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L'utopia è come l'orizzonte: cammino due passi e si allontana di due passi. Cammino dieci passi e si allontana di dieci passi. E allora a cosa serve l'utopia ? A questo: serve per continuare a camminare.

 

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ADESSO LA MIA MACCHINA è COSì

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LA MIA MACCHINA... FINO AL 26 GENNAIO 2007

immagineIn realtà, è una foto presa in rete, raffigurante una macchina dello stesso modello e colore. 
 

LA MACCHINA CHE AVEVO...

18 novembre 2004, un cretinetti alla guida di una Golf ci si è andato a schiantare contro, sfasciandola completamente. Per quanto potesse essere bella, era del 1992. L'assicurazione del deficiente mi ha risarcito con pochi spiccioli, quanto mi è bastato per prendere una vecchia Passat SW, sempre del 1992 (senza riscaldamento), con la quale mi sono mosso fino al 26 gennaio.immagineimmagine
 

IL MITICO ESORCISTA DI DANIELE CALURI

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Non si tratta di revisionismo...

Post n°332 pubblicato il 02 Luglio 2007 da kleombroto

"Copio e incollo" da http://www.senzasoste.it

Parlare del paziente lavoro documentario di studiosi come Claudia Cernigoi, Alessandra Kersevan e tanti altri sulla vicenda delle foibe istriane non è solo un'operazione di precisazione storiografica. E neanche solo un occasione per distinguere questi lavori dalla paradossale accusa di negazionismo: dove quest'ultimo nega la mole documentaria in nome dell'estrapolazione di qualche dettaglio lo storiografo la assume tutta e nella sua complessità. Non si tratta di nemmeno un'occasione per fare storia, anche se ce ne sarebbe un gran bisogno, rimettendo al centro dell'attenzione eventi già a lungo discussi quando la storiografia del '900 italiano è tutta da riscrivere. Parlare di questo lavoro documentario è invece mettere in evidenza lo sbarco di Orwell in Italia, che con l'invenzione delle foibe ha scritto un capitolo sinistro della verità istituzionale che si fa verità di fatto in concorso con il potere mediale. Infatti, la vicenda delle foibe dopo l'entrata dei partigiani jugoslavi a Trieste è ristretta a decine di casi, e non a migliaia come deciso dalla verità mediale, è episodica e non ha i caratteri ne' qualitativi ne' quantitativi della pulizia etnica pianificata (ci sono infoibati per pure vendette personali ad esempio). Il ristretto numero di infoibati spiega per esempio il fatto di come gli intervistati in tv siano quasi sempre esuli o parenti di esuli istriani e non parenti di infobati (che, se fossero stati migliaia, avrebbero avuto un numero superiore di parenti a testimonianza). C'è da chiedersi come sia avvenuto tutto questo, come sia potuto accadere che si sia potuto non tanto cambiare interpretazione sui fatti ma produrre una vera e propria storia parallela di questo paese che è diventata verità istituzionale e indiscussa. Tanto che l'attenzione mediale, ma anche la didattica nelle scuole, al 10 febbraio è persino superiore a quella nei confronti del 25 aprile. E tutto attorno a migliaia di infoibati che, fortunatamente, non sono mai stati tali. C'è davvero da chiedersi come si sia naturalizzato quest'evento che rovescia la verità storica su quanto avvenuto sul fronte orientale dove gli italiani diventano martiri del terrore venuto da est quando invece hanno invaso la Jugoslavia, come responsabili diretti di decine di migliaia di morti e corresponsabili dell'invasione nazista di quel paese che ha causato oltre un milione di morti e innumerevoli episodi di indescrivibile atrocità. Tra le spiegazioni possibili ci sta il potere mediale sulla storia, che è una novità dell'ultimo ventennio che gli storici hanno imparato sulla loro pelle, ma anche il declino della capacità della politica di avere una propria idea di storia dopo la crisi delle grandi narrazioni. Da quando si è fatta funzione del mediale la politica ha perso contatto con la ricerca e con la capacità di analizzare il passato. Il problema è che il potere di significazione del passato, che produce qualcosa di esemplare che vale per il futuro, è stato assunto dal mediale che ha cominciato a produrre storia. Dal punto di vista istituzionale questa è stata l'occasione per fare una storia che guarda direttamente alla politica del presente. Creando eventi che mettono in secondo ordine l'origine della costituzione nella lotta partigiana si sono poste le premesse storiografiche per il suo sgretolamento da destra, per un nuovo assetto costituzionale decisionista e liberista. E i teorici dell'"uscita dal '900", nella fretta di sbarazzarsi di un patrimonio storico e nel tentativo di traghettarsi in ogni porto, hanno contribuito ad accellerare questo processo che di emancipatorio non ha proprio nulla e porta le inquietanti caratteristiche dell'invenzione statale e mediale della verità. E siamo arrivati a chi ha tutto da perderci in questo emergere di un nemmeno tanto informale ministero della verità: eppure leggi di esponenti verdi che parlano di "pulizia etnica" dei "comunisti" come se fosse successo davvero, per non parlare del presidente della Camera che qualche mese fa ha tenuto un convegno dove, equiparando i gulag a questo fenomeno mai esistito in questi termini, neanche si è soffermato un attimo sulle fonti documentarie. per l'occasione di questa inventata giornata della memoria incollo quindi il link dell'intero libro "Operazione foibe" di Claudia Cernigoi.

