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Mini guida di Trieste

Trieste è una città a spicchi.

La si può vedere da lontano di passaggio per andare in Croazia, o ci si può soffermare anche una settimana senza annoiarsi.
Si può esplorarla con la prassi della vecchia metropoli asburgica, eppure scoprire che ha sapori mediterranei e balcanici.

Tipica città ordinata del nord, un po' sonnacchiosa, o fremente capitale d'area a cavallo fra Italia, Slovenia e Austria?
Confonderla con un'altra città veneta o friulana non le rende merito, perché Trieste è un'oasi che non assomiglia a nessuna. Lo fu nella sua storica indipendenza da Venezia, lo è tuttora.

Quando la costa adriatica piega a sud il panorama cambia istantaneamente. La sabbia lascia il posto alla roccia calcarea e le colline cominciano ad alzarsi fino a 400 metri, a strapiombo sul mare.

Il blu intenso contrasta col bianco e il verde lussureggiante.

Il fenomeno denominato carsismo circonda la città come una corona, ed è un serbatoio inesauribile di acque che il terreno assorbe e incanala nelle cavità del sottosuolo.

Il Carso è pieno di grotte, una in particolare è la più grande cavità turistica del mondo, si chiama Grotta Gigante non a caso. A una ventina di km dal centro le Grotte di San Canziano, e un po' più in là quelle di Postumia, danno un assaggio di quanta attività speleologica vi sia intorno.

La speleologia (e paleontologia) ha portato alla luce anche il fossile del dinosauro più grande d'Italia: Antonio. Lo si può visitare al museo di storia naturale dove è esposto anche uno spaventoso esemplare di squalo. Mostri di terra e mare.

Mare e Carso corrono paralleli lungo la costa e terminano alle porte della città.

La scelta allora è duplice: continuare ad esplorare il centro o approfittare delle numerose attività che l'altopiano sa offrire.

Il territorio di Trieste è composto da sei comuni, è la provincia più piccola d'Italia, appena 212 kmq, che vale a dire grosso modo 30x7 km.Ha una popolazione di 250 mila abitanti e una densità che è la quarta dopo Milano, Napoli e Monza. 

Questo significa che oltre al centro città, attrattore per i servizi e le attività socio-culturali, esiste una periferia piuttosto diffusa che si sviluppa sull'altopiano verso nord fino a Monfalcone. 

A sud la conurbazione con Muggia è del tutto evidente. 

La Slovenia con l'entrata in UE, le agevolazioni fiscali e i prezzi più bassi, invita alcuni imprenditori a spostarsi oltre confine, e così sta avvenendo anche per le abitazioni. Si sta delineando pertanto una città diffusa transnazionale che arriva oltre Capodistria.

In pratica da Monfalcone a Koper-Capodistria, in un raggio di 25km, i porti, la logistica, le infrastrutture, i trasporti, il turismo, il commercio, non potranno prescindere dall'ottimizzare le risorse che già convergono. Chiamato "città metropolitana" oggi il bacino di riferimento che Trieste sta ritrovando coinvolge più di 400 mila cittadini italiani e sloveni.

Nel Golfo di Trieste il mare si festeggia la seconda domenica di ottobre. La Barcolana, regata aperta a tutti, porta lungo la costa quasi 2 mila barche a vela che creano uno spettacolo unico nel suo genere. Anche la Bavisela - Maratona d'Europa riesce a dare a maggio un'immagine allegra della città con migliaia di corridori che affollano la strada costiera. Entrambe le manifestazioni si nutrono dell'interconnessione fra popolazione italiana e slovena.

Non è banale che ciò avvenga, non sono lontane le ferite di una guerra fratricida, in nome di biechi nazionalismi. E ancor meno lontani sono i ricordi della cortina di ferro che di fatto ha reso Trieste e la Regione Friuli-Venezia Giulia terra di confine fra ovest ed est. E il Carso terra di foibe.

