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Creato da solitudineNA il 02/01/2006
affetto verso un amico/a gatto
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forse questa è un'altra buona notizia:
Dopo che nel 2013 era stato servito il primo hamburgerda carne ‘in provetta’, adesso e’ la volta delle carni sintetiche dipollo e di anatra, ottenute da cellule coltivate in laboratorio. A presentarlenel piatto e’ l’azienda americana Memphis Meats. Il risultato e’ riportato sulsito di Science che racconta anche le conseguenze legali. Non e’ ancora chiaroinfatti come verra’ regolamentato questo settore emergente e non si conosceancora quali saranno le istituzioni che si occuperanno di sorvegliare lasicurezza questi prodotti. Per produrre le carni sintetiche di pollo e anatra,l’azienda californiana ha usato una tecnica simile a quella con cuil’università olandese di Maastricht aveva prodotto la carne di manzo:ha prelevato le cellule staminali dal muscolo degli animali e le ha coltivatesu impalcature speciali fino a formare filamenti di tessuto sufficiente, almeno20.000 filamenti, per fare una polpetta o un hamburger. ”Il nostro obiettivo e’produrre carne in un modo migliore, che sia piu’ sostenibile perl’ambiente e credo che questo sia un importante salto tecnologico perl’umanita”’ ha rilevato Uma Valeti, co-fondatore di Memphis Meats. L’azienda sista organizzando per avviare la produzione di carne di vari tipi espera di portare tra circa 5 anni sugli scaffali dei supermercati polpette, hotdog, e salsicce da carne in provetta. Intanto anche altre aziende comincianoa scommettere nel campo di questi nuovi cibi e stanno sperimentando le primeproduzioni in laboratorio di latte e albume d’uovo da lieviti modificatigeneticamente.
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QUESTE SONO LE NOTIZIE CHE TI FANNO COMINCIARE BENE LA SETTIMANA - FINALMENTE ERA ORA
E PER GLI ASSASSINI DI BALENE
LA CORTE DELL'AIA: ILLEGALE LA CACCIA ALLE BALENE "PER STUDIO"
Enpa: "Lo scopo scientifico era solo un pretesto"

«Quello della Corte dell'Aja è un verdetto rivoluzionario – commenta il direttore scientifico dell'Enpa, Ilaria Ferri – che boccia "senza se e ma" l'assurdo pretesto usato dagli Stati balenieri, in primis il Giappone, per aggirare la moratoria alla caccia approvata nel 1986.» Naturalmente, come hanno precisato in seno alla stessa Commissione Internazionale Baleniera ricercatori e cetologi internazionali, la caccia per "motivi scientifici" non ha nulla di scientifico. Si tratta dunque di un ossimoro che negli ultimi venticinque anni è costato la vita a più di 10mila cetacei.
«Come abbiamo sempre sostenuto la caccia a scopo scientifico è solo un banale pretesto per i Giapponesi per sterminare le balene che sono considerate competitrici nella pesca, come gli altri cetacei. E le migliori vittorie si ottengono con la nonviolenza e con la determinazione che ha portato il Governo Australiano a ricorrere alla corte di giustizia europea che ha sancito questa storica sentenza. Esprimo la mia più profonda gratitudine ai giudici dell'Alta Corte che con questo verdetto hanno finalmente ripristinato la legalità internazionale, schierandosi dalla parte delle balene, della biodiversità, della vita – prosegue Ferri -. Auspico che il Governo giapponese tenga fede alle sue promesse e, come annunciato, rispetti il verdetto dell'Aja fermando una volta per tutte il programma di caccia alle balene in Antartide. Diversamente, ogni azione dell'Australia e di ogni altro Paese, tesa al rispetto di questa sentenza sarà più che legittimata.»
Dal 1986 al 2013 il Giappone ha ucciso più di 14.000 balene, sulla base di permessi scientifici, proprio nel Santuario dell'Antartico.
