Creato da myk_dee il 19/05/2005

WestSide

Life on the WestSide. The Best Side.

 

 

Secondo giorno - II parte

Post n°144 pubblicato il 05 Marzo 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

Il tassista deve essere pakistano oppure indiano oppure una combinazione delle due cose e parla al telefono nella sua lingua. Durante il tragitto percorriamo fino a Union Square la 5 Av, svoltiamo bruscamente a destra per una St (attorno alla 30esima), attraversiamo tra i mille clacson la 7 Av e capitiamo sulla Broadway dove svoltiamo a sinistra. Sfrecciamo davanti ai negozietti del quartiere di Soho, famoso per le sue case con le scale antincedio a zig-zag, e finalmente raggiungiamo il Municipio. La corsa ci è costata un totale di 15 dollari più la mancia obbligatoria al tassista. Sbrigate le faccende economiche scendiamo dall'auto e ci guardiamo attorno: maestosa sopra di noi si erge la City Hall, fiancheggiata da palazzi stile rinascimentale ed ai soliti immancabili grattacieli. Un cartello verde ci fa subito capire la nostra direzione: una freccia in sinistra indica Brooklyn Bridge. Ci precipitiamo all'incrocio dove comincia la zona pedonale con la quale si può attraversare il Ponte. Ed eccolo lì, il famoso Ponte di Brooklyn, proprio come è raffigurato negli involucri delle gomme da masticare. Il cielo è completamente azzurro ma soffia ancora forte il vento freddo dell'Atlantico. Specie quando raggiungiamo il centro del Ponte: qui, sospesi in mezzo al mare, dove alcuni battelli passano sotto di noi e le migliaia di auto sfreciano rumorose verso Brooklyn e Manhattan e laggiù in fondo, oltre i grattacieli dove fino a qualche annoa fa' sovrastavano le torri del WTC, vediamo la Statua della Libertà, qui, penso, è bellissimo. Continuiamo la nostra camminata fino all'estremità opposta del Ponte e decidiamo di avviarci verso la riva, dove dovrebbe essere possibile avere una vista stupenda su Manhattan. E infatti è così: veloci attraversiamo le Brooklyn Heights, giù per Clark St, fino alla Brooklyn Promenade. Lo spettacolo è indescrivibile. Davanti a noi si apre un panorama che lo si vede soltanto nei film, ma che, visto in TV, non rende l'idea di come è dal vivo. Scatto qualche foto per testimoniare tale bellezza. Sono ormai le quattro del pomeriggio ed è giunta l'ora di fare marcia indietro per andare a vedere qualche altra bellezza. I giorni sono pochi, per cui bisogna sbrigarsi. Risaliamo Clark St fino ad incontrare una stazione della metropolitana (chiamata "subway"). Facciamo il biglietto del costo ridicolo di 2$ e prendiamo il treno in direzione Manhattan. La metro è vuota, di tanto in tanto si vedono neri, messicani, cinesi, indiani e americani: tutti parlano tra di loro in inglese. Il tragitto è veloce e scendiamo alla fermata di Wall St, proprio di fronte alla famosa borsa. L'intera area è transennata e ci sono poliziotti dappertutto. L'edificio della Stock Exchange è piuttosto piccolo (se confrontato con i grattacieli che lo circondano) e sulla sua facciata è distesa un'enorme bandiera americana. Percorriamo Wall St in tutta la sua lunghezza e ricapitiamo sulla Broadway. Davanti a me scorgo alcune gru e ruspe e un grande muro di reti metalliche: non si tratta altro che di Ground Zero. Una grande tettoia sta a testimoniare la drammaticità di quel 09/11/2001 addobbata di foto e descrizione dei momenti salienti dell'attentato. Sul soffitto della tettoia ci sono 4 cartelloni enormi pieni zeppi di nomi: il titolo è The Heroes of September 11. Che dire? Il luogo dove un tempo sorgevano le Twin Towers è un'immenso cantiere dove lavorano giorno e notte gli operai per la costruzione della Freedom Tower. Percorriamo i due lati del cantiere fino a raggiungere il WFC (World Financial Center). Da qui riprendiamo la Broadway fino a raggiungere Wall St, svoltiamo e prendiamo la subway che ci riporterà diritti in hotel. Sono le 19 quando raggiungiamo l'albergo, saliamo in camera, una lavata in fretta e via di nuovo sulla strada, direzione Times Square.
Passiamo davanti al Rockefeller Center, dove c'è la famosa pista di pattinaggio e durante i giorni pre natalizi si erge alto il grande Albero. Scattiamo qualche foto d'obbligo e ci ripromettiamo che prima della partenza dobbiamo ritornare per pattinare. Di fronte al RC c'è la Radio City Music Hall, dove ci sono gli studi televisivi della NBC e sede di molte manifestazioni musicali (mi vengono ad esempio in mente i VMAs). Raggiungiamo finalmente la 7 Av, svoltiamo a sinistra e lo spettacolo è di passo in passo più bello. Un'infinità di luci, cartelloni pubblicitari, insegne di ristoranti e negozi, ci accolgono in una molyitudine di colori e di suoni. Grandissimi pannelli appesi ai palazzi circostanti informano il passante circa le condizioni meteo, gli andamenti in borsa, le ultime notizie, ci sono filmati di pubblicità di film, dischi, e quanto altro ci possa essere per poter trasmettersi in pubblico. Times Square è una grande TV fatta piazza. Spettacolare. Sono le 20.30 e decidiamo di cercare qualche posto (tra i 1000) per poter mangiare qualcosa. Lo troviamo nel Planet Hollywood, un locale dove al piano terra si vende la relativa merchandise mentre al primo piano c'è il ristorante. La cameriera ci porta il menu e i prezzi non sembrano poi così alti, essendo, tra le altre cose, nel cuore di New York. Io scelgo un pollo ai ferri con qualche condimento speciale che ora non saprei ripetere ed una coca cola. Dopo poco arrivano le pietanze fumanti: però, non male questo pollo, penso. Deve essere la fame. Alle nostre spalle c'è una tavolata di ragazze americane che sono giunte fin qui per festeggiare il sedicesimo compleanno di una di loro scortata dai genitori. Finita la cena, paghiamo e usciamo da locale. Nel frattempo la gente sta arrivando a flotte e gli italiani nemmeno si contano. Mi guardo attorno spaesato: mai, prima d'ora, avevo visto una tale frenesia. Folle. Sono le 23 e siamo piuttosto stanchi quindi ci incamminiamo verso l'albergo. Venti minuti e ci siamo. Entro in camera, mi lavo, metto il pigiama e vado a letto. E il secondo giorno nella Big Apple se n'è andato.



