Il blog di 3 C

Viaggio sul mondo attraverso i miei occhi

 

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Rivoglio la mia serenità!

Post n°13 pubblicato il 29 Novembre 2006 da threecharlie
 

Una volta tanto cercherò di essere breve; forse ho bisogno di uno sfogo virtuale, una porta diversa dalle altre per cercar di "guarire" espellendo il disagio, prima che diventi rabbia, impotenza, dolore o anche pegio. Attorno a me il mondo mi regala il suo solito spettacolo di bellezza e di tristezze, e proprio perché una parte di me ricerca la concretezza non mi faccio ammaliare dalla prima e non mi faccio trascinare verso il basso dalle seconde. A dispetto di tanti discorsi fatti di sole parole, quando i giochi si fanno duri l'unica persona veramente importante resto IO, e non venitemi a raccontare che per voi è tanto diverso, perché è solo una questione di punti di vista. Questo mio essere egoista però non è così negativo, perché se per voler èpretendere la mia libertà di essere me stesso è anche libertà di essere diverso da quel che mi circonda. Volevo fare un post sul consuimismo emozional-sessuale, questa moda che vede alcuni valori buttati del cassonetto in virtù di una libertà, quella sì, egoistica all'ennesima potenza, dove l'importante è prendere ciò che si desidera sempre e comunque, senza aver rispetto per quello che gli altri vogliono. Mica è un problema mio o tuo, sono soliti rispondere, la gente è ora che si svegli, quindi se non è abbastanza in gamba da poter evitare di essere schiacciato dalla mia esigenza di volere, sarà una scuola di vita per il loro futuro. NO! Non ci sto! Non è corretto, giusto, ragionevole! Se fosse così la vita sarebbe una continua lotta per evitare che ivadano il tuo io, sempre con il fucile in mano, sempre all'erta su quel che vogliono o peggio pretendono da te. Non voglio uniformarmi, non voglio essere come voi, non voglio finire per credere ancora una volta che sono io quello sbagliato, che sono io che rinunciando in quello in cui credo profondamente alla fine non mi resti nulla... non avete voi capito un'accidente, schiavi del bisogno e del consumo! Scusate lo sfogo, presumo anche non troppo chiaro, ma volevo depurare anche il mio io virtuale.

 
 
 

La costellazione dei pesci

Post n°12 pubblicato il 29 Ottobre 2006 da threecharlie
 

immagineCon questo nuovo intervento voglio fare un omaggio ad alilulla, fornendo a lei ed a tutti quelli che sono di questo segno zodiacale un po’ di notizie tra lo scientifico e dintorni, in modo che sia fruibile sia par curiosità e sia per ricavarne qualche informazione più concreta.
La costellazione dei pesci è antichissima; si pensa sia una raffigurazione celeste già rappresentata (ed immaginata) dai Babilonesi, ma la mitologia ad essa inerente è, come gran parte delle costellazioni, di origine greca. Come già anticipato la loro collocazione nel cielo ricorda una serie di collegamenti tra vari episodi mitologici e quella dei pesci fa riferimento alla guerra che c’era tra gli dei dell’Olimpo capeggiati da Zeus ed i Titani figli di Urano. Interessante come la storia sia nata da un “colpo di stato” organizzato da Zeus per detronizzare il proprio padre Crono. Tornando ai Pesci, tutto cominciò quando il mostro Tifone (o Tefeo, o Tifeo) figlio di Gea, dea della Terra e madre dei Titani, venne mandato ad attaccare gli dei dell’Olimpo. Costui , enorme ed infuriato, provocò il terrore tra gli dei che cercarono di fuggire dove potevano per non incorrere nell’ira provocata dalla voglia di vendetta. Il primo che si accorse del suo arrivo fu Pan, che trasformandosi in un animale metà capra e metà pesce si gettò in un fiume (Eufrate?). Ad Afrodite parve un’ottima idea tanto che volle trasformare se stessa ed il figlio Eros in pesci per poter trovare riparo tra le stesse acque, dopo però essersi uniti con una corda che li legava alla coda per evitare di allontanarsi e perdersi. Un’altra leggenda parla invece che madre e figlio siano stati aiutati a scappare e successivamente salvati appunto da due pesci (ma la corda allora???). La corda è comunque stata ritenuta importante tanto che la stella alfa della costellazione è stata chiamata dagli astronomi arabi Al Rishah, Okda e Kaitan, ovvero corda o nodo.
La costellazione non è sicuramente tra le più appariscenti nel cielo, pur essendo abbastanza estesa, e questo è dovuto perché composta essenzialmente da stelle inferiori alla magnitudine 4, e solo qualcuna si avvicina alla 3. Di conseguenza non è facile individuarla tra le altre; si può soltanto notare che le stelle sono disposte in modo da formare un’enorme lettera “L” maiuscola (o per qualcuno “V”) . Il punto di incontro delle linee che compongono la lettera è dato dalla stella alfa già citata prima, che ha la particolarità di essere un sistema quadruplo, ovvero le due stelle di colore bianco-azzurro sono già binarie spettroscopiche, ma sono anche gravitazionalmente interagenti tra loro con un periodo orbitale di 720 anni. L’oggetto non stellare più bello che si può osservare nella costellazione è sicuramente M74 (o NGC 628), una galassia a spirali con grandi bracci sviluppati ed estesi. Molto bella anche la galassia NGC 488
immagine
 