All'esultanza si unisce la Lav, che contro la caccia ai cetacei chiede al Governo italiano di vietare l'importazione di delfini con permessi emessi con il fantomatico scopo di promuovere la ricerca scientifica nei delfinari, negli acquari e nei parchi divertimento.
"La sentenza di oggi è la prova di come gravissime forme di sfruttamento commerciale si celino dietro presunte attività educative, scientifiche e di conservazione e che per anni hanno permesso al Giappone di derogare alle norme internazionali e sterminare decine di migliaia di balene", – dichiara Gaia Angelini della Lav. "Questa sentenza sia l'occasione per verificare come anche in Europa, con l'alibi dell'educazione e della ricerca scientifica, in realtà si sfruttino ogni anno oltre 300 delfini e diverse orche detenute in cattività per spettacoli che non aiutano affatto a conoscere questi animali, né a salvarne alcuno. Queste catture servono solo a mantenere lucrativi interessi per le società di intrattenimento commerciale. E' ora di mettere fine al sequestro di questi animali nei loro habitat naturali e di introdurre uno stop alla loro importazione, come già avvenuto in Svizzera e diversi paesi dell'Unione Europea".
Con l'obiettivo di ottenere una legge che vieti l'importazione di delfini e di altri cetacei a fini di spettacolo, la LAV chiede ai cittadini di firmare – in tante piazza italiane sabato 4 e domenica 5 aprile, oppure su www.lav.it – la petizione che LAV e Marevivo rivolgono al Governo e al Parlamento italiano.
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UE, CONFERMATO IL DIVIETO DI COMMERCIARE DERIVATI DALLA FOCA"Irricevibile" il ricorso degli Inuit canadesi, Lav esulta

Un'organizzazione che rappresenta gli interessi degli Inuit canadesi, oltre che i produttori e i commercianti di prodotti derivati dalla foca, avevano chiesto ai giudici dell'Unione l'annullamento del divieto generale di commercio dei prodotti derivati dalla foca nell'Unione europea, emanato da Parlamento e Consiglio a settembre 2009. Sono escluse da tale divieto solo l'immissione e la vendita sul mercato di prodotti che provengono dalla caccia tradizionalmente praticata dagli Inuit e da altre comunità indigene e contribuiscono alla loro sussistenza. Ma sia per il Tribunale, che per la Corte Ue, gli Inuit e gli altri ricorrenti non sono legittimati direttamente a proporre un ricorso avverso tale normativa dinanzi ai giudici dell'Unione.
La sentenza condanna anche i ricorrenti a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal parlamento Europeo e dal Consiglio dell'Unione Europea.
"Finalmente si comincia a leggere la parola fine su una delle più cruente forme di sfruttamento degli animali, nota per le indicibili violenze con cui vengono uccise le foche – dichiara Simone Pavesi, Responsabile LAV Campagna Pellicce - una sentenza storica che segna il possibile e auspicato traguardo di un contenzioso che non è ancora definitivamente concluso, a causa di un ulteriore tentativo di fare cadere il bando europeo presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio".
"E' sufficiente ripercorrere le numerose tappe giudiziarie del contenzioso per l'annullamento della normativa europea che ha salvato la vita di milioni di foche e dei loro cuccioli, per comprendere quanto gli interessi economici dell'industria della pellicceria e della trasformazione dei prodotti di foca siano stati duramente colpiti dal bando comunitario. – prosegue Pavesi – Prima ancora che diventasse effettivo il divieto al commercio nel mercato europeo di prodotti ricavati dalla caccia commerciale delle foche (ampiamente praticata in Canada e non solo), vari soggetti interessati allo sfruttamento di questi animali avevano già presentato un formale ricorso".
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OIPA Trapani lancia un appello di raccolta fondi a suo sostegno, le degenza in clinica costa 20 euro al giorno, oltre alle cure specifiche per la scabbia. Serve inoltre uno stallo per ospitare Vito non appena sarà in condizioni di uscire dalla clinica.
