Cari Lettori, ho deciso di pubblicare su questo blog un mio articolo già uscito nei primi di dicembre 2020 sulla testata online Rec News.
La scelta di ripubblicare l’articolo oggi risiede nel fatto che, recentemente, è stato rimosso dalla stessa testata online che lo aveva pubblicato. Questo significa ovviamente che nessuno potrà più leggerlo.
Ma non è un fatto nuovo: in questi ultimi anni, ad esempio, moltissimi dei miei articoli sono stati censurati da Google nonostante essi avessero occupato per lungo tempo i primissimi risultati di ricerca.
Ad essere penalizzati, in primo luogo, sono stati quelli che trattavano della sanità e dei colossi farmaceutici. Così, poco dopo l’istituzione da parte del governo Conte della Task Force per combattere le fake news nella primavera 2020, con la scusa del COVID-19 sono totalmente spariti articoli che proprio nulla avevano a che vedere col Coronavirus.
Da “Arriveranno le vaccinazioni obbligatorie anche per gli adulti?” a “Conflitto di interessi, corruzione, riciclaggio: dati allarmanti sulla sanità italiana”, fino ad alcuni articoli che trattavano dei grandi interessi di Big Pharma nella guerra contro il cancro o di nuove promettenti ricerche da parte di scienziati accreditati nella lotta ai tumori, come “Una pillola da un dollaro può sconfiggere il cancro?”.
Altri motori di ricerca, come DuckDuckGo per fare un esempio, attualmente mostrano – pur censurando – altri risultati che Google invece nasconde.
In questo panorama, che minaccia di farsi ancora più cupo grazie al percorso avviato il 16 giugno 2022 dai regolatori dell’Unione Europea per rafforzare il “codice di condotta” elaborato contro la disinformazione online nel 2018, c’è anche un pontefice che ancora adesso, anche se morto, risulta molto scomodo.
Come avrete già capito, si tratta di papa san Giovanni Paolo II.
Ma non solo. Risulta scomodo anche parlare di Chiesa Cattolica sotto feroce attacco o di sovranità nazionale sotto attacco, per le ingerenze e con la regia occulta di potenze straniere.
L’articolo che segue tratta essenzialmente di questi argomenti: ecco perché non lo considero datato, tanto più che proprio l’Italia, Paese cattolico come la Polonia, è soggetta ormai da ormai troppo tempo ad un attacco apparentemente meno violento ma forse più subdolo e insidioso, che trova il suo scopo ultimo nel distruggere la Chiesa Cattolica, la cui sede petrina è proprio nel cuore della Penisola, insieme alla sovranità nazionale del Paese.
Sottolineo anche come la maggior parte dei cattolici “tradizionalisti” non abbiano mai speso una parola di difesa verso papa Giovanni Paolo II, allorché il Rapporto McCarrick del Vaticano, datato novembre 2020, ha adombrato sul pontefice la colpa gravissima di aver coperto abusi sessuali. Solo l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, ad onor del vero, lo ha difeso.
Ma molti di questi cattolici tradizionalisti sono anche gli stessi che proprio adesso, con la prospettiva delle elezioni italiane del 25 settembre 2022, non hanno esitato ad indicare ai lettori di votare per la destra, in quanto – a loro dire – attuerebbe la demoniaca agenda 2030 di Davos più lentamente.
Ma niente è più falso di tale affermazione. La destra italiana infatti si è ampiamente dimostrata solidale e forse ancor più efferata della sinistra, sotto certi aspetti, durante il periodo di lockdown e della cosiddetta pandemia.
Ricordiamo Zaia in Veneto invocare le massime misure restrittive, mentre la Meloni chiamava “angeli” le forze dell’ordine impegnate a dare la caccia agli anziani che uscivano per prendere una boccata d’aria o portare a spasso il cane, mentre spacciatori e delinquenti si aggiravano indisturbati.
Giorgia Meloni, tanto per rinfrescare la memoria labile di tanti cattolici tradizionalisti, era colei che si vantava di essere stata la prima con Fratelli d’Italia a sostenere il certificato verde digitale e di aver offerto “lo scudo penale per i sanitari, i medici e per tutti i vaccinatori”.