 

 
 
 

Riflessioni concatenate

Post n°11 pubblicato il 09 Ottobre 2006 da threecharlie
 

immagineIn questo thread vorrei scivolare un po' nella contaminazione tra diverse linee di pensiero; ho cominciato a condividere qualche conoscienza del cielo stellato, mi avete risposto con alcune vostre esperienze ed emozioni, abbiamo quindi abbozzato un po' di più la conoscenza di cosa sono fisicamente quelle luci lassù. Ci si potrebbe soffermare ancora, e sicuramente lo farò, su qualche altra curiosità "fisica" di quegli oggetti che, vi assicuro, risultano meravigliosi nel senso letterale del termine, perché spesso sfuggono alla nostra reale comprensione di dimensioni, temperature, possibili condizioni di vita. Già, qui comincia la contaminazione, ovvero una volta acquisita la conoscenza difficilmente non si riesce a pensare a come potrebbero essere quei luoghi, un po' come quando non accontentandoci di guardare un panorama in una cartolina ricevuta, non andiamo a immaginare come potrebbe essere vivere quel mare, quel cielo, quella città. Io, fin da piccolo, ho la necessità di far quadrare in qualche modo i conti, di dare un significato a tutto ciò che sperimento (un'esigenza di concretezza) che però poi si scontra con una volontà di leggere il mondo che mi circonda in maniera estetica, in modo che quel che succede arrivi direttamente all'anima (o se preferite al cuore) senza che sia filtrata dalla ragione. Un bel match, non c'è che dire, ma che mi permette di riuscire a vedere le cose (o leggere un libro, o vedere un film, o scrivere una poesia, etc. etc.) su più piani di consapevolezza. Ritornando al cielo stellato, io quel che vedo è lo spettacolo ed il significato fuso assieme; lo spettacolo di immagini che gli strumenti astronomici regalano ai curiosi come me, come i colori intensi di Giove, di uno dei suoi satelliti, Io, che è un posto in cui Dante avrebbe sicuramente collocato l'inferno della sua Divina Commedia, tanto è infuocato, inospitale, solfureo, affascinante. L'idea che mi sono fatto del cosmo, ma non solo di quello, è che una volta di più ci sono concetti, apparentemente distanti tra loro, che si sposano in un'unica serie di informazioni ed emozioni riconducibili ad un'unica consapevolezza. Avete mai pensato come possano stare assieme matematica, musica, astronomia, filosofia, religione? Beh, la musica è matematica, se sai contare potenzialmente sai anche suonare, ma per lo stesso motivo anche la fisica segue leggi matematiche, e se si volesse spogliare il concetto di musica dalle sue connotazioni emotive resterebbe l'acustica che altro non è che una branca della fisica. Ma se possiamo ritenere che nella musica ci sia qualcosa di magico, qualcosa capace di suscitare emozioni profonde, solo al suono di una divertente sonata per pianoforte di Mozart, o un tristissimo notturno di Chopin, o un'inquietante sinfonia di Mussorgsky, non è altrettanto stimolante pensare che esistono strani giochi matematici che permettono agli astri di compiere inseguimenti "musicali" nello spazio, dove tutto sembra immutabile solo per la nostra natura breve di esseri umani? Se si riesce a pensare anche solo a questo, ci si rende conto che sembra esistere un piano, un enorme pianificazione che vuole che le cose siano fatte in un certo modo, che pur mantenendo l'individualità delle cose, siano esse vive o no, si ritrovano a ripercorrere schemi già visti. Gli scienziati stanno cercando una teoria che riunisca in un'unico concetto tutte le scienze fisiche, che con un'unica formula potesse spiegare e prevedere con appositi calcoli, sia il comportamento della materia che dell'energia; qualcuno potrebbe dire che basta credere nell'aspetto religioso di tutto ciò, e che basterebbe delegare tutto questo ad un dio creatore senza dover sprecare energie nella assoluta comprensione, riciclando in maniera "allargata" e moderna un concetto tanto caro all'inquisizione medioevale. Nel mio piccolo, sono portato ancora a pormi alcune domande che ritengo fondamentali; chi o cosa sono? Perché sono qui? Quel'è il mio scopo? Posso contribuire nella meccanica di tutto questo con un mio tocco di colore? Lascerò qualcosa dopo di me? Dopo la morte del mio corpo diventerò qualcosa di diverso o in qualche maniera sarò "riciclato"? Per finire questo mio chilometrico intervento vorrei solo tentare di dare una risposta in chiave fisico-astronomico della prima domanda: cosa sono o meglio da dove provengo? Per farlo dal punto di vista scientifico, ora so che la materia di cui sono intimamente fatto, calcio, ferro, carbonio, lo devo al lavorìo delle stelle. Già, all'interno di quella fucina di energia nucleare che è il loro nucleo, sono stati prodotti elementi che nell'universo primordiale non esistevano, in una evoluzione naturale che è passata lentamente dall'inanimato, dal non vivente, a quello che sono. Albert Einstein in una lettera del 1954 scrisse: Io non credo in un Dio personale e non l'ho mai negato, anzi, ho sempre espresso le mie convinzioni chiaramente. Se qualcosa in me può essere chiamato religioso è la mia sconfinata ammirazione per la struttura del mondo che la scienza ha fin qui potuto rivelare. Per ora concludo qui, o rischierei di scrivere un romanzo, senza avere neppure la certezza che siate disposti a leggere tutto ciò senza stancarvi troppo. Alla prossima puntata. immagine

