Tyki's Fantasy

La Leggenda del Dragone

 

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CAPITOLO XLIV

Post n°48 pubblicato il 26 Ottobre 2008 da Tyki_Mikk
 

Fu una notte tormentata.
Vash si addormentò profondamente e i sogni gli si presentarono in forma di ricordi, alcuni dei quali non riuscì a riconoscere. Non seppe nemmeno se fossero eventi autentici del suo passato o semplici elaborazioni della sua mente. Alcuni risalivano a pochi mesi prima, altri erano invece remoti, dimenticati, appartenenti a un lontano passato.
Vide se stesso da bambino. Era molto piccolo, si reggeva ancora goffamente sulle proprie gambe. Accanto a sé aveva qualcuno che lo teneva per mano e lo guidava all’interno di una tetra foresta, nel buio della notte che l’avvolgeva. Era un altro bambino, di qualche anno più grande. Sotto ai suoi occhi arrossati si scorgevano residui di lacrime. Il suo aspetto sudicio e trasandato tradiva le recenti disavventure che doveva aver vissuto e le atroci sofferenze che doveva aver patito. Ma ora il suo sguardo era fiero e determinato.
Sembravano entrambi reduci da un evento traumatico, due bambini indifesi che fuggivano da qualcosa di terribile. Avanzavano nelle tenebre con passo lento e incerto. Vash non capiva cosa stesse accadendo, si sentiva completamente spaesato. L’altro però non dava segno di esitazione.
La notte era chiara, ma la luce lunare che filtrava nella foresta oscura era davvero ridotta al minimo. Nessuno vi avrebbe vagato in quelle condizioni, se non vi fosse stato costretto. L'ambiente attorno a loro era ostile. Gli alberi, contorti e rugosi, parevano voler ghermirli con i loro rami più spogli, che si protraevano verso il piccolo sentiero in terra battuta.
Il bambino più piccolo si guardava attorno con aria sperduta e impaurita. L'altro gli strinse la mano con maggiore fermezza, rendendosi conto che necessitava infondergli sicurezza. Lo fissò per un attimo negli occhi, finché non fu sicuro di averlo tranquillizzato e rincuorato. Erano entrambi troppo piccoli, se ne rendeva conto, ma lui era il più grande e sapeva di dover tirare fuori tutto il suo coraggio o non sarebbero andati lontano. Dovevano aggrapparsi con tutte le forze al desiderio di vivere e forse sarebbero riusciti a vedere l’alba del domani.
Improvvisamente udì un leggero fruscio nel totale silenzio della foresta attorno a loro. Si guardò attorno con il cuore in gola e ben presto trovò nel buio due piccole sfere che brillavano riflettendo la luce lunare. Subito dopo si sentì tirare lievemente la mano e si accorse che Vash stava guardando spaventato in un'altra direzione. Seguendo il suo sguardo, si accorse che anche altri occhi, a decine, erano comparsi e li stavano fissando minacciosi. Capì subito cosa fossero e lottò strenuamente per non abbandonarsi al panico.
Non aveva intenzione di morire lì, non così. Non dopo quello che avevano già passato. Avrebbe portato in salvo almeno Vash, lo aveva giurato a se stesso. Iniziò a correre in avanti, trascinandosi dietro il piccolo, che stentava a tenergli il passo. Le creature iniziarono a inseguirli emettendo i loro caratteristici richiami minacciosi. Non ebbe il coraggio di voltarsi. Sapeva che erano molto più veloci di loro e che da un momento all'altro sarebbero stati raggiunti, azzannati e divorati vivi. Ma non si sarebbe arreso senza nemmeno tentare di mettersi in salvo, neanche realizzando di non avere alcuna speranza. Udì la propria voce invocare aiuto con tutto il fiato e la disperazione, mentre le lacrime iniziarono a scendergli nuovamente sul viso, sino a impedirgli di vedere davanti a sé. Fini per sbattere contro qualcosa.
Credette che si trattasse di un albero, ma invece si ritrovò di fronte l'imponente e solida figura di un robusto essere umano. Erano finiti in mezzo a una radura illuminata dalla luna. Sentì le voci dei mostri ormai vicinissime e iniziò a tremare fuori controllo.
L'uomo afferrò i bambini per un braccio e li tirò dietro di sé. Davanti a lui erano già comparse le sagome dei loro inseguitori, affamate e rabbiose; forme contorte, colme di zanne, artigli e malvagità; creature della notte, figlie delle tenebre. Senza troppe esitazioni si lanciarono all'attacco dell'adulto, che estrasse rapidamente un'enorme arma da dietro la schiena. Una di esse finì subito tagliata a metà dal suo spadone a due mani, il che stimolò una maggiore prudenza nelle altre. Quell'uomo era diverso dagli altri, non era indifeso contro di loro. Era sicuramente uno straniero. Ma le belve non desistettero per così poco e si fecero avanti tutte assieme. Con grandissima abilità, il guerriero iniziò ad abbattere i mostri uno a uno e i bambini lo osservarono come ipnotizzati.
Poi però si accorsero che una delle creature aveva aggirato la guardia dell'uomo e si avvicinava minacciosa e trionfante a loro due. L'altro era troppo preso dallo scontro per accorgersene, era già miracoloso che non fosse ancora stato sopraffatto. Vash fece un passo indietro, ma inciampò e cadde a terra. Il mostro si preparò a sbranarlo, quando l'altro bambino si frappose per cercare di proteggerlo. La situazione era chiaramente disperata ed egli alzò lo sguardo al cielo per cercare di non vedere, di evadere dal momento in cui sarebbe stato fatto a pezzi...
La luna piena splendeva davanti ai suoi occhi con tutto il suo fascino e il tempo parve arrestarsi. Era uno spettacolo magnifico, uno dei più emozionanti. Sentì un forte brivido percorrerlo ovunque nel suo corpo, come se qualcosa fosse stato risvegliato dentro di esso. Quasi dimenticò la situazione critica in cui si trovava. Per un istante, si sentì travolgere da un'enormità di visioni incomprensibili, cose che non avevano nulla a che fare con lui o con le esperienze della sua troppo breve vita...
Quando l'ennesimo mostro fu abbattuto, un bagliore, che comparve per un breve attimo alle sue spalle, mise in fuga tutti gli altri. Sorpreso, il guerriero si voltò verso i due bambini dagli occhi argentati. Trovò quello più piccolo ancora seduto a terra, tremante dallo spavento e dall'incredulità, con gli occhi fissi sull'altro. Questo gli volgeva la schiena, ritto e immobile come una statua. L’uomo sgranò gli occhi quando vide che a un passo da lui si trovavano i resti carbonizzati di una delle creature...

Sarah aprì gli occhi quando non era ancora sorta l'alba. Aveva dormito male, per diverse ore non aveva dormito affatto. Era stata costantemente in pensiero per Vash, che non era più rientrato nel gruppo. Lui se n'era andato la scorsa sera irritato, ma anche se Ander le aveva ripetuto di non fargli caso, la ragazza di Greenville lo aveva atteso a lungo, preoccupata.
Il cacciatore era il suo primo pensiero anche al risveglio e subito si guardò attorno, come se cercasse qualcosa di vitale importanza. Vash stava seduto accanto al fuoco, a pochi metri da lei. La osservava con curiosità proprio per il modo in cui si era alzata di soprassalto. Sul suo volto c'era la solita espressione impassibile, forse più rabbuiata del solito. Gli altri compagni di viaggio stavano ancora dormendo.
Mentre lo scrutava con occhi tristi, Sarah ripensò agli avvenimenti della sera precedente. Ander aveva raccontato il passato suo e dell'amico, quello trascorso assieme come Guerrieri Deathforce. La ragazza aveva sempre immaginato che Vash non fosse un ragazzo o un guerriero qualunque, ma ciononostante quella rivelazione aveva scosso tutti. Adesso poteva capire perché il cacciatore non amasse parlare di sé e del suo passato.
Ma lei non era in grado di biasimarlo per quello che aveva fatto allora. Era convinta di conoscere il vero Vash, di sapere che tipo di persona fosse realmente. Continuava a fidarsi di lui. E soprattutto continuava a volergli bene.
Rimaneva solamente da farglielo capire.
Ma il cacciatore ora sembrava voler prendere nuovamente le distanze. Probabilmente immaginava già cosa fosse accaduto mentre era stato assente. Sarah cercò di trovare le parole giuste per confessargli di sapere, ma di non volerlo condannare o giudicare. Risultò essere un compito difficile, aveva paura di ferirlo in qualche modo.
Proprio quando credette di aver raccolto il coraggio necessario, Diana si alzò e corse immediatamente incontro a Vash, per poi abbracciarlo energicamente e senza troppi scrupoli.
"Sei tornato, finalmente!" esplose lei di gioia.
Il cacciatore rimase troppo sconcertato dalla sua reazione per far finta di niente. L'esclamazione di Diana destò anche Ryan e Ander, che sbadigliarono pigramente.
"Non m'importa niente se sei un ex Guerriero Deathforce..." spiegò la ragazza mora: "Perciò non allontanarti più da me!"
Gli occhi di lui la fissavano con malcelata sorpresa e smarrimento. Era rimasto a bocca aperta.
Nonostante quell'esplicita manifestazione di affetto, Sarah apprezzò il gesto dell'amica. In fondo aveva il coraggio e la sfrontatezza che lei non riusciva a esprimere.
"Cosa significa?!" domandò il cacciatore, cadendo dalle nuvole.
"Mia sorella ha ragione..." aggiunse Ryan con un sorriso rassicurante: "Quello che conta non è ciò che eri, ma ciò che sei!"
Dopo essersi preso qualche istante di riflessione, Vash recuperò la sua proverbiale indifferenza.
"Non so cosa vi abbia detto Ander, ma adesso non ha importanza..." dichiarò con fermezza: "Dobbiamo sbrigarci a raggiungere Kidevik... e credo che sarebbe meglio se lì ci salutassimo tutti."
Gli altri quattro persero immediatamente il buon umore, per lasciare spazio a una preoccupata espressione interrogativa.
"D'ora in avanti per voi seguirmi potrebbe significare solamente nuove disgrazie e sempre maggiori pericoli." proseguì: "Io ho fatto per voi, tutto ciò che potevo... adesso non c'è più nulla che ci leghi assieme."
Il suo viso era estremamente serio e duro. Parlava con grande convinzione e persuasione. Le ragazze lo ossevavano frastornate.
"Stai scherzando, vero?!" rispose Diana per prima: "Non farmelo ripetere ancora... io non mi staccherò più da te!"
"Non ti libererai di me così facilmente!" scoppiò in una risata il cavaliere di Eyrie: "Ho i tuoi stessi nemici... sarebbe più saggio affrontarli assieme!"
"Hai fatto una promessa, ricordi?" disse invece Sarah con calma: "Hai giurato che mi avresti riaccompagnata a Greenville... e che sino ad allora mi avresti protetta."
Esaminandoli uno per volta, Vash lesse la determinazione e l'ostinatezza nei loro occhi. Ma non ne sembrava affatto compiaciuto. Le parole successive le pronuncio con qualche difficoltà.
"La questione è molto seria..." insistette lui: "Io stesso... rappresento un pericolo..."
Nelle menti dei tre compagni riapparvero d'un tratto le immagini del cacciatore durante lo scontro con il capitano feoriano a Yuwa. Per un momento si sentirono raggelare.

