Creato da effegent il 22/08/2007

I suoni del silenzio

Appunti e graffiti di un viandante

 

 

Non immaginavo fosse di Giacomo Lepardi...

Post n°78 pubblicato il 27 Settembre 2009 da effegent

Chi ha il coraggio di ridere, è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire

 
 
 

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Post n°77 pubblicato il 26 Settembre 2009 da effegent

Il vantaggio di essere intelligente è che si può sempre fare l'imbecille, mentre il contrario è del tutto impossibile.

 
 
 

Pensieri

Post n°76 pubblicato il 24 Settembre 2009 da effegent

Ci sono momenti in cui non ci si può impedire di fare delle sciocchezze: questo si chiama entusiasmo.

 
 
 

Il Patriarca

Post n°75 pubblicato il 05 Settembre 2009 da effegent

 
 
 

Occhio di drago

Post n°74 pubblicato il 05 Settembre 2009 da effegent

 
 
 

Milano senza sogni, una città amara

Post n°73 pubblicato il 26 Luglio 2009 da effegent

Per raccontar Milano è bene partire dal basso, dai marciapiedi, più che dalle alte vette, il primato sociale e civile dato una volta per scontato o la capitale morale andata in frantumi come un vaso di terraglia. I marciapiedi, dunque, quasi tutti rotti, rappezzati, simili a mantelli di Arlecchino, tra crepe, buchi e strisce d'asfalto, coi cordoli di antica pietra gettati via, lo sporco della città che s'infiltra tra le fessure e i sassi malamente mescolati alla sterpaglia. Nessuno controlla più quel che fanno i posatori. Questo non succede in periferia, a Baggio, a Cernusco sul Naviglio, a Cinisello, dove forse le cose vanno un po' meglio, ma nel centro colto della città, di fianco alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, per esempio, dove già di prima mattina i cinesi e i giapponesi si mettono in coda per vedere il Cenacolo di Leonardo e poi vanno a comprare i souvenir dal cartolaio di via Ruffini, davanti alla scuola che ha appena compiuto cent'anni di età.

Milano
Milano
Nessuno sembra scandalizzarsi dell'incuria, neppure i frati che si incontrano lì intorno, eredi dei terribili inquisitori del Seicento, con indosso il maestoso saio bianco. Le strisce pedonali, da anni, sono diventate invisibili o quasi, l'illuminazione sembra una burla da lunapark. In certe strade le lampade sono gialle, su due file, in altre bianche o azzurrognole, al neon, su una sola fila, chissà perché. Se poi si alza la testa oltre i tetti si vede l'altra città cresciuta a dismisura, popolata dalle nuove «cappuccine», abbaini di basso rango, una volta, destinati alle domestiche fedeli, cui toccava però l'onore di venir seppellite nella cappella di famiglia, divenuti ora — dono di una compiacente legge regionale — simbolo delle squisitezze della postmodernità padronale. Che cosa è accaduto a Milano in questi decenni? Il degrado non riguarda soltanto i marciapiedi rappezzati, naturalmente, e neppure i tram che funzionano male, il traffico paralizzante, l'aria avvelenata. Riguarda l'intera comunità, indifferente, passiva. Si è smarrito lo spirito solidale, simbolo della città, persino nelle sue canzoni. A Milano venivano a lavorare tutti, senza alcuna discriminazione. Non comparvero mai sui portoni, come a Torino negli anni Sessanta, quei cartelli oltraggiosi, «Non si affitta ai meridionali». Non è più così, il razzismo è diventato roba di casa, vengono proposte le carrozze separate sulla metropolitana — i bianchi e i neri, i locali e gli oriundi — mentre uomini politici della Lega intonano indecenti ritornelli che sbeffeggiano i napoletani. (In nome dell'idea di nazione). Sembra, e va detto con accoramento, con pena, che sia affiorato il peggio nascosto nelle viscere.

