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Un blog creato da simurgh2 il 29/04/2010

Invidio il vento

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"In un mondo senza malinconia gli usignoli si metterebbero a ruttare"
(E. Cioran) 

 

Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)

 

Messaggi del 28/05/2011

Teneva stretta nella mano una mela

Post n°230 pubblicato il 28 Maggio 2011 da simurgh2
 

La mela. è una sorietta che ho scritto dopo una sulle  Albicocche, tempo fà. Mi piacerebbe farne una serie sui frutti . Ripescata da un mio vecchio post

LA MELA

Era un tardo pomeriggio d’estate, le strade sonnolente del pomeriggio si sbracavano per l’ora dello spritz, evitavo il circuito, passavo sotto i portici di via Roggia pensando al declino con leggerezza, un poco inclinato declivio. L’avevo già vista sulla piazzetta che in realta deve essere stato a suo tempo solo un cortile, stretto tra le vecchie case a tre piani post rinascimentali. E’ seduta su quel gradino di pietra fuori di una vecchia bottega artigiana chiusa da tempo. E’ sola, come altre volte. Un paio di volte ho girato prendendo la strada per la piazzetta passandogli vicino. Entrambe le volte piangeva. Ero tentato di fermarmi, era bella.. Mi fermai un po piu avanti, dietro ad una colonna, a guardarla. Stava scrivendo qualcosa su un cartoncino e le lacrime le scivolavano sul viso senza inconvenienti, così, a fiotti lasciando le righe. Pensai pure che stese recitando ma la sua espressione era cosi costernata che non pensai lo facesse per vedere cosa faceva la gente davanti a tanto dolore. Lo dissi a Silvia, la sera. Abitava da quelle bande, da poco, nell’appartamento di un’altra. L’aveva vista anche lei una volta. Non passava di la ma il giorno dopo c’era andata. Lo spettacolo del dolore suscita sgomento ma anche curiosità. Si fermò dietro una colonna e si accorse che erano in due a guardarla, lei e un cane. Si avvicinò, si fermò davanti, in piedi. La ragazza non si muoveva, la testa un po china, piangeva. Silvia si sedette a fianco sul gradino di pietra. Non disse niente, si sedette e basta e stette la, in silenzio. Aveva un sacchetto di mele in mano, l’aprì. Ne prese due e una la offri alla ragazza. Non si mosse. Silvia addentò la sua senza dire niente. Porse ancora la mela, lentamente la tenne la. La ragazza la prese e piangendo la addentò, un piccolo morso, senza girarsi. L’avvertivo la disperata solitudine di quella ragazza mi disse poi Silvia. Disse che gli scavava dentro. Non le chiese se aveva bisogno d'aiuto. Non le disse niente. Le pareva andasse bene cosi.

 
La Tribuna di Treviso del 11 Agosto 2008

La donna è morta appena arrivata all’ospedale. Per quale motivo si fosse tutta avvolta cosi, come un pacco e si fosse chiusa la bocca con il nastro adesivo e anche gli occhi e il naso e persino il sesso con il nastro adesivo, nessuno è riuscito a spiegarlo. In mano teneva stretta una mela

Silvia passava spesso sotto quel portico dove aveva incontrato quella ragazza. In fondo abitava li, a due passi. Non seppe mai che era morta, ne in che modo la trovarono. Forse passava pensando di incrociarla, non sapeva neanche lei del perchè. Mi aveva colpito, questo mi disse. Mi dava da pensare. Insomma qualcosa di lei mi si era incistato dentro. Piu o meno questo mi diceva. Poi un giorno notò un cartone piegato, infilato sotto la serracinesca arrugginita della vecchia bottega. Ero io che l'avevo vista scrivere su un cartone, la prima volta. Silvia neanche sapeva. Dentro quel cartone piegato c'era un foglio e sul foglio una poesia scritta a mano:


"La donna ora è perfetta.
Il suo corpo
morto ha il sorriso del compimento,
l’illusione di una necessità greca
fluisce nelle pieghe della sua toga,
i suoi piedi
nudi sembrano dire:
siamo arrivati fin qui è finita.
I bambini morti si sono acciambellati,
ciascuno, bianco serpente,
presso la sua piccola brocca di latte, ora vuota.
Lei li ha raccolti
di nuovo nel suo corpo come i petali
di una rosa si chiudono quando ilgiardino
s’irrigidisce e sanguinano i profumi
dalle dolci gole profonde del fiore notturno.
La luna, spettatrice nel suo cappuccio d’osso,
non ha motivo di essere triste.
È abituata a queste cose.
I suoi nei crepitano e tirano.
Sylvia Plath

Quel foglio è dentro una piccola cornice, appesa al muro della sua camera. Lo era. Ora Silvia non abita piu li e l'ho persa di vista, anche se ho ancora il suo numero e se quel numero ce l'ha ancora, non so.