Chiunque volesse dare un contributo a suo sostegno può fa...re un’offerta all'OIPA Trapani c/c n. 43035203 intestato all'OIPA - Italia specificando nella causale "OIPA Trapani – Vito” oppure può inviare direttamente cibo. Per qualsiasi informazione contattare Tel. 392 8596781; trapani@oipa.org
La storia:
San Vito Lo Capo, comune di 4.180 abitanti in provincia di Trapani, è uno dei luoghi turistici più famosi della Sicilia per la bellezza della sua spiaggia, eletta nel 2011 la migliore spiaggia italiana e l'ottava in Europa. Eppure, nella categoria dei “migliori” non possono di certo essere annoverate le istituzioni che la rappresentano. A instillarci questo dubbio è la storia di Vito, un cucciolo simil maremmano di due mesi e mezzo. Per ben sette giorni è rimasto in strada, in una zona centrale di San Vito Lo Capo, nei pressi di un albergo, ignorato e scansato dalla gran parte dei passanti. Inutili sono state le segnalazioni di diversi turisti alla Polizia Locale, ai Carabinieri e al Comune. Nessuno è intervenuto.
Due turisti decidono allora di contattare l’OIPA di Trapani e segnalano la presenza di un cucciolo in strada che versa in condizioni molto critiche. Questa volta è la delegata di Trapani, Anna Calderone, a contattare nuovamente le forze dell’ordine e le autorità preposte, ma niente, ci sono le elezioni amministrative, e non c’è tempo per dare retta ad un “povero cane randagio”. Così Anna decide di postare sulla propria pagina di facebook le foto di Vito, chiedendo di a tutti i suoi amici di allertare le forze dell’ordine del posto affinché intervengano per soccorrerlo. I Carabinieri di S. Vito Lo Capo contattano dopo alcune ore Anna per chiederle di fermare l’appello, non ne possono più, ricevono chiamate da tutta Italia. Interverrà la Polizia Locale, che porta finalmente Vito ad un ambulatorio veterinario di Custonaci. Le sue condizioni di salute sono gravissime, dice il veterinario, quindi gli viene somministrato un antiparassitario, di quelli che si usano per le mucche e le pecore, e Vito è sistemato.
Riposto per due giorni dentro una scatola di cartone, può aspettare, tanto è un cane randagio che nessuno reclamerà e per cui nessuno pagherà. Allertati da Anna, che nel frattempo ha capito che lì per Vito non c’è speranza di salvezza, i due turisti che l’hanno segnalato si offrono di portarlo a Trapani presso una clinica veterinaria di fiducia. Appena arrivato, Vito divora con grande voracità 300 gr di pappa ed è molto assetato. Segno che nessuno l’aveva rifocillato nei due giorni trascorsi in clinica. Stremato dalla fame e dalla scabbia, la forma di rogna più grave che possa colpire un cane, sprofonda nel sonno. Al suo risveglio lo attendono prelievi ematici, spugnature, cure antibiotiche e tutte le terapie specifiche per curare una patologia che richiede almeno due mesi di cure.
Vito è timoroso e arrabbiato, ringhia appena qualcuno tenta di avvicinarsi a lui. E nessuno può dargli torto.un caro ringraziamento Maria Rita e Marcello, i due turisti di Perugia senza i quali Vito non sarebbe sopravvissutoVisualizza altro
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CANADA: AL VIA IL MASSACRO DI FOCHE
Anche quest'anno, in Canada, si è aperta la caccia che porterà al massacro di migliaia di foche.
Negli ultimi anni, tutti i principali mercati esteri di smercio dei prodotti derivati dalla foca, tra cui Unione Europea, Stati Uniti, Messico, Taiwan e Russia, che importava il 95% delle pelli di foca, hanno vietato l'importazione dei prodotti derivati dalla foca.