Oggi finalmente i triestini dell'altipiano sono liberi di parlare lo sloveno senza indugi, così come molti sloveni del litorale, da Capodistria a Portorose, parlano l'italiano.

Sull'altipiano carsico si sale col tram.

Conosciuto come "Tram de Opcina" che "è nato disgraziato" (dice una popolare canzone), il tramway è un mezzo di trasporto piuttosto curioso a metà fra un trenino e una funicolare. Ad un tratto del tragitto si inerpica fino ai 25 gradi e raggiunge in breve i 350 msl. Questa particolarità lo rende alquanto "delicato" e soggetto a inconvenienti tecnici che lo possono mettere fuori servizio anche per dei mesi.

Una volta raggiunto il quartiere di Opicina si può optare per visitare la Grotta Gigante, oppure fare una passeggiata panoramica fino a Prosecco sulla Napoleonica, oppure raggiungere la stazione ferroviaria di Villa Opicina e proseguire per Lubiana.

Sul Carso a cavallo del confine è molto piacevole andare in bicicletta. Le strade non sono particolarmente trafficate, vi sono dei circuiti ciclabili e attraversare i borghi può riservare delle sorprese. Le osmize, per esempio, una sorta di agriturismo a conduzione familiare che serve fino ad esaurimento il vino della casa. 

Può capitare di passare per Lipizza, a 5km dall'ex valico di Basovizza, e visitare le vecchie scuderie degli Asburgo con l'allevamento di cavalli bianchi. 

Un'altra interessante pedalata si può fare partendo dal centro di Trieste per raggiungere dopo 14 km la stazione slovena di Erpelle, costeggiando il ciglione della Val Rosandra. 

Molto suggestiva è la ciclabile Parenzana che da Muggia attraversa l'Istria toccando Capodistria, Portorose, Buie, Grisignana e Parenzo, sul tracciato di una ferrovia dismessa.

Altre attività da fare nell'entroterra sono il free-climbing sulle falesie da Prosecco alla Val Rosandra, parapendio dal Monte Carso, downhill bike a Javornik in Slovenia - 60 km dalla città - che diventa comprensorio sciistico d'inverno.

Il mare la città lo vive 365 giorni all'anno.

Il porto di Trieste è uno dei più grandi d'Italia e il più internazionale. Lo sviluppo degli ultimi anni ha visto un implemento del trasporto merci su treno verso il centro Europa. Se da un lato l'attiguo porto di Koper coi suoi vantaggi commerciali è competitor diretto, la strategia di unificare i porti dell'Alto Adriatico (è recente l'annessione del porto di Monfalcone all'Autorità portuale di Trieste) potrebbe offrire una piattaforma logistica allargata, alternativa agli scali del nord Europa.

Il mare è anche e soprattutto vacanza e svago: 

E' la baia di Sistiana, con le spiagge di ciottoli, l'acqua trasparente e il borgo di Portopiccolo, ricavato da una cava per vacanze di lusso.

E' la riviera di Barcola, la spiaggia preferita dai triestini, un lungo marciapiede che arriva a Miramare con scalette per scendere in acqua e terrazze su cui stendere gli asciugamani. Il nome della regata Barcolana deriva da questo rione.

Il mare in città è rappresentato dal "Pedocin" stabilimento balneare conosciuto soprattutto per il muro che separa gli uomini dalle donne.

Il mare che bagna Muggia è già il mare dell'Istria, caratterizzato da acqua limpida, spiagge di rocce e ciottoli.

Oltre alla vela, spinta dal vento che da queste parti ha una forza inconsueta, le attività marinare triestine vanno dalla canoa all'immersione al windsurf.

La Bora.

Trieste viene spesso identificata con questo vento forte, nell'immaginario collettivo è la città della gente che si regge sulle corde per non volare via.

E' vero che quando soffia d'inverno supera anche i 150km/h, ma non è un fenomeno così frequente, seppure c'è chi la apprezza e se la gode, come fosse una sferzata di energia.

