro Ohran

Post n°388 pubblicato il 28 Gennaio 2012 da simurgh2
 

Fin da bambino, per anni ho creduto che vivesse un altro Orhan, del tutto simile a me, un mio gemello, in una strada di Istambul, in un'altra casa simile alla nostra. Non mi ricordo dove e come ebbi per la prima volta questo pensiero. Molto probabilmente, il pensiero si era inciso dentro di me alla fine di un lungo processo, tessuto di incomprensioni, coincidenze, giochi e paure[. .] A cinque anni ero stato mandato in un'altra casa.  I miei genitori, dopo la separazione, si erano incontrati a Parigi e avevano deciso di lasciare me e mio fratello a Istambul. Io ero andato da una zia materna, mentre mio fratello era dalla nonna paterna e il resto della famiglia. Su una parete di questa casa, dove ero sempre stato accolto con affetto e sorrisi, c'era la fotografia di un bambino piccolo, in una cornicie bianca. Ogni tanto lo zio e la zia, indicando la foto dicevano sorridendo "Guarda, quel bambino sei tu"

Quel bambino grazioso, dagli occhi grandi, si, mi assomigliava un pò. Allo stesso tempo però, sapevo che non ero esattamente io. (In realtà la fotografia l'avevano comprata in Europa) Poteva il bambino essere l'altro Ohran cui pensavo sempre, che viveva in quell'alta casa? Anch'io adesso vivevo in un'altra casa. Forse ci ero andato per poter incontrare il mio simile che viveva da un'altra parte di Istambul, ma io non ero affatto contento di questo incontro. Volevo tornare a casa mia, a Palazzo Pamuck. Quando mi dicevano che era mia quella fotografia sul muro, nella mia testa tutto si confondeva: io, la mia fotografia, la fotografia che somigliava a me, il mio simile, le immagini di un'altra abitazione si mescolavano e volevo tornare a casa....

(Orhan Pamuck - Instambul - Inizia cosi)

Io non ho mai creduto che vivesse un altro me da qualche parte però quella dimensione di spaesamento l'ho vissuta eccome. Tutt'ora, la amo, la cerco, la esploro piu che altro. 

 
 
 

Gli haiku del branzino

Post n°387 pubblicato il 26 Gennaio 2012 da simurgh2
 

Richard Braudigan a pesca di branzini

R. Braudigan con Greg keeler

 

Questa è un'invenzione ispirata dai racconti di Braudigan

-Il sole ha le sue lune, gli disse con sguardo assorto guardando il cielo tra i rami del sottobosco. Ha le sue lune, pensò l’altro, come le paludi hanno le loro brume. Boh. Era un giorno cosi e vide una baracca la in mezzo. Si fermarono a guardarla. In un angolo del tetto una lamiera si era staccata. Il vento caldo la faceva sbattere ad ogni folata, tu tun. Il sole ha le sue lune, ripete l’altro mentre con un retino catturava delle mosche. Gli sarebbero servite come esche per la pesca al branzino. Quell’altro ancora pensò che non avevano portato le canne, cioè le canne si ma non quelle da pesca. Passarono accanto alla baracca con la lamiera nell’angolo del tetto che sbatteva. Dietro, a poca distanza, c’era una latrina malmessa e scrostata. La porta era spalancata. Dentro non c’era niente. Quello che aveva detto che il sole ha le sue lune, disse fermandosi che la latrina, a guardarla sembrava dirgli “Hei, il vecchio che mi ha tirato su a tavole e chiodi, l’ha fatta qui dentro 9745 volte e ora è morto e non voglio che nessuono mi violi. Era un brav’uomo. Mi ha trattato con cura e affetto. Quindi, se vi viene in mente, vedete di farvela passare. Se vi occorre, andate in mezzo i cespugli come i cervi.” 
“Chiedi allora alla latrina se questa è la baracca del signor Hayman”.
“Dev’essere questa si. Abbiamo fatto la strada segnata sulla mappa.”
Non quello delle lune, l’altro non lo ascoltava piu di tanto, ma era buffo. Poi, dall’alto videro sotto il lago. Era come una ghirlanda brillante. Guarda laggiù, gli disse indicando con un dito. “Allora dev’essere questo il posto” disse girandosi mentre si grattava la testa. “La c’è la baracca, la sotto c’è il lago e in torrente dev’essere qua vicino… diamo un’occhiata. “ I due si allontanarono verso est rizzando le orecchie. “Si dovrebbe sentire il rumore dell’acqua” disse quello delle lune. “E’ un torrente no?” Presero un piccolo sentiero che si vedeva appena e lo seguirono. Camminarono tra i raggi di sole che s’infiltravano tra i rami. La storia che gli avevano raccontato era che, nell’anno che il signor Hayman era morto, i branzini non avevano piu risalito Hayman Creek. Era successo che avevano preso a salire quando lui era la.. Lui ne prendeva uno due ogni tanto. Li mangiava crudi assieme a del grano macinato.  Avevano dato il suo nome al torrente. . Morto lui, nessuno ne aveva piu pescato di branzini.  Qualche anno dopo la sua morte, un paio di guardiapesca rasalirono il torrente con un secchio di branzini da vasca da bagno. Volevano provare a ripopolare dei branzini quell’acqua dimenticata. “Tanto vale buttarne qualcuno qui”, disse uno dei due. Perché no? Disse l’altro. Fatto sta che, buttati i branzini dal secchio nel torrente questi, dopo due secondi erano gia girati con la pancia all'in su, morti, che scivolavano verso il lago nella corrente. Non c'è stato verso di vederne piu di branzini da quelle parti, dopo la morte del signor Hayman.
Intanto quello delle lune insieme al suo amico trovarono il torrente. Loro erano di quella genia de "I vagabondi del Dharma", dei ragazzi cresciutelli che amavano il jazz e la poesia. Andavano a pesca del branzino in America e gli era venuta questa fissa degli haiku. Secondo complicati calcoli astronomici e suggestioni alchemiche, avevano individuato nell'Hayman Creek il nucleo della legge cosmica dell'haiku. E cosi si sedettero sopra un masso per uno sopra il letto del torrente Hayman Creek. Hayman, l'uomo che aveva fatto risalire i branzini fin la sopra quel torrente. E cosi, dopo essersi guardati un po in giro, cominciarono ad inventarsene qualcuno. 
(simurgh & Richard Brautigan)