Kidevik era una tranquilla cittadina sorta sul mare. Era piccola e silenziosa, solo i pochi mercanti e marinai stranieri parevano ravvivarla. Le ragazze notarono subito che i cittadini originali si distinguevano per i tratti caratteristici, tra loro molto simili. Avevano tutti i capelli chiarissimi, biondi o persino bianchi, pure quelli che non sembravano affatto vecchi. E la loro pelle era quasi sempre candida come la neve. Erano persone particolarmente chiuse e composte, eppure a loro modo cordiali e ospitali.
Quando vi entrarono, Ander iniziò sin da subito a comportarsi nervosamente. Quel dì la sua lingua sembrava particolarmente tagliente e Sarah non riusciva a convincersi che fosse solamente incappato in una brutta giornata. Il cavaliere si guardava attorno con sguardo sveglio e prudente. Era come un pesce fuor d'acqua e osservava tutti i passanti biecamente, quasi con diffidenza e ostilità.
"Cosa ti prende?" gli chiese la ragazza gentilmente.
Lui scosse la testa con gesto di lasciar perdere, quindi richiamò l'attanzione di Vash.
"Andate pure avanti senza di me... Mi troverete in una taverna nella zona del porto." esclamò e si voltò verso Ryan: "Scusami... Ti auguro un buon viaggio di ritorno a casa. Pregherò per te e la tua gente, perché possiate liberarvi definitivamente dei feoriani. Addio."
Dopo avergli stretto la mano, Ander si allontanò con passo spedito. I compagni lo guardarono svanire lungo una via.
"Dev'essersi alzato con il piede sbagliato..." commentò Diana bonariamente.
"Non ha nulla a che vedere con questo..." spiegò però Vash.
"Che intendi dire?" domandò lei.
Il cacciatore sbuffò come per pentirsi di aver parlato troppo. Ma ormai lo aveva fatto.
"Ander detesta questa terra, odia il Regno di Northland..." continuò: "E' naturale che si comporti in questo modo, lo farà fintanto che ci rimarrà, perciò lasciatelo perdere."
"Ma per quale motivo... ?" provò a chiedere Sarah.
"Se non sbaglio, aveva detto di essere originario di Eyrie..." intervenne Ryan e il cacciatore annuì: "Allora posso capire..."
"Cosa?!" lo incalzò la sorella incuriosita: "Dillo anche a noi!"
"Beh, è rinomato che tra la gente di Northland e quella di Eyrie non corra buon sangue..."
"E perché mai?!" lo interrogò ancora lei.
"Maledizione, Diana! Da bambina avresti dovuto passare più tempo ad ascoltare i racconti dei marinai, invece di scorazzare sempre con la tua banda di monellacci!" la rimproverò Ryan: "E' iniziato tutto con la Guerra dell'Ordem. E' così che la chiamano qui... Una quindicina di anni fa' il Regno di Northland dichiarò guerra a Eyrie. Durò solo un anno e senza alcun successo, ma fu comunque particolamente intensa e sanguinosa... Ecco qual è il motivo."
Le ragazze ascoltarono riflettendo attentamente.
"Guerra dell'Ordem? Non ne ho mai sentito parlare..." disse tra sé Sarah.
"Si riferisce all'Ordine dei Cavalieri di Eyrie, di cui fa parte anche Ander." chiarì Vash: "Furono i veri protagonisti di quel conflitto..."
"Ma perché ancora tanta ostilità? Ormai dovrebbe essere acqua passata, no?" cercò appoggio Diana: "E poi Ander allora era sicuramente molto piccolo..."
Per una volta il cacciatore non si preoccupò troppo di tenere la lingua a freno.
"Il padre di Ander cadde durante lo scontro decisivo, nella Battaglia delle Paludi, quasi quindici anni fa..."
Quella rivelazione piombò sulle ragazze come un fulmine a ciel sereno. A entrambe ritornarono in mente le parole del cavaliere di Eyrie.
Sapete... non molto lontano da qui si trova mio padre... A dire il vero, vorrei tanto andare a trovarlo! Credo che ormai siano passati quindici anni...
Rivedendo l'espressione triste che Ander ebbe allora, quasi senza accorgersene, Sarah si commosse e si lasciò sfuggire una lacrima.

 
 
 

CAPITOLO XLV

Post n°49 pubblicato il 02 Novembre 2008 da Tyki_Mikk
 

Nonostante fosse la vera anima di Kidevik, nonché la sua principale fonte di sostentamento, il porto era quasi deserto. Solo qualche marinaio si aggirava sui moli o sui ponti delle poche navi presenti, eppure non era nemmeno una delle giornate più fredde. A Kidevik non era ancora caduta la neve, che solitamente la ricopriva per buona parte dell'anno. Regnavano una quiete e un silenzio quasi irreali, troppo insoliti per chi era abituato ai ritmi portuali di Tunsea Town. Gli unici suoni udibili erano i richiami degli uccelli marini e il rumore delle onde che si infrangevano sulle navi e sui moli.
Ryan e Vash passarono di nave in nave, chiedendo ogni volta ai marinai dove fossero diretti. Le ragazze attesero fiduciose, sedendosi su un muretto. Diana controllava il bagaglio che aveva preparato per il fratello. Poco prima si era fermata in un emporio per acquistare provviste ed equipaggiamenti utili per il viaggio di Ryan, che sino a quel momento non aveva avuto con sé assolutamente nulla.
"Non sei tentata di andare con lui?" chiese Sarah serenamente.
"Sì, non posso negarlo... Una parte di me non vorrebbe lasciare Ryan. Sono riuscita a riabracciarlo quasi per miracolo, dopo aver creduto di non rivederlo mai più." ammise l'amica, ripensando ai fatti: "E poi la tentazione di tornare a casa è forte..."
"Oh, come ti capisco!" si commosse la ragazza di Greenville.
"Ma anche se Tunsea è in pericolo, anche se vorrei raggiungerla e combattere... sento che per qualche motivo io devo rimanere qui con voi." spiegò Diana: "Avete fatto molto per me... ho un grosso debito da saldare."
"E solo per questo?"
"Non è poco!" sentenziò la tunseiana: "Ma hai ragione, non è l'unico motivo..."
Fu più difficile del previsto trovare una nave diretta a Tunsea Town. Era una tappa piuttosto frequente per il commercio marittimo, ma le navi presenti a Kidevik erano davvero poche. Per un vero colpo di fortuna Ryan ne trovò una, piuttosto piccola, che avrebbe fatto scalo in un'altra città portuale di Tunsea. Non avendo con sé un soldo, dopo aver discusso con il capitano, un cinquantenne zenthyano, riuscì a farsi accettare a bordo in cambio di un lavoro di manutenzione sulle armi dell'equipaggio, che erano vecchie e arruginite. Il tunseiano era convinto di aver fatto un vero affare e raggiunse prontamente Vash.
"Tutto a posto, non c'è più bisogno che ti dia da fare per me." lo rassicurò: "Mi dispiace di dover andarmene così, so che devo molto a te e agli altri."
"Lascia perdere..." sospirò il cacciatore con indifferenza.
"No, non lo farò!" rispose l'altro con decisione: "Facciamo così: semmai avreste bisogno di riparare, elaborare o cambiare armi, venite da me a Tunsea Town! Sempre se sarò ancora vivo dopo questa guerra..."
Inizialmente Vash non era intenzionato ad accettare la sua proposta, ma riflettendoci meglio, decise di cambiare idea. Quello era per il tunseiano l'unico modo per restituire il favore, non sarebbe stato giusto negargli la possibilità di farlo.
"Allora devi sopravvivere a ogni costo!" lo incoraggiò appoggiandogli una mano sulla spalla: "Hai ancora un debito da saldare... Ci conto!"
Ryan in risposta sorrise fieramente.
"C'è un problema..." aggiunse però il giovane tunseiano: "La mia nave parte tra poco, devo sbrigarmi se voglio salutare mia sorella come si deve!"
Ryan e Diana si lasciarono dopo un lungo e forte abbraccio. La ragazza non riusciva a fermare le lacrime mentre guardava il fratello che saliva sul ponte della nave. Non era affatto facile per lei vederlo ripartire per andare a combattere la guerra che già una volta lo aveva portato via. Si ripromise che da quel momento in poi avrebbe pregato ogni giorno il dio Oceano per la salvezza sua e di Tunsea.
Prima di voltarsi per l'ultima volta però, Ryan con un'espressione incerta, chiamò a sé Vash facendo un gesto con la mano. Attese che gli fosse abbastanza vicino da potergli parlare a voce bassa.
"Ti affido mia sorella..." disse semplicemente e il cacciatore annuì: "Ma c'è un'altra cosa che vorrei chiederti... Ho già abusato anche troppo del tuo aiuto, per questo sino all'ultimo non me la sentivo..."
"Se è in mio potere farlo, proverò a esaudire la tua richiesta."
"Beh, non è esattamente una cosa da poco..." temporeggiò imbarazzato: "Si tratta di Stian..."
"Capisco..." rispose prontamente l'altro: "Nel caso fosse ancora vivo, se scoprirò dove si trova... andrò a cercarlo."
"Ti ringrazio!" disse Ryan sollevato.
"Non devi... Siamo tutti in debito con lui."