 
 
 

Uno nuovo sguardo verso il cielo: toh, guarda che curioso...

Post n°10 pubblicato il 26 Settembre 2006 da threecharlie
 

immagineEd eccomi qui per provare a fare quel che mi si era chiesto, ovvero un percorso piccolo e semplice per poter meglio comprendere quel che si legge in un cielo notturno,almeno tramite i miei occhi. Sembra fin troppo scontato dirvi che quasi tutto quel che si vede in cielo sono stelle, un po' meno che fin troppo spesso quel che pensate sia una stella in realtà è un pianeta del nostro sistema solare. Questo dovrebbe farci riflettere quanto la nostra società si sia allontanata dalla natura, tanto da non farci riconoscere un albero da un altro, un uccello da un altro, un insetto da un altro. Se pensate che nell'antichità il riconoscimento delle stelle era una sicurezza per ritrovare la strada di casa per esploratori e navigatori, è quasi divertente pensare che ora i navigatori satellitari ci indicano la strada da una posizione apparente molto simile, ma che se la tecnologia d'un tratto smettesse di funzionare forse ci sentiremmo dispersi a 2 chilometri da casa nostra. Ma ritorniamo a queste lucine; in chat qualche sera fa, ho scoperto che un'amica non si era mai resa conto che le stelle avessero un colore, e pensava che il vederle colorate fosse dovuto alla rifrazione dell'atmosfera, un po' come quando vediamo decisamente rossastra la luna in eclisse. Non è così, anzi ad occhio nudo ci sono delle stelle che risultano decisamente rosse ed altre azzurre, anche se la maggioranza appare bianca. Ci sono in realtà anche stelle arancioni e gialle come il nostro sole, ma essendo colorazioni meno nette sono più difficili da "risolvere". Non dobbiamo però sbagliare; i pianeti interni del sistema solare sono sufficientemente vicini da mostrarsi brillanti e colorati: Marte, non a caso, è chiamato il pianeta rosso da prima che Galileo perfezionasse (od inventasse) il telescopio, mentre Giove e Saturno appaiono giallognoli. Venere no, è decisamente bianca perché riflette gran parte della luce che riceve dal sole, mentre Mercurio è già difficile vederlo ma credo sia biancastro pure lui.