In foto: Brooklyn Bridge

 
 
 

Secondo giorno - I parte

Post n°143 pubblicato il 04 Marzo 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

E' notte fonda, probabilmente saranno le due o tre, e mi rigiro continuamente nel letto cercando disperatamente una posizione comoda per passare quelle poche ore che mi rimangono da dormire prima che inizi un nuovo giorno. Dopo svariati tentativi finalmente riesco a prendere sonno e mi sveglio più tardi che sono già le sette. Prendo la busta con il necessario per la toeletta mattutina, vado in bagno, rapida doccia, mi vesto ed esco in camera per vedere com'è il tempo. Ancora nuvoloso ma non piove. Sul palazzo di fronte si scorge il riflesso di un raggio di sole. Ore 8.30 usciamo dall'albergo in direzione di una caffetteria nei paraggi per fare colazione. Ne troviamo una di nome Starbucks Coffee: si tratta di una catena di caffetterie particolarmente diffuse a New York dove si può far colazione spendendo relativamente poco. Io scelgo un caffè e un cranberry muffin, a vederlo sembra buono. Troviamo un tavolino libero e comiciamo la nostra prima colazione statunitense. Il caffè, servito in quei bicchieroni da mezzo litro, è particolarmente sgradevole ed annacquato, merito forse del metodo impiegato per farlo: è caffè solubile. Dopo una quantità non ben definita di bustine di zucchero, il caffè è diventato quasi bevibile e mi appresto a gustarmi questo muffin: pessimo, sa da pane con le olive. Decido che non è giornata e che gli americani fanno una colazione pessima e impreco contro qualcuno in genere.
Ore 9 usciamo dalla caffetteria (io ho ancora in mano il caffè e me lo sto bevendo per strada) e ci dirigiamo verso la 5 Av*, (Avenue). Dobbiamo attraversare, nell'ordine, Lexington Av, Park Av e finalmente sbuchiamo sulla 5. Questa è la famosa Quinta Strada, sede di tantissimi negozi e grandi magazzini: l'ideale, per una donna, per lo shopping. Dopo alcune centinaia di metri si apre a noi la vista del Central Park: sulla nostra sinistra si erge alto l'Hotel Plaza, uno dei più famosi hotel di NYC che adesso è in ristrutturazione per la costruzione di appartamenti di lusso. Decidiamo di entrare nel Parco, la nostra meta è il Museo di Storia Naturale. Fa molto freddo, c'è della neve sui bordi dei sentieri e i laghetti del Parco sono ghiacciati. Ciònonostante ci sono delle papere che nuotano pacifiche tra acqua e ghiaccio e scoiattoli che scendono dagli alberi per sgranocchiare qualcosa lasciato dai passanti. A causa del forte vento freddo, le nuvole pian piano lasciano spazio al cielo azzurro e lo spettacolo è impressionante: da un lato c'è l'immagine di una natura quasi incontaminata, con animaletti che non si curano degli esseri umani e alberi e prati e laghetti e rocce, mentre dall'altro ci sono i mastodontici grattacieli che sembrano sorvegliare dall'alto il parco, quasi come fossero i suoi guardiani. Passa così un'oretta e mezza, tra palazzi e prati, finché raggiungiamo l'entrata del Museo. C'è già coda, ma solo perché deve ancora aprire. Io penso che è uno spreco rintanarci in un museo con la bella giornata che si sta prospettando, ma la mia compagna di viaggio insiste e ritiene che in un paio di ore dovremmo riuscire a visitare, in via del tutto superficiale, il Museo. Infatti è così: quattro piani di esposizione in meno di due ore. Del Museo c'è poco da raccontare, per chi vuole sapere cosa c'è vada qui. Ore 12.30 usciamo e la giornata è proprio splendida: neanche una nuvola, cielo azzurrissimo e molto sole che, a dispetto delle apparenze, non riscalda un piffero.
Decidiamo di pranzare nei paraggi e poi di dirigerci al Ponte di Brooklyn. Ripercorriamo, per vie diverse, il Central Park, imbattendoci nella famosa scalinata divenuta celebre in quanto set di molti film. Camminando, ci ritroviamo di fronte all'Hotel Plaza e di fronte a questo noto una struttura di vetro con al centro il simbolo della Apple. Decido che devo andare a vedere di cosa si tratta: in pratica, sotto terra, c'è un enorme negozio della Apple, dove vendono a peso d'oro i computer, i lettori mp3 e tutti gli accessori a loro dedicati. Noto che i computer hanno la connessione a internet gratuita e ne approfitto per controllare la mail. Di fianco al negozio Apple c'è un altro negozio, questa volta di giocattoli. Ad aprire la porta ai clienti è un tipo vestito tutto di rosso, che ricorda vagamente le guardie della Regina. Facciamo un salto dentro: qui, tra gli altri, vendono i gadgets originali di molti film, come le spade laser di Star Wars, le bacchiette magiche di Harry Potter e così via. Sono ormai le 14 e decidiamo che dobbiamo pranzare. Di fronte al negozio di giocattoli c'è una tavola calda dove vendono panini (che gli americani chiamano "panini", appunto) e ne compriamo uno a testa. Nel locale non c'è posto per sederci e ci tocca uscire e sederci di fronte alla Apple per mangiare. Il vento freddo è particolarmente fastidioso. Dopo questo succulento pranzo, prendiamo uno dei famosi taxi gialli: basta mettere fuori un braccio e il primo taxi libero si ferma. Trenta secondi e se ne ferma uno. Saliamo e diciamo al guidatore: «To the City Hall, please».