Sarà per questo che Trieste è la città dei "mati". 

"El mato" è identificativo di chiunque, che sia matto oppure no, come dire "quel tipo". Tuttavia c'è una certa dose di "originalità" in molti triestini, e forse non è un caso che proprio qui, nel comprensorio dell'ex ospedale psichiatrico (oggi parco scientifico e culturale), Franco Basaglia compì la sua rivoluzione.

Di eminenti scienziati la città è vissuta da decenni. Margherita Hack ex direttrice dell'osservatorio astronomico, e Carlo Rubbia, goriziano, promotore del sincrotrone di Basovizza, sono tra i più famosi. I centri scientifici in città sono numerosi e di altissimo livello: il centro di Fisica teorica di Miramare, l'Area di Ricerca di Padriciano, La Scuola superiore di studi avanzati, il Collegio del Mondo Unito di Duino. Per non dire dell'Università che è nelle prime posizioni nazionali per livello di qualità degli studi e conta circa 20 mila fra studenti e docenti.

Un altro primato gradevole è quello del caffè. Si stima che nel porto di Trieste arrivi circa l'80% del caffè che viene distribuito in Italia. E il culto della tazzina è paragonabile a quello di Napoli, solo che qui ordinarla assume termini inconsueti. Un "nero" sta per un espresso, "capo" sta per caffè macchiato, "nero in b" sta per un espresso in bicchiere, ecc. La sublimazione del caffè l'ha saputa gestire con abilità Illy, con la collezione delle tazzine e un marketing mirato al design.

Una scuola triestina, quella della torrefazione del caffè, che vede ancora in giro per il centro degli spacci "all'antica".

Per non parlare dei "Caffè" intesi come locali storici di derivazione viennese, le cui atmosfere soprattutto il San Marco e il Tommaseo hanno saputo mantenere pressoché intatte.

E intorno a questi ritrovi c'è tutto un microcosmo fatto di persone, di cose, di storie, di profumi che sa raccontare bene Claudio Magris, l'intellettuale triestino per antonomasia. Sono più o meno gli stessi ricordi che emergono dalle pagine di Svevo e della sua Coscienza di Zeno. In poco più di un secolo molte cose sono cambiate, e molte cose sono rimaste le stesse. Ecco, il ritmo lento e pensoso di un Caffé è una di queste.

Italo Svevo e James Joyce. I grandi scrittori del Novecento. Furono amici e l'humus effervescente della Trieste anteguerra li ispirò, oltre forse ad ispirarsi a vicenda.

Vi è un itinerario turistico in città, che porta ad esplorare i luoghi di vita e letterari dei due scrittori. Così capita di incontrare per strada le loro statue di bronzo accanto alle quali ci si può fare una foto. In via San Nicolò, nel pieno centro pedonale e dello shopping, ci si può imbattere invece nella statua di Umberto Saba, il poeta di origine ebraica che trattò per primo il tema dell'omosessualità, immortalato davanti alla sua vecchia libreria.

In una città che fu cosmopolita a partire dal 1700, l'ebraismo rappresentò una risorsa per la comunità fino all'arrivo delle leggi razziali, promulgate proprio in piazza Unità da Mussolini nel 1938. Ne è controprova il Tempio israelitico, fra i più grandi d'Europa. E se non bastasse, nella prima periferia rimane incastonato come una macchia scura l'unico lager nazista presente in Italia: La Risiera di San Sabba.

La libertà di culto e la componente multi-religiosa della città è rappresentata dalle chiese di credi diversi come quella serbo-ortodossa di S. Spiridione o quella greca di S. Nicolò, ed è una cosa di cui si va fieri.

La borghesia ebraica e quella asburgica arricchirono la città di palazzi, di società di assicurazione e di navigazione. Ancora oggi le Generali, che ha qui il quartier generale, è una delle assicurazioni più importanti del mondo. Il Lloyd Triestino fu una delle società di navigazione che fecero la storia delle traversate transoceaniche.

