Post N° 10

Post n°10 pubblicato il 28 Ottobre 2008 da stefinoinpoesia
 

Non toccate Caino!!!
 
"Chiunque  ucciderà Caino sarà punito sette volte!" (Genesi 4, 15)
 
Mi trovo spesso a riflettere solitario su queste parole, leggendo i giornali. Quante volte, senza parlare di pena di morte, condanniamo definitivamente una persona per un errore commesso! I giudizi, spesso purtroppo assieme alle foto ed ai nomi e cognomi, volano sui giornali e di bocca in bocca dai telegiornali fino all'ufficio ed il portone di casa piuttosto che la panetteria. Un esercito di santi condanna quotidianamente dei poveri mascalzoni che, seppur con tutti i loro immensi sbagli, devono sempre essere trattati con doveroso rispetto.
Certo, lo sottolineo per evitare fraintendimenti, è giusto e doveroso che queste persone si assumano la responsabilità di ciò che hanno fatto e ne paghino le conseguenze, ma è anche giusto che lo facciano nel silenzio rispettoso che dovrebbe seguire i processi e le condanne.
Perché dobbiamo mortificarli a tal punto (questi esseri umani!), che oltre al giudizio di chi è pagato per farlo devono subire pure la pubblica denigra?
Sentivo oggi al telegiornale che c'era pure qualcuno che aveva scommesso sull'esito del processo per l'omicidio di Meredith a Perugia(!!!). Sinceramente sono rimasto scioccato, quando l'ho sentito. Ma dov'è il rispetto? Il peggior crimine non toglie comunque la dignità a colui che l'ha commesso e poi, piuttosto che scatenarsi in pubblici attacchi o peggio prenderci gioco di lui, dovremmo aiutarlo a comprendere il suo errore e, se possibile, a porvi rimedio.
La repressione non può che generare violenza, mentre l'educazione e la correzione possono davvero portare a quel cambiamento nella società che tutti vorremmo. Certo questi metodi non saranno per nulla economici (la prevenzione costa) e men che meno demagogici (la gente vuole dei capi che siano degli eroi, che li liberino dal male), ma consentirebbero senza dubbio di poter realisticamente sperare in un futuro migliore ed in carceri più vuote. A cosa serve l'indulto, infatti, se alla base non c'è la correzione?
Guai a chi tocca Caino, dunque, che se viene messo nelle condizioni di capire ciò che ha commesso dovrà già lottare a sufficienza con il suo rimorso. Aiutiamolo piuttosto a redimersi davvero, a trasformare l'immenso dolore che ha provocato in un'occasione di crescita per la società intera. E stop alla pena di morte, ovunque e per chiunque, perché anche dove il crimine è realmente stato commesso priva il malcapitato della preziosa occasione di riparare (almeno parzialmente) al terribile danno provocato. Ci sono infatti meno crimini, laddove le pene sono più severe? Col tempo, purtroppo, l'uomo si abitua a qualunque tipo di paura...


 
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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 23 Ottobre 2008 da stefinoinpoesia
 

Il nudo d'autore
 
Tema difficile e quanto mai scottante, quello del nudo. Esso infatti, maschile o femminile che sia, è sempre stato (credo) il tema più dibattuto (o quasi) della storia.
Il corpo, in senso materiale, è il primo mezzo di comunicazione che abbiamo con coloro che ci stanno intorno. Prima della parola, infatti, prima ancora di uno sguardo, c'è il nostro corpo, le sue "forme", le sue movenze. Pensiamo solo a quante volte diciamo una cosa con le parole e ne facciamo intendere un'altra con il corpo, a quante volte ancora e sempre, purtroppo, l'abito continua a fare il monaco (sigh!!!), a tutte le persone (troppe...) che giudicano una persona sulla base delle apparenze esteriori.
Con il corpo noi possiamo far sapere agli altri molto più di quanto immaginiamo. Un medico attento e scrupoloso, ma soprattutto esperto, ad esempio, inizia la visita già al momento del primo sguardo al paziente, senza ancora "mettergli le mani addosso".
Scendendo in profondità, ma restando sempre nella pura espressione esteriore (ma non per questo superficiale), si tolgono i vestiti per conoscere l'intimità "apparente" di una persona (augurandosi che non sia solo quella che vediamo con gli occhi!). Dal punto di vista medico ma non solo, il vestito può coprire molte patologie o semplici imperfezioni, che diversamente non sarebbero visibili. La visione di un corpo nudo fa entrare maggiormente in contatto l'osservatore con l'osservato. Alternativamente, un bel vestito, come un bel trucco, può esaltare quelle che sono le caratteristiche pregiate del fortunato portatore.
Procedendo poi sempre più in profondità nel significato del nudo, si arriva al messaggio forte che esso trasmette: le emozioni che suscita nell'osservatore. E qui entriamo nella sfera prettamente artistica. L'arte, infatti, è soprattutto comunicazione, e cosa può comunicare più del corpo umano (maschile o femminile che sia)? Ci sono nudi d'autore stupendi, nella storia dell'arte di ogni tempo, che ti entrano dentro fino a colpirti nel profondo, come un pugno sulla carne viva. Come possiamo dire che stimolino il desiderio di violenza o che peggio siano lesivi dell'immagine di un certo genere. Posso dire che il nudo femminile è certamente più sensuale ed artistico di quello maschile (e non perché sono maschio, ma per una pura questione estetica), ma non che mi susciti desideri violenti o che la donna ne venga in qualche modo macchiata nella sua dignità, anzi! Io penso che la donna sia la più bella creatura esistente sulla terra e che solo un folle potrebbe macchiare con la violenza una così bella immagine.
Concludendo, quindi, non è il nudo in sé ad essere disonorante e disonorevole per chi ne è l'attore o l'artefice, ma l'dea distorta e corrotta di colui che lo guarda.