Diana rimase immobile a osservare la nave sino a quando svanì all'orizzonte. A quel punto iniziava ormai a scendere il buio. I due compagni rimasero pazientemente ad attendere al suo fianco. Infine Vash decise di parlare.
"Adesso è meglio se andiamo a cercare Ander, dobbiamo ancora trovare degli alloggi per la notte. Se rimani troppo tempo all'aperto di sera, rischi di prenderti un malanno."
La ragazza di Tunsea annuì mestamente e si sforzò di seguire i passi del cacciatore.
Non fu difficile intuire dove li stesse aspettando il cavaliere di Eyrie. C'era una sola taverna nella zona del porto, un luogo frequentato esclusivamente da marinai, mercanti e viaggiatori, insomma da forestieri. E Vash sapeva bene che non era stata una scelta casuale.
Ma come giunsero a pochi metri dalla taverna, proprio da essa uscì un tizio dall'aria famigliare, che a sua volta li scorse subito. Inizialmente sembrò sorpreso di ritrovarseli davanti, ma appena li riconobbe, sul suo viso comparve un largo ghigno trionfante.
"Guarda un po' chi si rivede!" esclamò con una già nota voce sgradevole: "Non vi sarete mica dimenticati di me?!"
Era un uomo ossuto e curvo, con una vistosa cresta di capelli arancioni e una strana maschera protettiva sugli occhi. Le ragazze furono percorse da un brivido.
"Vi rinfresco la memoria: sono Zaad della Bloody Claw e vi avevo promesso che vi avrei eliminati!" dichiarò minaccioso il bandito: "Siete stati gentili a raggiungermi qui, ultimamente ero troppo preso dagli affari per mettermi a cercarvi!"
"Scusami... mi ero del tutto scordato di te." disse tranquillamente Vash, senza evitare toni provocatori: "Vedi, ho cose ben più serie e importanti a cui pensare..."
"Ti dai troppe arie!!" si infastidì l'altro: "Eppure l'ultima volta sei riuscito a salvarti solo grazie a una fortuna sfacciata!! Ma questa volta le cose andranno diversamente... Keras!!"
Alla chiamata rispose un profondo borbottio proveniente dall'edificio, confondendosi con il chiasso che già regnava all'interno. Sulla porta della taverna comparve la sagoma di un omone enorme.
"Che diavolo vuoi?!" brontolò seccato.
"Questi sono i tizi di cui ti dicevo... Il ragazzo ha ammazzato due dei nostri!" spiegò Zaad eccitato: "Dammi una mano a sistemarli!"
"Non sei riuscito a sbarazzarti di questi tre pidocchi?" domandò l'altro con sincera meraviglia: "Mi deludi profondamente, Zaad!"
Avanzando di qualche passo, l'aspetto di Keras si fece più chiaro. Era davvero molto grande e grosso, senza capelli in testa, ma con una folta, lunga e ispida barba nera. Aveva una faccia grassoccia, un naso a patata e degli occhietti poco vispi, ma dallo sguardo crudele. Sulla parte superiore del corpo vestiva solamente un'ampia pelliccia di orso. Con la mano destra trascinava una gigantesca clava di un robusto legno di quercia, tempestata di acuminate scheggie metalliche.
"Comunque non c'è bisogno che mi sporchi le mani di persona..." proseguì l'omone: "Occupatevene voi, ragazzi!"
Al seguito di Keras comparvero altri tre tipacci della Bloody Claw, tutti armati e minacciosi. Questi si unirono a Zaad, che si preparava ad affrontare i tre ragazzi. Ancora incredule di dover difendere la vita persino all'interno di una tranquilla cittadina, Sarah e Diana impugnarono le loro armi. Vash rimase immobile e impassibile.
"Finalmente ho la possibilità di fartela pagare!" lo avvisò l'uomo crestato, leccando le lame dei suoi artigli: "Questa volta non avrò alcuna pietà! Ho intenzione di prolungare la tua agonia il più possibile!"
Detto ciò diede il segnale d'attacco. Uno dei banditi piombò su Vash, il nemico più vicino. Con movimento fulmineo, il cacciatore estrasse la sua arma, calandola con estrema forza sull'agressore. L'altro, sorpreso si accinse a parare il colpo, ma ne sottovalutò l'impatto. Lo spadone spezzò senza fatica la sua daga e dilaniò le sue carni in modo devastante e letale.
Vash decise di chiudere in fretta quello scontro, non avrebbe messo a rischio l'incolumità delle ragazze, di cui ora si sentiva più che mai responsabile.
Esse però dovettero comunque partecipare allo scontro. Sarah prese di mira Zaad, ma i straordinari riflessi di questo gli permisero di respingere le frecce con gli artigli. Diana nel frattempo scatenò una serie di colpi sul suo diretto avversario, che non riuscì a parare ed evitare del tutto. Un calcio allo sterno finì per disarmarlo e la tunseiana ne approfittò per affondare le punte del suo tridente nel suo addome. Agonizzante, l'uomo si accasciò a terra.
Tutto stava filando liscio quando un grido di Sarah arrestò i compagni. L'ultimo bandito l'aveva raggiunta alle spalle, afferrata e immobilizzata, usandola quindi come scudo e ostaggio. La ragazza di Greenville era spaventata a morte.
"Ehi, voi due! Gettate le armi o le taglio la gola!" gridò l'uomo trionfante.
Zaad scoppiò in una fragorosa risata di compiacimento.
"E' finita!!" esultò rivolgendosi a Vash: "Ma voglio essere magnanimo, ti ripropongo l'offerta dell'ultima volta: se ti arrendi, ti prometto che risparmieremo le ragazze!"
Vash digrignò i denti. Si era fatto beffare troppo facilmente dall'astuzia della Bloody Claw. Per salvare Sarah non aveva altra scelta che arrendersi, eppure sapeva di non poter fidarsi della parola di un bandito. Anche se le avessero risparmiate, chissà cosa avrebbero fatto di loro. Diana lo fissava con aria smarrita e sconvolta, attendendo una sua reazione.
Poi, sotto gli occhi di tutti, qualcosa di luccicante si materializzò dal buio alle spalle del bandito con l'ostaggio, decapitandolo all'istante. Era il riflesso della scure di un'alabarda.
"Non avreste dovuto alzare le mani su queste due fanciulle!" intervenne una voce cupa: "Questa è davvero una brutta giornata... e ora mi avete fatto arrabiare sul serio!"
"Chi diavolo sei tu?!" domandò Zaad esterrefatto.
Ander si presentò alla luce delle torce di quella silenziosa via di Kidevik. Il suo volto era contorto di rabbia. Si portò davanti a Sarah, che stava osservando con orrore la testa del bandito che ancora rotolava via da lei.
"E' quel tipo della taverna..." constatò Keras mantenendo la tranquillità: "Si è scolato almeno sei pinte di birra, probabilmente si regge a malapena in piedi!"
"Sette, per la precisione." specificò il cavaliere: "Ma quando sei abituato a frequentare le bettole di Londalk, non basterebbe un barile a stenderti!"
"Beh, visto che ti sei immischiato, sono costretto ad ammazzare pure te!" ghignò Zaad.
"A quanto pare è arrivato il momento di menare le mani..." affermò l'altro bandito rimasto, iniziando a fendere l'aria con la sua pesante clava: "Avete eliminato i miei uomini e per quanto non m'importasse di loro, è un affronto alla Bloody Claw che non posso perdonare!"
"State indietro!" ordinò Ander alle ragazze.
"Ma..." volle obiettare Diana.
"Ascoltatelo, questi due sono molto pericolosi!" aggiunse Vash.
Detto ciò, il cacciatore si occupò di Keras, lasciando Zaad all'amico. La sua alabarda era in grado di tenere a distanza l'ossuto bandito, che altrimenti sarebbe stato pericolosamente rapido a colpire. Nessuno dei due però riusciva a portare a segno i propri attacchi. Zaad era infatti pure molto veloce a schivare.
"Prendi questo!!" tuonò Keras, abbassando la sua clava su Vash.
Il giovane guerriero arretrò prontamente, ma il colpo si schiantò con grande violenza sulla strada. Con un tonfo tremendo, pezzi del lastricato schizzarono in aria, lasciando al loro posto una conca notevole. Tremanti di paura, le ragazze credettero che l'omone avesse quasi la stessa forza di un troll.
Ma quel rumore aveva attirato l'attenzione dei clienti della taverna e in breve molti di loro accorsero a vedere cosa stesse accadendo fuori.
"Ma cosa...?!" si chiese qualcuno.
"E' una rissa!!" gridò qualcun'altro: "Ehi voi, fermatevi!!"
"Guardate, ci sono dei morti!!" fece notare un terzo: "Chiamate le guardie!!"
Alcuni marinai corsero subito via e Zaad imprecò frustrato, rinunciando a proseguire lo scontro.
"Dannazione, dobbiamo andarcene subito, Keras!!"
"Vuoi ritirarti proprio ora?!" si meravigliò l'altro.
"Non abbiamo scelta... hanno chiamato le guardie!" si lamentò, voltandosi quindi verso i ragazzi: "Quanto a voi... è evidente che siete nati sotto una buona stella! Ma non illudetevi, presto o tardi salderemo i conti!!"
Dopo queste parole, i due banditi sparirono in fretta nel buio della notte. Nessuno dei presenti provò a seguirli. Vash si assicurò che nessuno dei suoi compagni fosse ferito, poi ripulì la lama del suo spadone.
"Su, entriamo!" propose Ander con sollecitazione: "Vi offro qualcosa da bere."

Non ci furono problemi d'intesa con le guardie di Kidevik. Vash non ebbe difficoltà a convincerle di esser stati aggrediti dai banditi della Bloody Claw. Il loro stemma, presente anche sulle vesti dei tre cadaveri, era ben noto e temuto. Ander invece non volle proferir parola e si limitò a ordinare un'altra pinta al bancone. Per loro fortuna la taverna era pure una locanda e poterono prendere un paio di camere per passare la notte. I marinai infatti preferivano rispariare dormendo sulle loro navi.
Dopo gli avvenimenti della serata erano in pochi a vivacizzare il locale, alcuni sembravano turbati e pensierosi. Sarah continuava a osservare l'oste, che si atteggiava nervosamente, quasi in preda alla disperazione. Nemmeno a Diana e a Vash non sfuggì il suo comportamento.
"Ti chiediamo scusa... Ma non è stata certo colpa nostra se siamo stati attaccati proprio davanti al tuo locale." si giustificò infine il cacciatore.
"Cosa?" cadde dalle nuvole l'oste: "Oh, non ha importanza, non preoccuparti!"
"A dire il vero sei tu a sembrare preoccupato..." intervenne Diana.
"Come potrei non esserlo! E' una tragedia!!" disse sconsolato: "Ma... voi non avete ancora saputo nulla?!"
"Riguardo a cosa?" chiese il cacciatore.
L'uomo scosse la testa sconsolato.
"In serata è giunta in città la notizia che Dorthavn è stata occupata!"
Persino Ander, che con falsa indifferenza se ne stava silenzioso e in disparte, rimase turbato.
"Come?! E da chi?!" domandò la ragazza di Tunsea.
"Sembra che l'esercito di Feor abbia attaccato improvvisamente, sbucando dalla Taiga e piombando in città, solo poche ore dopo che era giunta la loro dichiarazione di guerra a Northland!" spiegò con rabbia: "Le nostre difese non hanno nemmeno avuto il tempo di organizzarsi... Il loro capitano ha puntato sul tempo... Un piano non molto complesso o astuto, ma che è risultato estremamente efficacie!"
"E' davvero un brutto affare, maledizione!" ammise Vash: "Dorthavn è la seconda città di Northland e il punto nevralgico della parte continentale del regno!"
Sarah e Diana ascoltarono mute e preoccupate.
"E' tutto inutile..." mormorò la tunseiana abbattuta: "Feor è abbastanza potente da affrontare e sottomettere tutti gli altri! Persino un regno potente come quello di Northland..."
"Non è detto, la guerra è appena iniziata..." obiettò Vash.
"Già, ma non vi ho ancora raccontato la parte peggiore!" proseguì l'oste: "Proprio in questi giorni infatti era giunta in visita a Dorthavn la nostra amata principessa Victoria! Temo che l'erede al trono di Northland sia caduta prigioniera del nemico!"

