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Da Arcore Silvio chiede le leggi-scudo ma crescono i dubbi sulla costituzionalità

Post n°553 pubblicato il 03 Gennaio 2010 da manonsolospine

ROMA - Essere magnanimi sì, ma solo a tempo debito. Mostrare il viso d'angelo sulla giustizia e sulle riforme che Napolitano auspica condivise "solo" quando i processi del Cavaliere Mills e Mediaset avranno perso la sostanza dell'incubo e saranno diventati un problema del futuro. Allora, e solo allora, Berlusconi potrà spogliare il processo breve della veste di legge ad personam e farlo diventare il grimaldello della futura riforma della giustizia, lo strumento per accorciare i tempi dei processi.

La strategia del 2010, in questi giorni di ritiro forzato ad Arcore, è stata individuata e comunicata ai più stretti collaboratori. Non consente deroghe. Prima il leader del Pdl deve portare a casa il legittimo impedimento e, subito dopo, incardinare al Senato il nuovo lodo congela-processi, il lodo ter dopo quelli firmati da Schifani e Alfano - e bocciati dalla Consulta - ottenendo la garanzia che marci indisturbato verso i molteplici passaggi parlamentari. Poi potrà offrire all'opposizione, Pd e Udc, una nuova veste del processo breve. Che non servirà più per chiudere d'un colpo il dibattimento Mills, che ha sforato i due anni concessi - non a caso - dal processo breve ai dibattimenti di primo grado.

Questi sono gli ordini del Cavaliere. Ma le incognite sono molte. L'incastro parlamentare difficile. Le diatribe tra le varie anime del Pdl forti. I dubbi pure. Soprattutto sul rischio che il legittimo impedimento, la prima carta del castello di carte da mettere in difficile e precario equilibrio, sia quella che potrebbe rovinare per prima e far cadere la debole impalcatura creata per garantire a Berlusconi una temporanea immunità. Di questo si ragionava prima di Natale quando al Senato si è deciso di non presentare più, rinviandoli a dopo le feste, i due articoli del lodo per congelare i processi delle alte cariche. Spingeva il vice capogruppo del Pdl Gaetano Quagliariello che con gli esperti della fondazione Magna Carta aveva messo a punto il testo. Frenava il Guardasigilli Angelino Alfano che voleva dire l'ultima parola sul futuro lodo, ma soprattutto non gradiva un dibattito tra Natale e l'Epifania che lo avrebbe visto fuori gioco per via delle sue vacanze alle Maldive. Frenava pure Niccolò Ghedini, che stavolta si è visto scippare la paternità di una nuova norma salvapremier dopo gli insuccessi delle precedenti.
Ma la paura che ha continuato a ingigantirsi in questi giorni riguarda l'effettiva compatibilità tra legittimo impedimento e lodo congela-processi. Soprattutto la costituzionalità della legge ordinaria rispetto a quella che richiede i due terzi dei voti. La prima è una norma ponte in vista della seconda. Per 18 mesi può consentire al premier di far valere sempre i suoi impegni istituzionali come necessari e improrogabili per rinviare le udienze. È "il male minore", dice il centrista Michele Vietti, che ha scritto la norma con il pidiellino Enrico Costa. Ma è una norma, ragiona l'opposizione, che viola la Costituzione perché garantisce al premier vantaggi in contrasto col principio di uguaglianza. Quindi Napolitano non dovrebbe firmarla. Qualora lo facesse, i giudici dovrebbero ricorrere alla Consulta e bloccare la legge. Ma potrebbe andare peggio: i magistrati potrebbero ignorarla, e andare avanti nei processi del premier. Che resterebbe di nuovo "nudo" e con il lodo ter in alto mare.

Peggio del 2008 e del 2009. Con il retaggio della bisaccia vuota della giustizia. Il 2010 comincia così. Con la minaccia di fare da soli, ma con le esitazioni e le divisioni interne su cosa fare e come farlo. Con il premier tuttora stritolato dai processi che si è cercato di fermare con la norma blocca processi, con il lodo Alfano, con il processo breve, ora con il legittimo impedimento grazie all'intercessione Udc. Nel frattempo le vantate riforme della giustizia, elencate e chieste con insistenza dal presidente della Camera Gianfranco Fini, sono rimaste sulla carta. Se ne lamentano magistrati e avvocati. Ma il governo pensa a come ingraziarsi il primo presidente della Cassazione Vincenzo Carbone, aumentando l'età pensionabile e dando un anno in più di carriera giusto alla toga che, tra pochi giorni, dovrà decidere se assegnare alle sezioni unite, come chiedono i legali, il processo contro David Mills. Lo stesso in cui era coimputato Berlusconi prima che il lodo Alfano lo bloccasse. Se la Suprema corte bocciasse la sentenza, le riforme della giustizia sarebbero assai meno necessarie.

 
 
 
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