 
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Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 21 Ottobre 2008 da stefinoinpoesia
 

L'importanza dell'esperienza
 
"(...) l'uomo non si converte con le parole e l'amore." (Paolo Curtaz, Cristo Zero, Edizioni San Paolo, pag. 156)

Le parole sono come gocce d'acqua in fiume: qualcuno riesce a separarle, ad estrarle dal flusso e ad estraniarle dal loro contesto? Cosa sono una singola parola detta, una frase pronunciata con le migliori intenzioni, una volta estrapolate dal loro contesto? Aria. Brezza leggera o vento impetuoso, ma sempre momenti, singoli istanti che passano via come un profumo che ci sfiora la pelle e magari raggiunge pure le narici. Ci deliziano, ci emozionano, ma superato il momento rischiano di finire in quel pozzo profondo che è il nostro cestino mentale: il luogo dove risiedono tutti quegli istanti di vita che abbiamo, più o meno intenzionalmente, gettato nel dimenticatoio.
L'Uomo non è un credulone, ma è anche debole per natura. Quante persone rifiutano i genitori che li hanno curati con l'amore più sincero quando erano bambini, che li hanno traghettati con attenzione nel mondo degli adulti, senza far mancare loro nulla di indispensabile? Quante ancora voltano le spalle ad un amore profondo o ad un'amicizia sincera per inseguire i mulini a vento che affollano il loro cervello fantasioso? Ma quanti uomini, per fortuna, sbattono il naso contro qualche muro e comprendono di aver seguito un vicolo cieco, una direzione sbagliata?
L'Uomo ha un dannato bisogno di esperienza, per crescere. Esperienza diretta ma soprattutto indiretta, tramandata ma non per questo inutile o meno vera. L'uomo deve vedere nei fatti ciò di cui sente parlare. L'Uomo non sente un pericolo, finché non lo vive almeno in terza persona. Ed è in questo senso che non smettiamo mai di imparare, che anche a cent'anni possiamo essere dei ragazzini. Le esperienze sono ogni giorno diverse e sempre nuove, se sappiamo vivere con attenzione.
A noi spetta il compito più difficile: tramutare in lezione di vita tutte situazioni vissute più o meno direttamente ma con tanta partecipazione interiore.
Impareremo mai a farlo?

 
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Post N° 7

Post n°7 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da stefinoinpoesia
 

Elogio della trasparenza
 
"(...) fino a quel momento egli aveva sempre voluto essere un altro, ma non aveva mai desiderato di cambiare se stesso." (Michael Ende, La storia infinita, pag. 394)

Stavo leggendo questo libro, qualche tempo fa, ed è davvero incredibile la quantità di saggezza che può celarsi tra le parole di un bel romanzo. La storia prosegue, gli eventi si intrecciano sotto i nostri occhi, si formano e si dissolvono nella nostra mente come le immagini di un film (il nostro film, perché neppure l'autore si è mai sognato i personaggi così come li vediamo e li sentiamo noi!), quand'ecco però che ad un certo punto, in mezzo a questo incessante fluire, qualcosa colpisce la nostra attenzione. E si ferma, o meglio, noi schiacciamo il pulsante "stop" e riportiamo indietro le immagini: guardiamo e riguardiamo al rallentatore o col fermo immagine quel particolare che ha qualcosa da dirci. Ed ecco che le parole si riempiono fino a strabordare, che la storia acquisisce un senso più profondo e ricco.
Quante volte noi indossiamo maschere d'occasione per sembrare un'altra persona, senza comprendere che il vero cambiamento è quello interiore? A cose serve costruirci intorno un bel giardino di false apparenze, se poi dentro la casa nascondiamo gli spettri più spaventosi? Possiamo interpretare mille personaggi diversi, nella vita, cambiare volto ad ogni occasione e trovare la giusta posizione tra quelle che contano, ma sappiamo anche essere sempre credibili, dinanzi a chi sa veramente osservare?
Come sarebbe bello, se fossimo tutti più trasparenti (non invisibili, trasparenti...), se non dovessimo sempre spiare dentro la finestra per vedere cosa c'è dentro la casa! Se il nostro cambiamento derivasse da una forte spinta interiore, piuttosto che da un semplice trucco esteriore sempre bisognoso di ritocchi.
Certo ci vuole pazienza... Il cambiamento interiore ci mette anche anni, per completarsi, è come una pianta che noi seminiamo e solo al suo tempo darà i frutti. Certo non potremmo seguire le regole pressanti del mercato, saremmo sempre "un passo o due indietro" rispetto al cosiddetto mondo che conta, ma sapete che delizie potremmo produrre? Da leccarsi i baffi...