Nonostante il suo declassamento da primo porto dell'Impero Austro-Ungarico a porto periferico italiano, Trieste conserva tuttora una patina di "grandeur".

Questi sono in parte i motivi per cui a Trieste si è storicamente aperti e tolleranti, attecchiscono poco le istanze bigotte, come d'altronde non hanno molta fortuna le mode effimere, perché tutto viene vissuto con una certa relatività, che a volte può sembrare supponenza.

Che i triestini amino in maniera appassionata la loro città è vero quanto è vero che ne evidenzino all'estremo i difetti. Primo fra tutti una sorta di rassegnazione al fatto che le cose non possano mai cambiare. Detto amichevolmente "nosepolismo" è la filosofia del "no-se-pol" (tradotto: non si può).

Negli ultimi decenni la città è stata invasa da orde di progetti (in gran parte a ridosso delle elezioni), da piani di rilancio del Porto vecchio, della riviera di Barcola, dell'alta velocità, ecc. tutti naufragati per il semplice fatto che qui "no-se-pol far niente"!

In realtà è da poco tempo che sul Porto vecchio, una vasta area in centro città isolata e abbandonata al degrado, si stanno muovendo passi significativi per il recupero e il rilancio. Per ora al suo interno operano in regime di porto franco un paio di società ed è stato aperto un polo museale che contiene interessanti reperti di archeologia industriale.

Il punto franco è un residuo asburgico che ha generato la fortuna della città, e continua a produrre benefici. In fatto di dogane e di allargamento della no tax area alle zone industriali, la questione è aperta. Vale ancora una risoluzione internazionale allegata al trattato di pace del '47 che assegna alla zona franca un ruolo esclusivo in fatto di tassazione.

Qualcosa di analogo in Italia non esiste, e questo ha indotto alcuni triestini a sospettare che il presunto declassamento della città e del porto vecchio siano una sorta di disegno volto a depotenziare tali vantaggi.

Luci ed ombre, in città è facile coglierle entrambe. L'inverno può essere molto rigido, spesso buio e tormentoso. La Bora si dice scura quando soffia cattiva e porta con sé gelo e pioggia. Con la primavera i palazzi bianchi si illuminano e Piazza Unità d'Italia diventa uno scintillante salotto affacciato sul mare.

Altrettanto sontuoso nella luce vivida del giorno un palazzo bianco si specchia nelle acque del Golfo.

E' il castello di Miramare, ex residenza di Massimiliano d'Asburgo, che fu Re del Messico, e di sua moglie Carlotta del Belgio, dalle esistenze tormentate e infelici. Come fu infelice la principessa Sissi, che proprio qui trovò un po' di conforto alle sue tragedie familiari.

E' uno dei quattro castelli della costa.

Il secondo per ordine di fascino è quello di Duino. Sorge a strapiombo sulla costiera a circa 15km da Miramare. E' la residenza privata dei principi Thurn und Taxis, ed è visitabile. Dalle finestre si gode un panorama incantevole. La vecchia rocca, le cui rovine sovrastano il promontorio a fianco, è intrisa di mistero e di racconti inquietanti, come quello della dama Bianca, una castellana uccisa e pietrificata in un grande masso a filo d'acqua, il cui fantasma torna ogni notte a disperarsi.

Il terzo castello è quello di San Giusto. Sorge al centro del colle della antica Tergeste, la cittadella romanica e medievale, a fianco della omonima cattedrale. Non è mai stato una residenza nobiliare, fu costruito nel 1500 a fini militari. In effetti è vuoto all'interno con un vasto piazzale e un giro delle mura che dà un panorama sfaccettato del centro città. Alcuni ambienti sotto le mura accolgono un museo delle armi, degli interessanti reperti archeologici, e di recente una fondazione del fotografo Alinari con centro multimediale.