*Manhattan è divisa in Avenues e Streets. Le prime tagliano l'isola in senso longitudinale e sono relativamente poche (non ricordo se 9 o 10), me secondo la tagliano trasversalmente e sono molte di più. Le Av (come le St) tra di loro sono parallele.
In foto: scorcio di Central Park. In lontananza si intravedono i grattacieli di Manhattan.

 
 
 

Primo giorno

Post n°142 pubblicato il 03 Marzo 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

So che un discorso non può cominciare con "allora" ma me ne frego, quindi...
Allora, proverò a raccontarvi brevemente l'esperienza americana. Da dove cominciare? Beh, dal principio direi.
Giovedì 22 febbraio la sveglia suona alle 8.30, mi alzo, un po' intontito per il fatto di aver dormito poco, mi lavo, mi vesto. Controllo se nello zaino ci sono tutte le cose necessarie per il viaggio: giornale, documenti, portafogli, passaporto, fotocamera. Ok, si parte. Prendo la valigia lasciata fuori in corridoio, la carico in macchina e via con il babbo in aeroporto Marco Polo, Tessera. Ore 9.45 arriva anche la mia compagna del viaggio, saluto il babbo che ci augura buon viaggio e ci incamminiamo verso il check-in. C'è molta gente in fila, perciò dobbiamo aspettare pazientemente il nostro turno. Per fortuna ci si sbriga più in fretta di quello che avevamo pensato all'inizio. Un tizio, prima del check-in, con la spilla della TSA (la società che gestisce la sicurezza negli Stati Uniti) ci ferma e chiede passaporti, biglietto elettronico dell'aereo e fa' domande del tipo: «andate negli Stati Uniti per lavoro, studio o vacanza?», «quanti bagagli a mano avete?», «lo avete preparato voi?», «da questo momento in poi non accettate niente da nessuno», conclude. Quindi facciamo il check-in, salutiamo le nostre valigie e ci incamminiamo con andatura abbastanza spedita (l'imbarco è previsto per le 10.20 e sono le 10.15 e dobbiamo ancora passare il controllo) per effettuare il solito controllo di sicurezza. Passato con esito positivo il controllo, ancora una volta vogliono controllare il passaporto e finalmente si aprono le porte del Boeing 767 che ci porterà oltre l'Oceano Atlantico. Ore 11.15, puntuale come un orologio svizzero, l'aereo decolla e sui monitor compare il disegno della traiettoria da seguire, il tempo trascorso, le miglia percorse, la velocità, il tempo e le miglia rimanenti. La durata prevista è di circa otto ore e mezza, volo diretto senza scali.
Le ore a bordo scorrono veloci, tra un film e uno spuntino servito dal personale Delta Airlines. Ore 13.50, ora locale, atterriamo al John F. Kennedy di New York. Durante l'atterraggio, dall'alto, intravediamo l'inconfondibile skyline di Manhattan, che però scompare subito non appena tocchiamo terra. Il cielo è nuvoloso, e fa' piuttosto freddo. C'è ancora della neve per terra, residua della nevicata della settimana prima. Scendiamo dall'aeromobile e ci incodiamo una nuova volta per passare il controllo del visto da parte delle autorità USA. Più di un'ora di fila per farsi fare un timbro nel passaporto, prenderci le impronte digitali e farci una foto. Siamo nella loro nazione, dobbiamo stare alle loro regole. Finalmente, recuperiamo i nostri bagagli e usciamo dall'aeroporto dove un tipo ci propone di portarci all'albergo per una cifra irrisoria. Io, ovviamente, so che è lì apposta per fregarci ma la mia compagna di viaggio ci casca e acconsente all'accompagnamento. Beh, vada come vada, basta che porti all'albergo. Quindi eccoci in questa macchina nera che viaggiamo su una delle infinite highways. Il guidatore fa' anche da Cicerone: «vedete, quello è il parco dove hanno girato Men In Black», dice indicando una struttura