 
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Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 15 Ottobre 2008 da stefinoinpoesia
 

Rimedi omeopatici... Solo acqua fresca?
 
Non voglio con questo post ferire la sensibilità scientifica di nessuno. Neppure mi sognerei di difendere a spada tratta una branca della medicina che non conosco bene e che comunque, per vari motivi non sempre dipendenti dalle sue caratteristiche, non gode ancora dell'avvallo scientifico, derivante da studi rigorosamente condotti secondo il "sacro metodo sperimentale".
Voglio invece presentarvi una notizia che coloro che non sostengono la validità del metodo omeopatico non vi verranno certamente a dire. Eppure è vera, documentata scientificamente e senz'altro sorprendente, seppur non recentissima (la data di pubblicazione della ricerca è infatti il 2000). Ma veniamo al sodo.
Come molti di voi sapranno, l'attacco principale che fanno i "seguaci" della medicina tradizionale, detta "allopatica", a quella omeopatica, è la sostanziale inesistenza dei principi attivi utilizzati. Secondo il metodo delle diluizioni di Hahnemann, infatti, la tintura madre di base, contenente il principio attivo con cui viene realizzato il rimedio, viene immersa in alcool a gradazione 70 (di solito in rapporto di 99:1) e sottoposta a successive diluizioni e dinamizzazioni (scuotimenti della miscela). Raggiunta la concentrazione voluta, dopo 6-7 o anche 30 diluizioni e dinamizzazioni consecutive, è evidente che della sostanza base, secondo il numero di Avogadro (il numero di particelle necessarie a formare 1 g di sostanza), non sono più presdenti molecole. Come può dunque questa soluzione sviluppare un effetto terapeutico?
Per provare a dare un fondamento scientifico su cui condurre eventuali studi successivi, il prof. Vittorio Elia, facente parte del Dipartimento di Chimica dell'Università Federico II di Napoli, pubblica nel 2000 i risultati di una ricerca, dal titolo
"Un metodo microcalorimetrico per la caratterizzazione di soluzioni estremamente diluite in medicina omeopatica", nella quale testa la reazione di diversi campioni di miscele, contenenti medicinali omeopatici oppure sola acqua bidistillata (ma trattate in entrambi i casi omeopaticamente), con acidi e basi.  Dopo tre anni e circa 2000 dati sperimentali raccolti, arriva alla conclusione che le soluzioni omeopatiche non sono "acqua fresca". In tutti i casi, infatti, il calore prodotto dalla reazione della soluzione omeopatica di acqua bidistillata con i reagenti (acido cloridrico e idrossido di sodio) era diverso da quello prodotto dal rimedio omeopatico. Eppure, secondo il numero di avogadro, le due composizioni dovrebbero essere uguali, cioè entrambe non dovrebbero contenere nè acqua bidistillata nè rimedio omeopatico. Com'è possibile?
Secondo alcuni, le diluizioni e le successive succussioni lascerebbero delle modificazioni conformazionali nelle molecole del solvente, alterandone la struttura molecolare. Una specie di traccia del loro passaggio, in parole povere, come uno che ha una sequela permanente dopo un incidente o una malattia: l'agente causale non c'è più, ma ha lasciato comunque il segno.
Se questo può avere una rivelanza terapeutica è tutto da dimostrare, ma viste le premesse dovrebbero essere incentivati e finanziati degli studi seri volti a risolvere questi enigmi, per farci capire qualcosa più e togliere all'omeopatia, in caso positivo, quella brutta nomea di "stregoneria" che spesso le si infligge.
Ai posteri l'ardua sentenza.


Per saperne di più:
Valter Masci, Omeopatia. Tradizione e attualità - IV ed., tecniche nuove.

 
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