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Istantanee di una pedalata

Strane coincidenze che capitano ogni tanto o sono segno del destino o
una lettura interattiva della vita. Entrambe le cose, per quanto mi
riguarda, è un caso e al contempo non lo è quello di leggere un libro e
trovarvi spiaccicate le parole con cui si voleva descrivere un viaggio
appena concluso. Non è proprio fortuita coincidenza: il libro lo si è
cercato e forse in base ad esso si è deciso di partire. Parlo de "La
leggenda dei monti naviganti"
di Paolo Rumiz - e già la scelta
dell'autore è decisiva in questa faccenda, poiché troppe sensibilità da
concittadini ci uniscono -.

A pagina 303 trovo una citazione di Ivan Illich (quindi siamo qui alla cit. della cit.) secondo cui le autostrade si espandono "ficcando cunei tra i vicini e spostando i campi oltre la distanza che un contadino può percorrere a piedi". "La velocità, in Italia - riprende Rumiz - non ha né avvicinato né innervato il territorio. Al contrario, lo ha allontanato e svuotato."ecco, questa è l'esatta sensazione che ho avuto percorrendo per 110km in bici la costa del Tirreno da La Spezia a Livorno.

Il Tirreno, mare del sud (secondo gli antichi romani e Rumiz) contrapposto all'Adriatico, mare del nord, ha un che di arcaico e di selvaggio, nonostante l'inurbamento della Versilia, sembra rimasto neutro al passaggio dell'uomo. Ben altri paesaggi dalle Marche a Trieste per un Adriatico quasi addomesticato.
Sulla Versilia si stende come una coperta lisa uno strato di vecchiume
anni 70, lo stesso dignitoso degrado della periferia romana, una specie
di rinuncia al rinnovamento. A parte i negozi delle grandi marche, bar
ristoranti strade campeggi hotel hanno addosso una patina giallognola
come le mattonelle di certe cucine. Tra un paese e l'altro, fra Pisa e Livorno, solo lo sfrecciare di automobili e qualche postribolo a cielo aperto. Possibile che il mercato del sesso sia così florido da aver soppiantato nelle campagne coltura e allevamento? Lunghe strisce di campi incolti, e qualche anfratto sinistro dove, nonostante la pioggia battente che mi ha accompagnato per tutta la pedalata, si notano macchine ferme accanto a sedie vuote…

Improvvisi squarci di sole, il profilo sensuale dell'Appennino e rare bancarelle colme di fiori. La primavera è la mia stagione preferita e malgrado tutto la prepotente bellezza del Paese è la sua grande forza. Una potenza che cancella tutto. Cancella la disorganizzazione, le incompetenze, la carenza di mobilità sostenibile, la mancanza di pianificazione territoriale. Un esempio su tutti: in Versilia esiste una pista ciclabile lungo la costa di più di 20km. A parte la differente manutenzione a seconda dei comuni attraversati, è del tutto vacante una segnaletica decente e una strategia turistica (niente mappe ciclabili, niente servizi per le bici, nessuna efficace infrastruttura di supporto), e questo in Italia vale un po'dappertutto. Naturalmente un confronto con i percorsi cicloturistici francesi, austriaci, ungheresi, sloveni affrontati di recente, è deprimente.

Niente di diverso, in fondo, rispetto all'andazzo nazionale. Un paese in svendita, preda dei rapaci, infarcito di manodopera straniera (soprattutto dell'est… a proposito: quanta economia bypassa l'Italia attraverso i Money Tranfert?) e SOPRATTUTTO inconsapevole delle proprie potenzialità!

 
 
 
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