L'unica voce di umano buonsenso pare quella dell'arcivescovo Dionigi Tettamanzi. Nel Novecento, orribile secolo di conflitti e di violenza, tra la Shoah e la bomba atomica, è successo di tutto e il primo decennio del nuovo secolo non sembra portatore di giustizia e libertà. A Milano i momenti di fervore, dopo la Seconda guerra mondiale, furono probabilmente tre: la ricostruzione, anche se già segnata dagli interessi speculativi; gli anni del centrosinistra quando Milano fu motore di proposta e di ricerca; subito dopo la strage di piazza Fontana, nel 1969, che vide la città affratellata nella tragedia. Nel tempo del terrorismo punteggiato dai funerali delle povere vittime, Alessandrini, Calabresi, Galli, Tobagi, tra gli altri, Milano tiene. Poi tutto si sfalda. Dalla «Milano da bere» degli anni craxiani, gran finzione di un lucente mondo corrotto, al ciclone di «Mani pulite». La città, nel 1992, si sente vendicata. L'immagine dei rappresentanti di tutti i partiti politici seduti intorno allo stesso tavolo a dividersi le mazzette della corruzione secondo il proprio peso politico resta negli occhi e nella mente. L'indignazione, però, dura poco. I sodali dei corrotti hanno la meglio malgrado la grande ruberia scoperchiata. Vengono dimenticati alla svelta gli imprenditori, i politici, gli amministratori, gli affaristi in gran quantità, in fila per confessare i loro peccati e avere qualche sconto di pena, davanti alle porte degli uffici della Procura della Repubblica. I magistrati, applauditi fino a poco prima, diventano i carnefici, giustizialisti senza cuore e senza cervello. Quel che accadde allora pesa ancora oggi. Ci fu infatti, da parte della comunità, il rifiuto di discutere e di discutersi per tentar di capire le ragioni di quel che era successo. Il problema non era soltanto giudiziario, riguardava la struttura dell'intera società, la cultura diffusa, i comportamenti, il merito e il demerito, i criteri di selezione della classe dirigente, questioni irrisolte ed essenziali.

Tutto era accaduto in una città dove la morale collettiva aveva profonde radici, dove, fin dai tempi dell'imperatrice Maria Teresa, fiorì una buona amministrazione, dove il socialismo primonovecentesco aveva dato vita a modelli comunitari d'avanguardia, le scuole d'arti e di mestieri, la società Umanitaria, le case popolari nel centro della città, i quartieri operai ben costruiti — il villaggio Falck — le associazioni di mutuo soccorso, tutto quanto poteva rendere meno greve la vita degli umili manzoniani. E oggi? È mutato l'assetto sociale, in pochi anni si è passati dalla durezza del mondo contadino alle costrizioni dell'industria manifatturiera al terziario fino alla generazione di Google, quella che scrive x invece di per e 6 invece di sei. In un tempo non lontano l'incontro politico, civile, soprattutto umano, tra una classe imprenditrice capace, che ha avuto fede in se stessa, senza dimenticare del tutto il prossimo, e una classe operaia di alto livello professionale ha impedito, mescolando culture e esperienze, che nascessero fascismi e razzismi. Ora gli imprenditori si sono assottigliati trasformandosi in finanzieri e in immobiliaristi, gli operai sono calati di molto, le grandi fabbriche non esistono quasi più così com'erano fino agli anni Ottanta. E, quel che forse più conta, sono scomparsi anche i luoghi di aggregazione, le sezioni sindacali e quelle dei partiti di massa, dentro e fuori le aziende, e anche gli oratori delle parrocchie hanno una minore forza di attrazione. Un buco nero. La società si è impoverita, gli uomini e le donne sono più soli, la tv, così manchevole, ha la funzione di una specie di scuola dell'obbligo.

L'Expo 2015 è diventato a Milano quasi un miraggio, la soluzione per tutti i mali, la panacea. Ma i più dei cittadini sanno vagamente di che cosa si tratta — l'alimentazione — anche se hanno seguito le penose polemiche per la conquista delle poltrone, durate un anno, che fanno persino rimpiangere la Prima Repubblica e il famoso manuale Cencelli. Si è capito anche che l'imperativo categorico, quasi un'ossessione, è costruire, la manna moltiplicatrice di soldi. Per chi non si sa, visto che i portoni delle case sono pieni di cartelli, «vendesi», «affittasi», e non pochi, soprattutto giovani, in questi anni se ne sono andati a vivere fuori città dove i prezzi sono più clementi. Un editto li obbligherà a tornare? E a nessuno viene in mente di consultare i magistrati della Direzione antimafia, profondi conoscitori della 'ndrangheta calabrese, una tra le aziende leader della città, in attesa di saltare su appalti e subappalti dell'edilizia, vista la sua liquidità senza fondo? (I nuovi capi sono i figli acculturati dei mafiosi di Africo, di Platì, di San Luca di trent'anni fa). È mancato, da parte dell'amministrazione comunale, infinitamente distante non solo per quanto riguarda l'Expo, un coinvolgimento con l'intera comunità, una gestione più aperta, più democratica, più disponibile, meno gelida e più umana di una città una volta ironica, affettuosa e ora incattivita, nevrotizzata. È inutile l'ottimismo di maniera. Non è preferibile dir le cose come stanno cercando di far funzionare meglio quel meccano complesso che è oggi una grande città?

