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Non so se quello che faccio possa chiamarsi "scrivere". Piu che altro confeziono dei brani che possano servirmi a riempire dei buchi (H. Murakami)
Messaggi del 02/06/2011
Ero in giardino a leggere, quando ho appoggiato il libro per terra e sono andato dentro che dovevo fare una roba. Poi sono andato a prendere il libro con la matita dove ero arrivato e sono andato in camera. Dovevo darmi una mossa e uscire che avevo da fare delle spese ed erano quasi le sette. Ero la che mi allacciavo le scarpe da ginnastica quando ho guardato le cifre luminose rosse, digitali della sveglia sul comodino. Dal libro che avevo appoggiato sul comodino avevo visto uscire delle formiche. Queste hanno preso e hanno sgambettato via veloci che non son stato capace di vedere dove andavano a parare. Non ero per niente contento di essermele portate in camera mia. La sera, quando sono andato a letto, ero là e mi sono venute in mente le formiche. Subito dopo mi è venuto in mente un racconto di tale Anna Starobiec: russa, 27 anni allora. Non mi ricordavo il nome e ho dovuto andare a vedere. Mi aveva impressionato un racconto suo sulle formiche che mi è sempre rimasto in mente. Una specie di Cronemberg moscovita. Insomma mi è venuta questa para che le formiche mi entrassero in un orecchio mentre dormivo. Che una formica potesse avere la stessa intuizione degli scenari inediti rappresentati da un nido dentro il corpo umano. Che si stabiliscano delle regole d'attrazione, come in un gioco assurdo e segreto. Avevo questo pensiero che era come si dice "allevarsi una serpe in seno". La metamorfosi kafkiana. Questa è un'ida che ho fin da piccolo. La paura che insetti mi entrino da un'orecchio o una narice e colonizzino che ne sò, il cervello. Ecco la percezione della realtà, secondo me, in queste situazioni diventa dispercettiva. Come la dimensione della follia si compendi alla normalità. Magari è una cosa che ci succede spesso, solo che non la badiamo. Ed è come rendersi coscienti, volendo ben vedere, di come il dialogo tra queste due dimensioni, sia ininterrotto, come l’ordinario delle apparenze di dissolva nell’incubo. Cosi uno puo farsi il suo cinema mentale. Quanto ignavi si conviva con l’inquietudine, piu che la paura, con quell' area mentale di confine della dissociazione psichica e, questa si la paura, se non distolta, relegata all’oblio o affidata all’inconscio piu oscuro e profondo. Ecco. In fondo, che ne so, Gogol o Bulgakov, indagavano la stessa fantascientifica dimensione. Poi, a letto, non riusciva a passarmi questo pensiero e allora ero venuto su a scrivere questa cosa qua sulla disconnessione dal reale e lo stupefacente teatrino mentale. |
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Chi viaggia odia l'estate. L'estate appartiene al turista. Il viaggiatore viaggia da solo e non lo fa per tornare contento. Lui viaggia perchè è di mestiere. Ha scelto il mestiere di vento. (Mercanti di Liquore)
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