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«Non siamo spie, siamo medici», proposte e indignazione a Roma
di Malcom Pagani
Ragazzi, ragazze, vecchi e giovani. Impegnati ad attaccare striscioni, distribuire volantini, spiegare quello che ai loro occhi è uno scandalo. «Siamo medici e infermieri. Non siamo spie». Marcello, trent’anni, una maglietta col logo di Medici senza frontiere è analitico. «Il provvedimento in esame alla Camera ha forti sacche di incostituzionalità. Ci preoccupa la cecità del testo, perché oltre alle ovvie considerazioni umanitarie, quello che rischia di essere approvato dal Parlamento scardinerà le residue sicurezze del sistema sanitario nazionale. In termini di costi, di incolumità dei migranti, di semplice buon senso».
Tra le sedie della sala messa a disposizione dalla direzione sanitaria del S. Camillo, non passa uno spillo. Fotoreporter, cameraman, giornalisti, medici, esponenti dell’associazionismo. Per alcuni di loro, scandagliare le soluzioni possibili, significa non porre limiti di schieramento. Giada, 27 anni, a riguardo è laconica.
«Neanche nel Governo c’è univocità nelle posizioni. Fini e Galan hanno espresso seri dubbi. Spero che ci sia un ravvedimento anche se lo strumento del voto palese non mi fa ben sperare. Ci dobbiamo far sentire ad ogni costo, urlare finché abbiamo fiato». Nonostante le proposizioni, il clima è disteso. Partecipe, consapevole, lucido. Al tavolo si alternano il direttore sanitario del S. Camillo, Luigi Macchitella: «Entusiasta di propugnare un messaggio di stretta umanità», un medico di origine araba e dall’eloquio senza inciampi, Foad Aodi di Amsf: «Mi rifiuto di pensare all’Italia come a un paese razzista ma nell’ultima settimana ho concesso 42 interviste a siti e giornali stranieri e posso dire senza timori di smentita che la nostra immagine all’estero inquieta i più». Giovanni Berlinguer che cita: «Le conquiste del sistema sanitario nazionale, il cui riordino concluso nel 1978, ha fornito alla nazione strumenti all’eccellenza in Europa e nel mondo» e il vicepresidente del Consiglio regionale, Esterino Montino, pronto ad appellarsi «all’obiezione di coscienza, se passasse questa norma liberticida e redatta in spregio alla deontologìa e al rapporto fiduciario tra medico e paziente».
Intorno a loro, una platea attenta che ascolta, interviene, suggerisce. Un lavoratore del Policlinico consiglia l’implemento degli sportelli di accoglienza : «Con figure diverse da quelle strettamente amministrative», Francesca, 28 anni, dottoranda, parla con dolore delle oltre «15mila donne costrette in condizioni disumane ad abortire con metodi atroci nel silenzio di istituzioni e media», altri come Giulio, medico di ruolo, avvertono con allarme: «Siamo stati avvertiti del proliferare di ambulatori clandestini che praticano prezzi di favore ai migranti. Un rischio per la salute. Gli immigrati già hanno paura di essere segnalati, non si presentano, preferiscono cure alternative a gravissimo rischio per la salute». Il ruolo dell’informazione è evocato spesso. Bisogna restare vigili, dicono. Non sono spie. Non segnalano. Sono medici. Esseri umani. Persone pensanti.
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