La cattedrale di San Giusto è una chiesa molto particolare, ottenuta dall'assembramento di due chiese attigue di periodi differenti. L'impianto principale è di epoca romana, il rosone di stile gotico. Tracce di antica romanità sono ben visibili all'esterno con un ampio foro da cui riemergono pezzi di colonne. Poco distante scendendo dal colle, si incontrano l'arco di Riccardo, inglobato in parte nel muro di una casa, e un bell'anfiteatro.

La discesa dal castello verso le rive è un intrico di viuzze pavimentate in pietra da percorrere a piedi per scoprire scorci dal fascino antico.

Il quarto castello della costa è quello di Muggia.

La cittadina ha un impianto di origine veneziana, così come le altre dell'Istria, e ciò la differenzia notevolmente dal capoluogo. Le calli dipartono dalla piazza del Duomo con il palazzo comunale e il mandracchio alle sue spalle. Tutto è minuto, vissuto con il ritmo lento dei pescatori. Così anche il castello, piccolo, quasi nascosto tra le case, e affacciato sul porticciolo. E' anch'esso una residenza privata e non la si può visitare, se non in certe giornate particolari.

Nei centri storici di Muggia, Capodistria, Isola, Pirano, così come a Trieste, si è investito molto negli ultimi anni per valorizzare le attività artigianali, commerciali e i pub istituendo ampie aree pedonali e creando spazi all'aperto. 

La città vecchia di Trieste è stata oggetto di recupero con un programma che ha restituito un nuovo volto a quella che fu zona interdetta negli anni '70 e '80 per pericolo di crolli. 

Oggi da Piazza Venezia - su cui si affaccia il più grande museo della città - fino al Viale XX Settembre - all'altezza del maggiore teatro di prosa - passando attraverso i vicoli che scendono dal colle di San Giusto, si può passeggiare tranquillamente per un paio di chilometri.

Il primo tratto da Piazza Venezia a Piazza Hortis:

Di fronte alla piazza, sulle rive, sorge la vecchia pescheria. E' una struttura dagli interni enormi, spesso utilizzata per mostre temporanee. Dovrei dire sottoutilizzata. E' stata rinominata "Il salone degli incanti".

A fianco un altro ex rudere per anni puntellato causa instabilità è da poco risorto con grande lavoro di restauro e aprirà le sue porte a uno dei brand food più alla moda.

Su Piazza Venezia affaccia quindi il Museo d'arte moderna Revoltella, ex residenza di un barone, vicepresidente della Compagnia universale del Canale di Suez, che regalò tutti i suoi beni alla città. Il palazzo, interessante per il valore intrinseco degli appartamenti e degli arredi, è stato convertito al suo stato attuale grazie a un progetto dell'architetto Carlo Scarpa.

Tutta via Torino è in pochi anni esplosa come centro nevralgico della movida triestina. I locali si sono triplicati e d'estate rappresentano un incubo per i residenti della zona.

Piazza Hortis è la piazza della biblioteca civica e del museo sveviano.

Il secondo tratto fino a Piazza Unità:

La zona di Cavana è l'anima "popolare" della città, quella un po' nascosta, forse addirittura inattesa. Da ex rione degradato, vissuto da tossici e prostitute, a variopinto microcosmo di studenti, turisti e musicisti. Qui i ristoranti diventano più glamour e le piccole case residenze per universitari fuori sede.

Intorno a Piazza Unità ruota la vita cittadina e la maggioranza dei turisti. Il Municipio, i palazzi della Regione e della Prefettura, il Caffè degli Specchi, il Molo Audace, piazza della Borsa, la piazza con il Teatro Lirico di ispirazione scaligera, la galleria del Tergesteo, i vicoli del ghetto, il Corso Italia. La ricca città imprenditoriale.