In realtà ad occhio nudo si potrebbero vedere anche qualche nebulosità, qualche sbuffo indistinto tra il nero del cielo buio, ma dovrebbe esserci appunto un cielo nero, che dalle nostre parti è difficilissimo trovare, mentre con un po' di fortuna ed in una zona riparata si può ancora scorgere la parte centrale della galassia più vicina (...) a noi, ovvero la galassia di Andromeda. Che c'entra Andromeda? Chi era Andromeda? Se c'è tra di voi chi abbia studiato con passione la mitologia greca lo sa, però forse sa meno che in cielo gli antichi greci hanno riportato la loro mitologia come Michelangelo disegnò la Cappella Sistina. Come in quel semplice giochino che avremo fatto tutti, che si trova nella Settimana Enigmistica, dove unendo i puntini si scopre una figura, gli antichi usavano unire le stelle con segmenti immaginari, per creare in un primo momento probabilmente animali e fatti di vita quotidiana, in un secondo la prova che i segnali "divini" ci erano sempre accanto. I greci hanno trasferito i personaggi mitologici nel cielo, con logica, mettendo, ad esempio, le Pleiadi vicino a Orione (sì quello dello spot Lavazza) che le stava cacciando, e dove Orione è armato di tutto punto e dalla cui cintura pende la sua spada. Se vi devo dire la verità, a me ricorda solo una clessidra, ma l'importanza di attribuire una forma familiare a quel gruppo di stelle ben riconoscibili era data dalla necessità di sapere che sorgevano ad est piuttosto che ad ovest in un certo periodo dell'anno, quando naturalmente il sole era già tramontato e la luna non era ancora sorta. L'esempio più classico di questo sforzo è la stella polare, basilare perché sempre visibile in tutti i periodi dell'anno, e con la particolarità di trovarsi sempre, in qualsiasi ora della notte, nello stesso posto. Non è nemmeno una delle stelle più splendanti, né vicine, non è colorata e la sua costellazione è piuttosto banale (piccolo carro che fa parte dell'orsa minore), ma è stata per centinaia d'anni un efficace sostituto della bussola, arrivata molto più tardi (e nemmeno affidabilissima...).
Per ora credo possa bastare così, sufficiente spero per potervi fare delle domande e per darmi e darvi l'opportunità di continuare a dirvi qualcosa di quel che conosco. Grazie a tutti.
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Uno sguardo al cielo: le origini letterarie!

