Gianluca Vialli e il tumore: «Gli esami non evidenziano segni di malattia: dopo 17 mesi di chemio sono felice»

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«A dicembre ho concluso due cicli di 8 e 9 mesi. È stata dura sia fisicamente che mentalmente. Gli esami non hanno evidenziato segni di malattia»

In questi giorni di battaglia, resistenze e troppe morti, si cercano esempi nelle vite speciali e nei libri che le raccontano. Uno che può tornare utile rileggere è senz’altro «Goals. 98 storie + 1» (Mondadori) di Gianluca Vialli. Pagine di fine 2018 in cui l’ex campione, oggi nello staff della Nazionale dell’amico Roberto Mancini, racconta il meglio della sua carriera ma, soprattutto, la sua battaglia con il cancro, che aveva confessato per la prima volta sul Corriere della Sera il 25 novembre 2018. Sulla sua lotta Vialli è tornato in questi giorni — con una intervista su Repubblica a Maurizio Crosetti — per dirci che adesso «sono felice, anche se lo dico sottovoce».

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È stata una corsa complessa, tortuosa, ma anche rivelatoria: «La malattia per me è simile a un viaggio». Che adesso ha trovato una strada luminosa: «A dicembre ho concluso diciassette mesi di chemioterapia, un ciclo di otto mesi e un altro di nove. È stata dura, anche per uno tosto come me, dal punto di vista fisico e mentale. Gli esami non hanno evidenziato segni di malattia».

Vialli si trova a Londra, la città della sua seconda vita calcistica (al Chelsea) dopo i fasti italiani. Vive l’isolamento obbligato dal coronavirus cogliendone «l’atmosfera zen, c’è qualcosa di orientale», con la stranezza «del canto degli uccellini in una megalopoli» e, soprattutto, con il tempo in più regalato «con le persone che amiamo». Da lì traccia un bilancio di questo suo percorso nella sofferenza e nella scoperta: stare bene, dice, «significa vedersi di nuovo bene allo specchio, guardare i peli che ricrescono, non doversi più disegnare le sopracciglia con la matita. In questo momento, può sembrare strano ma mi sento quasi fortunato rispetto a tanta gente».

Il coronavirus è un momento di riflessione per tanti, che scoprono la paura di morire. La stessa con cui un malato di tumore convive ogni minuto della sua vita. Come la si sconfigge? «Pensando ai desideri, concentrandosi su quanto ci piace davvero», dice Vialli. Sembra scontato, ma non lo è. Come non lo è quella frase che diciamo sempre: conta la salute. Ecco, dice Luca, «io vorrei che la famosa frase “quello che conta è la salute” diventasse davvero centrale».

In questo contesto, naturalmente, pensare al calcio e al dopo non ha senso. E se lo ha è solo per stoppare ogni inutile salto in avanti: «Si torni in campo solo quando i medici e gli esperti diranno che è possibile, anche se sono io il primo a desiderarlo. Ma nel frattempo occorre un atto di responsabilità generale, al di là dell’emergenza dell’intero sistema».

E pazienza se salteranno gli Europei, cui Vialli avrebbe partecipato come team manager dell’Italia: «Aspetteremo un anno. E nell’attesa, ogni azzurro potrà impossessarsi di più del progetto». E magari anche del Tempo, che Gianluca ha imparato come vivere e interpretare: «Nel mio caso la malattia è un viaggio. Un percorso di introspezione, un’opportunità. La malattia è un’esperienza di cui avrei fatto volentieri a meno, però è successo e allora cerco di metterla a frutto».

Gianluca Vialli e il tumore: «Gli esami non evidenziano segni di malattia: dopo 17 mesi di chemio sono felice»ultima modifica: 2020-04-13T14:45:26+02:00da denisamariutei97