Corriere della Sera - Corrado Stajano
26 luglio 2009

 
 
 

la bellezza ama nascondersi

Post n°72 pubblicato il 04 Luglio 2009 da effegent

 
 
 

Amazzonia, che macello!

Post n°71 pubblicato il 18 Giugno 2009 da effegent

La distruzione delle foreste tropicali produce un quinto delle emissioni di gas serra a livello globale. Più dell’intero settore dei trasporti in tutto il mondo. Il principale motore della deforestazione dell’Amazzonia è l’allevamento bovino e il prodotto più redditizio che ne deriva, la pelle.  
Se permettiamo che l’Amazzonia venga distrutta per espandere l’industria della pelle distruggeremo il più grande polmone del pianeta. 
Agisci insieme a noi! Scrivi anche tu a Geox, Nike, Timberland, Adidas, Reebok e Clark’s. Fai sentire la tua voce. Fai sentire che non sei disposto ad acquistare scarpe che possono avere un’impronta ecologica devastante sulla foresta amazzonica.  
Ogni singolo passo conta se lo facciamo per salvare l’Amazzonia e proteggere il nostro clima!

 
 
 

Lettera dal post-terremoto

Post n°68 pubblicato il 30 Maggio 2009 da effegent

A un mese e mezzo dal terremoto che ha devastato la provincia de L’Aquila, la situazione è tesa, drammatica e irrisolta.
Questa lettera è stata scritta da Andrea Gattinoni, un attore che si trovava a L’Aquila per presentare un film. Le parole sono dirette a sua moglie ma rappresentano un’efficace testimonianza per tutti quelli che a L’Aquila non ci sono ancora stati.

HO VISTO L’AQUILA: lettera a mia moglie scritta ieri notte

Ho visto l’Aquila. Un silenzio spettrale, una pace irreale, le case distrutte, il gelo fra le rovine. Cani randagi abbandonati al loro destino. Un militare a fare da guardia ciascuno agli accessi alla zona rossa, quella off limits. Camionette, ruspe, case sventrate. Tendopoli. Ho mangiato nell’unico posto aperto, dove vanno tutti, la gente, dai militari alla protezione civile. Bellissimo. Ho mangiato gli arrosticini e la mozzarella e i pomodori e gli affettati. Siamo andati mentre in una tenda duecento persone stavano guardando “Si Può Fare”. Eravamo io, Pietro, Michele, Natasha, Cecilia, AnnaMaria, Franco e la sua donna.
Poi siamo tornati quando il film stava per finire. La gente piangeva. Avevo il microfono e mi hanno chiesto come si fa a non impazzire, cosa ho imparato da Robby e dalla follia di Robby, se non avevo paura di diventare pazzo quando recitavo.

Ho parlato con i ragazzi, tutti trentenni da fitta al cuore. Chi ha perso la fidanzata, chi i genitori, chi il vicino di casa. Francesca, stanno malissimo. Sono riusciti ad ottenere solo ieri che quelli della protezione civile non potessero piombargli nelle tende all’improvviso, anche nel cuore della notte, per CONTROLLARE.
Gli anziani stanno impazzendo.
Hanno vietato internet nelle tendopoli perché dicono che non gli serve. Gli hanno vietato persino di distribuire volantini nei campi, con la scusa che nel testo di quello che avevano scritto c’era la parola ‘cazzeggio’.
A venti chilometri dall’Aquila il tom tom è oscurato. La città è completamente militarizzata. Sono schiacciati da tutto, nelle tendopoli ogni giorno dilagano episodi di follia e di violenza inauditi, ieri hanno accoltellato uno.
Nel frattempo tutte le zone e i boschi sopra la città sono sempre più gremiti di militari, che controllano ogni albero e ogni roccia in previsione del G8. Ti rendi conto di cosa succederà a questa gente quando quei pezzi di ***** arriveranno coi loro elicotteri e le loro auto blindate? Lì???? Per entrare in ciascuna delle tendopoli bisogna subire una serie di perquisizioni umilianti, un terzo grado sconcertante, manco fossero delinquenti, anche solo per poter salutare un amico o un parente.
 