Post n°9 pubblicato il 26 Settembre 2006 da threecharlie
 

Credo, per i lettori del mio blog (ed anche un po' per me stesso), che vi racconti un po' di come sono arrivato ad approfondire le mie curiosità sul cielo sopra di noi. Che io sia un curiosone oramai l'avrete capito tutti, che io rimanfga affascinato dal concatenarsi di curiosità che si svelano nel susseguirsi della scoperta delle prime, forse anche, quindi mi accingo a fare rivelazioni compromettenti sul mio primo approccio alla letteratura. Ebbene sì, lo confesso, il primo approccio affascinato alla letteratura nell'età della scelta lo devo alla mia ex moglie. Devo confessare che prima di lei c'era stata una rapida scoperta di quel genere letterario, prendendo a prestito da mio fratello alcuni libri che si comperavano già da anni in edicola, per merito della Mondadori. La collania era "URANIA", sia nel primo che nel secondo episodio in ordine temporale. Ero in ospedale militare a Trieste, credo nell'aprile del 1984, ricoverato con la varicellache avevo evidentemente evitato di contrarre da piccolo, dato che un compagno di CAR l'aveva addosso al primo "36" usato per visitare Trieste. Quella che allora era la mia ragazza partì da quel di Musile di Piave per venire a trovarmi con qualcosa che mi aiutasse a passare il tempo; ricordo che avevo un pigiama che sembrava proprio quello di un carcerato... (ricordi & nostalgie...). Vabbeh, quel libro era "l'altra faccia della spiirale" di Isaac Asimov, copia che ho ancora nella mia libreria, naturalmente, ed era FANTASCIENZA, genere letterario spesso schernito e snobbato dai lettori chesi autoproclamavano "seri" (un'amica la chiamava fantascemenza). Già il cinema mi aveva regalato "2001 odissea nello spazio" di Kubrik, visto con amici quando credo di non aver avuto nemmeno 10 anni, poi, "Battaglie nella galassia" e naturalmente "Guerre stellari", mi avevano convinto che quello era il genere di cose per cui avrei speso volentieri i miei soldini, ma senza quel regalo non avrei cominciato a divorare la fantascianza. Di Asimov e compagni parlerò in un post apposito o rischio di essere chilometrico, e torno al filo conduttore del post, perché più leggevo fantascianza e più comparivano stelle, pianeti, sistami planetari e stellari, galassie, pulsar, galassie. La mia curiosità ed una delle mie parti razionali volevano capire se quel che leggevo poteva essere così verosimile da poter essere possibile, quindi ho cominciato a guardare enciclopedie e riviste, a non perdere una puntata dei programmi di Piero Angela a tema, insomma di rendermi conto di cosa si parlasse e che non restassero solo paroloni buttati nel racconto per far sensazione. Con Asimov non accadeva quasi mai, e se nel genere fantasy bisogna accettare passivamente mondi Tolkieniani, con quel geniaccio spesso i racconti erano proprio basati sulle teorie che riusciva a carpire nell'ambiente accademico che frequentava. Fu così che una stella, un bel puntino luminoso nel cielo, si trasformò piano piano in quel bagaglio di conoscienze che oscillano tra la cruda scienza delle dimensioni e della matematica alllo stupore ed al romanticismo e gusto estetico di non scordare la sensazione che il guardare quella luce nel cielo ancora mi da.

Grazie per la pazienza nel leggermi.

 
 
 

Il cielo notturno

Post n°8 pubblicato il 14 Settembre 2006 da threecharlie
 

Tempo fa mi sono cimentato nella scrittura di due articoletti per digiland il cui tema era più o meno "uno sguardo romantico al cielo". Allora non avevo che una vaga infarinatura del significato filosofico del romanticismo, ed esortavo, o meglio mi sarebbe piaciuto che chi leggeva ne fosse incuriosito, ad osservare il cielo, anche se offuscato dalle luci della città. Certo, in una città di provincia come la mia, ogni tanto appare un cielo stellato degno del suo nome, mentre nelle città più popolate oramai si fa fatica a distinguere anche le stelle più luminose. la necessità di avere un ambiente più sicuro, consono, produttivo, ci priva con l'illuminazione notturna di uno dei più bei spettacoli della natura. In passato anche famosi pittori si sono cimentati con quadri raffiguranti il cielo notturno, magari non come soggetto principale, ma sicuramente d'effetto; forse non ce ne sono molti solo per la difficoltà di poter vedere quel che si dipingeva con la necessità di mancanza di luce.
Vincent Van Gogh era uno di questi; e seppur con una scala assolutamente imprecisa, nel suo dipinto "cielo stellato sul fiume Rhone" ha immortalato una delle costellazioni se non riconosciute, almeno più citate: il grande carro (che poi è parte dell'orsa maggiore).
Ma vorrei tornare al motivo che mi ha fatto scrivere questo pezzo, e che è direttamente correlato all'immagine messa all'inizio della mia riflessione. Quello è il cielo che si vede a Ritter Butte, Oregon (USA), fotografato dall'astrofilo Thomas W. Earle. Quella striscia chiara che si vede nella foto è un'altrettanto nota, purtroppo solo a parole, zona del cielo notturno che sicuramente sarà impossibile da vedere ai più (a meno di un black out generale come quella di qualche estate fa). Si tratta della via lattea, che altro non è che la visione nella nostra prospettiva della galassia in cui il nostro pianeta, il nostro sole, il nostro sistema solare sono immersi. Alla stesura di questo mio thread c'era una foto meravigliosa fatta dall'osservatorio dell'ESO (European Southern Observatory) sul Cerro La Silla, appartenente alla Ande Cilene. Anche se non si vede in tutta la sua imponenza (ma a me piaceva la foto così com'era) volevo comunque proporvela; purtroppo la sua dimensione originale non mi consente di pubblicarla qui. Voglio comunque lasciarvi il link, perché merita di essere vista. (clicca qui ----> Milk way from ESO-La Silla). La mia curiosità negli anni è stata placata dalle conoscenze documentali sull'astronomia e sull'astrofisica, nulla di accademico per carità, ma l'aspetto romantico di una osservazione di questo tipo è solo immaginato o preso a prestito dalle fonti di informazione. Nel web sono presenti migliaia di foto e contenuti multimediali, come poi anche le riviste specializzate e le enciclopedie dedicate che si possono trovare in edicola o in libreia e/o biblioteca, danno l'idea di come sarebbe quello spettacolo. Ma riuscire a vederlo di persona è una cosa fantastica, un'esperienza unica da riuscire a fare almeno una volta nella vita; credo di esserci riuscito in solo un'occasione, in montagna, anni fa, ma di sfuggita e non certo nella magnificenza offerta agli astronomi dall'altezza dei 2.400 metri in un territorio praticamente desertico. Ritengo che siano tra quelle cose, tipo vedere, l'oceano, il deserto, un ghiacciaio, insomma quelle sfumature della natura che ci circonda e che sono fondamentali nella crescita culturale ed emozionale di chiunque.
Concludendo, se la nottata lo permette, date un'occhiata con curiosità al cielo, anche solo per riconoscervi puntini luminosi di colore diverso, anche solo per andare a caccia della costellazione immortalata da Van Gogh, anche solo per ricordarvi che da qualche parte c'è la stella polare, anche solo per dire... toh, c'è una serie di stelle che sembra una W (è cassiopea quella).
Poi magari, passando di qui, ogni tanto posso parlare di quello che vedo, che ho visto, e con voi condividerlo.
A presto.

