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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

Invidio il vento

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"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

Messaggi del 21/12/2010

FAT

Post n°85 pubblicato il 21 Dicembre 2010 da simurgh2
 

 

Una cameriera racconta ad un'amica di un cliente grasso che va là a mangiare. Lei è colpita dalla natura gentile di quest'uomo: Un dettaglio che la porta a riconsiderare il rapporto con il marito e ne parla all'amica dicendo che adesso sà che il suo matrimonio è sbagliato. Parlare con l'uomo grasso le fa capire che ci sono cose che si possono cambiare e altre no. Lo capisce quando l'uomo grasso le dice che non ha scelta, che mangiare per lui è compulsivo. Ma lo capisce dopo, quando lo racconta all'amica, in quel momento intuisce. Questa improvvisa consapevolezza le suggerisce che lei ha ancora una scelta, che lei non deve stare con Rudy. Quella notte Rudy la "monta" e lei immagina, per ottundere il disgusto, di essere cosi grassa da non sentirlo neanche da quanto lui è piccolo.(1) Comincia così:

"Sto prendendo il caffè e fumando una sigaretta dalla mia amica Rita, e le racconto quello che è successo.
Ecco cosa le racconto.
E’ un mercoledì sera un po’ fiacco, sul tardi, quando Herb fa accomodare un signore grasso a un tavolo del mio settore.
Questo signore grasso è la persona più grassa che io abbia mai visto, anche se ha un aspetto curato ed è abbastanza ben vestito. Tutto in lui è grosso. Ma la cosa che ricordo meglio sono le dita. Quando mi fermo al tavolo accanto al suo per servire la coppia anziana, la prima cosa che noto sono le dita. Sembrano tre volte più grandi delle dita di una persona normale – lunghe, spesse, sembrano fatte di panna.
Servo gli altri tavoli: un gruppo di quattro uomini d’affari, molto esigenti; un altro tavolo da quattro, tre uomini e una donna, più la coppia anziana. Leander ha già riempito d’acqua il bicchiere del signore grasso e io gli do tutto il tempo per decidere cosa ordinare prima di andare da lui.
Buonasera, gli faccio. Cosa desidera?, dico...."

Pare che nelle storie di Carver non succeda mai niente. Un pò come nelle nostre vite. I personaggi sconosciuti, lontani e, all'improvviso scopri cosi simili e vicini. La sensazione che ho sempre è lo scoprire quanto ci sia estranea gran parte della nostra vita, quanto l'abitudine che rassicura infine ottunde, che è come un vivere con 20 gocce di Valium sempre in corpo. Come va? Tutto a posto!. Nelle storie di Carver ci sono sempre queste esistenze glabre, quotidianità decolorate nella varecchina ma, all'improvviso qualcosa di sconosciuto compare, si impone e illumina. Metafora e simbolo richiamano ad una piu meticolosa osservazione sul quotidiano che ad ognuno appartiene e ciò mi scardina, ogni volta.

 

Poi il racconto finisce cosi:

"Mi infilo nel letto dalla mia parte, proprio sull’orlo, sdraiata sullo stomaco.
Ma Rudy comincia subito, appena sotto le coperte, appena spenta la luce.
Mi giro sulla schiena e cerco di lasciarmi andare, anche se non ne ho nessuna voglia.
Ma ecco cosa succede.
Quando Rudy mi monta sopra, all’improvviso mi sento grassa.
Grassissima, enorme, così grassa che Rudy diventa minuscolo, non esiste più, praticamente.
E’ una storia divertente, dice Rita, ma è chiaro che non ha capito, non ha capito niente.
Mi viene la depressione. Ma non voglio spiegarle niente. Le ho già detto troppo.
Lei resta lì seduta ad aspettare, si tormenta i capelli con le dita delicate.
Ad aspettare cosa? Vorrei sapere.
E’ agosto.
La mia vita sta per cambiare, lo sento."

 

(1) "Grasso" è tratto da "Vuoi star zitta per favore?" di Raymond Carver. Altman inserirà uno dei suoi racconti nel film "America oggi" 

 

 

 
 
 

Il pittore e il pesce

Post n°84 pubblicato il 21 Dicembre 2010 da simurgh2
 

Il pittore e il pesce
di Raymond Carver
traduzione di Riccardo Duranti

Tutto il giorno aveva lavorato come un treno.
Dipingeva per dipingere, sul serio, le pennellate
una dietro l’altra come una macchina. Poi fece uno squillo
a casa. E questo fu quanto. Fine della storia,
aveva detto lei. Lui tremava come una foglia. E ricominciò
a fumare. Si sdraiò un po’ ma poi si rialzò,
subito. Come faceva a dormire se la sua compagna lo sbeffeggiava
dicendo che il tempo stava per finire? Andò in macchina
fino in città. Ma non per bere.
No, fece due passi. Passò accanto a una segheria
chiamata «La segheria». Odore di legname
appena tagliato, luci dappertutto, uomini che guidavano
furgoncini ed elevatori, che si davano un gran da fare.
Legname ammucchiato fino al soffitto del magazzino,
lo stridere e lo sferragliare del macchinario. Abbastanza
facile da ricordare, pensò lui. Continuò
a camminare, ora pioveva, una pioggia leggera che vuole
fare il possibile per non dare troppo fastidio
a nessuno e chiede in cambio solo
che non la si dimentichi. Il pittore
si tirò su il bavero e disse tra sé e sé
che non se ne sarebbe dimenticato. Arrivò davanti a un edificio illuminato
dove, in una stanza, c’erano degli uomini che giocavano
a carte attorno a un grande tavolo. Un tizio
con il berretto stava alla finestra e guardava
fuori tra la pioggia mentre fumava
la pipa. Anche quella era un’immagine che non
voleva dimenticare, ma poi
al pensiero seguente si strinse
nelle spalle. A che serviva?

 

Continuò a camminare finché arrivò al pontile
con i suoi piloni mezzi marci. La pioggia cadeva
più forte ora. Sibilava quando colpiva
l’acqua. I lampi andavano e venivano.
I lampi scoccavano nel cielo
come ricordi, come rivelazioni. Proprio
quando era sul punto di disperare,
un pesce saltò fuori dall’acqua
scura sotto il pontile e ricadde in acqua
e poi venne su di nuovo come una saetta
per ergersi sulla coda e scrollarsi tutto!
Il pittore poteva a stento credere
ai suoi occhi, alle sue orecchie! Aveva appena
avuto un segno – anche se la fede non c’entrava
niente. La bocca gli si spalancò
di colpo. Quando raggiunse casa
aveva smesso di fumare e raccolse
Ii pennello. Era pronto a ricominciare,
ma non sapeva se una sola
tela sarebbe bastata per contenere tutto. Non
importa. Avrebbe continuato
su un’altra tela, se necessario.
O tutto o niente. Lampi, acqua,
pesce, sigarette, carte, macchinari,
il cuore umano, quel vecchio porto.
Anche le labbra della donna contro
il ricevitore, anche quelle.
Le sue labbra arricciate.

Tratto da: Orientarsi con le stelle. Tutte le poesie, trad. Riccardo Duranti, minimum fax 2006.

 
 
 
 

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-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
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Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

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