In occasione del Trento Film festival della Montagna 2019 UNA MONTAGNA DI LIBRI di Alfonso Masi ha travolto ed emozionato il pubblico intervenuto Venerdì 3 Maggio 2019 presso la sede locale dell’Associazione Culturale “Antonio Rosmini”.
Con la voce elegante e raffinata del Maestro Alfonso Masi e le sonorità suggestive della fisarmonica di Luciano Maino, la montagna è stata la protagonista assoluta del pomeriggio di Venerdì in tutte le sue forme.
(Nelle foto: da sinistra, Alfonso Masi e l’artista Gentile Polo fra il pubblico scorre la scaletta delle letture in programma.)
Moltissimi sono i componimenti letterari o poetici scritti ieri come oggi che raccontano la montagna, soggetto o crocevia di passioni.
Introducendo la serata con alcuni aforismi di David Thoreau, le note di “La pastora” hanno dato il via all’interpretazione di “I segnavia” di Giuseppe Mazzotti, figura poliedrica della cultura veneta contemporanea
“assiduo promotore dell’arte, “fervente” alpinista e, non per ultimo, apprezzato scrittore e saggista.” (da Premiomazzotti.it)
Segue un’altra poesia focalizzata su un altro simbolo della montagna “La piccozza” di Giovanni Pascoli:
[…] Da me, da solo, solo con l’anima, / con la piccozza d’acciar ceruleo, / su lento, su anelo, / su sempre; spezzandoti, o gelo! / E salgo ancora, da me, facendomi / da me la scala, tacito, assiduo; / nel gelo che spezzo, / scavandomi il fine ed il mezzo. / Salgo; e non salgo, no, per discendere, […] ma per restare solo con l’aquile, / ma per morire dove me placido / immerso nell’alga / vermiglia ritrovi chi salga: / e a me lo guidi, con baglior subito, / la mia piccozza d’acciar ceruleo, / che, al suolo a me scorsa, / riflette le stelle dell’Orsa.
che ha introdotto “Per la morte di un compagno caduto” di Cesare Maestri ed il componimento dedicato dalla poetessa Antonia Pozzi alla sua guida e maestro di cordata “A Emilio Comici” caduto
“Mille metri / di vuoto: / ed un pollice di pietra / per una delle tue / suole di corda. / Ti ha inchiodato il tramonto allo strapiombo. […]” (da ANTONIA POZZI E GLI UOMINI DI MONTAGNA in Il Grinzone.it).
L’intermezzo melodico “Dio del cielo, Signore delle cime” ha visto l’arrivo in sala anche dell’artista rotaliano Gentile Polo e dello staff dello Studio d’arte Gentile Polo ed ha introdotto la seconda parte con “Addio Monti” di Alessandro Manzoni, seguito dalla lettera del capo indiano Capriolo Zoppo al Presidente Franklin:
“Il grande Capo che sta a Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra […] Ma come potete comprare o vendere il cielo, il colore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell’aria o dello scintillio dell’acqua: come potete comprarli da noi? Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro […] Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi […] la terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce una famiglia. Qualunque cosa capita alla terra, capita anche ai figli della terra. Non è stato l’uomo a tessere la tela della vita, egli ne è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso[…]” (da SIAMO PARTE DELLA TERRA in istitutobioetica.org regione Campania).
La montagna è dunque “Terra di conquista” (Giuseppe Mazzotti) ma anche di “Sconfitta” (Cesare Maestri), terra che ha visto purtroppo spargere molto sangue come raccontano le note anonime di “O Monte San Michele”
“… bagnato di sangue italiano! / Tentato più volte, ma invano / Gorizia pigliar. / Da monte Nero a monte Cappuccio / fino all’altura di Doberdò, / un reggimento più volte distrutto: / alfine indietro nessuno tornò…” (Anonimo 1915 – 1916).
e l’omonima poesia di Mario Silvestri. Medesime atmosfere struggenti per “Sono una creatura” e “Veglia” di Giuseppe Ungaretti, ed il racconto dell'”Ortigara, calvario degli alpini” di Mattalia.
Con “La negritella” l’atmosfera si stempera nella dannunziana “Pioggia nel pineto”, seguita dal divertente racconto di Paul Press sulle disavventure di “Quando arrampicano le signore” per tornare all’ode “Ad un vecchio sacco di montagna” di P. Ghiringhelli.
A questo punto la fisarmonica di Luciano Maino intona “La montanara” ed il pubblico lo segue rapito in un coro sommesso e commosso, mentre sullo scemare delle note parte il Maestro Alfonso Masi a raccontare i “Ritorni dell’amore nei boschi notturni” di Rafael Alberti.
Alle note romantiche seguono la pomposità tragicomica della descrizione giornalistica di “Mussolini sciatore” (Angelo Manaresi) sulle note di “Quando scende giù la neve”, che stemperano il ricordo di “L’apocalisse del Bondone” scritto da Paolo Facchinetti.
Con visibile emozione anche sul volto dell’amico Gentile Polo, Alfonso Masi recita “L’infinito” di Giacomo Leopardi, poi saluti e ringraziamenti con intonando con Luciano Maino il canto di congedo “Stelutis Alpinis”, dedicata alla regina delle cime alpine:
Fino in cima alle montagne
Troverai una stella alpina
Che è fiorita sul mio sangue
Per segnarla c’è una croce
Chi l’ha messa non lo so
Ma è lassù che dormo in pace
E per sempre dormirò
Ma è lassù che dormo in pace
E per sempre dormirò
Tu raccogli quella stella
Che sa tutto del tuo amore
Sarai l’unica a vederla
E a nasconderla sul cuore
Quando a sera sarai sola
Non piangere perché
Nel ricordo vedrai ancora
Tu e la stella insieme a me
Nel ricordo vedrai ancora
Tu e la stella insieme a me
Tu e la stella insieme a me.