 

Qua ci sono degli haiku, anche qualcuno sbagliato, ma non importa. Sono affari loro. Uno scambio tra due. Questo racconto si ispira a "Pesca alla trota in America" di Richard Brautigan che con i ragazzi del dharma ci aveva a che fare, visto che era beat generation. Questi haiku sono alcuni di quelli che non  potrebbe scrivere chiunque


Eagles - Desperado

 

Haiku

 

Un cielo scuro
attraversai il fiume
Branzino guizzò

Radi salici
Sull’argine del fiume
palpebre chiuse

Palpebre chiuse
Sul balcone del letto
pessimo vino

Branzino guizzò
Sull’orlo del fiato
Buona giornata

Mi manchi oltremodo
Balcone radioso
tempo immoto

Tempo immoto
Claudica la tremula mente
Inzuppa biscotti

Biscotti inzuppano
Nella tazza respirano
Liete le ore

Raggiungimi ai pozzi
Sul dosso ancheggia il cammello
Turba il fagotto

Sveglia dal sonno
respira la cetra sotto le mura
soffia il fagotto

Dentro una gabbia
un canarino al sole
arruffa le piume  

Una grossa mano
afferra canarino giallo
mette in bocca 

la pelle trema
sdoma ritorna
da un'altra porta

 
pozzanghere scure
siepi altezzose
sgroppa la mente

 

                                                  "Tra Lee Masters e Kerouac, Brautigan si muove con l’autorevolezza dello sperimentatore cosciente di offrire attraverso una storia di tutti i giorni, semplice e conosciuta quale l’andare a pesca, magari in autostop, una chiave di lettura della realtà capace di sezionarla, scomporla e ricomporla a propria misura, sia pure anche per divertirsi a renderla indecifrabile per sé e per gli altri."

 
 
 