 
 
 

Post che ritengo doveroso a chi viene a leggere con costanza.

Post n°7 pubblicato il 17 Agosto 2006 da threecharlie
 
Foto di threecharlie

Una volta tanto sarò breve; mi sono sentito in dovere di ringraziare chi, nonostante non trovi scritto nulla di nuovo da un po', viene a curiosare nel mio blog con costanza. Il materiale per scrivere qualcosa di nuovo ci sarebbe anche, ma come mi capita spesso, se comnicio a trovare uno spunto che valga la pena di farvi leggere, lo "partorisco" in macchina (faccio il taxista) e quando devo riportarlo qui su è già diventato lontano...
Di vicende personali che mi hanno accompagnato in questi ultimi tempi non ritengo giusto parlarne, dando così "in pasto" a chiunque non solo brandelli della mia vita ma anche di altri, e non lo ritengo corretto. Alcune riflessioni sui rapporti interpersonali e sentimentali li potete trovare nel blog chiamato MARCO PICCOLO che ho aggiunto da tempo tra i miei preferiti. Ultimamente mi sento più a mio agio a rispondere ad argomenti già trattati che cominciarne uno mio, ma il motivo riguarda soprattutto la qualità di quello che potrei scrivere per non rischiare di annoiarvi.Mi rendo conto ora che, pur ripromettendomi di essere breve, sto scrivendo molto di più del previsto; tipico nel mio pormi al blog.
Meglio quindi concludere ringraziando ancora le/i fedelissime/i e invitando i prossimi curiosi di ripassare prima o poi.

 
 
 

La differenza tra un'alba ed un tramonto è solo nella prospettiva in cui si guarda...