Ciò nonostante il governo canadese si ostina a difendere la sanguinaria e ormai morta industria anche dinanzi al WTO - World Trade Organization, dove all'inizio di marzo si è tenuto il primo incontro sul ricorso di Canada e Norvegia relativo al divieto d'importazione dei prodotti di foca in Unione Europea. Il prossimo incontro tra le parti avrà luogo tra cinque settimane, ma nel frattempo il ghiaccio delle coste canadesi continua a tingersi di rosso.
Aiutaci a fermare la strage, invia la lettera di protesta! http://www.oipa.org/italia/caccia/appelli/canada_petizione.html
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Ecco su cosa bisogna meditare spero che Papa Francesco spenda due parole su questo.
Alla vigilia della Pasqua, l'associazione animalista Animal Equality ha diffuso foto e video a dir poco choccanti di quanto accade agli agnelli in diversi allevamenti e macelli italiani.
Per oltre un anno, infatti, attivisti sotto copertura hanno documentato il vero volto della pastorizia e dell'industria ovina. Immagini crude di quanto accade a questi cuccioli di appena un mese di vita, uccisi per diventare cibo 'tradizionale' sulle tavole degli italiani.
Le cifre degli agnelli uccisi ogni anno sono spaventose, un autentico massacro: circa 4 milioni di piccoli uccisi ogni anno nel nostro Paese per il consumo umano, tra quelli esportati dall'Est Europa (Romania prima di tutto) e quelli allevati in Italia. Questa cifra è superiore, se prendiamo in considerazione anche pecore, agnellotti e capre: circa 800.000 gli animali uccisi in totale solo nel periodo pasquale
Alcune immagini, ad esempio, mostrano un agnello lasciato morto per giorni all'aperto, in un recinto a contatto con altri animali. Gli attivisti hanno ripreso poi agnelli e pecore rinchiusi per ore in spazi molto ristretti, costretti a calpestarsi per il nervosismo e lo stress. Oppure capi lasciati senza cure veterinarie, in stato di ipotermia e in condizioni igienico-sanitarie pessime, in alcuni casi prossimi alla morte.
In un allevamento, prima del carico sul camion diretto al macello, è stata documentata inoltre la 'pesatura', una pratica ritenuta illegale in cui gli agnelli, terrorizzati vengono legati, issati per i carpi (i polsi) e pesati in gruppi. Si tratta di una modalità di contenimento molto dolorosa, che può portare lesioni come strappi muscolari e dei legamenti. Tale posizione è molto innaturale per questi animali e li induce a scalciare, nel tentativo di trovare una postura meno stressante, con conseguente rischio di lesioni più gravi come la lussazione della spalla o la frattura dei carpi.
Sempre negli allevamenti sono state girate immagini di pecore ammalate, separate dal gregge e in procinto di essere macellate illegalmente, altre affette da mastite e lasciate senza cure veterinarie.
Nei macelli la situazione appare addirittura peggiore. In uno di questi, specializzato nella macellazione specifica dell'agnello, gli animali vengono radunati in recinti limitati da grate metalliche, molto stretti. Stressati e spaventati si ammassano l'uno su l'altro urlando e rimangono spesso impigliati nelle grate, ferendosi, nell'attesa di essere uccisi.
Nei macelli investigati, l'elettronarcosi (l'applicazione di corrente elettrica per stordire l'animale e renderlo incosciente) non viene utilizzata correttamente: gli animali non vengono storditi del tutto e al momento dello sgozzamento sono ancora coscienti di cosa gli stia accadendo, scalciano e si dimenano fino alla morte che sopraggiunge per dissanguamento.
Animal Equality ha lanciato una campagna informativa attraverso il sito www.SalvaUnAgnello.com dove si invita l'opinione pubblica a prendere posizione contro queste violenze, impegnandosi a scegliere di non consumare un prodotto come la carne d'agnello, risultato di così tanta sofferenza, chiedendo inoltre ai supermercati di evitare la vendita di questi prodotti.
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E' stata programmata una nuova strage di stato di foche in Canada scriviamo una
nota di protesta al consolato Canadese basta con questi crimini.
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