Non hanno niente, gli serve tutto. (Hanno) rifiutato ogni aiuto internazionale e loro hanno bisogno anche solo di tute, di scarpe da ginnastica. Per far fare la messa a Ratzinger, il governo ha speso duecentomila euro per trasportare una chiesa di legno da Cinecittà a L’Aquila.
Poi c’è il tempo che non passa mai, gli anziani che impazziscono. Le tendopoli sono imbottite di droga. I militari hanno fatto entrare qualunque cosa, eroina, ecstasy, cannabis, tutto. E’ come se avessero voluto isolarli da tutto e da tutti, e preferiscano lasciarli a stordirsi di qualunque cosa, l’importante è che all’esterno non trapeli nulla. Berlusconi si è presentato, GIURO, con il banchetto della Presidenza del Consiglio.
Il ragazzo che me l’ha raccontato mi ha detto che sembrava un venditore di pentole. Qua i media dicono che lì va tutto benissimo. Quel ragazzo che mi ha raccontato le cose che ti ho detto, insieme ad altri ragazzi adulti, a qualche anziano, mi ha detto che "quello che il Governo sta facendo sulla loro pelle è un gigantesco banco di prova per vedere come si fa a tenere prigioniera l’intera popolazione di una città, senza che al di fuori possa trapelare niente".
Mi ha anche spiegato che la lotta più grande per tutti lì è proprio non impazzire. In tutto questo ci sono i lutti, le case che non ci sono più, il lavoro che non c’è più, tutto perduto.
Prima di mangiare in quel posto abbiamo fatto a piedi più di tre chilometri in cerca di un ristorante, ma erano tutti già chiusi perché i proprietari devono rientrare nelle tendopoli per la sera. C’era un silenzio terrificante, sembrava una città di zombie in un film di zombie. E poi quest’umanità all’improvviso di cuori palpitanti e di persone non dignitose, di più, che ti ringraziano piangendo per essere andato lì. Ci voglio tornare. Con quella luna gigantesca che mi guardava nella notte in fondo alla strada quando siamo partiti e io pensavo a te e a quanto avrei voluto buttarmi al tuo collo per dirti che non ti lascerò mai, mai, mai.
Dentro al ristoro privato (una specie di rosticceria) in cui abbiamo mangiato, mentre ci preparavano la roba e ci facevano lo scontrino e fuori c’erano i tavoli nel vento della sera, un commesso dietro al bancone ha porto un arrosticino a Michele, dicendogli ‘Assaggi, assaggi’. Michele gli ha detto di no, che li stavamo già comprando insieme alle altre cose, ma quello ha insistito finché Michele non l’ha preso, e quello gli ha detto sorridendogli: "Non bisogna perdere le buone abitudini".
Domani scriverò cose su internet a proposito di questo, la gente deve sapere.
Anzi metto in rete questa mia lettera per te.
Andrea Gattinoni, 11 maggio notte.
 
fonte: http://nautilusmagazine.blogspot.com/2009/05/prove-tecniche-di-regime.html

 
 
 

Chet Baker e i denti

Post n°67 pubblicato il 17 Maggio 2009 da effegent

Chet Baker fu uno degli interpreti più rilevanti dello stile “cool jazz” e - per il suo stile di vita al limite e per la bellissima presenza fisica - fu da alcuni ribatezzato “il James Dean del jazz”. Il suo ingresso nella Storia del jazz è fatto risalire al suo assolo nella registrazione dello standard “My Funny Valentine” insieme al quartetto di Jerry Mulligan, mentre la consacrazione è probabilmente il riconoscimento come “strumentista dell’anno” - nel 1954, sbaragliano concorrenti come Miles Davis e Dizzy Gillespie - nell’annuale sondaggio della rivista Down Beat. Vittima di una grave dipendenza dall’eroina, nel 1966 durante una rissa Baker ebbe i denti davanti spaccati da uno spacciatore - menomazione gravissima per un trombettista. Scomparso dalle scene, fu riconosciuto da un fan mentre lavorava come garzone in una pompa di benzina, e dal fan medesimo finanziato per una totale ricostruzione dell’arcata dentale... Questo alimentò ancor di più la leggenda di Baker, che di lì a poco tornò a esibirsi, sfatando il luogo comune secondo cui è impossibile per un trombettista suonare con la dentiera. Morirà il 13 maggio del 1988, cadendo da una finestra del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam, quasi certamente sotto l'effetto di droghe.

