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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

Invidio il vento

ma anche no

 
 

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ALMOST BLUE-CHET BAKER

 

 

"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

Messaggi di Maggio 2012

L'incazzato

Post n°452 pubblicato il 19 Maggio 2012 da simurgh2
 

 

Nei giorni scorsi la pioggia, obiqua su noi, e sul gelsomino che s'apriva nei fiori il profumo, nella graticola su cui s'arrampica vedo, da dentro, sotto il portico, tra i piccoli rami un nido. Pareva vuoto, non vedevo nessuno alla cova. Ill giorno dopo le teste. Trepidazione dunque. Una lingua s'incontra, senza prima mai esser vista. Sapevo che non ci si doveva far vedere a guardarlo il nido, altrimenti la madre poteva abbandonarlo, assieme ai "merletti". Erano quattro. Ho imparato a conoscerne di ognuno il carattere.

 

 

 

 

Questo era quello che mi piaceva di piu. L'incazzato.
Per conto suo, guardava con cipiglio gli altri. Credo si sentisse, per conto suo, trascurato. Che fosse convinto di ricevere meno attenzioni. Cosi era stizzoso. Si irrobustiva mugugnando scontroso. Acquisiva, secondo me, una sua nobile presenza nel mondo. Pareva rivendicare una dignità che non si sentiva attribuita. Quando arrivava con un balzo nel volo il padre (io non l'ho mai vista una volta la merla), con il cibo per quei becchi spalancati e tutti i ci ci ci ci isterici, o frementi di eccitazione beh, lui, l'incazzato assumeva quella dignità regale, che lo faceva stare in disparte da quella ressa plebea.

 

 

 

A volte, incazzato teneva delle arringhe, dal suo angolo. Enunciazioni, editti e proclami, immaginavo io, ad addestrare ed educare la truppa. Ognuno al suo posto. Che a lui fosse riconosciuta la dignità e l'autorevolezza del capo. Secondo me si credeva un'aquila e di essere nato nel posto sbagliato o che quei genitori non fossero i suoi.

 

A volte, come qua, non so se si vede bene, ma è il terzo, con la testa appoggiata sul ciglio del nido. Gli prendeva lo scoramento. Avrebe voluto un gin tonic invece di un misero vermetto. Mi sa che voleva buttarsi sul bere. Ma poi reagiva. Lo guardavo con apprensione in quei momenti. Gli mettevo su la tromba di Enrico Rava perchè sentisse "Il giro del giorno in ottanta mondi",(clicca) (1) e incoraggiarlo, farlo reagire alla considerazione che gia aveva per la vita. Non volevo diventasse un cinico rancoroso alla Cioran e mettesse di malumore anche gli altri citando "In un mondo senza malinconia, i merli si metterebbero a ruttare"

 

Beh, arrivo fin qua, intanto

(1) magari un giorno, il merletto impara l'assolo e lo fischia invece del loro solito verso. E allora le merle, tutte la incantate, e lui a credersi ancora un'aquila, e credere nei suoi ottanta cieli, e fischiare nell'assolo epopee e racconti guerreschi nei cieli, come il Barone Rosso, con il berretto di cuoio e le sbardole sulle orecchie che penzolano, ah, allora si sarebbe un'aquila epica, allora.

La lezione del canarino

 
 
 

travasa travagli in un fusto di ferro

Post n°451 pubblicato il 17 Maggio 2012 da simurgh2
 

Il presunto poeta, usa parole che fanno dei suoni.
Il loro senso è personale si, però  ognuno si prende quel che vuole.
Che, in fondo, è sempre quel che succede.
Sente, non sente, qualcosa va pur ad evocare.
Questo è quanto: l'incontro

Le immagini del video non hanno astinenza. Forse piu il titolo: "Carta Bianca".
C'entra lo stridore inverso dei suoni, della festa e del clangore interiore, ferire.
Le immagini mentali che le parole raccolgono, sono sequenze improvvide,
che vengono come vengono seguendo il loro flusso dolente e ramingo. 