non ben definita al di là di alcuni alberi. Finalmente ricompare alla nostra vista Manhattan: il colpo d'occhio è spaventoso. Altissimi grattacieli, quasi non gli si vede la punta perché seminascosta dalle nuvole, che si ergono maestosi in riva al mare (che poi è la foce di un fiume). Arrivati in albergo scopriamo con sorpresa della mia compagna [di viaggio] (ma non mia) che la cifra irrisoria è di soli 110 dollari. Scendiamo dall'auto, piove, fa freddo e ho appena speso 60 dollari quando ne bastavano 2 della metro. Questa vacanza non comincia nel migliore dei modi. Andiamo nella hall del hotel: la camera c'è e dopo alcune formalità, ci danno due chiavi magnetiche con cui aprire la porta della stanza. Stanza numero 444 al quarto piano. E' piccola ma accogliente e pulita, stesso dicasi per il bagno. Benissimo, sono le quattro del pomeriggio, ora locale, dieci minuti per prendere il necessario e via sulla strada. Ha smesso di piovere e si è aperto uno spiraglio dove filtra, fredda, la luce del sole.
Ancora non ci credo: diavolo, sono negli Stati Uniti! A New York City! Lo capisco dalle insegne dei negozi, dai cartelloni pubblicitari, dai cartelli stradali, dalle auto, dalle persone: sì, sono a New York. E' una sensazione strana, perché sono partito da casa alle 9 di mattina e adesso sono le 4 del pomerggio e sono a seimila chilometri di distanza. In realtà è come se fossero le dieci di sera. Ma sono le 4. E non mi importa: non ho sonno, non sono stanco, mi sento bene, l'aria fresca del pomeriggio americano mi dà una spinta in più. Devo vedere, devo fare, devo guardare, sentire, toccare, respirare, annusare, provare.

In foto: le Alpi viste dall'aereo.

 
 
 

NYC - New York City

Post n°141 pubblicato il 02 Marzo 2007 da myk_dee
Foto di myk_dee

Eccomi qui, in ritorno direttamente dalla Grande Mela. Beh, che dire? Basta, a mio avviso, una sola parola per descrivere NYC: folle. Ed è folle in tutti i sensi: lì è tutto grande, dai palazzi - che sono grattacieli, da quanto sono grandi -, alle automobili, alle strade, ai parchi, ai negozi, ai ristoranti - sebbene ci siano anche quelli piccoli -, alla gente. Una grande città, i cui abitanti hanno un grande senso di "nazionalismo", se vogliamo chiamarlo così: su 10 persone almeno 7 portano il cappellino, o una felpa, o un giubbotto, con la scritta "New York". E non sono i turisti, ma proprio i newyorkesi. Inoltre, di 10 palazzi su almeno 7 sventola la bandiera americana. Io credo sia stato dopo l'11 settembre a fare emergere un senso così spiccato di appartenenza alla città e agli Stati Uniti in generale. NYC è il loro orgoglio. Un'altra cosa che mi ha colpito è stata la multietnicità della popolazione. E questo è un fatto che lo si nota subito non appena si scende in una delle infinite stazioni di metropolitana della City: seduti sulle panchine in attesa dei treni - ma anche all'interno dei vagoni -, puoi imbatterti in un uomo d'affari vestito in giacca e cravatta da cima a fondo - con il lettore mp3 -, e vicino sosta un nero con braghe larghe, cappellino (ovviamente di NY) e catenone al collo, anch'esso con l'mp3. Di fianco al nero c'è una bellissima ragazza, con il cappotto e una gonna - sicuramente una segretaria - che sta bevendo un caffè in quei bicchieroni da mezzo litro, sempre con le cuffie nelle orecchie. E' così che funziona lì. Una cosa che qui non potrà mai succedere.
Insomma, New York City è una grande città, in tutto. Anche io che sono fissato con la California ho dovuto ricredermi. Bisogna andarci per capire. Soprattutto noi, italiani ed europei in genere, che non siamo abituati a tanta grandezza, dovremmo imparare un po' da loro.