 

 

 
 
 

David Lynch - Boat. Quando le cose cominciano a mettersi male

Post n°229 pubblicato il 28 Maggio 2011 da simurgh2
 

Quando le cose si mettono male, c'è questa atmosfera

Irrigatori irreali

Sere fà pioveva. Dev'esser stato domenica. Anzi era domenica scorsa. Aveva piovuto tutto il giorno; incessante, fine. Io avevo dormito. Un tempo ideale. Nel pomeriggio ero andato a letto subito dopo aver pranzato, sulle due e ho dormito fino alle sei. Mi dà una goduria a me sta roba. Da sempre dormo poco alla notte sicchè, casomai posso. La pioggia è un tempo ideale, quasi a giustificare quello che puo apparir uno spreco. Tanto piove. Non devi render conto alla tua coscienza di non aver fatto un tubo. La pioggia lava ed assolve. Io poi, le domeniche mi stanno sui maroni. I giorni del tedio. Insomma ero la con la mia pigrizia da domenica piovosa e appena infilato sotto le lenzuola mi è venuta questa malinconia. Un desiderio che compare per un suo nesso inellutabile. Una voglia di far l'amore. Con la pioggia ha un suo timbro dolce che scompiglia. Il desiderio di aver qualcuno steso al fianco, prima ancora del desiderio di far l'amore. Cosi, se doveva esserci una priorità. Quel sentire di accordarsi al respiro, avvertire il contatto e il calore della carne, la vicinanza. Una dimensione arcaica ed ancestrale della mente. Lo senti quel richiamo venir su, per una sua naturalezza primordiale. Come una fame, non c'è da fare niente. Anche solo addormentarsi assieme, dio bon che roba. Fatto stà che ho preso sonno con quei pensieri.
Ma questo non centra con quel che sto per dire.


Alla sera pioveva ancora. Sono uscito sotto il portico a fumarmi una sigaretta, dopo cena. Il silenzio era fermo come in una pozza. La pioggia faceva solo un breve fruscio. Lento d'incanto. Guardavo il fimo che soffiavo dalla bocca scoprirsi all'esterno del portico e bagnarsi in quella pioggia.  Poi avvertii come il rumore che pareva di un motorino elettrico. Passarono istanti prima che riuscissi a capire. Intanto ti chiedi cos'è questo rumore? E il pensiero sfoglia il catalogo mentale dei rumori identificati. Un rumorino soffocato diciamo. Questo stoppò quel senso di pace. Qualcosa immetteva la sensazione dell'irreale. Capii che era un motorino che caricava una pompa quando sentii gli irrigatori sollevarsi nell'erba. Poi parti l'irrigazione. Pfffft pfffft pfffft crrrrch crrrrch pfffft. Pioveva. Mi prese una tristezza che non sapevo spiegare. Una cosa che ci scivoli dentro e mi sentii perso. Quelli irrigatori mi deridevano. "In quel buio un cane lontano abbaiava. Quando le cose si mettono male, c'è questa atmosfera." Che bisogno c'era che innaffiassero quella sera, che bisogno? Sono programmati cazzo!"L'uomo è pieno di ideficienti misteri che la natura non gli ha fornito. Mio nonno non dava da bere all'orto quando pioveva, per esempio. Ci vorrebbero però quei tempi che portavi un secchio alla volta alle cose che volevi inaffiare. Ma non è tanto questo, non è questo o forse si anche, un po centra. E' che mi sentii all'improvviso infelice. Quegli irrigatori che sputacchiavano contro la pioggia pfffft pfffft pfffft crrrrch crrrrch e via cosi. Era come se sentissi che mi pioveva dentro. Che mi colava dentro le pareti interne. Non so se rendo l'idea di quel che voglio dire. Mi sentii all'improvviso, fragile ed esposto. Vulnerabile, indifeso per un niente. Ero perfino commosso. Durò pochi istanti questa sensazione di essere fuori del mio corpo, distaccato, di una spanna anche se la percezione di sè diventa spazio siderale, visione, estraneamento. E lì che forse ci s'incontra, come quando dice che adesso, con il motoscafo Lynch, sarebbe entrato nella notte. E s'incontra con quella voce che lo sogna, con il buio dentro di sè.
Poi sentii che avevo dei peli che mi uscivano dalle narici (1) e li presi tra le unghie e li strappai, con un colpo. Sternutii. Mi sentii rimesso a posto ed uscii.

(1) C'è un'età dell'uomo in cui cominciano a crescergli i peli nel naso

 
Children

 

 

 

 
 
 
 

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SAINKTO NAMTCHYLAK

 

I LIBRI SUL COMODINO

-Rilke - Tutte le poesie - Einaudi
-J. Franzen- Zona disagio-
-Jennifer Egan- Il tempo è un bastardo
-Tabucchi- Racconti con figure
-David F. Wallace- Tutto e di piu
-Ingo Shulze-Zeus e altre storie semplici 

 

Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)

 
 
 
 

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