Al risveglio il travaglio

Al risveglio il travaglio
travasa nel fusto di ferro
un liquido denso come olio di camion
il succo spremuto di tutta una notte
fatto di baratri, fondali marini,
gemiti strozzati, fughe  e assedi branzini

Da un lato c'è un bambino che diventa
ragazzo e poi uomo mescolando livelli diversi
di sfinge, come un ibrido di muschi e di venti
Dall'altro una donna, la femmina del daino
Conturbante efeba priva di un regno
Sgombra di ogni obiezione, cerca sempre un nemico

Di notte li sentivo uscire dai buchi
con pupille iniettate di sangue, insonni
Uomini in cerca di cibo nelle discariche
Sopravissuti estenuati in cerca di stupri
nella mia anima, città saccheggiata, solo macerie
Mi nascondo anch'io, esco da solo, in cerca di lupi 

La femmina del daino si aggirava ai margini della radura
Se ne stava accucciata nell'ombra della selva
tra i cespugni, al riparo, senza che il suo odore
si potesse spargere in giro, al naso dei lupi.
L'assedio libera sangue, orazioni, rabbie, paura
La coagulazione di un tempo non ancora scaduto. 

Il bambino uomo ragazzo disse, quello che mi hai dato
è l'amare, e chi vince alla fine è la morte
questa infine la sorte, anche se adesso non posso
usare parole d'amore, senza che avverta il moto perpetuo
e anche se muto ti veste e ti spoglia su quella soglia
mi depreda, ruba, mi assedia e niente mi spiega.

La femmina del daino, ancora gravida
sfinita, non chiede risposta che ulteriore a noi ci neghi
il senso del bosco, aspetta acquattata, e sente
che il bambino uomo ragazzo si allontana in cerca di tana
di muschi e di venti, persa la fede, svilito senza il suo corpo
della daina Salomè, lontano diverge e infine si perde

simurgh - XVII a. C.

 


Nowhere

conosco le parole
che dalle teste strappano grovigli
e se ne vanno sfondando buchi
in piccoli universi
dove stavano prima di loro

 
 
 

Le trine di Rilke

Post n°450 pubblicato il 14 Maggio 2012 da simurgh2
 

Ad un certo punto entrano nella mia vita le trine di Rilke. Prima ancora Rilke mi era entrato tutto intero con le Elegie. Le trine si trovano ne "I quaderni di Malte Laurids Brigge", a pag. 103. Avevo però gia letto quella parte nel web. Ieri sera ci sono arrivato pian piano, leggendolo nel libro. Proprio ieri sera. Leggo poche pagine ogni tanto. Quella pag. 103 ora conserva un'appunto che ho scritto sopra. Una cosa pesante per me.
Quello che segue è un quadretto di Rilke da piccolo con Maman. Ti da l'idea di un Rilke femmineo, pavido, delicato di salute, impaurito e sgomento. Mica di uno che a quell'età giocava al  ribaldo cavaliere, all'ussaro combattente nella tundra, macchè: srotolava trine assieme a maman, come una bambinetta cortese, si addestrava all'uncinetto della poesia: 