 
 
 

CAPITOLO XLVI

Post n°50 pubblicato il 08 Novembre 2008 da Tyki_Mikk
 

Brunhild si ritrovò in mezzo a un prato verde ricoperto di fiori magnifici e di ogni genere, senza ricordare come vi fosse giunta. Era un luogo talmente meraviglioso e vasto, da sembrare irreale. Ancora spaesata, udì una calorosa risatina provenire da un punto imprecisato nella vicinanza. Si guardò attorno incuriosita, sino a scorgere la sagoma di una giovane donna dai lunghi capelli castani, che raccoglieva inginocchiata alcuni dei fiori più belli. La fanciulla sorrideva gioiosa e quando i loro occhi si incrociarono, Brunhild capì che era felice per la sua presenza. Invece lei rimase quasi sconvolta nel riconoscerla.
"Amica mia, ti piace questo posto?" le chiese dolcemente la fanciulla: "Non trovi che sia davvero speciale?"
"F-Freya...?" riuscì a pronunciare ancora incredula.
"E' passato tanto tempo, Brunhild..." sussurrò l'altra con un tono soave: "Ormai sei una donna forte e matura..."
"T-tu invece sei rimasta sempre la stessa!" rispose Brunhild senza riuscire a credere ai suoi occhi: "Com'è possibile?!"
Ma la giovane donna non pareva fare caso alle sue parole. Continuava semplicemente a sorriderle con affetto. A Brunhild invece iniziarono a scendere le lacrime sul viso, l'emozione di rivedere la sua migliore amica dopo oltre vent'anni era più intensa di quel che potesse immaginare. Iniziava a capire che quello fosse solo un sogno, eppure le aveva ricordato una parte importantissima della sua vita, che ormai aveva nascosto in qualche angolo remoto della sua mente.
"Dove sei adesso?!"
Brunhild era ansiosa di riabbracciare realmente la sua inseparabile compagna d'infanzia e di gioventù. Anche se stava solamente sognando, sentiva la possibilità di trarre qualche utile indicazione per poterla ritrovare. Divertita, Freya rise ancora, ma con garbo.
"Non mi vedi? Sono proprio qui, davanti a te!"
"Questo è solo un sogno!" esclamò lei con estrema tristezza: "Non è forse così?"
"E anche se fosse?"
Smise di ridere, ma non di sorriderle, mentre la fissava con i suoi bellissimi occhi azzurri. Assunse un'espressione famigliare, quella che come Brunhild ricordava, faceva prima di dire qualcosa di serio e importante.
"Dimmi... per te sono pronta a fare qualsiasi cosa." la sollecitò con fermezza.
"Verrà da te un valoroso giovane dagli occhi d'argento." profetizzò l'amica, assumendo un tono neutrale: "Numerose sono le prove che deve affrontare lungo il suo interminabile cammino, è fondamentale per il futuro di tutti che riesca a superarle con successo..."
"Cosa dovrei fare?" chiese Brunhild confusa.
"Accoglilo... ascoltalo... aiutalo... Spetta a te, o amica mia, decidere come agire..."
Quelle parole non le chiarirono le idee, tantopiù che a Mildborg avere gli occhi grigi non era raro. Stava per chiederle come avrebbe riconosciuto il giovane in questione, quando le balzò in mente un ricordo del passato, che riguardava entrambe.
In un gelido mattino di più di vent'anni fa' lei e Freya incontrarono uno straniero dagli occhi argentei e dai capelli dorati, un giovane forte e bello, ma dallo sguardo ostile e indomito. Ferito e infreddolito, egli stava fuggendo dalle guardie, che gli davano la caccia come a una pericolosa belva selvatica. Evitò di coinvolgerle o importunarle, ma nonostante quella fugace e trascurabile apparizione, il giovane lasciò una profonda impressione, specialmente su Freya.
Tutto ciò era accaduto pochi giorni prima che l'amica scappasse da casa, lasciando per sempre la sua famiglia e lei. E Brunhild aveva la sensazione che i fatti di allora dovessero in qualche modo ripetersi.
"Dovrei agire come te? Cercarlo e soccorrerlo come facesti con quello straniero?" domandò impaziente: "Chi è questo giovane?!"
Freya riprese a ridacchiare allegramente. Estrasse dal suo mazzo uno dei fiori per poi porgerlo all'altra donna. Era una rosa rossa. Brunhild la prese in mano quasi senza rendersene conto.
"Non c'è bisogno che te lo dica..." rispose con aria volutamente misteriosa: "Ahimé, temo sia giunto il tempo di lasciarci, amica mia! Ma ricorda le mie parole!"
La giovane si voltò e s'incamminò nella direzione dalla quale era arrivata.
"Aspetta, Freya! Non andartene così presto!" la supplicò lei con straziante malinconia, ma inutilmente: "Almeno dimmi se ci rivedremo ancora!"
La fanciulla si fermò girando la testa solo di lato. Stava ancora sorridendo, ma a Brunhild parve di vedere i suoi occhi divenire lucidi.
"Sì, un giorno ci rivedremo in questo posto, te lo prometto." le sussurrò: "Addio."

Svegliatasi di soprassalto, Brunhild si ritrovò sudata e tremante dall'emozione. Si accorse che le lacrime le stavano scendendo copiosamente e si preoccupò di asciugarle. Quel sogno l'aveva davvero sconvolta. Continuava a ripensarci, quando qualcuno bussò alla sua porta.
"Avanti!" esclamò automaticamente.
Una delle sue servitrici entrò con aria preoccupata.
"Tutto bene, mia signora?" le chiese con profondo rispetto: "Ho udito la Vostra voce chiamare..."
"Sì, sì... non è niente." rispose: "Puoi andare."
L'altra fece un lieve inchino e uscì subito dopo.
Rimase di nuovo sola con i suoi pensieri. Dopo qualche minuto, scoppiò a piangere in silenzio. Secondo le credenze, le circostanze in cui aveva sognato la sua amica dopo così tanto tempo, facevano pensare che essa non fosse più presente nel mondo dei vivi. Il sogno era talmente esplicito e ossessionante, che la regina di Northland non riuscì proprio a convincersi del contrario. Dentro di sé sentiva con immenso dolore, che non avrebbe più rivisto Freya.
Infine decise di alzarsi e scostò le coperte. Allora notò qualcosa cadere lievemente, fino a posarsi sul tappeto, ai suoi piedi. Trattenne il fiato realizzando che si trattava di un petalo scarlatto di rosa.

"Dove siamo diretti?" domandò Diana.
Avevano ormai raccolto armi e bagagli, acquistato e indossato pesanti vesti invernali, e si accingevano a lasciare Kidevik. Il cacciatore sembrava avere le idee chiare, ma i suoi compagni attendevano ancora le sue decisioni.
"A Dorthavn."
Lei fece un balzo sorpresa.
"Ma è una follia!"
"Già... forse sarebbe meglio se tu e Sarah vi imbarcaste per Zenthya." propose lui per l'ennesima volta: "In ogni caso, io andrò lì."
Le ragazze lo fissarono con rimprovero, erano stufe di sentirsi dire di lasciarlo. Zittito, Vash scrollò le spalle. Poi si voltò verso Ander.
"Conosco i tuoi sentimenti e non voglio certo costringerti a seguirmi..."
"Anche se non lo dai a vedere, tu credi di sapere molte cose, eh?" lo punzecchiò il cavaliere di Eyrie: "Ma ti sbagli! Io non ho nessun problema a seguirti! Anzi, non riuscirei più a guardarmi nello specchio, se rimanessi indifferente al rapimento di una principessa, di qualunque origine essa fosse!"
"Ah già, dimenticavo!" si batté la mano sulla fronte l'altro, rimproverandosi di non aver riflettuto abbastanza bene: "E va bene... Andiamo!"
Appena s'incamminarono e attraversarono le porte di Kidevik, Sarah chiese ai due ragazzi quali fossero le loro intenzioni.
"Vorreste salvare la principessa di Northland?"
"Ma certo!" rispose prontamente Ander.
"A dire il vero non sappiamo come si siano svolti realmente i fatti..." spiegò invece il cacciatore: "La prima cosa da fare, sarà di raccogliere informazioni. Voglio vedere con i miei occhi cos'è accaduto a Dorthavn e capire quali sono le forze in gioco, da una parte e dall'altra..."
"A quale scopo?" espresse i suoi dubbi Diana.
"Ovviamente, noi da soli non possiamo affrontare un esercito... ma può sempre esserci qualcosa di utile che un individuo o pochi potrebbero riuscire a fare." proseguì lui: "Ricordatevi che a Tunsea e Yuwa in qualche modo abbiamo influito sul corso degli eventi..."
Sarah annuì con ammirazione, ripensando al loro contributo e in particolare all'eroismo di Vash, che aveva sconfitto ben due Capitani di Feor.
"Comunque se è vero che l'erede al trono di Northland è in mano all'Impero, la situazione potrebbe essere particolarmente grave..." rifletté a voce alta Vash: "Non si tratterebbe di una semplice pedina di scambio... ma di un ostaggio che nel peggiore dei casi potrebbe persino indurre il Regno di Northland alla resa!"
"No!!" si lasciò sfuggire Diana con evidente disapprovazione: "Non possiamo assolutamente permetterlo! E' un preziosissimo alleato contro Feor!"
"Esatto." concluse il cacciatore: "Se per disgrazia il Regno di Northland cadesse sotto il dominio dell'Impero, la sua avanzata diverrebbe inarrestabile per chiunque."

