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Recensione SUSPIRIA

Post n°93 pubblicato il 25 Gennaio 2014 da storie
 

Per riscaldare un blog un po' raffreddato, cosa c'è di meglio di un paio di bei film?!

I film cult di Dario Argento mi hanno sempre inquietato. Non tanto per l’aspetto gore, quanto per un certo uso di musica e montaggio, oltre la costruzione di colpi di scena a effetto. Su questo il regista ha costruito un successo mondiale. Uno dei film riconosciuti come masterpiece è Suspiria.

A rivederlo dopo tanto tempo mi rendo conto che l’interesse che una volta era più rivolto alla trama, ora si è spostato sull’aspetto figurativo e metaforico. E scopro che le suggestioni sono particolarmente raffinate e ricche di rimandi pittorici e cinematografici. Innanzitutto la costruzione di tutte le inquadrature come quadri incorniciati è una poetica dichiarata di ispirazione all’Arte. Si era già visto qualcosa di simile nel precedente Profondo Rosso, in cui la sorpresa dell’immagine è determinante (così come in Blow-Up di Antonioni).

Pittura, illustrazione, architettura. Il punto di partenza è il Liberty, il cosiddetto stile floreale dei primi del 900, che ha già nel nome uno degli oggetti cardine della pellicola: il fiore. Fiori e mostri, simbolismo e surrealismo. La scena del cieco e del cane in una piazza metafisica ricorda Dalì e De Chirico, numerosi interni e il personaggio di Olga sembrano invece ispirati allo Jugendstil, lo spogliatoio con gli sportelli a quadri ha un non so che di Mondrian. Il cinema è celebrato con Hitchcock e palesi rimandi a Gli uccelli (l’assalto del pipistrello), Notorious (dettaglio del bicchiere), Vertigo, la scelta non casuale di Alida Valli (un mio mito) già interprete del Caso Paradine. La presenza di Joan Bennett invece evoca quel film di Fritz Lang che è considerato un capolavoro del thriller anni 40: Dietro la porta chiusa. Come Alice nel paese delle meraviglie e attraverso lo specchio (la scuola di danza ne è piena!) Susy apre porticine segrete e si tuffa in un mondo “magico” fatto di simboli dove una rediviva regina è pugnalata da uno spillone con l’impugnatura a forma di cuore… La congrega delle streghe a livello simbolico mi ricorda certa massoneria deviata (cronaca di quegli anni) e nella stanza segreta domina l’occhio nel triangolo.

Tutta questa teoria di simboli e citazioni, grazie anche a un lavoro egregio di scenografo, costumista e direttore della fotografia, porta la firma autografa e ironica di Argento stesso, che di nuovo ispirato dai camei di Hitchcock si fa ritrarre (autocitando Profondo Rosso) nel riflesso di una vetrata.

 
 
 
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