http://www.pasti.org/foibets.html

Le fonti documentarie su questa invenzione sono state aperte. Spetta ora agli studiosi di storia delle comunicazioni di scrivere "Orwell in Italia, l'invenzione delle foibe". Se il testo della Cernigoi ci aiuta a capire il passato, questo testo da scrivere ci aiuterebbe per il futuro. E ne avremmo un gran bisogno.

Piuttosto, a proposito di quanto accadde durante la seconda guerra mondiale in queste disgraziate regioni del nostro Nordest, consiglio un altro spunto di riflessione, tratto sempre da http://www.senzasoste.it:

Storia del lager di Gonars, il più grande tra i campi per internati civili operanti in Italia durante la seconda guerra mondiale

A seguito della vasta opera di revisionismo storico che sta attraversando il nostro paese, operazione che mira a dare un’immagine distorta e quanto mai lontana dalla realtà della tragica esperienza fascista. L’opera di mistificazione della realtà passa attraverso il mito autoassolutorio dell’”italiano brava gente”, non in grado di compiere le nefandezze dell’alleato nazista, ma al contrario portatore di civiltà e capace di grandi gesti umani. Niente è mai stato più falso di ciò, infatti le truppe e i civili italiani compirono gravi e ignobili crimini, tra i quali uno dei peggiori è stato l’internamento coatto in veri e propri campi di concentramento di migliaia di civili jugoslavi. Molto spesso l’opinione pubblica, in special modo quella italiana, ritiene a torto che la drammatica esperienza dei campi di prigionia durante la seconda guerra mondiale sia stata solamente una prerogativa della Germania nazista o dell’Impero del Sol Levante. La località di Gonars, per molti cittadini livornesi altro non è che un autogrill dove 99 tifosi amaranto furono sequestrati e ingiustamente diffidati. Non tutti sono a conoscenza che quella ridente località friulana ospitò dall’ottobre del 1941 al marzo del 1942 il più grande tra i campi per internati civili operanti in Italia durante il secondo conflitto mondiale. Il campo dipendeva dalla IIª Armata che durante la seconda guerra mondiale occupò, distrusse e incendiò diverse regioni della Jugoslavia. Le finalità di occupazione italiana imposero delle vere e proprie campagne di pulizia etnica, che prevedevano l’internamento forzato di intere popolazioni slave per sostituirle in seguito con coloni di origine italiane. Il campo di Gonars era uno dei molti destinati a tale ignobile scopo. Le condizioni di vita all’interno del campo erano molto dure, a causa del sovraffollamento combinato alla cronica malnutrizione degli internati. Questo trattamento inumano riservato ai civili jugoslavi favorì il diffondersi di pediculosi, scabbia e malattie infettive varie. Particolarmente critica fu la situazione delle donne in stato di gravidanza, che nell’80% dei casi partorirono feti già morti. Lo scarno vitto, del tutto insufficiente a coprire il fabbisogno calorico per una persona, consisteva in una brodaglia con qualche maccherone o un po’ di riso e meno di 200 grammi di pane. Gli stessi internati poi non indossavano altro, se non i vestiti che avevano con loro al momento del loro arresto, condannandoli a enormi sofferenze durante il periodo invernale. Infatti va ricordato che molti degli internati del campo erano seminudi e in molti casi pure scalzi. Va inoltre menzionato che durante il periodo in cui il campo restò in funzione, si ebbero non meno di 439 decessi. Tutto questo per ricordare che il fascismo non è stata una benevola dittatura che spediva al mare i propri oppositori, ma al contrario un feroce regime che perseguiva ferocemente tutti coloro che non si uniformavano alle sue leggi. La cosa più triste è che di questi campi non rimane quasi più traccia alcuna, cancellati da uno stato apparentemente democratico che in realtà non ha mai rotto quei legami col regime fascista.

RIFERIMENTI AL TEMA
web: www.gonarsmemorial.org
Alessandra Kersevan, Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943, ed. Comune di Gonars /Kappavu, 2003
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