Post n°6 pubblicato il 02 Maggio 2006 da threecharlie
 
Foto di threecharlie

Alle volte si chiude una stanza e non la si riapre, così con il passare del tempo sugli oggetti di quella stanza si deposita una piccola quantità di polvere giorno dopo giorno, per mesi. Ti dicono è il passato, ed il passato non ha più importanza, non è certo il presente, men che meno il futuro. C'è del vero in questa affermazione, ma non ci si può basare solo su essa. Nel passato c'è il percorso della nostra vita, le nostre scelte, che se sono vincenti (o fortunate) diventano successi, gioie, mentre se sono sfortunate diventano dolori da portarsi addosso. Non si può vivere con questi dolori appesi come fardelli che ti appesantiscono l'anima, non ci si riesce... io non ci riesco... Così, dopo aver intrapreso la strada del "lasciarmi alle spalle il mio passato", dove volevo dimenticare i dolori, dove chiudere tutti i ricordi in un cassetto, come si fa con le vecchie foto che appartengono al passato sto tentando una strada difficilissima; aprire quella stanza, guardare gli oggetti ad uno ad uno, spolverarli e... non usarli, nemmeno uno, nulla.
Se ti comperi una pianta per arredare le stanze della tua anima però, una cosa viva, se non le dai da bere, rinchiusa in quella stanza morirà, e morirà per sempre. Ne guarderai le foglie accartocciate, secche, ripiegate su se stesse, la terra brulla, talmente secca che nemmeno la muffa è resistita ed ha lasciato una sottile polvere bianca. Ha un senso spolverare un vaso che ha la funzione di mantenere viva quella pianta se quella stessa pianta invece è morta? E se non ha senso spolverare il vaso, perché mai spolverare il resto? E perché mai aprire quella porta se nulla ha un senso in quella stanza, perché è spenta, perché non puoi accenderla più? E' sbagliato allora spazzarla via o è sbagliato tenerla viva nonostante tutto?
Qualcuno dice che mantenere i ricordi e la coscienza di quello che si è fatto aiuta ad affrontare le avversità. Se ricordi i tuoi errori potrai imparare da essi e non ripeterli... facile a dirsi perché è una bellissima utopia e, cosa ancor più sacrosanta, in cuor tuo non li ritieni errori, anzi.
Non ha senso recriminare su una strada sbagliata intrapresa, perché in quel momento era la scelta giusta, e solo la fiducia nel provare quella strada ti potrà dire se era quella giusta... ma anche questo è relativo. E si ritorna sul discorso iniziale; è giusta se ti va bene, ed è sbagliata se ti va male. Chi può dire allora se era giusta o sbagliata? Dio? Il fato? Il caso?
Se sei solo e percorri da solo quella strada puoi anche decidere di prendere i mattoncini lego della tua vita e ricombinarli in modo da intraprendere un'altra strada da solo... ma se hai preso i mattoncini lego di un'altra persona, una donna con cui speravi di costruire qualcosa di comune, perché i mattoncini per costruire se stessi non bastano mai... una volta che hai mischiato quei mattoncini fai una faticaccia a determinare quali siano i tuoi e quali i suoi, perché se li lasci di un colore diverso ogni volta che guarderai quello che si ha costruito vedrai un io ed un tu, mai un noi... quei mattoncini dal colore neutro... se li scarti, perché non ci si può costruire nulla, non sei mai sicuro di quali scarti... perdi sempre qualcosa.
Ed alla fine, come in tante cose nella vita dove hai messo veramente te stesso, dove hai condiviso, dove hai messo intimità, non saprai più dove finisci tu e comincia lei.
E se il sole è all'orizzonte, non capisci più veramente se è un'alba od un tramonto...

 
 
 

Una nuova scoperta: "Il mondo di Sofia"

Post n°5 pubblicato il 03 Novembre 2005 da threecharlie
Foto di threecharlie

Premessa:
- "...l'unica cosa di cui abbiamo bisogno per diventare filosofi è la capicità di stupirci..."-
-"Sei un bambino che non è ancora riuscito ad "abituarsi al mondo"? O sei un filosofo che giura di non abituarsi mai?-