nebbia.jpg"Adesso so anche cosa accadeva quando Maman srotolava le piccole strisce di trine. Si era riservata per il suo uso uno soltanto dei cassetti del secrétaire di Ingeborg.
«Le guardiamo, Malte?» diceva e si rallegrava come se le avessero appena regalato tutto quanto si trovava nel cassettino laccato di giallo. E poi non riusciva quasi, per l'impazienza, a svilupparle dalla carta velina. Ogni volta dovevo farlo io. Ma anch'io divenivo eccitatissimo quando le trine apparivano. Erano avvolte intorno a un rocchetto di legno che sotto le trine non si riusciva a vedere. E adesso le svolgevamo lentamente e guardavamo i disegni che si succedevano, e trasalivamo un poco ogni volta che una finiva. Cessavano così d'improvviso.
Venivano dapprima bordure di lavoro italiano, pezzi tenaci a fili tirati, in cui tutto tornava sempre a ripetersi, come in un giardino di contadini. Poi, d'un tratto, una lunga fila di nostri sguardi era graticciata di trine veneziane ad ago, come se noi fossimo chiostri o prigioni. Ma tornavamo liberi, e si guardava lontano, in giardini sempre più artificiali, finché tutto era fitto e tiepido negli occhi come in una serra: piante sontuose che non conoscevamo spalancavano enormi foglie, viticci si sorreggevano l'un l'altro come colti dalla vertigine, e i grandi fiori aperti dei points d'Alençon annuvolavano tutto con il loro polline. Subito, stanchissimi e confusi, si usciva sulla lunga via dei Valenciennes, ed era inverno e mattina presto e brina. E ci si spingeva attraverso i cespugli innevati dei Binche e si giungeva in luoghi ove ancora nessuno era stato; i rami si piegavano all'ingiù in modo così strano, sotto ci poteva ben essere una tomba, ma noi ce lo nascondevamo a vicenda. Il freddo ci stringeva sempre più dappresso, e alla fine, quando giungevano le piccole, finissime trine al tombolo, Maman diceva: «Oh, adesso ci verranno i fiori di ghiaccio agli occhi,» ed era proprio così, perché faceva molto caldo in noi.
Al momento di riarrotolare sospiravamo ambedue, era un lavoro lungo, ma non volevamo lasciarlo a nessuno.
«Pensa solo, se avessimo dovuto farle noi,» diceva Maman e sembrava addirittura atterrita. Era una cosa che non riuscivo neppure a immaginare. Mi accorgevo d'aver pensato ad animaletti che filano sempre trine e che per questo si lasciano in pace. No, naturalmente erano donne.
«Certo sono andate in cielo quelle che le hanno fatte,» dissi pieno d'ammirazione. Ricordo che mi colpì di non aver chiesto del cielo da lungo tempo. Maman sospirò, le trine erano di nuovo arrotolate.
Dopo un momento, quando già avevo dimenticato le mie parole, disse molto lentamente: «In cielo? Io credo che siano tutte qui dentro. A guardare le trine così: potrebbe essere una beatitudine eterna. Ma ne sappiamo così poco.»"

 
 
 

La mussola. Van Gogh a Mossul

Post n°449 pubblicato il 13 Maggio 2012 da simurgh2
 

 

Oggi ho visto una tenda bianca di mussola, 
che si vede faceva corrente d'aria dentro la casa. 
Ho visto la tenda venir fuori dalla finestra
che pareva quasi infuriata, gonfia d'aria com'era,
e c'erano degli uccellini, dei passeri sulla ringhiera
che porta giù poi lo scivolo al garage
Ho visto questi uccellini  spaventarsi
e volarsene  via e hai sentito quel suono
d'ali tutte su un colpo battute, tante ali,
abbastanza 
insomma quel frrrrffrr
che pareva, sollevandosi, portarsi via qualcosa.
Io ho sentito che mi portavano via qualcosa dentro.
Mi pareva almeno, in un primo momento.
Non so cosa. Ma poi, tante volte, la sensazione
di un portar via da te qualcosa, si mostra poi un'aggiunta.
Poi ho pensato che pareva un quadro di Van Gogh.
Assomigliava ai corvi la sensazione che avvertivo dentro.
La tenda di mussola poteva essere mai quel cielo scuro?
Ma guarda te, mi son detto, la mussola eh...cosa c'entra?


Thieverv Corporation - Satvam Shivam

Poi, da un'altra parte del mondo, nello stesso momento, una dice:
"Della mussola e' impalpabile l'armatura ,
si fa mussolina la notte pero'
come dell'uovo si fa la pelle dove s'impressiona
a Mussul La piu leggera delle citta' che ho vissuto
sulla riva del Tigri, nel Diarbek
Proteggevo le mie piantine di mussola esposte al sole
ma protette dal suo forte calore,
scrivevo le ninive,poesie sottili,
preghiere fasciate di garze,
filtrate una a una nascoste
come bimbi sotto la mussola dalle zanzare  
Da  portare in europa  in piccole crepe,
ferite intimissime senza cuciture ,
un film trasparente sotto pelle,
ritratti e atti da donarti nelle pieghe dei giorni
sollevando appena un po di vento
Quando faccio la mussola
ti ho solo lasciato una preghiera  sul davanzale
L'ombra e' li' sulla finestra,ed occupa la luna"

 

 

 

 

 

 

 