“Avremo presto, preti ridotti al ruolo di assistenti sociali e il messaggio di fede ridotto a visione politica. Tutto sembrerà perduto, ma al momento opportuno, proprio nella fase più drammatica della crisi, la Chiesa rinascerà. Sarà più piccola, più povera, quasi catacombale, ma anche più santa. Perché non sarà più la Chiesa di chi cerca di piacere al mondo, ma la Chiesa dei fedeli a Dio e alla sua legge eterna. La rinascita sarà opera di un piccolo resto, apparentemente insignificante eppure indomito, passato attraverso un processo di purificazione. Perché è così che opera Dio. Contro il male, resiste un piccolo gregge”.
Ed è proprio in questo spirito, forse insignificante ma comunque indomito, che ritorno a pubblicare l’articolo: il Lettore, infatti, ha tutto il diritto a farsi un’idea personale ed autentica dei fatti, senza che nessuno abbia a dirigere subdolamente le sue convinzioni mediante una narrazione totalmente asservita al pensiero unico dominante.
Buona lettura.
L’articolo 4.a della legge del 7 gennaio 1993 sulla pianificazione familiare, la protezione del feto umano e le condizioni per consentire l’interruzione della gravidanza, stabilisce infatti che si possa abortire in alcuni casi specifici, fra cui il caso ove i test prenatali o altre indicazioni mediche indichino un’alta probabilità di un danno grave e irreversibile del feto o di una malattia incurabile potenzialmente letale.
Le reazioni che ne sono conseguite – la Polonia adesso non ha più una legge che consenta di abortire nel caso specifico – sono state molto violente e stanno interessando una parte cospicua della popolazione. Dal mese di ottobre si verificano attacchi anche alle chiese, profanate ed imbrattate con rifiuti o con il simbolo della protesta: un fulmine rosso.
Lo scorso 28 ottobre, come riportato da un articolo di Roberto Marchesini – pubblicato il 30 ottobre sulla Nuova Bussola Quotidiana – il Consiglio Permanente dell’Episcopato Polacco ha emanato un appello “Per la tutela della vita e della pace sociale” che afferma: “Osserviamo con grande dolore l’escalation della tensione sociale e dell’aggressività. Anche il linguaggio volgare usato da alcuni manifestanti, la distruzione dei beni sociali, la devastazione di chiese, la profanazione di luoghi sacri o l’impedimento a svolgere in essi la liturgia sono inquietanti. Chiediamo a tutti di impegnarsi in un dialogo sociale significativo, di esprimere le proprie opinioni senza l’uso della violenza e di rispettare la dignità di ogni essere umano. In questo drammatico momento chiediamo ai politici e a tutti i partecipanti al dibattito sociale di analizzare a fondo le cause della situazione che si è venuta a creare e a cercare vie d’uscita nello spirito della verità e del bene comune, senza strumentalizzare le questioni della fede e la Chiesa. Ringraziamo i sacerdoti e tutti i fedeli laici che difendono con coraggio le loro chiese. Nessuno può difendere la Chiesa e gli oggetti sacri meglio della comunità dei credenti. Ringraziamo anche le forze dell’ordine. La Chiesa vuole rimanere aperta a tutti, indipendentemente dalla loro appartenenza sociale e politica”.
Sacerdoti e fedeli sono stati costretti a difendere le chiese fisicamente, mentre si sono registrati anche dei feriti gravi, fra cui un ragazzo colpito alla testa con un manganello telescopico. Quello che appare sconvolgente, oltre ai già gravissimi atti della profanazione delle chiese e delle aggressioni, è la solidarietà che si sta diffondendo in tutto il Paese: in televisione si verifica un continuo sfoggio di fulmini rossi dipinti sulle mani e sulle braccia delle soubrette; anche il circuito calcistico è stato coinvolto: le calciatrici della nazionale polacca sono scese in campo, nella partita contro la Moldavia, con braccialetti recanti il simbolo della protesta.
In un tweet, il giornalista Łukasz A. Jankowski ha scritto: “Probabilmente è una semplice coincidenza, ma a Varsavia è arrivato un gruppo di antifa tedeschi. In effetti, è una vecchia tradizione che i tedeschi, sotto le insegne della Hitlerjugend [il fulmine] insegnino ai polacchi la libertà civile”.