Dopo poco meno di tre giorni di viaggio giunsero in vista della loro meta. Ormai c'era neve quasi ovunque e la marcia divenne molto più faticosa. Sarah si accorse subito della grande differenza che correva tra Dorthavn e Kidevik. Quella che si trovava davanti era una grande città con una notevole cinta muraria, sorta alle spalle del fiume Froesewass, il cui corso avevano seguito sin dalla sera precedente.
A prima vista non si scorgevano segni di distruzione lasciati dalla battaglia. Sembrava un tranquillo pomeriggio qualsiasi e finché non entrarono in città, l'impressione era che non ci fosse stata alcuna occupazione. Ma una volta a Dorthavn, non si sarebbe potuto fare a meno di notare la presenza dei soldati feoriani. Erano presenti ovunque, almeno un paio su ogni via della città, tutti prudentemente all'erta e pronti a intervenire se ce ne fosse stato bisogno.
Gli abitanti, dal canto loro parevano miti e docili. Forse era per rassegnazione, eppure nessuno dei quattro giovani riuscì a spiegarsi quel comportamento di così esplicita indifferenza. Dorthavn dopotutto era stata invasa solo il giorno prima. Le ragazze constatarono che il loro comportamento era molto simile a quello dei cittadini di Kidevik, ugualmente schivo e silenzioso, ma pur sempre cortese.
Di certo la città era stata presa senza colpo ferire o quasi. Non si notava il minimo segno di violenza o devastazione e forse anche questo poteva ritenersi un buon motivo per spiegare il comportamento della gente.
I giovani viaggiatori vagarono indisturbati sino a raggiungere il centro della città, dove con grande meraviglia delle ragazze, trovarono un ampio canale navigabile, nel quale attraccavano molte navi di ridotte dimensioni. Soddisfatto o meno di ciò che aveva potuto osservare, Vash indicò ai compagni una grande taverna con l'intenzione di entrarvi. Anche se ancora giorno e nonostante un tempo mite, faceva troppo freddo per starsene semplicemente fermi all'aperto. Pur non vedendo, Sarah sapeva di avere il naso e le gote rosse. Erano le uniche parti del corpo che le rimanevano scoperte e con poca verosimiglianza temeva che prima o poi avrebbero finito per congelarsi.
"E davvero molto strano..." sentenziò il cacciatore una volta giunto all'interno del locale: "Questa città è troppo tranquilla, non riesco a credere ai miei occhi!"
Diana e Sarah annuirono, quindi si diressero al tavolo più vicino al caminetto, tra quelli che erano ancora liberi. C'era molta gente e parecchio chiasso, in fondo si trattava di una delle taverne più grandi e note della città. Prima di raggiungere il tavolo, Vash richiamò l'attenzione dell'oste con un rispettoso saluto. Una volta sedutosi, Ander si voltò a osservare divertito un tizio ubriaco, seduto proprio al tavolo di fianco al loro. I numerosi boccali vuoti che lo circondavano, ricordarono al cavaliere la deprimente serata trascorsa a Kidevik.
"Non so... Ho come l'impressione che gli abitanti di Dorthavn si siano arresi con fin troppa facilità..." iniziò a parlare il cacciatore: "Chissà, potebbero aver accettato di buon grado l'occupazione feoriana..."
"Non mi pare..." disse la sua Diana: "E' vero che non abbiamo visto nessuno tentare di opporsi, ma è altrettanto evidente che qui non tiri un'aria di festa! L'atteggiamento impassibile e distaccato della gente non indica, secondo me, alcun tipo di predilezione per l'Impero!"
"Sì, hai ragione..." ammise lui.
Una cameriera si avvicinò per chiedere l'ordinazione e i ragazzi optarono per una pinta di birra a testa. Ancora infreddolite, le ragazze invece preferirono due tazze di latte caldo. Attesero di rimanere nuovamente soli, prima di ricominciare a discutere.
"Sappiamo troppo poco. Guardarsi attorno sicuramente non basta per conoscere la reale situazione." proseguì Vash: "Dovremmo chiedere informazioni a qualcuno di cui poterci fidare."
"Allora non rivolgerti a me!" rispose seccamente Ander: "Qui non mi fido di nessuno!"
Prevedendo la sua reazione, il cacciatore decise di ignorarlo.
"Purtroppo però in questa città non conosco nessuno che saprei rintracciare e con migliaia di soldati feoriani tra i piedi sarebbe difficile..." aggiunse: "Per ora non rischiamo di essere riconosciuti, ovviamente questi non sono gli stessi uomini nei quali ci siamo imbattuti sin'ora. Ma iniziando a parlare con la persona sbagliata potremmo comprometterci comunque..."
"Avevo riposto molta fiducia in Northland..." rivelò Diana sconsolata: "Lottando al suo fianco la mia Tunsea avrebbe qualche possibilità di scacciare la minaccia dell'Impero... Ma se qui la gente è così remissiva..."
"Puoi ben dirlo!" ruggì una voce sonora e profonda: "Se solo lo spirito fosse ancora quello di quindici anni fa'..."
I quattro giovani viaggiatori si voltarono sorpresi verso l'uomo che sedeva al tavolo vicino. Sembrava che si fosse addormentato, ubriaco qual era, ma era rimasto ad ascoltati senza farsi scoprire. Era un tipo tra i quaranta e i cinquanta, forte e robusto. Si notava che era molto alto, anche se stava seduto. Sembrava essere un rozzo bifolco, ma Vash si accorse che dopotutto gli abiti che indossava non erano affatto comuni.
"A quei tempi sì che ero fiero di questo popolo!" raccontò con sincera nostalgia: "Quante dure battaglie combattemmo facendoci onore!"
"ONORE?!!" tuonò Ander, balzando in piedi: "Come ti permetti di dire cose simili, quando avete aggredito senza motivo un altro paese?!!" lo fissò livido di rabbia: "Non siete per niente migliori dei feoriani!! E per quel che ne so, quello che è successo qui, è ciò che vi siete merit..."
"Piantala!! Sei forse impazzito?!" lo zittì Vash appena in tempo.
Rendendosi conto di aver parlato troppo, il cavaliere di Eyrie si guardò attorno. Diverse persone si erano fermate a osservarlo, ma per fortuna nessuno sembrava essersela presa. Probabilmente lo avevano udito alzare la voce, senza però capire le sue parole a causa del chiasso.
L'uomo brillo osservava Ander con interesse, massaggiandosi pensieroso la corta barba che gli copriva il possente mento quadrato.
"Tu sei di Eyrie?" chiese con calma.
Il cavaliere rimase spiazzato. Era quasi spaventato a rispondere, si sentiva come se fosse nel covo del nemico. Ma era la sensazione di un attimo e ritrovò subito il coraggio.
"E' così!" affermò infine: "Vuoi batterti?!"
L'altro scoppiò a ridere fragorosamente.
"Non ho alcun interesse a farlo!" rispose: "La guerra con voi è finita da un pezzo, no?"
A quelle parole i sentimenti di Ander divennero ancora più incerti.
"Mi spiace se te la sei presa... Quello che volevo dire è semplicemente che alla mia gente manca il fegato per il quale un tempo si contraddistingueva!" aggiunse l'uomo gentilmente: "Voglio offrirti qualcosa da bere, amico!"
"Non sono tuo amico e non voglio nulla da te!"
Ma incrociando lo sguardo torvo che gli lanciava il cacciatore, dovette cambiare idea. Il suo interlocutore si accostò al loro tavolo e ordinò da bere per tutti e cinque. Le ragazze lo studiavano con sensato distacco, in fondo non era altro che uno sconosciuto, perlopiù sbronzo. Neanche Ander non poteva fare a meno di provare diffidenza, anche se l'altro si mostrava amichevole.
"Chi sei tu?" domandò invece Vash.
Gli era chiaro che quell'uomo non beveva per rallegrarsi, ma per sfuggire ai grossi problemi che lo attanagliavano. Di sicuro non era quello che sembrava e per qualche ragione il cacciatore sentiva che poteva considerarsi affidabile, o che perlomeno lo sarebbe stato da sobrio. Se fosse stato una spia, dopo aver ascoltato la loro conversazione, se ne sarebbe semplicemente andato a riferire tutto ai feoriani.
"Cercate qualcuno di cui fidarvi, giusto? Io sarei disposto a raccontarvi ciò che vorreste sapere... ma se permettete, ho anch'io dei dubbi nei vostri confronti." spiegò l'uomo con sorprendente serietà e lucidità: "Per quale motivo vi interessa sapere di come stanno le cose a Dorthavn?"
Vash incrociò il suo sguardo e i due rimasero a studiarsi per lunghi istanti. Intanto la cameriera portò la nuova ordinazione, dopodiché passò ai tavoli successivi.
"E' nostra intenzione fare tutto il possibile per ostacolare l'espansione dell'Impero." dichiarò il cacciatore: "L' abbiamo già combattuto a Tunsea e a Yuwa."
Ma a quella rivelazione i suoi compagni mostrarono tutta la loro preoccupazione. Credevano che si fosse esposto troppo decidendo di parlare a quel tipo. Egli però non poté fare a meno di sorridere.
"Stai dicendo sul serio?" chiese per niente convinto: "E in che modo vorreste combinare qualcosa voi ragazzi?"
"Siamo ex Guerrieri Deathforce." aggiunse Vash.
Il sorriso svanì dal volto dell'uomo così com'era comparso. Bevve un lungo sorso dal suo boccale, come se cercasse di digerire quella notizia e dopo una lunga, attenta riflessione interruppe il silenzio.
"Se le cose stanno davvero così, credo proprio di avere bisogno del vostro aiuto..."
"Non illuderti!" lo avvertì Ander: "Non siamo qui per questo!"
"Forse sì..." insistette lui: "Mi presento: Il mio nome è Olaf Hansson e sono il capitano della Guardia Reale di Northland."

 
 
 