Da piazza della Borsa alla chiesa di S. Antonio Nuovo si può scegliere se imboccare via San Nicolò, la via dello shopping più elegante, o Via Cassa di Risparmio, che conduce al Canal Grande.

Chiamato così per convenzione è in realtà l'unico canale della città, o meglio l'ultimo rimasto. Questa parte pianeggiante del centro è chiamata Borgo Teresiano, in onore all'imperatrice Maria Teresa d'Austria che contribuì a istituire il porto franco. Era all'epoca zona di saline, per cui i canali scorrevano numerosi, poi tutti interrati.

Attraversando il canale sul nuovo ponte "curto", si imbocca via Trento per arrivare diretti alla stazione centrale. La ex Sudbhanhof di austriaca memoria, fu la seconda stazione cittadina, prima venne l'attuale stazione di Campo Marzio, un gioiellino liberty in decadenza, sede del museo ferroviario.

Lungo il canale valgono una visita il Palazzo Gopcevich, sede del museo teatrale - con una sezione dedicata al regista triestino Giorgio Strehler - il "grattacielo" sede delle Assicurazioni Generali, la chiesa bizantiniana di San Spiridione.

Alle spalle della chiesa neoclassica di S. Antonio, passati i portici e attraversa l'arteria principale del centro, via Carducci, ci si ritrova nella calma ombreggiata del viale XX Settembre, una passeggiata fiancheggiata da bar, gelaterie, ristoranti e cinema. 

Verso la fine del "viale" (com'è generalmente chiamato) ecco il grosso palazzo rosa del Politeama Rossetti, il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia.

E' il principale teatro della città per spettacoli di prosa e musical. Altri tre teatri si contendono il pubblico, che pure è uno dei più reattivi: La Contrada, anch'esso teatro stabile, poi c'è lo stabile sloveno e infine una realtà curiosa che è il teatro Miela. 

Dico curiosa perché è uno spazio nato dalla autotassazione di cittadini finalizzata a dar vita ad un luogo di avanguardia non solo teatrale. E' in questo ambito, con influenze "underground", che sono fiorite due manifestazioni cinematografiche molto importanti a livello internazionale: Il Festival Alpe Adria (che è una passerella della settima arte dell'Europa centro orientale) e Science+Fiction, nato sulle ceneri di un prestigioso festival di fantascienza.

Altri spazi teatrali sono il teatro Armonia dove si esibiscono le compagnie amatoriali in dialetto, e il teatrino di San Giovanni, all'interno del parco dell'ex ospedale psichiatrico.

In ambito teatrale e culturale in generale, l'interconnessione transfrontaliera sta dando i suoi frutti.

E' attiva dagli anni '70 Tv Capodistria, la prima tv internazionale che si captava dall'epoca del monocolore Rai. Oggi fra radio e tv l'approccio non esclusivamente provinciale e regionale è cosa ormai acquisita.

Il Teatro Lirico Giuseppe Verdi vara delle collaborazioni con istituzioni culturali del litorale sloveno.

Per qualche stagione i biglietti dei musei triestini hanno permesso l'ingresso ridotto a quelli di Capodistria e Pirano.

Il settore commerciale vede un continuo via vai di cittadini fra le due repubbliche: chi attratto in Italia dal Made in Italy o da megastrutture come Outlet e Ikea, chi invece attratto dalla Slovenia per la varietà, quantità e convenienza delle offerte.

Anche in ambito turistico il "pacchetto" di operatori tende a promuovere le esplorazioni oltre confine. Da Trieste si può arrivare facilmente a Pirano o a Postumia, da Capodistria in venti minuti si arriva a Trieste.

Se il sistema dei trasporti pubblici fosse un po' più efficiente, sarebbe tutto più semplice, anche per le relazioni con gli aeroporti. Per ora ci si accontenta di un buon sistema di treni regionali che si diramano soprattutto verso il Friuli, e degli aliscafi che ogni estate collegano Trieste con Pirano, Rovigno, Parenzo e Pola.

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