 
 
 

Evento editoriale

Post n°64 pubblicato il 01 Maggio 2009 da effegent

10 8 2004 Ceneri di Manuela Cacciotto,
edito da Davide Zedda Editore, arriva al suo secondo appuntamento milanese. Dopo la prima presentazione a Febbraio alla Fabbrica del Vapore, segue un incontro sul libro presso l’Associazione Antica Credenza di Sant’Ambrogio.
Quando: l’incontro avverrà il 12 maggio presso la sede della stessa Associazione, in via Rivoli 4 (MM2 Lanza).
Moderatore: Fabio Conte

Invito per tutti

10 8 2004 Ceneri, opera prima di Manuela Cacciotto, è un romanzo sul ricordo. Una donna, unico personaggio senza nome della storia, rivisita attraverso la scrittura il suo difficile e tormentato rapporto con la sorella Eleonora. Ripartendo dai giorni dell’adolescenza ricostruisce la storia della sua famiglia, borghese e legata alle apparenze, e della sua vita, ribelle e solitaria, fino ad arrivare al punto di non ritorno che il destino le ha riservato e verso il quale tutto il romanzo tende.Il romanzo alterna il presente di alcolici e nebbia a Pavia della protagonista con due spazi del passato: quello della quiete “dell’isola” natia, senza nome anch’essa e per certi versi mitica, dominata da un silenzio che culla e ammala allo stesso tempo, e quello di una Lombardia carica di aspettative per una sorella (Eleonora) e di solitudine e vagabondaggi per l’altra (Voce narrante).
10 8 2004 Ceneri è un romanzo sul tema del doppio: due donne e due fidanzati uniti dallo stesso nome, la vita e la morte, l’isola, come regione ma anche come luogo intimo dell’Io, e la metropoli in bilico tra caos e possibilità, passato e futuro, l’alto e il basso, il mare e il continente.
Milano, come apertura verso il mondo ma anche come luogo di perdizione, è uno degli sfondi di 10 8 2004 Ceneri e lo scenario dell’Antica Credenza ben si amalgama con questo luogo della narrazione.
Il vero protagonista del romanzo è la scrittura stessa, che indaga e illustra i meandri di due storie, così lontane eppure parallele. Di fronte alla complessità della storia narrata, e della vita stessa, diventa strumento di implosione ed esplosione per poi trovare la strada per essere essa stessa più scorrevole e condurre le vicende ad una lineare geometricità. 

 

 
 
 

Concert Celtique in HDR

Post n°63 pubblicato il 28 Aprile 2009 da effegent

Per vedere le altre foto del concerto prova a fare un salto su: http://foto.libero.it/effegent/ 

 
 
 

Il terremoto ferisce il Velino

Post n°62 pubblicato il 26 Aprile 2009 da effegent

Il terremoto ha colpito anche il Velino, la cima più alta della Marsica e la terza dell'appennino. La ferita è lunga e profonda ed attraversa la montagna quasi in vetta. Chi è legato a questa "madre" affascinante e severa ha un motivo in più per esserne innamorato...

 
 
 

la partition

Post n°61 pubblicato il 22 Aprile 2009 da effegent

 
 
 

Christophe Saunière

Post n°60 pubblicato il 22 Aprile 2009 da effegent

 
 
 

Harpe et Cornemuse

Post n°58 pubblicato il 20 Aprile 2009 da effegent

 Joanne McIver et Christophe Saunière au Concert Celtique à Milan

 

 
 
 

La magia di Joanne e Christophe

Post n°57 pubblicato il 20 Aprile 2009 da effegent



Vorrei ricordare, con qualche immagine, una serata magica
e ringraziare Joanne e Christophe per l'atmosfera che hanno saputo creare
Grazie anche a Franck e a Fabio...