CAPITOLO XLVII

Post n°51 pubblicato il 15 Novembre 2008 da Tyki_Mikk
 

Ancora muti per lo stupore, i quattro ragazzi non furono in grado di proferire parola. Continuarono a guardarsi tra loro e a osservare l'uomo seduto al loro tavolo, come se lo avessero appena incontrato solo allora. Di certo l'idea che si erano fatti di lui sino a quel momento era molto diversa dalla realtà.
Olaf si spazientì ad aspettare una loro reazione.
"Seguitemi, vorrei parlarvi di una questione molto importante, non posso farlo qui." disse alzandosi in piedi e guardandosi prudentemente attorno: "Sempre che sia la vostra reale intenzione aiutare Northland..."
Vash lo imitò senza pensarci su e i suoi compagni si affrettarono a fare altrettanto, raccogliendo armi e bagagli. Solo allora si accorsero di quanto fosse veramente alto e robusto il capitano Hansson. Ander si biasimò per averlo confuso con un campagnolo qualunque, quando era evidente la sua stazza da guerriero. Ma dopotutto i pesanti mantelli invernali, che a Northland tutti portavano, rendevano difficoltosa qualsiasi osservazione sulle caratteristiche fisiche degli individui.
Probabilmente per lo stesso motivo una persona della sua importanza poteva starsene tranquillamente nella taverna anche durante l'ocupazione nemica, passando inosservata. Ma con i rischi che comunque correva, il cavaliere si chiese ugualmente perché si stesse trovando lì.
Dopo aver pagato e salutato l'oste, Olaf lasciò il locale e guidò i quattro giovani lungo la via che costeggiava il canale verso nord. Per niente rilassata, Sarah si chiese dove li avrebbe condotti. Il sole era ormai in parabola discendente e il freddo si faceva sempre più pungente. Seguendo lo sguardo dell'uomo, la ragazza si ritovò a osservare le navi attraccate alla loro destra.
"Questo canale è stato costruito molti anni fa'." spiegò lui, in modo da essere udito da tutti e quattro: "Una volta fuori dalla città, si congiunge al fiume, che a sua volta è navigabile sino al mare, a nord."
"E' sicuramente un buon vantaggio per i commerci..." affermò il cacciatore: "Ma perché ci sta dicendo questo?"
"Lo capirai tra un po', quando vi dirò tutto il resto..." tagliò corto Olaf: "E comunque potete continuare a darmi del tu. Nonostante la mia posizione, per me sono dettagli irrilevanti..."
Improvvisamente si fermò e salì su una delle navi, sotto lo sguardo vigile di alcuni uomini che attendevano a bordo. Inizialmente i ragazzi rimasero spiazzati, poi però si convinsero a seguirlo.
"Capitano...?" provò a obiettare uno dei marinai.
Olaf rispose con un gesto della mano, a confermare che i quattro erano con lui. Saliti sul ponte, proseguirono sino alla cabina, dove il gelo finalmente diede loro tregua.
"Eccoci qua!" esclamò liberamente Olaf, sedendosi sulla panca e invitando gli altri a fare altrettanto: "Quelli qui fuori sono ciò che resta dei miei uomini..."
I giovani viaggiatori si accomodarono come meglio poterono in quello spazio ristretto, senza diminuire l'attenzione che avevano per le sue parole.
"Come capirete, il mio compito è di proteggere ogni membro della famiglia reale di Northland..."
"Se ti trovi qui, significa che le voci sulla principessa..." cercò di dedurre Vash.
"Purtroppo è vero: la principessa Victoria Evelynn Karlsson è prigioniera di Feor!" dichiarò con immensa rabbia e frustrazione: "Appena mi accorsi dell'avvicinamento dell'esercito imperiale, la consegnai in custodia ad alcuni dei miei uomini più fidati, affinché lasciassero subito la città con la nostra nave. Io decisi invece di rimanere a coprire la loro fuga e a proteggere Dorthavn."
Batté incollerito il pugno sul tavolino di fronte a lui.
"Ma siamo stati ingannati tutti! Non ho idea di come abbiano fatto... Penso che alcuni feoriani si siano intruffolati in città di nascosto ben prima dell'attacco!" proseguì: "In men che non si dica, le truppe feoriane marciarono in città, senza che fossimo riusciti a preparare un'adeguata difesa... come se qualcuno avesse spalancato loro le porte!"
"E la principessa?" chiese Sarah trattenendo il fiato.
"Ecco perché credo che ci fossero delle spie a Dorthavn!" rispose lui: "So solo che la nostra nave non ha mai lasciato la città e che la principessa si trova ora in mano al Capitano di Feor!"
"E' una gran brutta situazione..." commentò il cacciatore, intravedendo la possibilità che i suoi peggiori timori stessero per realizzarsi.
"E' anche peggio!" si scaldò ulteriormente Olaf: "Fonti non ancora ufficiali sostengono che Feor ha intenzione di lanciare un ultimatum al Regno di Northland! Il loro capitano vuole sfruttare la principessa come ostaggio per chiedere la nostra resa incondizionata!"
"Ma è inconcepibile!" protestò Diana.
"No, non lo è! Sua Maestà re Karl è una persona di grande cuore! Ama molto le figlie e per loro sarebbe disposto a tutto!" rispose il capitano della Guardia Reale: "Non so chi sia, ma questo Capitano di Feor sembra abile e scaltro. E ho come l'impressione che conosca molto bene Northland!"
Vash non poté fare a meno di pensare a Jax. Anche se non era un Capitano di Feor, sapeva che il suo storico rivale era originario di quelle gelide terre.
"Sembra che stia aspettando solo la conferma dell'Imperatore in persona per lanciare l'ultimatum..." continuò Olaf: "Probabilmente già domani giungerà la risposta da Feor City!"
"Di conseguenza il momento di agire è adesso o mai più." concluse il cacciatore: "Direi questa notte..."
"Mi piace come ragioni, ragazzo!" esclamò l'uomo con un largo sorriso: "Sai il fatto tuo!"
"Che significa?!" intervenne Diana senza comprendere: "Come intendereste agire?!"
"Ma è chiaro: l'unica cosa che potremmo fare è portare in salvo la principessa!" rispose con convinzione Ander: "Questo è decisamente il genere di lavoro che apprezzo!"
"Esatto, vi sarei eternamente riconoscente se accettaste di fare questo per Northland!" precisò Olaf: "Ma sappiate che non sarà affatto facile: io vi aiuterei come potrei, ma non verrei con voi! Dovrei ultimare i preparativi per salpare, è chiaro che dovremmo fuggire immediatamente, una volta ritornati con la principessa!"
"Non importa, tu assicurati che la nave sia pronta e che il canale rimanga aperto al momento giusto." disse Vash: "Del resto me ne occupo io."
"Questo significa che accetti?" chiese l'uomo ritrovando un filo di speranza.
"Ehi, non penserai di prenderti tutta la gloria?!" si infastidì Ander: "Ovviamente verrò anch'io!"
"Andremo tutti! Dico bene, Diana?" domandò Sarah all'amica, che annuì prontamente.
Olaf li osservò uno a uno con nuova ammirazione, ma impensierito. Solo allora si accorse di com'erano giovani, troppo inesperti secondo lui per quello che si prefiggevano di fare. Si meravigliò di essere talmente disperato da aggrapparsi alla prima mano che gli era stata offerta. Dopotutto quella sembrava un'impresa folle, senza possibilità di riuscita.
Ma era l'unica cosa che gli restava da fare. Aveva fallito nel suo compito, era suo dovere rischiare quello che poteva per tentare di rimediare. Anche le vite altrui, pensò egoisticamante. Era per una buona causa.
"Entreremo in azione al calare delle tenebre..." esordì infine spiegando il piano: "La principessa è tenuta prigioniera al palazzo di Dorthavn. E' il luogo dove soggiorna la famiglia reale quando viene in visita in questa città, perciò la conosco molto bene. Vi preparerò una pianta dell'edificio."
"Credo che il problema maggiore sarà riuscire a entrarci..." obiettò Ander.
"Non preoccuparti... c'è un passaggio segreto che i feoriani non potrebbero mai scoprire!" lo rassicurò Olaf: "Sarebbe meglio se vi preoccupaste piuttosto di evitare spiacevoli incontri una volta all'interno..."
"Ecco perché sarebbe meglio se andassi da solo..." puntualizzò il cacciatore: "Meno siamo e meglio è."
"Ma se le cose si mettessero male sarebbe meglio l'esatto opposto!" protestò Ander.
"Ad ogni modo è probabile che tengano la principessa rinchiusa nelle sue stanze." proseguì il capitano della Guardia Reale, sorvolando sulla discussione: "Una volta che l'avrete liberata, rifate la stessa strada indietro sino al passaggio segreto. Non esiste altra via di fuga. Poi raggiungetemi al canale, dove ci imbarcheremo... e se Sol vuole, prima dell'alba saremo già abbastanza lontani da Dorthavn!"
Gli ospiti si osservarono tra loro in cerca di un qualche giudizio o obiezione. Ander studiò i volti delle ragazze, che si dimostrarono decise e risolute.
"Mi sembra che sia la cosa migliore da fare..." esclamò finalmente Vash.
"Ci sarebbe un'ultima cosa che vorrei farvi presente..." aggiunse Olaf: "Abbiate cura della principessa... come potrei dire... sapete, il rispetto dovuto al suo rango..."
"Capisco cosa intendi, lascia fare a me!" lo tranquillizzò Ander con un sorriso spavaldo.
Il cacciatore sospirò, chiuse gli occhi e scosse la testa sconsolato.

Sette figure furtive scivolarono nel buio delle vie di Dorthavn, quando ormai erano quasi ovunque deserte. Solo qualche soldato feoriano di ronda osava ancora sfidare quella gelida notte, troppo preoccupato a evitare l'assideramento per fare buona guardia. Per quanto fossero abituati a quelle temperature, nemmeno gli abitanti non si azzardavano a uscire dalle loro case. Ecco perché i sette poterono raggiungere indisturbati la zona orientale della città senza farsi scorgere da nessuno.
Avvolti in pesanti mantelli invernali e con i cappucci sulla testa china, venivano guidati dall'individuo più massiccio e imponente tra loro.
"Da questa parte!" sussurrò egli provando a trattenere la sua voce profonda e rumorosa: "Dentro quella casa!"
Sullo sfondo, al di là di quel gradevole isolato, abitato sicuramente da cittadini benestanti, si intravedeva la sagoma del palazzo di Dorthavn, un edificio di magnifica fattura, celata però alla vista dal buio della notte.
Il gigante incappucciato si accertò di non essere scorto da anima viva e attraversò la strada giungendo silenzioso sino alla porta dell'abitazione già indicata. Quando gli altri sei lo raggiunsero, bussò per quattro volte, evitando di fare troppo chiasso. Qualcuno li osservò brevemente dallo spioncino, per poi aprirgli prontamente. Una volta entrati, si tolsero tutti di dosso il cappuccio, mentre l'uomo presente all'interno richiudeva subito la porta.
"Qual è la situazione?" gli domandò con impazienza Olaf.
"Niente da segnalare, sembra che il nemico non sospetti nulla, capitano!" rispose la guardia che li aveva attesi in incognito.
Sarah si guardò attorno incuriosita. Si trovavano in una normalissima, tipica abitazione locale, graziosa e confortevole. La ragazza apprezzò il calore emanato dal rigoglioso fuoco del caminetto, ma si chiese perché si fossero fermati in un posto simile. Il palazzo, loro meta, si trovava nell'isolato adiacente. Ignorava però che era pieno zeppo di soldati dell'Impero.
Olaf porse ai ragazzi una brocca di vino bollente, preparato dal suo uomo per riscaldarli. Solo Ander ne accettò volentieri una tazza.
"Avete a disposizione poche ore, tenete presente che all'alba dovremmo essere già lontani!" ripeté l'omone con un'espressione dura e profondamente concentrata disegnata sul volto: "I miei uomini vi aspetteranno qui per aiutarvi a raggiungere la nave, quando sarete di ritorno!"
Olaf si diresse al centro della stanza, dove si inginocchiò per rimuovere una grande pelliccia d'orso, stesa sul terreno come tappeto. Sotto di essa comparve una botola. Una volta aperta, scese la scala sino in cantina, seguito dai quattro ragazzi. Qui indicò l'apertura del passaggio segreto, già preparata per loro. Era un cunicolo che permetteva il passaggio di appena una persona per volta e che solitamente doveva venire mascherato molto bene.
"Da qui in poi non dovrete fare altro che segiure il passaggio, per il resto vi ho già spiegato..." concluse il capitano della Guardia Reale, porgendo una torcia al cacciatore: "Confido nel vostro successo, poiché non ci sono in ballo solo le vostre vite, ma l'esistenza stessa del nostro regno! Siate molto prudenti, giovani guerrieri! Possa l'onnipotente Sol guidarvi in sicurezza!"
"Non possiamo garantire nulla, ma ci metteremo tutto l'impegno possibile per portare a termine questo incarico." lo rassicurò Vash entrando per primo nel passaggio.

