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Un’ossessione chiamata Ovovia

Post n°121 pubblicato il 30 Dicembre 2020 da storie

Sta diventando snervante quest’attesa... Chi come me spera nell’ok governativo e l’arrivo di circa 30 milioni di euro per iniziare i lavori che porteranno mobilità sostenibile, rivoluzione logistica, tecnologia, alcuni nuovi posti di lavoro, e chi invece spera che il progetto venga bocciato. Da una parte si riceve un sostegno formale ma incoraggiante da un’associazione di tecnici che da anni si occupa e premia progetti di sostenibilità turistico-ambientale, dall’altro diverse associazioni cittadine si prodigano a raccogliere firme e mandare ai ministeri lettere di critica sostanziale all’intero piano della mobilità comunale, con la squalifica in primis della cabinovia. Due parole per chiarire il perché della mia posizione favorevole al progetto: una nuova concezione della mobilità cittadina. Partiamo dal presupposto che Trieste non è stata sempre quella che oggi è, che senza interventi “di rottura” sarebbe poco più di una cittadina di pescatori. La sua fortuna deriva in parte proprio dal sistema di trasporti che a fine 800 ha innovato, sbancando montagne e costruendo ponti, le sue connessioni col retroterra, e sappiamo quanto tali infrastrutture talmente innovative allora, siano oggi ancora fondamentali per il rilancio del porto. Valutiamo oggi il tram quale mezzo insostituibile per la stessa anima della città, e guai a pensare che vi possano essere mezzi più moderni che ce lo possano cancellare, è un patrimonio culturale. Ciò detto, sarei molto curioso di leggere le cronache di 100 anni fa e magari scoprire che mettere delle rotaie fra le case di Scorcola o in mezzo al bosco di Banne veniva ritenuto uno scempio. Sulle pagine di Facebook esplodono post che pretendono giustamente il ritorno del tram, e lo mettono in competizione con l’ovovia, come se una cosa escludesse l’altra. E’ ovvio, leggendo tra le carte, che il nuovo sistema a fune abbia altri scopi che non siano quelli meramente turistici. La gara nazionale si svolge fra sistemi di trasporto di massa, il che vuol dire quanto il progetto, elaborato da tecnici e non da opinionisti del web, sia rivolto ad un’utenza ben superiore ai cittadini residenti sull’altopiano. Si considera la massa di pendolari che quotidianamente arriva in città dalle parti di Monfalcone, si sono conteggiate circa 1500vetture all’ora, e molte di queste entrano in città dalla strada Costiera. Lo scopo sarebbe quello di chiudere la costiera al traffico di massa facendone una strada turistica e ciclabile. Ecco che il concetto parcheggio di scambio, valido e funzionale per un numero sempre più crescente di città europee, prenderebbe corpo proprio grazie a un sistema di trasporto pubblico quale l’ovovia che in maniera comoda e veloce porterebbe dall’altopiano a porto vecchio e al molo 4, ad appena 500m da piazza Unità. Il passaggio di ogni cabina avverrebbe ogni 20 secondi, senza quindi dover aspettare alla fermata il passaggio come per tram e autobus, il percorso da capolinea a capolinea in 14 minuti e la possibilità di portare bici, monopattini, trasportare i disabili in carrozzina e i genitori con i passeggini, sono tutti vantaggi indiscutibili e difficilmente ripetibili con altri sistemi di trasporto pubblico. Questa novità nel muoversi da fuori città al centro è mirata a disincentivare l’uso del mezzo privato, diradare il traffico e permettere un domani una più diffusa pedonalizzazione. Nulla esclude che si renda anche il trasporto attraverso il centro e verso la periferia sud più tecnologico e sostenibile, magari con una rete di tram che nulla toglierebbe al fatto di avere una cabinovia per la penetrazione nord. Chi contesta i costi di gestione dovrebbe non solo pensare che una nuova dinamica muterebbe lo status quo e non è sovrapponibile l’attuale sistema di connessione fra centro e Carso con quanto previsto, tuttavia su una mole di 70milioni di passeggeri all’anno calcolata dalla società di trasporto pubblico cittadino, i previsti 3 milioni sulla linea dell’ovovia rappresentano circa il 5%. Nei progetti presentati alla gara si parla addirittura di un utile annuo di 500mila euro, al netto, mi pare, anche delle manutenzioni. Per non dire dell’apporto di nuovi lavoratori, sia in fase di costruzione, che poi di gestione. Insomma, io non riesco proprio a vedere così tanti lati negativi di quest’operazione e a chi contesta lo scempio ambientale allora chiedo come mai le cabinovie sono così diffuse sulle Dolomiti (patrimonio Unesco), hanno i piloni in mezzo ai boschi e passano a pochi metri dagli hotel, eppure nessuno sembra lamentarsi.

 
 
 
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