Ancora, il deputato Robert Winnicki, in un altro tweet, scrive: “Diverse fonti hanno fornito informazioni sulle milizie anarchiche tedesche che si stanno dirigendo in Polonia su invito della sinistra“. E sono stati moltissimi i giovani che hanno ricevuto degli sms sul cellulare personale, dove si danno indicazioni sul luogo delle prossime manifestazioni spontanee, sul come vestirsi (si consiglia il nero) e su come comportarsi in caso di fermo o arresto: “Molti di noi scenderanno in piazza nei prossimi giorni per partecipare a raduni spontanei e alla disobbedienza civile. Pertanto, vorremmo ricordarvi le più importanti informazioni anti-repressive: 1. Non dichiaratevi colpevoli dei presunti atti. 2. Rifiutatevi di fornire spiegazioni. 3. Non siete tenuti a firmare nulla. 4. Avete il diritto di contattare l’assistenza legale”.
Malgrado quanto accade in Polonia, è bene precisare però come le masse di manifestanti che devastano le chiese e riempiono le principali città, non rappresentano la maggioranza della popolazione, che rimane silenziosa: secondo Agence France-Presse (AFP), in corrispondenza da Varsavia – come riportato da LifeSiteNews in un recentissimo articolo di Jonathon Van Maren – “il devoto Paese cattolico è ben lungi dal diventare favorevole alla scelta”.
“In realtà, negli ultimi decenni, i polacchi sono diventati più favorevoli alle leggi restrittive sull’aborto”, scrive Van Maren: “Nonostante l’attuale narrativa secondo cui la Polonia starebbe rapidamente divenendo favorevole all’aborto, è stato vero il contrario per un quarto di secolo, con un sentimento a favore della vita in costante crescita“. Mentre il sociologo Katarzyna Zielinski, rivolgendosi all’AFP, ha ricordato che “non c’è stata alcuna rivoluzione sessuale in Polonia. Al contrario, abbiamo avuto un rinnovamento religioso, perché la mobilitazione contro il regime comunista era associata alla religione”. Diversamente, i tassi di aborto si mantenevano alti sotto il regime comunista.
In questo clima infuocato, che solleva parecchi sospetti sul fatto che vi possa essere una regia occulta, esperta ed estranea – collocata fuori dal Paese – ad orchestrare queste manifestazioni in Polonia, si stagliano anche le gravissime accuse che sono state rivolte il 9 novembre al cardinale Stanislaw Dziwisz, segretario di Karol Wojtyla per quarant’anni prima a Cracovia e poi a Roma, dall’emittente polacca Tvn24, di proprietà del colosso televisivo americano Discovery. Il cardinale è stato accusato di aver preso compensi per la partecipazione alle messe papali e per nascondere le accuse di pedofilia a san Giovanni Paolo II. Il presidente della Conferenza episcopale polacca, monsignor Stanislaw Gadecki, ha chiesto l’istituzione di una commissione indipendente che possa far luce sul ruolo ricoperto dall’allora don Stanislaw.
Le accuse arrivano puntuali proprio mentre il Vaticano ha pubblicato – il 10 novembre – il rapporto sull’ex cardinale arcivescovo di Washington, Theodore Edgar McCarrick, colpevole di aver commesso atti di pedofilia, che papa Bergoglio ha privato della porpora cardinalizia e successivamente ha ridotto allo stato laicale, quando le accuse nei suoi confronti sono state ampiamente provate.
Il cardinale Dziwisz si è però difeso da tutte le gravi accuse che gli vengono mosse, affermando: “Posso dire in tutta coscienza che mai, ripeto mai, ho ricevuto denaro in cambio di partecipazione alle messe papali; mai, sottolineo mai, ho ricevuto soldi per nascondere atti o fatti destinati alla superiore attenzione del Santo Padre; mai, e infine mai, ho favorito persone indegne a fronte di elargizioni inseribili in qualche perversa logica di baratto”.
Continua ancora il cardinale: “la magnanimità e la benevolenza apprese alla scuola di San Giovanni Paolo II non possono consentire manipolazioni di sorta da parte di chicchessia, fosse pure con il pretesto del pur nobile dovere di cronaca”. Sulla commissione d’inchiesta voluta dal presidente dei vescovi polacchi, Dziwisz ha dichiarato: “Non posso che unirmi a questa richiesta e invocare, grazie a essa, l’accertamento della mia condotta trasparente e sempre disinteressata. Invito gli operatori dei media a svolgere la loro missione in modo avveduto e saggio, affinché l’opinione pubblica non venga ulteriormente inquinata da insinuazioni velenose per l’onorabilità delle persone e il rispetto della verità dei fatti”.
