L’editoria non riesce a digitalizzarsi. Resta elettrificata. (e taroccata)

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Ovvero: Perché i quotidiani italiani falsificano i dati di traffico in modo così sfacciato?
Non si salva praticamente nessuno. Quindi inutile fare nomi.
L’editoria digitale non è morta, non è mai nata.

All’alba del 2017 il banner pubblicitario è ancora una importante fonte di incasso per i quotidiani nazionali. Dobbiamo capire le differenze che passano tra elettrificare un sistema e digitalizzarlo. La stampa online è certamente una elettrificazione della carta, e questo è male.

In principio era lo spazio. E lo spazio era la carta. E la carta era presso l’editore…. Con l’avvento della seconda rivoluzione digitale il concetto di spazio si è disintegrato, mutando verso una dimensione di tempo e di interazione. Tralasciando i nuovi modi di fruizione del contenuto, che meritano riflessioni dedicate, possiamo affermare che il modello pubblicitario che per decenni ha dominato il sistema editoriale, era volto a riempire gli spazi pubblicitari accanto agli articoli. L’inserzionista paga lo spazio in base alla tiratura e alla dimensione grafica, il lettore compra il giornale, il lettore legge l’articolo, il lettore vede la pubblicità. Fine.

Le dimensioni che regolano questo processo lineare sono tre. L’importanza del quotidiano o la sua autorevolezza, il settore di riferimento e la tiratura.

Il mancato processo di digitalizzazione della stampa, ha portato ad elettrificarne il processo, in sostanza a percorrere la via breve. Questo per via della scarsa competenza degli editori o più in generale della loro forma mentis, che poi è il vecchiume che gravita in tante redazioni. Un tiro facile direte voi? Si, ma una volta tanto il Rasoio di Occam pare funzionare, e la soluzione semplice e immediata diviene la più funzionale. (Ben inteso che il rasoio non è assolutamente elettrico.)

In assenza di un vero modello digitale dell’editoria, il nostro quotidiano elettrificato non ha alternative se non quella di comportarsi come un pezzo di carta. L’inserzionista paga lo spazio in base al numero di visitatori e alla dimensione grafica del banner, il lettore NON compra il giornale, il lettore legge l’articolo, il lettore vede la pubblicità.

Le dimensioni che regolano questa nuova editoria elettrificata sono simili alle precedenti. L’autorevolezza del quotidiano, il settore, il numero di visitatori.

Come avrete notato c’è solo una “insignificante” differenza tra i due sistemi; nel secondo modello, quello di oggi, il lettore non compra più il giornale. Facile quindi capire come il ruolo della pubblicità diventi centrale per il sostentamento. (Evito di parlare dei tentativi di alcuni quotidiani di far abbonare tramite smartphone i lettori con transazioni sul credito telefonico.)

Ora veniamo al sodo. Con l’importante ruolo della pubblicità, e tralasciando la dimensione dell’autorevolezza, il numero di visitatori diventa la dimensione centrale. Anzi, diventa vitale. Come alcuni di voi sapranno, esiste una correlazione tra numero di visite di un sito web e valore degli spazi pubblicitari. A parità di visualizzazioni di un banner, il costo unitario di uno spazio è più alto se ricondotto ad un sito web con più traffico, diciamo più famoso o autorevole.

Quindi, il nostro editore non ha alternativa se non quella di puntare sul traffico, incrementandolo con ogni mezzo lecito o illecito. Di seguito indico le due “soluzioni” ad oggi più comunemente riscontrabili.

Il refresh talebano

Quando atterriamo su un articolo online, si apre la normativa cookie. Si, quella finestrella fastidiosa e inutile che dovrebbe tutelare la nostra privacy, o più che altro renderci consapevoli che la privacy online non esiste. Ad ogni modo, chiudendo la finestrella, in automatico si ricarica la pagina del quotidiano. Questioni tecniche? Questioni legali? Forse. O più semplicemente il quotidiano ha appena acchiappato due visitatori al prezzo di uno. Tutti i banner pubblicitari sono stati ricaricati due volte e il nostro quotidiano ha appena raddoppiato le visite.

Quando il quotidiano fornirà i dati di traffico agli inserzionisti, questi dati saranno “leggermente” il doppio rispetto a quelli reali. Ovviamente tutti diranno: “io non lo faccio, io non lo faccio”. Si. certo, vorrei essere una pulce in una riunione con l’inserzionista.

La minaccia fantasma

utti noi sappiamo che esiste l’adblock. Un simpatico software che consente di bloccare le pubblicità on line al visitatore. Ne esistono tanti, Adblock è il più famoso. Le stime di utilizzo dell’adblock in Italia dichiarano circa il 20% di utilizzatori, sia da smartphone sia da desktop. Basta una ricerca su google per verificare le cifre. Sono software molto utilizzati. Ora, ipotizzando di essere un inserzionista che ha pagato il classico spazio PayPerView per il suo banner, gradirei sapere i dati di visualizzazione della mia pubblicità. Il dato fornito, nella stragrande maggioranza dei casi è invece il dato del traffico. Certo, perché la pagina viene comunque caricata anche in assenza dei banner, quindi viene dichiarata all’inserzionista come visitatore. Ma la pubblicità non l’ha vista nessuno. E anche qui togliamo almeno un altro 20%.

In conclusione

Oggi il sistema della stampa e dell’editoria online non è digitalizzato ma elettrificato. Vengono utilizzati i medesimi processi della carta sul web, e questo non funziona, non può funzionare; perché e diverso, perché è un’altra cosa. Quindi come possiamo rispondere alla domanda che ci siamo posti all’inizio: “Perché i quotidiani italiani falsificano i dati di traffico in modo così sfacciato?”

Perché è facile, pratico e veloce. (come il Ritter Sport). Perché non c’è una vera normativa a riguardo. Perché chi governa l’editoria ha mediamente 100 anni. E soprattutto perché lo fanno tutti. Ma proprio tutti tutti.

Alessandro Fazzini

L’editoria non riesce a digitalizzarsi. Resta elettrificata. (e taroccata)ultima modifica: 2016-12-05T16:14:50+01:00da

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