Mi è stato consigliato da una giovane amica, giovane solo nell'età anagrafica, perché nel leggerlo sono stupito ancora di come una giovane mente possa essere attratta da un simile libro. E' un viaggio dolce attraverso la filosofia, una favola che favola non è, che parla di crescita intellettuale e voglia di affermazione del proprio essere "diverso" o, come dice un'altra mia carissima amica, essere normale in un mondo di diversi, dove loro pensano di essere normali solo perché sono in maggioranza. Ho appena cominciato a leggerlo, ma presenta tutte le caratteristiche che ame piacciono; mi appassiona, perché lascia sempre qualcosa da scoprire nel suo svolgimento, mi diverte, perché ci sono alcuni tocchi di autentica ilarità, mi insegna, perché è un viaggio in parti della storia passata che fino ad ora avevo solo sfiorato, mi arrichisce, perché nel leggerlo apprendo qualcosa che poi cercherò di fare mio.
Nella mia continua arroganza penso di aver capito che sono un potenziale filosofo, ma non nel senso dispregiativo o canzonatorio che ho sentito usare nei miei confronti tante volte nella vita, ma perché leggendo quel che il libro mi insegna, sono in grado di capire che ho fatto lo stesso percorso della protagonista, e senza aver nessun professore di filosofia. Probabilmente i professori sono stati molti, e non tutti umani, e non tutti al di fuori di me stesso, comunque sia, è un libro dove mi leggo tra le righe e mi riconosco.
L'ho già fatto comperare ad una carissima amica, promettendole che se l'avessimo letto assieme lo avremmo potuto commentare giorno dopo giorno.

Chissà, forse anche qualcuno di voi lo potrebbe fare; sarebbe un interessante esperimento, non trovate?

Un caro saluto a chi mi legge (comprendendomi!)

 
 
 

Nebbia, questa sconosciuta

Post n°4 pubblicato il 30 Ottobre 2005 da threecharlie
 
Foto di threecharlie

Sono giorni di nebbia questi;
nella mia città è cominciato finalmente l'autunno, quello che ricordo da bambino (non nebbioso come allora ma tanto da farmelo ricordare). La nebbia ammanta un po' ogni cosa, specie nelle prime ore del mattino o durante la notte, lasciando dietro di se un odoraccio di fumo, ma non quello buono che ricordo dei camini di montagna, quello acre ed innaturale dello smog, anche se, a dire il vero, non riesco a pensare che una città piccola come la mia abbia reali problemi di inquinamento. Ma se riesco (e ci riesco, sì...) a non pensare all'odore che ha, beh, la nebbia è un'amica, è parte del mio vissuto e del mio presente, una mano di fata che ammanta il mondo che mi circonda dandogli ancora una volta una poesia strana che ho il privilegio di cogliere.
Tempo fa ho scritto una poesia sulla nebbia;
era nata come una sfida a tutti quelli che continuavano a dirmi che era una cosa spiacevole, brutta, triste. Coloro che lo dicevano sono persone che la nebbia la vedono solo sul mare della sicilia, o raramente in un fondovalle montano. Cosa mai ne possono capire della nebbia? Per loro è solo uno schermo al sole ed all'azzurro del cielo, che splende imperterrito sopra di essa, ma per me non è affatto questo.
E' la mia terra, la mia esperienza, e non è affatto triste, al contrario, perché come tutte le altre cose che ricordo da bambino è parte di me, parte integrante e riconosciuta, non triste ma presente, bella, rilassante.
Ok, avete ragione nel pensare che dovrei trovarmici in mezzo al nulla per vedere se ho il coraggio di ripetere le stesse cose, e vi dico che avete ragione nel pensare che quando io mi trovo, come mi sono trovato, in una strada di campagna, senza strisce
spartitraffico, né quelle che delimitano i lati, senza una luce... nulla, l'autentico nulla, alle volte dovevo fermarmi perché non sapevo realmente dove fossi. Ma non è quello che mi spaventa, anzi della nebbia nulla mi spaventa, è solo la mia incapacità di portare logica ad un posto che logica non ha, dato che non si vede nulla, ma proprio
nulla, ed è tanto simile ai momenti in cui guardandomi dentro non vedo alcuna soluzione, alcuna via d'uscita, perché nulla ti da una mano.
Ed allora, come nella nebbia, devi fidarti ed andare avanti, cercando quel che di buono c'è ma che è solo leggermente offuscato, e nella nebbia anche se riesci solo a scorgere i particolari di un albero non potendo vedere gli altri, beh basta soffermarsi su quello e fare come faccio sempre anche con la luce del sole, scomporlo in milioni di sensazioni, anzi semmai è più facile, perché non esiste distrazione... solo tu e quell'albero imperlato di gocce... e la nebbia che accarezza entrambi.
Ieri ho camminato per un'ora nella nebbia, ed ero sereno...

 
 
 
 
 

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Data di creazione: 18/10/2005
 

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