Intanto è ormai passato alla ribalta delle cronache un editoriale del New York Times, di eco mondiale, che scrive: “Oggi dopo più di un decennio di dubbi, la reputazione di Giovanni Paolo II è caduta sotto la nuvola più oscura. Dopo che lo stesso Vaticano si è precipitato a canonizzarlo, ha pubblicato questa settimana uno straordinario rapporto che ha posto ai piedi del santo la colpa dell’avanzamento di carriera del cardinale”. Il porporato a cui si riferisce il New York Times è l’arcivescovo Theodore McCarrick, al centro del recente rapporto del Vaticano, di cui si è già accennato sopra.
Ma sulla “straordinarietà” del rapporto vaticano, di cui parla la famosa testata americana, ha sollevato molti dubbi l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, raggiunto telefonicamente dal conduttore e giornalista televisivo Raymond Arroyo nella sua trasmissione The World Over, intervista poi pubblicata in forma scritta il 12 novembre dalla testata cattolica americana The Remnant.
Alla domanda di Arroyo: “Eccellenza, il rapporto afferma che ‘non si è fatto avanti’ per presentare prove per questa inchiesta vaticana: le è stato chiesto di fornire informazioni? Qualcuno l’ha contattata?”, la ferma risposta dell’arcivescovo Viganò: “Sono sorpreso di scoprire che un Rapporto in cui sono citato 306 volte mi accusa di non essermi ‘fatto avanti’ per testimoniare in questa inchiesta vaticana su Theodore McCarrick. Ma secondo la norma del diritto canonico, la convocazione dei testimoni spetta a colui che è incaricato del processo, sulla base delle prove raccolte in fase di indagine.
Prosegue mons. Viganò: “Inoltre, mi sembra anche significativo che James Grein, l’unica vittima delle molestie sessuali di McCarrick che ha avuto il coraggio di denunciarlo pubblicamente, non compaia nel Rapporto e che non vi sia traccia della sua testimonianza, nella quale avrebbe riferito anche del viaggio che fece con McCarrick a San Gallo alla fine degli anni Cinquanta.
Dalle dichiarazioni pubbliche di James Grein, è chiaro che l’inizio della scalata di McCarrick – allora era un giovane sacerdote appena ordinato – coincise con quella visita in Svizzera, in un monastero che fu poi sede degli incontri dei congiurati della cosiddetta ‘mafia di San Gallo’. Secondo le dichiarazioni del defunto cardinale Godfried Danneels, quel gruppo di prelati decise di sostenere l’elezione di Bergoglio sia dopo la morte di Giovanni Paolo II sia durante il conclave seguito alle controverse dimissioni di Benedetto XVI.
Ricordo che durante una conferenza alla Villanova University l’11 ottobre 2013, l’allora cardinale McCarrick ammise di aver sostenuto l’elezione del cardinale Bergoglio all’inizio delle Congregazioni generali prima del conclave che si era tenuto pochi mesi prima [a marzo 2013].
Mi chiedo che tipo di affidabilità possa avere un organo giudiziario che abbia un conflitto di interessi così evidente a causa del suo passato rapporto con l’imputato. Come possono Bergoglio e la Segreteria di Stato che dipende da lui fingere di apparire imparziali quando McCarrick è andato in Vaticano con una frequenza anomala, quando nel giugno 2013 è stato incaricato [da Bergoglio] di fare un viaggio diplomatico in Cina? E come non pensare che i loro ripetuti tentativi di insabbiamento e negazione della propria responsabilità siano all’origine dello sforzo sistematico di screditarmi come testimone, per non portare alla luce le complicità e le connivenze che esistono tra loro e McCarrick stesso?”.
Continua il conduttore televisivo: “Il Papa, secondo il rapporto, sostiene che lei non lo ha informato delle attività o delle restrizioni di McCarrick nel giugno del 2013. La sua risposta?”.