In foto: Lower Manhattan vista da Liberty Island. Sulla destra si nota il Brooklyn Bridge, mentre in lontananza si intravede l'Empire State Building.

 
 
 

Here we go...

Post n°140 pubblicato il 18 Febbraio 2007 da myk_dee

Questi, per me, saranno 10 giorni intensi. Molto intensi.
Domani mattina partenza per Asiago: due notti di osservazione al telescopio. Se fa brutto, quindi, ci guardiamo le palle degli occhi.
Mercoledì si torna a casa e giovedì, ore 11.15, il buon Deenee ha da prendere un aereo. Un aereo che lo porterà direttamente nello stato più figo della Terra: gli Stati Uniti d'America. Volo diretto VCE to JFK, New York City.
Cinque notti negli States (la sesta la passiamo in aereo per tornare a casa), sei giorni  in cui dovrò fare e vedere e sentire e toccare e leggere un sacco di cose. Avrò un po' di robe da raccontarvi al mio ritorno.
Stay tuned...
MykDee

 
 
 

Info

Post n°139 pubblicato il 13 Febbraio 2007 da myk_dee

Informo tutti quanti che è disponibile un nuovo brano. Holla.

 
 
 

Post N° 138

Post n°138 pubblicato il 11 Febbraio 2007 da myk_dee

Infatti:
"Sometimes I feel
Like I don't have a partner
Sometimes I feel
Like my only friend
Is the city I live in
The city of angels
Lonely as I am
Together we cry

I drive on her streets
'Cause she's my companion
I walk through her hills
'Cause she knows who I am
She sees my good deeds
And she kisses me windy
I never worry
Now that is a lie

I don't ever want to feel
Like I did that day
Take me to the place I love
Take me all the way

It's hard to believe
That there's nobody out there
It's hard to believe
That I'm all alone
At least I have her love
The city she loves me
Lonely as I am
Together we cry

I don't ever want to feel
Like I did that day
Take me to the place I love
Take me all that way

Under the bridge downtown
Is where I drew some blood
Under the bridge downtown
I could not get enough
Under the bridge downtown
Forgot about my love
Under the bridge downtown
I gave my life away"

Red Hot Chili Peppers - Under The Bridge

 
 
 

Post N° 137

Post n°137 pubblicato il 09 Febbraio 2007 da myk_dee

Tuttavia...
"My heart beat for the Westcoast,
We pull the best weed in the Westcoast,
We low ridin' in the Westcoast,
So im'a die throwin up the Westcoast.
My heart beat for the Westcoast,
We pull the best weed in the Westcoast,
Still low ridin' in the Westcoast,
You should take a trip and visit the West coast"

The Game feat. Snoop Dogg & Xzibit - California Vacation

 
 
 

Post N° 136

Post n°136 pubblicato il 25 Gennaio 2007 da myk_dee

Come passa il tempo.

 
 
 

Programmi

Post n°135 pubblicato il 21 Gennaio 2007 da myk_dee

Un mio amico, l'altra sera, mi ha fatto notare che la mia mania della simmetria è eccessiva. Me ne rendo perfettamente conto. E penso che il tutto scaturisce dal fatto che ho bisogno della simmetria, o meglio, che la mia vita ha bisogno di simmetria. Devo assolutamente fare ordine: è un po' come quando il nostro PC ha una gran quantità di dati e informazioni aggiuntive (i files temporanei, come li chiamano) il cui unico scopo è quello di ricordarsi delle operazioni precedenti. Ma, una volta eseguite queste operazioni, quei files non servono più. Allora c'è chi ha ideato dei programmi che vanno ad eliminare questi files inutilizzati. Ecco: io ho bisogno di un programma del genere, che mi elimini quelle sensazioni che ho usato in passato, che dunque non mi servono più, e che mi impediscono di agire nel presente. Devo fare un enorme scan disk.

