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Post n°4 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da stefinoinpoesia
 

I due volti del successo

Leggiamo da qualche tempo sui giornali e su internet oppure ascoltiamo alla televisione i risvolti insidiosi della vicenda della povera Eluana, in coma vegetativo da ormai sedici anni a causa di un incidente stradale. Facciamo tutto questo e non possiamo non riflettere sul senso della vita e su quello della morte, sul significato di questa vicenda e sulla liceità o meno dell'interruzione del supporto vitale a questa giovane donna. Ci chiediamo se è vita anche questa, se è giusto prolungare così crudelmente le sue sofferenze o se al contrario, invece, le stiamo regalando attimi di vita.
Riguardo alla domanda "E' vita questa?" non posso rispondere altro che sì. Il cuore batte, il sangue circola, l'organismo è in grado di metabolizzare le sostanze che gli vengono infuse, invecchia... Quindi non potrei rispondere che sì. Se rispondessi di no negherei la vita alle piante. Anch'esse hanno bisogno di un terreno adatto e di essere innaffiate, per sopravvivere. Da sole non possono fare molto.
Stesso discorso per la dignità. Ogni forma di vita, infatti, sia essa un fungo, un batterio, un animale, una pianta o un essere umano, ha pari dignità e diritto a vivere all'interno del ciclo della Natura, con i suoi continui processi di costruzione e distruzione e le sue lotte intestine per la sopravvivenza. Il più forte non ha più dignità del più debole, pur battendolo. In questo senso la vita va difesa in ogni sua forma.
Più complicato è risolvere invece il dilemma sul beneficio o maleficio che stiamo servendo ad Eluana; se le stiamo facendo un favore immenso o al contrario un danno atroce. Da un punto di vista religioso, infatti, potremmo rubarle la contemplazione di Dio, con questo nostro tenerla in vita, ma anche risparmiarle sofferenze nel Purgatorio, questo non possiamo saperlo. (personalmente, comunque, sono più propenso verso la prima ipotesi). Ciò che pensa lei, se ancora è in grado di farlo, non possiamo ugualmente  saperlo. Molte persone che hanno vissuto un coma, anche profondo, dicono di ricordarsi frammenti di quel periodo di incoscienza;alcuni addirittura ricordano i colloqui degli operatori sanitari e dei familiari, il loro senso di impotenza di fronte ai dubbi di questi e alla loro totale impossibilità di rispondere "Ci sono! Sono Vivo!". Cosa dire, dunque? Nel caso ci fosse una morte cerebrale accertata, cioè un danno irreversibile della corteccia cerebrale determinato da una mancanza di flusso sanguigno di almeno venti minuti, sarebbe corretto ed etico staccare la spina, non essendoci più speranza. Un danno, spesso riparabile, alla sola sostanza bianca, che collega la corteccia cerebrale con le altre parti del cervello e con gli altri nervi e neuroni che poi portano le informazioni al resto dell'organismo e che può essere determinato ad esempio dall'eccessiva rotazione angolare del cervello sul proprio asse durante il trauma (come il ciondolo che avete appeso allo specchietto retrovisore centrale quando fate una brusca frenata), scollega invece i centri superiori ma non li uccide. Qui diventa
dunque più complicato decidere, in scienza ma soprattutto in coscienza. L'argomento è però del tutto personale, quindi terrò per me la mia opinione, volendo solo dare uno spunto di riflessione e non una soluzione.
Da ultimo, però, mi sembrava utile spendere ancora qualche parola riguardo la responsabilità scientifica in tutto questo. Con le moderne tecniche rianimatorie e di sostegno vitale, infatti, situazioni del genere saranno sempre più frequenti e non si potrà sempre far decidere ai giudici cosa è giusto e cosa sbagliato. Se da un lato, infatti, la rianimazione cardiopolmonare può essere una grande vittoria della moderna medicina sulla morte, dall'altro risultano evidenti gli ancora notevoli limiti che attualmente incontrano gli operatori del settore e le famiglie dei pazienti. Sarà dunque auspicabile, in un futuro il più prossimo possibile, l'istituzione di un testamento biologico chiaro riconosciuto dalla legge, di modo da rispettare fino in fondo la volontà dell'individuo, seppure parziale, non essendo possibile, almeno per ora, conoscere i sentimenti che potrebbe eventualmente provare una persona in stato di coma vegetativo. Ognuno, allora, sarà libero di decidere secondo il proprio credo e la propria personale sensibilità, a patto però che vengano fornite, a ogni cittadino in grado di intendere e di volere secondo la sua capacità di comprendere, le nozioni necessarie ad prendere liberamente questa difficile decisione.


 
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