"Dovremmo uscire qui, nelle cucine. Quindi questa sarebbe la via più breve per raggiungere le stanze della famiglia reale..." indicava Ander sulla mappa che gli era stata data.
"Non ha senso fare ora certe considerazioni, non possiamo sapere dove saranno appostate le guardie feoriane." lo rimproverò il cacciatore, continuando a guidare il gruppo lungo il corridoio sotterraneo: "Sicuramente nel palazzo si troveranno anche il Capitano di Feor e i suoi diretti sottoposti, bisognerà fare molta attenzione."
"Senti, Vash..." cambiò argomento l'amico: "Tu hai idea di come sia questa principessa? Credi che sia giovane e carina?"
"Non ne ho la più pallida idea..." rispose l'altro sovrappensiero: "Non fa differenza..."
"In città ho sentito dire che ha da poco compiuto diciasette anni..." spiegò Diana: "Pensi che sarà altezzosa e capricciosa?"
"Può darsi... A me basta che sappia stare zitta e che sia in grado di correre, qualora fosse necessario."
Camminarono più a lungo di quanto avessero potuto pensare, ma alla fine raggiunsero la parete rocciosa che li divideva dalle cucine del palazzo. Alla sua destra Ander scorse come previsto una leva, che una volta tirata fece aprire il muro come fosse una porta. Vash avanzò con prudenza e si ritrovò in una specie di deposito pieno di casse, botti e sacchi di provviste. Oltre a quella stanza scorsero finalmente la grande cucina. Era ormai passata la mezzanotte e non c'era nessuno.
"Adesso cercate di fare assoluto silenzio mentre mi seguite." sussurrò il cacciatore affinando i sensi: "Ander, dammi la mappa."
Il cavaliere obbedì malvolentieri, avrebbe voluto essere lui a guidare il gruppo venuto a salvare la principessa. Controllando i corridoi con molta prudenza e in ogni direzione, Vash iniziò ad avventurarsi tra le mura del palazzo, sempre tallonato dai tre compagni. Salirono di un piano senza scorgere nessuno. Alla fine delle scale però dovettero rallentare e mantenere il sangue freddo, perché i feoriani brulicavano un po' ovunque. I pochi che erano ancora svegli sembravano piuttosto stanchi e distratti, cosicché con un po' di pazienza e qualche leggera deviazione i quattro poterono proseguire verso la loro meta. Grazie alla mappa raggiunsero ben presto la scalinata successiva, quella che conduceva agli appartamenti della famiglia reale.
Le guardie di certo non mancavano, eppure sembrava tutto troppo facile. E anche se la fortuna per il momento si schierava dalla loro parte, Sarah non si sentiva affatto tranquilla. Ma forse era solo nervosa per la rischiosa situazione nella quale si trovavano.
Per proseguire attraverso uno spazioso salone, troppo aperto alla vista, Ander dovette giungere alle spalle di una guardia e stordirla. Si assicurò quindi di lasciarla in posizione seduta, come se stesse sonnecchiando. Il corridoio successivo li condusse davanti a una maestosa porta di pregevole lavorazione.
"Ci siamo." sussurrò Vash: "Secondo le indicazioni di Olaf, qua dentro troveremo la principessa. A quest'ora è probabile che dorma, state attenti a non spaventarla, perché se si mettesse a gridare saremmo nei guai."
Gli altri annuirono e il cacciatore premette lentamente la maniglia verso il basso. Cercando di non fare rumore, spinse la porta in avanti ed entrò furtivamente.
I quattro si ritrovarono in un'ampia e lussuosissima camera da letto. Furono colti di sorpresa, poiché i candelieri erano ancora accesi e la stanza completamente illuminata. Sul fondo di essa, davanti a una grande finestra, una figura femminile dai lunghi capelli chiari vi guardava attraverso, volgendo loro le spalle. Era una giovane donna, alta e carismatica, con addosso un lungo e magnifico vestito, degno di una principessa.

 
 
 