Era maggio e i campi non erano ancora dorati dal grano
Sulla strada che dalla Siria conduce a Bagdad, un curdo
guidava ill suo camion e proveniva da Mosul con un carico di stoffe. 
C'era stata una perla che, cadendo aveva spaccato gli occhi
Amina camminava lungo la strada la polvere il sole spargeva
Un canto leggero cantava come quando al telaio intesseva la trama.
Nessuno saprà mai di quella tenda gonfia di vento il canto.
Quella tenda finita su una finestra da qualche parte, vicino ad un fiume.
che una mattina si gonfierà spaventando nel volo dei passeri.
In quello stesso momento a Mossul, come ninive sottili poesie
Amina aveva partorito con un'urlo il suo bambino 
Il corpo cosi, come la tenda conosce parole
"una lingua che nessuno parla. Come respiro che và e non torna." 
Dalla stessa pezza di mussola della tenda
la madre, Amina, avvolse il neonato nella stoffa leggera . 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mogù ebbe nome quell'urlo che va,che non torna
quell'uomo di Hatrac guidava l'll suo camion,
mogugnava come un derviscio sa fare,a pena gli occhi spaccati
schizza la perla tutt’intorno, scintille bianche brillanti la_scia dentro l’occhio,
durano solo l'll tempo fulmineo della malinconia di non poterle più rivedere.
-come una tenda che gonfia, le parole si stagliano al netto contorno di luce,
conferendo del vento la grazia che ai passeri vibra-
chiamarla è cambiarla,come l'll respiro-
Amina scrive,lo fa toccando le corde più tese,
incarta ninive di madelaine,
in lingua che nessuno potè più parlare

 
 
 

L'amante

Post n°448 pubblicato il 11 Maggio 2012 da simurgh2
 

Da "L'amante" della Duras, questa ninfa, una ragazzina,
l'improvviso ardore, la sfida, il coraggio, il languore.
Questo impulso di sedurre da bambina l'adulto.

"In me c' era posto per il desiderio,
a 15 anni avevo il volto di quel piacere
che ancora non conoscevo.

Non c' era da attirare il desiderio.
Il desiderio era in colei che lo provocava
o non esisteva.
C' era dal primo sguardo,
o non era mai esistito.

Dice di aver capito subito che sarei stata così
dopo aver fatto l' amore,
che avrei amato amare."

Lei è una ninfa, o una Lolita. Di recente ne avevo incontrata una ne "L'uccello che girava le viti del mondo" di Murakami. Una quindicenne, a casa tutto il giorno da sola. (da fine pag. 12 alla 17). Ma di questo parlerò un'altra volta. L'elemento conturbante delle ninfe, mi sorprende ogni volta. L'altro elemento è la possessione che ne scaturisce. 

al minuto 6 del video.
In realtà, all'inizio, mi aveva colpito questo momento.
Quando la ninfa, alla fine dice queste parole.
Quel momento preciso, indotto da elementi esterni, misteriosi e inspiegabili, nonchè puramente soggettivi. L'eco, qualcosa riemerge, disvela, illumina, sovverte.

 

" Non c'era un alito di vento
e la musica si era propagata per tutto il piroscafo buio
come una misteriosa ingiunzione del cielo
come un ordine divino dall'ignoto significato 

All'improvviso non era più sicura di non averlo mai amato.
Solo che quell'amore non l'aveva visto
perchè si era perso nella storia
come acqua nella sabbia
e lei lo ritrovava soltanto ora
nell'istante della musica sul mare "

 

Ecco, quel momento, quell'istante
ti accorgi, lo senti
le cose non sono come sono
come credevi
Una musica forse, le note di un piano
le stelle sopra il mare scuro e
all'improvviso
quel per sempre
anche oltre la morte 


Chopin - Walz Opus 69 no. 2

 
 
 
 

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SAINKTO NAMTCHYLAK

 

I LIBRI SUL COMODINO

-Rilke - Tutte le poesie - Einaudi
-J. Franzen- Zona disagio-
-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
-Tabucchi- Racconti con figure
-David F. Wallace- Tutto e di piu
-Ingo Shulze-Zeus e altre storie semplici 

 

Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

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