Je voudrais rappeler, avec quelques image, une soirée magique 
et remercier Joanne et Christophe pour l'atmosphère qui ont su créer 
Merci aussi à Franck et à Fabio, maîtres de cérémonie et organisateurs

 
 
 

Presentazione del Concert Celtique

Post n°55 pubblicato il 14 Aprile 2009 da effegent



Giovedì 16 aprile 2009 alle ore 19.30
presso Polo Liceale di Piazza 25 aprile, 8
a Milano (di fronte al Teatro Smeraldo - MM2 Moscova)

Fabio Conte, per l'Antica Credenza di Sant'Ambrogio,
presenterà il "Concert Celtique - Viaggio attraverso la Scozia con Joanne McIver e Christophe Saunière"
che si terrà la prossima Domenica 19 aprile, alle ore 20.30
nel suggestivo scenario della chiesa di San Bernardino alle Monache (via Lanzone, 13 - Milano).
Nell'incontro verranno anticipati ed approfonditi alcuni dei temi che hanno ispirato il percorso artistico, magico ed elegante, del duo scozzese-bretone, rivelando similitudini rintracciabili nella storia di Milano.

 
 
 

Senza parole (a proposito di terremoto...)

Post n°54 pubblicato il 11 Aprile 2009 da effegent

Victoria Beckham cerca casa
e punta al Castello Sforzesco
Posh è stanca di alberghi e vuole sistemarsi a Milano.
Rimasta affascinata dall'edificio storico, sta cercando di ottenere i permessi per abitarne un'ala...

 
 
 

Terremoto

Post n°52 pubblicato il 11 Aprile 2009 da effegent

In questo giorni di dolore e sgomento ho deciso volontariamente di non riportare appunti sul terremoto che ha colpito l'Abruzzo.
Lo farò quando le telecamere si spegneranno sullo scenario devastato e non ci saranno più microfoni per chi chiede aiuto.

 
 
 

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ECHISSENEFREGA

Elisa Isoardi, conduttrice Rai, rivela: Elisa Isoardi, conduttrice su RaiUno di 'A Conti Fatti'  ROMA - "Matteo Salvini è una bella persona. Mi piace la sua grinta da leader giovane. E' uno che parla a tutti. Ci stiamo frequentando, ci vediamo. Io sono libera. Lui pure. Chi vivrà, vedrà". A dirlo è Elisa Isoardi, conduttrice su RaiUno di A Conti Fatti, che conferma così il gossip che circola da mesi sul suo legame con il numero uno della Lega Nord.

L'ex miss Cinema e il segretario del Carroccio si conoscono dal 2009, ma  hanno iniziato a frequentarsi appena tornati entrambi single (lei è stata legata all'imprenditore Canio Mazzaro, ex di Daniela Santanchè e di Rita Rusic): "Sull'educazione sentimentale io cado", ha detto la Isoardi a Chi, ma "sono concentratissima sul lavoro". E mentre "molte mie colleghe, da Veronica Maya a Caterina Balivo sono già sposate e con figli, io non ho fretta anche se in amore mi ritengo una passionale e vivo tutto sino in fondo".
 

IL PARCO NAZIONALE DEL POLLINO

A cavallo tra Calabria e Basilicatasi estende il Parco Nazionale del Pollino, il più esteso d'Italia con isuoi 192.565 chilometri. Nel suo territorio sono comprese fortezzemedioevali, reperti greci e paesini in cui sopravvive "l'arbeshe", unatradizione culturale e linguistica italo-albanese. E sulle vettepotrete incontrare l'aquila reale, il lupo appenninico e il caprioloautoctono...
Il parco presenta ambienti naturali profondamente diversi traloro. A est e a ovest è bagnato dal mare. Mentre tra le vette sicontano le più alte dell'Appennino meridionale, come il Dolcedorme(2267 metri) e il Monte Pollino (2248 m). Sui rocciosi pendii di questecime si inerpica il pino loricato, l'emblema del parco. Il loricato ha una storia molto antica, che risale finoall'ultima glaciazione. Il suo territorio prediletto è la nuda rocciadelle zone più impervie, dove il forte vento, l'aspro gelo e i fulminimodellano il suo tronco nella crescita...

(da: www.montagna.org/node/4660)



 

 
 
 

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