 
 
 

A casa di Bill

Post n°134 pubblicato il 17 Gennaio 2007 da myk_dee

Ecco, ancora una volta mi tocca notare che, sebbene siamo già nel 2007, l'opzione del "paragrafo giustificato" non è ancora stata attivata. Adesso faccio una lettera di protesta a quei genii della Microsoft: ho un paio di lamentele da fargli (una è anche piuttosto grave) partendo, innanzitutto, dal fatto che mi tocca usare in OS in inglese. Cacchio. Dove si trova l'indirizzo di casa di Bill G.? Così gliela mando là la lettera, dato che l'email ormai è troppo usata (chissà quante ne riceve quel povero (si fa per dire) ragazzo: per carità, non vorrei essere lui!). Speriamo che la legga almeno. Altrimenti mi tocca andare a suonargli il campanello, riconoscibile da questa forma. Al che lui si presenterà alla porta con una vestaglia di seta azzurra con il logo di Vista sulla taschino sinistro e con in mano una copia del New York Times, chiedendomi:
«Yes?»
E io, agitando freneticamente un foglio in cui è stampato un post di questo blog (senza la formattazione giustificata):
«Diavolo, ti sembra bello questo? Tu che fai tutti i programmi belli, simmetrici, ti sembra simmetrico questo? Diavolo, è antiestetico al massimo. Anzi, direi che è il manifesto dell'antiestetica. Vedi di fare qualcosa in proposito, altrimenti sarò costretto ad usare un altro OS!» concludo. «Come se non lo stessi già usando...» aggiungo sussurrando e ridacchiando sotto i baffi che non ho.
«What?! I don't speak italian very well...» comincia. «Mamma... spaghetti... mandolino... pizza...» dice ridendo ed ammiccando, come se con queste quattro parole si potesse ricostruire interamente il vocabolario e la grammatica della lingua italiana. Casomai con quattro parole puoi ricostruire l'inglese, motherfucker, penso.
A questo punto Bill vede il foglio che tengo in mano, me lo prende senza chiedere il permesso e lo legge.
Sorprendendomi (e sorprendendosi) dice: «Peccato che tu non l'abbia scritto con il paragrafo giustificato, sarebbe venuto molto meglio... ma un attimo: questo l'hai scritto sul tuo MSN Space, vero?»
«Sì» rispondo esterrefatto.
«Allora non c'è tempo da perdere: dai, vieni dentro che sistemiamo subito la cosa.»
E così entriamo in casa sua, in casa di Bill, e subito noto che le finestre sono tutte ondulate e hanno più o meno questa forma e colori. Patetico, penso. Dopo l'immenso corridoio di avvio, c'è il suo studio, riconoscibile anch'esso da questa targa in centro alla porta blindata. In fondo alla stanza, nella penombra, c'è un computer. Bill lo accende: è una versione personalizzata di Vista che parla: "Ciao Bill" dice una voce suadente. "Come stai oggi? Posso fare qualcosa per te?" chiede maliziosamente.
«No grazie, Vy» risponde il mio amico Bill. [Vy è il nomignolo di Vista, datole da Bill durante il processo di installazione, nda.] «Piuttosto, ti presento il mio carissimo amico MykDee.»
"Ciao MykDeenee, come ti butta B?" Adesso a parlare non è più la voce da donna facile di prima, ma è la voce di un rapper incazzato. «Bene, diavolo» rispondo.
«Ascolta Vy» riprende Bill. «Devi fare una cosa.»
"Per te qualsiasi cosa" dice Vy con la voce di nuovo da donna.
«Devi inserire l'opzione del paragrafo giustificato in MSN Spaces. Non vorrai mica che Libero ci rubi tutti i clienti no?»
"Certo che no Bill. Provvedo subito."
In un baleno si apre il mio Space e noto che sulla barra degli strumenti finalmente è disponibile la formattazione giustificata dei paragrafi.
«Contento adesso?» mi chiede lo zio Bill.
«Certo, era ora!» rispondo soddisfatto.
«Bene, adesso ti devo lasciare, ho un sacco di lavoro da sbrigare: Vista è alle porte e siamo ancora alla versione beta. Solo io ho quella definitiva.»
"E' vero" conferma Vy. "Io sono definitiva."
«Allora ciao, Deenee» dice Bill. «E grazie per avermi fatto notare questa mancanza.
«Non c'è di che! Ah, zio!»
«Sì?»
«Non è che mi regali una copia di Vy? Mi è tanto simpatica!»
«Beh, visto che sei stato così gentile da venire fin qua... ecco a te!» dice allungandomi un DVD, evidentemente masterizzato al volo.
«Grazie vecchio mio!»
«Prego, diavolo d'uomo!»
Ci salutiamo, esco dal suo ufficio, ri-attraverso il corridoio di avvio e chiudo la porta d'ingresso dietro di me. Il cigolio solito delle porte questa volta invece suona più o meno come quando si chiude Windows: patetico.

 
 
 

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Post n°133 pubblicato il 03 Gennaio 2007 da myk_dee

Bene, e un altro anno nuovo è arrivato. Dunque faccio gli auguri a tutti quanti. Veniamo ora all'argomento principale del post: se cliccate sul solito link in alto a sinistra, troverete il primo brano dell'anno. Mykdeenee. Yeah.