CAPITOLO XLVIII

Post n°52 pubblicato il 25 Novembre 2008 da Tyki_Mikk
 

Ancora un po' incerti, forse increduli di essere giunti a destinazione così facilmente, i quattro fecero qualche altro passo verso il centro della stanza. Infine Vash decise di chiamare la giovane donna usando un tono calmo e rassicurante.
"Principessa..." sussurrò abbastanza forte da essere certo che udisse: "Siamo qui per portarvi in salvo!"
Essa si voltò con leggera sorpresa, ma per niente spaventata. Ritta in un atteggiamento di superiorità, rivolse loro uno sguardo freddo e alttezzoso con scrutanti occhi blu. Vash resse lo sguardo assumendo però un'aria interrogativa, mentre Diana vedeva con disappunto le proprie supposizioni realizzarsi. Anche se era solo una prima impressione, la principessa sembrava proprio come se l'era immaginata.
"Chi siete voi?!" domandò in modo diretto e brusco: "Dove vorreste portarmi?!"
La sua voce risuonava decisa e sicura, come se non temesse assolutamente nulla dall'inaspettata intrusione di quattro sconosciuti. Era piuttosto alta per una donna e aveva un volto severo, persino un po' rude. Ma era anche dotata di un genuino e selvaggio fascino.
"Veniamo per conto della Guardia Reale di Northland..." spiegò il cacciatore.
Quella situazione lo rese inquieto e si interruppe per riflettere. L'istinto l'ammoniva a mantenere maggiore prudenza e decise di rimandare le spiegazioni. Le si avvicinò di qualche altro passo.
"Aspetta!!" esclamò improvvisamente Ander, afferrando la spalla dell'amico.
"Lascia perdere, non è il momento per le formalità..." si spazientì lui, fraintendendolo: "Dobbiamo sbrigarci!"
"C'è qualcosa che non mi convince affatto..." espresse invece i suoi dubbi il cavaliere: "Questa donna è sicuramente vestita molto bene, ma non ha un comportamento degno di una principessa..."
"Come ti permetti, razza di insolente!!" tuonò lei indispettita.
Ander però non si fece intimidire.
"Non usa certo un linguaggio migliore del nostro e ha le movenze che sembrano quelle di una paesana qualunque, piuttosto che di una dama di corte." continuò, vedendo crescere la preoccupazione sulle facce corrucciate dei compagni: "E oltrettutto... ha un'aria famigliare!"
Assumendo uno sguardo truce, la principessa alzò improvvisamente la mano destra e schioccò le dita. Alle spalle dei quattro ragazzi fecero irruzione altrettanti uomini, che una volta entrati nella camera, ne richiusero la porta sbarrandola.
"Notevole... Hai un ottimo spirito di osservazione!" si complimentò la donna: "Direi che non ha più senso proseguire con la recita..."
"Non illuderti, non avresti alcun futuro come attrice!" sorrise il cavaliere spavaldo.
"Pazienza, tanto siete comunque caduti in trappola!" constatò lei con compiacimento: "Me l'aspettavo che sarebbe venuto qualcuno per salvare la mocciosa, così ho preparato un gradevole benvenuto per gli ospiti... con tanto di sorpresa!"
Le ragazze si guardarono attorno sentendosi afferrare dal panico. I quattro uomini che li accerchiavano, portavano tutti lo stemma della Deathforce.
"Mocciosa? Da quel che ne so, è più giovane di te di un solo anno..." puntualizzò il cavaliere: "Dico bene... Kaejis?"
Lei si tolse la parrucca dai lunghi capelli, svelandone degli altri, sempre biondi, ma decisamente più corti e meno curati. Con una mano si aggiustò la frangia, che ricadde sulla parte sinistra del viso, coprendolo quasi del tutto. Iniziò quindi a strapparsi di dosso le vesti, eleganti ma naturalmente ingombranti. Sotto di esse indossava il già noto completo militare feoriano.
"Adesso sì che mi sento a mio agio!" dichiarò sollevata: "Devo ammettere che è una grossa sorpresa ritrovarmi di fronte un traditore e un cadavere... Non ti pare strano, Steiner? Anche se la notizia della tua scomparsa mi era sembrata sospetta sin da subito... Neanche un incapace come te sarebbe morto così facilmente!"
"Eri preoccupata per me, cara?" ribatté lui con sottile ironia.
"Fossi in te, non mi darei tante arie..." lo minacciò Kaejis: "Avrò il piacere di ammazzarti per davvero, questa volta!"
"Ora capisco come avete fatto a cogliere di sorpresa Dorthavn..." rifletté Vash a voce alta: "C'eri tu dietro a tutto questo!"
"Già, questa è la mia città natale, la conosco piuttosto bene!" dichiarò la donna senza un minimo di vergogna per le sue azioni: "Sono stata molto scaltra a occuparla evitando quasi del tutto spargimenti di sangue... Ma per me è stato un gioco da ragazzi!"
"Dove si trova la principessa?!" la interrogò il cacciatore, tradendo nella voce l'irritazione.
"Huh?! Figurati se te lo dico!" rispose: "Hai un bel coraggio a opporti a Feor, non ti basta essere un vile traditore, Vash?!"
"Ma senti da che pulpito viene la predica!" replicò lui: "E' cotro la tua gente che stai combattendo!"
Lei scoppiò a ridere, dimostrando che di quell'argomento non le importava nulla. Ma pure il cacciatore sapeva che la sua era una provocazione inutile. I Guerrieri Deathforce erano mercenari che provenivano da ogni parte del mondo e il più delle volte tagliavano ogni legame con le loro terre di origine. Non erano rari i casi in cui essi le detestavano, a volte le odiavano sino al punto da essere trascinati a veri e propri giuramenti di vendetta. Ed era facile capirne il perché: infatti quasi nessuno dei Guerrieri Deathforce serbava dei ricordi felici del proprio passato.
"Aiuterò l'Imperatore a sottomettere Northland! Sarà il mio omaggio per chi ha creduto in me!" affermò con pura convinzione: "Perché forse non l'avrete ancora capito: io, Kaejis, sono il più giovane dei Capitani di Feor!"
I due ragazzi strabuzzarono gli occhi per la sorpresa. Effettivamente si accorsero allora che la donna non indossava la divisa Deathforce, ma quella di un ufficiale dell'esercito imperiale. Leggendo l'incredulità delle loro espressioni, lei li derise di gusto.
"Sorpresi, eh?"
"Per forza! Ci sarebbero molte persone più adatte di te a questo ruolo!" la stuzzicò prontamente Ander: "L'unica ragione che potrei trovare è che tu sia stata scelta come rincalzo di altri, che hanno rifiutato l'incarico..."
"Dimmene uno!" digrignò lei i denti per l'offesa.
"Per esempio... Jax!"
Lei tornò inaspettatamente a sorridere.
"Come, non lo sapete?!" si fece di nuovo beffe di loro: "Jax è il nuovo Gran Maestro Deathforce!"
Quella notizia fu decisamente più sconcertante. Vash e Ander rimasero come paralizzati, per lunghi secondi le loro compagne attesero invano una loro reazione. Soprattutto il cacciatore non riusciva a trovare le parole per esprimere le sensazioni che provava in quel momento.
"Non ci credo, non è possibile!!" esclamò infine Ander: "Che fine ha fatto il vecchio Den Jaal?!"
"Si era rifiutato di obbedire al volere dell'Imperatore, continuando a sostenere che la Deathforce fosse indipendente e neutrale. Mesi fa dovette fuggire per evitare di essere giustiziato." raccontò Kaejis con biasimo: "Adesso è un ricercato, proprio come voi due!"
"Jax è il Gran Maestro..." sussurrò Vash ancora incredulo: "Questa è pura follia!!"
"Non sono stata mica io a eleggerlo!" si giustificò il Capitano di Feor: "Ma credo che fareste meglio a preoccuparvi per voi... Se non gettate subito le armi e vi arrendete docilmente, sarò costretta a uccidervi qui e subito!"
Solo allora Vash osservò veramente gli uomini che li accerchiavano. Nonostante lo stemma, non ne riconobbe nessuno. A eccezione di uno.
"Maestro Erwin, lei qui?!" si rivolse a lui esitante: "Come può accettare di sottostare agli ordini di Jax e Kaejis?!"
"Questa è la vita, mio caro Vash!" spiegò egli con indifferenza: "Un giorno sei il loro insegnante e quello succesivo un loro subordinato..."
Erwin Roddenbath era l'uomo che lo aveva addestrato per la maggiorparte del tempo, quando era ancora un Allievo Deathforce. Vash aveva perfezionato le sue abilità combattive proprio grazie a lui, che gli aveva anche svelato tutti i segreti del mestiere. Tra i Maestri era certamente quello al quale era stato più legato.
"Sono felice di ritrovarti qui!" proseguì l'uomo: "Non potevo chiedere di meglio! Finalmente ho la possibilità di riparare ai miei errori!"
Intuendo che si trattasse di qualcuno d'importante nel passato del cacciatore, Sarah studiò il Maestro Deathforce con curiosità. Doveva avere passato i trenta e aveva un fisico scolpito nel marmo. Nella destra impugnava una lunga spada sottile, nell'altra uno scudo di forma quasi triangolare. Parlava mantenendo un tono calmo e naturale, ma la sua ultima frase suonava come una minaccia. Nonostante tutto sarebbe stato pronto a mettere fine alla vita del suo ex allievo con le sue stesse mani. E Vash di questo non dubitava affatto.
Anche se dovevano essere dei nuovi arrivati, gli altri tre rimanevano pur sempre dei Guerrieri Deathforce e per i quattro intrusi sarebbero stati avversari estremament pericolosi. Ander pensò la stessa cosa dell'amico, cioè che avrebbero dovuto evitare alle ragazze di affrontarli direttamente.
Due di loro erano armati di lancia, mentre il terzo, apparentemente disarmato, indossava una lunga veste e dei guanti da stregone.
A quanto pare non avete intenzione di arrendervi..." constatò Kaejis: "Questo significa che per voi è giunta la fine!"
Al segnale del capitano i suoi uomini attaccarono. Vash e Ander spinsero le ragazze indietro, preparandosi a dover combattere contro due avversari ciascuno. Sapevano bene di dover dare il massimo, o non sarebbero durati che pochi secondi. Il cacciatore si trovava nelle condizioni peggiori, perché di fronte a lui aveva il suo vecchio maestro, un combattente estremamente abile ed esperto.
Il fragore delle spade che si incrociavano riempì in breve la stanza, Vash però si limitò a parare i colpi di Erwin, troppo preoccupato di tenere d'occhio gli altri, per non farsi cogliere alle spalle. Ma inspiegabilmente Kaejis e lo stregone rimasero immobili a osservarli combattere.
Ander intanto doveva ricorrere a tutta la sua attenzione per respingere gli affondi dei due lanceri, e nonostante le suppliche di Diana, che voleva aiutarlo, rifiutò assolutamente di coinvolgere le compagne.
"Sei migliorato molto, Vash! Ma non mi sorprende, ho sempre detto che tu eri uno speciale... " si congratulò il Maestro durante lo scontro: "Però i tuoi progressi non bastano ancora a battermi! E purtroppo per te non ti concederò più l'occasione di rifarti!"
La smorfia del cacciatore indicava con evidenza che il suo avversario era un osso davvero troppo duro. Pur usando la sua lunga spada con una sola mano, costringeva il giovane a una difesa impegnativa e appena questo cercava di contrattaccare, lo scudo di Erwin era pronto a nascondergli ogni suo punto vitale.
"E' vero che non ho più nulla da insegnarti..." rivelò il Maestro, che non sembrava per nulla affaticato: "Ma è altrettanto reale che a te manca qualcosa... Non riuscirai mai a primeggiare tra i migliori! Sei un freddo calcolatore e combatti con la testa piuttosto che con l'istinto! Lo sacrifichi quando tieni a bada anche le tue passioni! Hai delle ottime qualità, che però non risultano sempre quelle vincenti... Quindi non sarai mai all'altezza di Jax!"
Dicendo così, calò con violenza la spada sulla sua guardia, facendolo barcollare all'indietro. Vash era a corto di fiato, ormai vicino al limite e Sarah se ne accorse con orrore. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma era chiaro come il sole che contro guerrieri di quel livello, l'unica cosa che poteva ottenere era di gettare via la sua vita anzitempo.
Udì allora una voce sommessa e si voltò verso l'uomo dal lungo abito. Stava movendo rapidamente le mani mentre recitava sottovoce una formula magica. La ragazza capì che anche lui puntava al cacciatore e incoccò subito una freccia nella sua direzione. Ma il dardo non andò a segno, perché Erwin intervenne a respingerlo con lo scudo.
"Avanti, finiscilo!" ordinò il Maestro al guerriero mago.
"Fulmen: vetitum movimenti!"
Dalle mani di questo scaturirono delle scintille, proprio mentre Vash si stava rimettendo in piedi a fatica. Stremato qual era, fu investito in pieno dall'attacco magico, che lo schiantò contro il muro, bloccandogli i movimenti di braccia e gambe.
"Un incantesimo paralizzante?!" si chiese Sarah stupita.
<Maledizione!!> pensò il cacciatore con frustrante impotenza: <Sono inchiodato alla parete, non riesco più a muovermi!!>
"Vedi?" disse Erwin con tono pacato: "Ti sei preoccupato di difendere te e i tuoi compagni, mentre avresti dovuto dare sfogo a tutte le tue abilità per cercare di sconfiggermi. E adesso sei finito, non hai più scampo..."
Ed era vero. Lo stregone gli si stava avvicinando con tutta calma per infliggergli il colpo di grazia, mentre era immobilizzato e del tutto inoffensivo.
"VASH, NO!!"
Sarah corse verso di lui disperata, ma accorgendosene, il Maestro Deathforce l'afferrò per il colletto e la sollevò da terra, come fosse un bambino. Dopo un attimo di sorpresa per l'umiliante modo in cui era stata facilmente neutralizzata, la ragazza iniziò a gridare, scalciare e graffiare. Erwin provò allora ad afferrarle le braccia.
"Smettila, o potrei anche decidere di non risparmiarti!" brontolò scocciato.
Nel frattempo grazie all'aiuto di Diana, che si era unita allo scontro nonostante il suo divieto, Ander era riuscito a togliere di mezzo temporaneamente uno degli avversari, assestandogli un forte calcio allo stomaco. Si concentrò quindi sull'altro e stava per avere la meglio, quando la ragazza di Tunsea lo avvisò del pericolo che correvano Vash e Sarah. Decisero allora di intervenire entrambi, ma sulla loro strada si intromise il Capitano di Feor.
"Credete che possa lasciarvi passare?" ghignò malignamente Kaejis: "Ehi, voi due! Volete iniziare a fare sul serio?"
L'ultima frase era rivolta ai guerrieri che avevano affrontato il cavaliere di Eyrie. Essi obbediriono al capitano e lo raggiunsero prontamente. Ander e Diana avevano ora ben tre avversari da fronteggiare, non c'era modo per loro di soccorrere i compagni. E il tempo di Vash era agli sgoccioli.
"E' un peccato, avrei preferito un destino diverso per uno dei miei migliori allievi di sempre..." affermò Erwin con sincero disappunto: "Ma non ci posso fare niente... la colpa è tua, non avresti dovuto tradire la Deathforce!"
Aveva reso inoffensiva Sarah, che continuava a gridare disperatamente, mentre il guerriero mago sfilava dalla manica un pugnale e lo avvicinava alla gola del cacciatore.
Costui stava disperatamente cercando di scuotersi e liberarsi ricorrendo a tutte le forze del suo corpo, ma ognuno dei suoi arti erano attaccati saldamente al muro da un potente incantesimo. Sapeva che per quanto potesse essere forte, nessun essere umano sarebbe riuscito a liberarsi da esso con i soli muscoli e si rendeva pure conto che quando la magia avrebbe iniziato ad affievolirsi, per lui sarebbe stato già troppo tardi. Eppure non poteva arrendersi.
<No! Non può finire qui, in questo modo!> cercò di scuotersi vanamente Vash: <Cosa ne sarà degli altri se li abbandono e mi lascio uccidere?!>
Non era la prima volta che si trovava faccia a faccia con la morte, ma non era mai stato così strenuamente attaccato alla propria vita. In quel momento sarebbe stato disposto a tutto pur di riuscire a sopravvivere e a salvare i suoi compagni da una fine certa. Un misto di emozioni lo assalirono selvaggiamente e ben presto ne fu sopraffatto. Iniziò a divincolarsi fuori controllo, quasi come un animale.
<Devo liberarmi!!> ruggì dentro di sé: <Non importa se è impossibile, non mi interessa tentare di farlo!! IO DEVO FARLO!!!>
"Credevo che avessi una maggiore dignità, Vash." lo rimproverò l'ex istruttore: "Non ti metterai mica a piangere?"
"VAAAAAASH!!!" strillò Sarah grondando lacrime.
Ma effettivamente anche il cacciatore sentì un liquido caldo scendergli dagli occhi e tuttosommato se ne stupì. Non ricordava più l'ultima volta che aveva pianto. Eppure i volti che vedeva di fronte a sé non avevano un'espressione di scherno, anzi... erano impalliditi e sbigottiti.
"Che significa?!" domandò sconvolto lo stregone, che era a un passo da lui: "Che razza di maledizione è mai questa?!"
Ognuno nella stanza si era improvvisamente fermato a fissare il cacciatore, amici e nemici, tutti con lo stesso sguardo sbigottito di chi vedeva qualcosa di realmente unico e spaventoso.
Vash infatti non se ne rendeva conto, ma sul suo viso stavano scendendo lacrime di sangue. I suoi occhi erano divenuti rossi e le pupille si erano ristrette e allungate verticalmente.
"Per la gloria di Sol...! Non sei umano!!" si sforzò di dire il Maestro Deathforce, non riuscendo a credere ai propri occhi: "Muoviti, tu! Vuoi sbrigarti a tagliargli la gola o no?!"
A quell'ordine il guerriero mago si riprese e cercò di rimediare subito. Ma la sua mano armata non si mosse.

 
 
 
 
 

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Un blog di: Tyki_Mikk
Data di creazione: 15/04/2008
 

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