Chiudi gli occhi dai. Tanto ormai...è tardii

Post n°386 pubblicato il 25 Gennaio 2012 da simurgh2
 

Li tenevo chiusi ancora, trattenendo il bulbo come un pesce in fondo ad una pozza che si gode il sole, immobili dietro il loro sipario cercando di rievocare le dita che li avevano chiusi. Stamattina non volevo aprirli, come se tutto potesse restare dietro le palpebre, come un vento leggero tra l'erba tenerli. Immaginarle le dita, il tocco che posa, invernate d'estate che par primavera e poi ancora inverno d'estate, e la pelle del dito, le impronte disegnano un labirinto dove inoltrarsi e non puoi aprirli gli occhi, devi solo sentire, ascoltarle le dita, il loro braille che suona.  Le premevi appena, con inconsistenza, come una cosa frugale da non badarci, però a me sembrava non fosse altrimenti. Tienimmi la dietro, mi hai detto con il tuo braille fatto di labbra. Li tenevo chiusi e tu eri la, ancora, con le dita sulle palpebre, sentivo. Non mi fidavo però. Mi guardavi, sentivo. Eri in piedi. Perchè? Sorridevi. Ho fatto finta di niente. Si sentiva un elicottero passare li fuori nel cielo. Poi ti sei messa a ridere. Che c'è? Eri bella, splendente. Io allora ho stretto le labbra. Facevo le rughe e tu prendevi un pò paura però. Se non ti guardo, tu sai che perdi man mano energia. Lo sentivi. Guardami dai, sembravi dire. Io ogni tanto, scoprivo una piccola fessura, un appena invisibile. Un vederti da dietro che non passava neppure in quella crepa negli occhi, le ciglia impastate. Quando è cosi dovremmo scappare, mi hai detto. Scappare uno dall'altro. Se lo sapevo prima, mi hai detto, se lo sapevo, scappare per non incontrarsi, neanche la prima volta, niente, neanche incontrarsi. Ma ho paura ormai, dicevi, ho paura che sia tardi. Non c'è niente da fare, ormai. Ormai è tardi! 

  

Vedi poi?
Io li ho tenuti chiusi gli occhi
Ogni tanto appena una sfesa (fessura)
Tu dicevi ma daiiii
Mi dicevi perdo potenza
Poi, pian piano ti ho visto diventare cosi
Mi guardavi con tenerezza
Sembrava capissi
Dovevamo fuggire ma ormai
Ormai è tardi

 
 
 

cortazar?... come si prende il patentino?

Post n°385 pubblicato il 23 Gennaio 2012 da simurgh2

  (Illustrazione di Rossana Bossu)

"Ora passa una grande nuvola bianca, come in tutti questi giorni, in tutti questi innumerevoli minuti. Quello che rimane da dire è sempre una nuvola, due nuvole, o lunghe ore di cielo perfettamente limpido, rettangolo purissimo appeso con gli spilli alla parete della mia camera. Fu quello che vidi riaprendo gli occhi: il cielo limpido e quindi una nuvola che entrava da sinistra, portava a spasso lentamente la sua grazia e si perdeva verso destra. E poi un'altra, e a volte tutto diventa grigio, tutto è una nuvola enorme, e improvvisamente crepitano gli spruzzi della pioggia, per un lungo momento si vede piovere sull'immagine, come un pianto a rovescio, e a poco a poco il quadro si rischiara, forse vien fuori il sole, e di nuovo entrano le nuvole, a due, a tre per volta. E colombi, a volte, e anche qualche passerotto"
(pag 71, alla fine del racconto - La bava del diavolo - da "Le armi segrete" di Cortazar)

Siccome con Cortazar non sai mai dove vai con i pensieri

Ecco, io vorrei prendere
il patentino di palombaro,
anche quello di aviatore
per guidare gli aerostati
Poi non trovavo piu casa mia
per quello mi serviva una nuvola
dall'alto ne vedevo tante di case
ma non ci badavo alle case
e neanche tanto di dov'era finita la mia
Ero preso da quella storia
che stavo la a fluttuare
come quelli nei quadri di Chagal
e non avevo pensieri
e pensavo di vivere dentro un dirigibile
oppure anche andar via con un circo
e di prendere il patentino da acrobata
Avevo le idee confuse a fluttuare
nell'aria cosi, che andavo a finire
in mezzo al latte delle nuvole gonfie
e non è che prorpio volessi tornare
a casa poi, a fare che? se non vieni anche tu
Chissà se lo prendo il patentino? chissà
(simurgh)

Quella che doveva venire mi scrive

Il latte ha la panna alta un dito

nelle nuvole il latte fa i grilli nel petto
legali sotto la tenda sai quel filo?
- No che non so e se sò non lo dico -
sono loro gli amici dei cavalli alati d'argento, lei dice 
e polvere  che vedi sopra quei tetti antichi e confusi
Tutto fugge nell'aria,via come nell'acqua scorre
- devo prendere il patentino da palombaro-
e lo vedi ritratto nel quadro al muro
prendi i miei occhi intanto guarda
il dirigibile là dove s'impiglia
la barra d'acciaio escono due colombe dal cigolio delle catene
alza il lenzuolo...fa la capriola fa la giravolta...vedi ..sei l'acrobata

 

 

 

 

 C'è un palombaro la dentro al laghetto

 
 
 
 

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SAINKTO NAMTCHYLAK

 

I LIBRI SUL COMODINO

-Rilke - Tutte le poesie - Einaudi
-J. Franzen- Zona disagio-
-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
-Tabucchi- Racconti con figure
-David F. Wallace- Tutto e di piu
-Ingo Shulze-Zeus e altre storie semplici 

 

Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

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