una risposta, per caso . . .

Mi è capitato tra i piedi poco fa, mentre girovagolavo in giro per altri spazi, e l’ho trovato “nostro”: l’autrice non ha mai pubblicato nulla, così mi piace immaginare lo abbia fatto su mia richiesta. Ho anche trovato la foto che ti è piaciuta stamattina: fisso entrambi qui, per non perderli.

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Erano due esseri in una bolla densa. Una bolla a dividerli dal mondo, a renderli complici sconosciuti.
Non c’erano promesse tra loro ma loro erano promesse. Promesse al mondo, alla vita. Promesse dal centro della terra: magma puro diviso in due corpi.
Lui era fatto di sole, giungla, alberi di banane e tigri ruggenti, scimmiette dispettose. Deserti, sbalzi di temperatura e vapori caldi. Farfalle blu.

Lei era un paesaggio lunare, in penombra. Placido e pericoloso. Una cascata con delle libellule. Fiori vermigli che crescevano su di un ponte traballante ma antico come il mondo, che ancora reggeva i carri dei mercanti. Che ancora permetteva ai predoni esperti di sfuggire più veloci e mettersi al sicuro, tra le rientranze delle rocce.

Lui sarebbe stato esperto quanto i predoni?
Sarebbe stato in grado di riconoscere il pericolo o avrebbe capito che era l’unico visitatore ad avere una mappa?
E domanda più importante: chi si avventura in un luogo tanto sconosciuto ha il desiderio di conquistarlo o di esserne vinto e perdersi per sempre?

Si erano conosciuti per caso, per destino?
Nemmeno loro lo sapevano ancora. Avevano però sempre avuto la certezza di uno struggimento sorprendente. Una forza che ti disidrata mentre ti dà la vita. Un ciclone così potente da ossigenare o da lasciare senza fiato.
Lei una sirena ferita e lui un marinaio, segnato ai lati degli occhi dal vento e dal sole.
La pelle come cuoio, più vissuta di quella di un coetaneo.
Due nature così diverse eppure così benvolute dalla leggenda. Erano secoli che si raccontavano storie simili: perché le sirene e i marinai erano destinati ad essere? O erano loro i primi a scoprire il vero esito della congiunzione?
Lei cantava, aveva voce per descrivere sotto la superficie. I suoi occhi decifravano tra le acque sommerse e lui era cosparso di geroglifici: un accesso per Atlantide.
La sirena ancora non sapeva se il marinaio avrebbe voluto essere più intellegibile dal resto del mondo oppure se questa sua inaccessibilità fosse una sfida, più che una difesa. La sfida alla ricerca della donna che sapesse leggere.
Ma chi si fiderebbe mai di un marinaio pieno di segreti? E chi di una sirena ferita?
Il sangue delle sirene brucia come acido, corrode. Ma il loro tocco, il loro canto è curativo. Avvicinarsi così può voler dire essere corrosi o essere salvati, ma sono cose che nessuno sa. Nessuna sirena ferita prima si avvicinò tanto ad un marinaio pieno di segreti per leggerlo. Questo perché i pirati sono naturalmente più adatti, più scontati e più semplici. Cantano e si ubriacano, si consegnano senza difese e si fanno una compagnia senza pretese.

L’animo del marinaio era un argomento caro al cuore della sirena, questo perché un marinaio promette prima alla sua nave, alla vita.

La sirena al mare, alle onde.
Erano esseri che si rispettavano, ancora prima che capirsi. Devoti e appartenenti a qualcosa di primitivo.

Il marinaio aveva una donna in ogni porto, ma non aveva mai il desiderio del ritorno.
Non gli interessava di rivedere le coste del Nord per salutare una vecchia amica, perché tutte le belle donne presto sarebbero state nuove amiche, nuovi porti.
Il marinaio desiderava avere sentimento del ritorno, saudade – la chiamava lui. Una parola portoghese e araba, vecchia più dei suoi nonni e della sua città.
E, senza aver mai baciato la sirena, senza averle mai preso il viso tra le mani, lui quella saudade l’aveva sentita. Forte e squisita come un profumo diverso che risveglia la fame.
Aveva scritto di questa saudade su una carta straccia, in un angolo.
Un foglio per una sola parola: un grande investimento per un uomo che viaggia solo, nel mare aperto. Aveva affidato il messaggio a una bottiglia, piccola e stretta, piena di pietruzze, con un nodo blu e lo aveva lanciato verso il basso, diretto alla profondità della grotta della Sirena.
Lei lo aveva trovato e per giorni lo aveva nascosto, come si nasconde un segreto, una profezia. Poi un giorno aveva spostato il tappo di qualche millimetro e aperto il nodo.
L’ossigeno le era arrivato violento vicino alle narici e le aveva dato un capogiro.
Tutto ossigeno, troppo tutto insieme: un invito alla deriva.
(Laura Ottavia Trevisani)
una risposta, per caso . . .ultima modifica: 2021-08-24T18:32:21+02:00da amore_imperfetto