 
 
 

Post N° 132

Post n°132 pubblicato il 23 Dicembre 2006 da myk_dee

E poi hanno poco da chiedermi "Marco quando ti trovi la morosa?" diavolo non è come andare al supermecato e chiedere un etto di prosciutto. Io ci provo ma sembra che ci sia sempre un qualche ostacolo che all'improvviso mi si para davanti e mi ferma. Ma, per quanto poco possa contare, ho imparato che anche gli ostacoli più alti possono essere superati. Allora ecco che ti dico quello che mi passa per la testa: ogni giorno mi accorgo sempre di più che mi serve un'altra vita con cui condividere la mia e forse la vita che sto cercando sei tu e non lo so perché non riesco ad avvicinarti e non capisco perché quando arrivo a questo punto è come se l'ostacolo diventi improvvisamente infinitamente alto ma se ho detto che lo supererò diavolo lo supererò costi quel che costi dovessi anche rinunciare a tutti i miei sogni perchè in fondo il mio sogno sei tu e non avrei voluto dirtelo prima ma adesso voglio che tu lo sappia ciò che accade anche se io non me ne ero mai reso conto prima o forse non lo sapevo neppure o l'ho sempre saputo o magari ho fatto finta di non saperlo vedi non lo so neanche io quello che succede ma so che ho sentito un brivido su per la schiena dopo l'altro giorno e ho provato a chiudere la finestra della camera ma il freddo è rimasto però io sento che queste parole che leggi mi stanno pian piano riscaldando anche se tremo a pensarti ma tu non devi preoccuparti dai non fare così lo sai che io me la cavo in qualche modo me la cavo come ho sempre fatto e forse ritornerò a sorridere come fai tu come quel giorno in treno mentre tu ridevi di qualche cosa ma io non pensavo a ciò che ti faceva ridere e allora mi è salito quel brivido e per un momento ho creduto che le nostre vite e tutto quello che esse si portano dentro avessero potuto incorciarsi ed intrecciarsi come le spighe nel campo di grano di fronte a casa mia ma non ti ho mai raccontato delle spighe per cui penso che dovrei dirti delle spighe anche se so che non mi staresti nemmeno a sentire perché come al solito tu pensi di me quello che io non vorrei ma non posso farci niente se non scrivere finché le mie dita non saranno consumate e con loro anche la lama che mi hai infilzato nel petto però pensaci bene pensa bene al bene che ti perdi a quello che io perdo e a quello che io perdo ci penso sempre perché l'ho già perso allora non dovrei forse pensarci più e allora a che cosa dovrei pensare per cui penso a te e mi ritorna in mente che ti ho persa ma dai che cosa dico io non ti ho mai avuta quindi non posso averti persa e a questo punto sarei più felice nell'averti persa perché vuol dire che per un po' forse ti ho avuta ma non è giusto che qui si parli solo di quello che provo io quindi dimmi dai dimmi come la pensi tu ma no aspetta un secondo ho da dirti ancora una cosa ed è una cosa che avrei voluto dirti di persona però tu forse non vuoi sentirla allora ti tapperai le orecchie perché non te lo saresti mai aspettata una cosa del genere provenire dalla mia bocca e io dovrò toglierti le mani dalle orecchie e raccontarti tutto questo perché sento che se non lo facessi potrei scoppiare e conoscendoti so che non ti piacerebbe quindi adesso stammi a sentire perché è importante che tu mi ascolti adesso adesso adesso ti prego ascoltami ora adesso sì ora adesso è arrivato il momento dai non fare così non voglio ferirti sai che non lo farei mai però questo è necessario lo so che sembra egoismo anzi forse è proprio egoismo ma ormai non me ne importa niente perché sono stato sempre a farmi paranoie su quello che la gente potrebbe pensare di me e non ho mai detto sinceramente quello che provavo ma con te è diverso e sento che posso dirti ciò che provo perché tu capiresti e se non capirai subito lo capirai più avanti ma spero che in ogni caso tu lo possa capire anche fra uno o due anni ma io non ho tutto questo tempo per cui adesso io te lo dico e tu devi aprire bene le orecchie e anche il cuore se ti va perché io adesso il mio lo metto nelle tue mani e confido in te e tu lo sai che mi fido di te quindi in un certo sento lo faccio volentieri allora adesso davvero è arrivato il momento e adesso te lo devo per forza dire diavolo ma lo sai che sei bellissima con questa luce che ti illumina il viso così ma dai mi devo controllare perché sento che ho gli occhi lucidi e la musica che sta suonando e tu che sei così bella e tutte queste cose mi fanno salire un groppo in gola ma devo controllarmi perché è necessario che tu sappia sì tu lo devi sapere perché è arrivato il momento che stavo aspettando da una vita e sono contento che tu sia la prima a cui lo dico ma dai non dirmi di smettere non vedi che non posso non senti che mi scoppia il cuore perché non te ne accorgi perché vuoi che io taccia perché vuoi farmi questo dai io sono sereno adesso perché tu sei qui e ti sto per dire quello che avrei sempre desiderato dire a qualcuno e quel qualcuno è proprio seduto qui di fronte a me e sei bellissima e io non so se ci riuscirò ma ce la devo fare perché è la mia ultima possibilità e tutto può sparire dopo tutto può finire ma voglio che non finisca mai questo momento anche se scommetto che già tu non ne puoi più quindi adesso basta.

