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La sineciosi spiegata alla popular plebe

Come tutti sanno, ovviamente, Pasolini si muove tra ossimoro e sineciosi. Così dice e pensa, almeno, Gianni D’Elia, nella prefazione a La religione del mio tempo, di Pier Paolo Pasolini edizioni Garzanti. Io, però, per mia sfortuna mi trovo tra quelle poche decine d’italiani che, alla parola sineciosi, qualche difficoltà ancora l’incontrano. Ora ossimoro, va bene, figura retorica che connette due elementi opposti o che, insomma, non possono stare insieme, ghiaccio caldo, morte allegra, ecc. Fino a qui i miei studi liceali mi soccorrono, ma sineciosi chi era costui o costei, citando il troppo bistrattato Don Abbondio? Cerco in un dizionarietto di retorica, niente, cerco nel Devoto Oli che è tutt’altro che un dizionarietto, niente, questa sineciosi non compare da nessuna parte. A logica, intuisco che è certamente parola greca formata da sun con forse oikeo, abitare, quindi forse deduco che è qualcosa, deduco sbagliando ovviamente, di opposto all’ossimoro, due cose che possono coabitare insieme in continuità. Alla fine arreso, mi butto su Google e che venga fuori qualcosa, per dio, dato che nemmeno il più rappresentativo dizionario di retorica esistente, il Lausberg sa niente di questa sineciosi che detta così sa al massimo di qualche bizzarra e strana malattia della pelle tropicale. Tutti la usano, a quanto pare, a proposito di Pasolini, strano fatto invero trovare una parola ad personam, anzi ad poesiam, comunque da quel che riesco a capire, il primo creatore del mostro che stiamo, oggi, studiando è Franco Fortini che la usò, appunto, per descrivere il testo che sto appunto leggendo di Pasolini. Tutti gli altri la usano, mi pare a cascata da questa citazione di Fortini. Ma da dove Fortini l’abbia tratta mi rimane oscuro. Qualche autore latino o greco, sconosciuto persino a Lausberg, deve pur averla usata questa parola, Cicerone, Quintiliano, chi sa. Eppure nella lingua italiana, anche nei dizionari di retorica più aggiornati (almeno quelli che non parlano di Pasolini) è del tutto ignota. Ciò nonostante un autore del web me la definisce addirittura famosa, la famosa sineciosi, ma famosa de che me domando io.

Ora ammessa la mia modesta ignoranza su sineciosi e dintorni, suppongo che anche altri italiani abbiano qualche problema con la sineciosi buttata là, così, come una bomba ad orologeria in un testo che, apparentemente, vorrebbe essere divulgativo. E qui sta il punto più che sulla sineciosi in se stessa, kantianamente parlando. Cosa divulgo, per Zeus, quando uso termini che non si trovano nemmeno nel Devoto Oli, ma solo in un semisconosciuto articolo di Fortini degli anni Cinquanta? Voglio dire la sinistra ha una curiosa idea di divulgazione che, per tornare al famigerato Don Abbondio, assomiglia in maniera inquietante al suo latinorum. Non si vuole comunicare, si vuole far mostra di sapienza esoterica, anche fasulla a volte, semplicemente sparando paroloni che il volgo profano delle muse deve accettare come il latino in chiesa. Questo ci porterebbe ad aprire ampissimi dibattiti sul perché la sinistra perde tutte le elezioni, forse se parlasse un po’ meno sineciosamente e un po’ più italianamente, ma questa come direbbe London, è un’altra storia. Io mi rimango ancora con questo tremendo dubbio, ma ‘sta sineciosi, Fortini, da dove diavolo l’ha tirata fuori. Chi sa se è poi così tardi per organizzare una seduta spiritica?