 
 
 

Tanti auguriiiiiiiii!!!!!!!

Post n°131 pubblicato il 22 Dicembre 2006 da myk_dee

Perché mi chiedono come sto? A cosa gli interessa? Volete forse dirmi che ve ne importa qualcosa di me? Sì? Allora ditemi: cosa vi cambia se al posto di rispondere, come al solito, "bene", rispondessi "male"? Ve ne fregherebbe qualcosa? Voi, puah, voi mi fate schifo. Tutti qui a sorridere, stringere mani e a dire "auguri, auguri!". Quanta ipocrisia in questo mondo, mio Signore, quanta ce n'è. E quante poche buone persone ci sono. Tanto lo so come vanno a finire queste cose: dopo le feste si riprende con la foga dei giorni passati e ricomincierete a prendervela con il vostro vicino perché fa rumore mentre voi dormite, o con il collega perché vi ha soffiato quella promozione che tanto avete aspettato, o con il vostro compagno o la vostra compagna perché questo si fa così e invece tu lo vuoi fare cosà, oppure ve la prenderete con un automobilista fermo ad un incrocio perché ci mette troppo ad ingranare la prima e voi siete in ritardo, così ve la prenderete anche con il vostro capo perché gli orari vi fanno schifo e non è possibile lavorare così tanto per così poco, o forse ve la prenderete con i mendicanti per strada perché, diavolo, faccio così tanta fatica a guadagnare quel poco che ho che adesso vedi che mi tocca anche dargli un paio di monete a questo qui che ha le braccia buone e potrebbe anche darsi da fare invece che chiedere la carità ad un incrocio, ve la prenderete perché i bambini che stanno giocando a pallone giù in cortile fanno un gran baccano e non riuscite a concentrarvi, ve la prenderete con il professore, all'università o al liceo, perché quel compito era troppo difficile e dieci esercizi in un'ora non è neanche lontanamente immaginabile riuscire a svolgerli, che stronzo quel professore, ve la prenderete con il vostro allenatore perché durante le convocazioni non ha chiamato il vostro nome, cazzo quanto è stronzo, ve la prenderete forse così, per nessun motivo in particolare, ma per il semplice bisogno di essere incazzati con qualcuno perché, diavolo, non si può andare sempre d'accordo e poi, cazzo, mi faccio un mazzo così tutto il giorno e vuoi dirmi che non posso prendermela con qualcuno? Bene, io ti dico che è con te stesso o te stessa che te la devi prendere: non si può scaricare la colpa dei tuoi mali, i tuoi mali personali, su qualcun altro. E' una cosa che ho sempre fatto fatica a comprendere io. Ma in questi giorni pre-natalizi vedo così tanta ipocrisia attorno a me che mi verrebbe voglia di urlare "MONDO, CHE CAZZO TI E' PRESO?". E invece non posso far niente perchè anche se urlassi con tutto il fiato che ho in corpo il suono non riuscirebbe a sorpassare le mura della mia casa. Allora sapete che vi dico? Vi dico che, puah, mi fate schifo. Questa è l'unica cosa che posso fare. Niente auguri di niente quest'anno: viviamo in un modo che fa schifo. Io per primo alzo la mano: io per primo ho contribuito a renderlo così meschino e la gente che lo popola così ipocrita. Ma voi, sì voialtri con il cappello rosso da babbo natale e l'albero addobbato con le luci colorate (avete fatto anche il presepe?, ma bravi) e i nastri rossi in casa, voi con i vostri ridicoli auguri, con le vostre ridicole frasi fatte, fatte apposta per quelli come voi, voi che adesso state leggendo queste righe, beh, sappiate che voi avete la mia stessa parte in questo mondo e voglio che ve ne rendiate conto. Voglio che sappiate che mi fate schifo. Puah.

 
 
 

Post N° 130

Post n°130 pubblicato il 19 Dicembre 2006 da myk_dee

Diavolo come passa il tempo. Oggi è il 19 dicembre. Un anno fa, a quest'ora, si stava festeggiando per le nostre lauree. Domani, un anno dopo, si ritorna a festeggiare per altre lauree. E intanto mi sembra che il tempo non sia neanche passato. 

 
 
 

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