Va notato che avevo appreso dallo stesso McCarrick che Bergoglio lo aveva ricevuto quattro giorni prima della mia udienza e che Bergoglio lo aveva autorizzato ad andare in Cina. Che senso aveva chiedermi un parere, quando già Bergoglio teneva McCarrick in grande stima?
McCarrick nel frattempo è venuto tranquillamente a Roma, ha ricevuto incarichi dal Vaticano, anche ufficiali, e ha proseguito le sue attività come se nulla fosse accaduto. Nel maggio 2014 ho appreso dal Washington Times di un viaggio compiuto da McCarrick nella Repubblica Centrafricana per conto del Dipartimento di Stato (allora il Segretario di Stato era John Kerry): di questo viaggio si parla anche nel Rapporto. Stiamo parlando del 2014. Eppure, a partire dal 2008, Benedetto XVI aveva ordinato al cardinale americano di ritirarsi a vita privata, di non celebrare o partecipare a eventi pubblici, e di non fare viaggi.
A quel punto, avendo riferito di persona al Papa, e non avendo ricevuto risposta dalla Segreteria di Stato, cosa potevo fare di più? A chi avrei potuto fare appello?”, si domanda l’arcivescovo nello sconcerto.
Arroyo ritorna quindi sulle accuse mosse a san Giovanni Paolo II: “E cosa pensa del Rapporto che attribuisce la maggior parte della colpa all’ascesa e al posto di McCarrick nella Chiesa ai piedi di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI?”.
“Le intenzioni di chi ha redatto il Rapporto sono chiare: passare la responsabilità delle promozioni di McCarrick ai suoi Predecessori, uno dei quali è deceduto e canonizzato (Giovanni Paolo II), l’altro vecchio e debole (Benedetto XVI). Il primo non può difendersi dalla tomba, mentre il secondo è troppo mite per rinnegare palesemente il suo successore definendolo bugiardo e screditandolo, così come la funzione che ricopre. La cosa inquietante è che all’interno del Rapporto stesso – che ovviamente è stato redatto da più mani – vi sono numerose contraddizioni, sufficienti a far avere scarsa credibilità agli argomenti esposti.
Mi chiedo allora: chi ha convinto Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a non tener conto delle gravi accuse contro McCarrick? Chi aveva interesse a far promuovere McCarrick, in modo che potesse ottenere un vantaggio in termini di potere e denaro?
Qualcuno probabilmente ha fatto credere a Giovanni Paolo II che le accuse contro McCarrick fossero fabbricate, sul modello delle operazioni di discredito che la Polonia comunista aveva già compiuto contro i buoni vescovi e sacerdoti che si opponevano al regime.
Nel caso di Giovanni Paolo II, il principale soggetto interessato alla promozione di McCarrick è stato sicuramente il cardinale Sodano. È stato Segretario di Stato fino al settembre 2006: tutte le informazioni sono giunte a lui. Nel novembre 2000 il nunzio Montalvo gli ha inviato il suo rapporto e le accuse di gravi abusi commessi da McCarrick.
Il nome del cardinale Sodano è comparso anche in relazione a una scandalosa speculazione immobiliare. Nel 2003 il nipote del Cardinale, l’ingegner Andrea Sodano, con lettere di raccomandazione dello zio Segretario di Stato e nella sua qualità di consulente del gruppo immobiliare Follieri (in alcuni documenti ufficiali è indicato anche come vicepresidente di il gruppo), ha acquisito proprietà a prezzi stracciati da diocesi americane condannate a risarcire i danni derivanti da casi civili di abuso sessuale, ottenendo un enorme vantaggio economico a danno della Chiesa. Raffaello Follieri, titolare del gruppo, è stato condannato per frode e riciclaggio di denaro, proprio a causa di sconsiderate operazioni di vendita di questi immobili. Inutile dire che Follieri aveva uno stretto rapporto con il Clinton Global Initiative e con la famiglia Clinton, così come il Partito Democratico: ‘L’ex presidente e la senatrice Hillary sono nostri amici’, si è vantato Follieri .
Per quanto riguarda Benedetto XVI, quelli che hanno avuto accesso quotidiano e diretto al Papa sono stati il Segretario di Stato Bertone e il Sostituto Sandri, che hanno potuto controllare e filtrare le informazioni su McCarrick ed esercitare pressioni sul Santo Padre.
Ancora una volta, il Rapporto parla da sé. Colui che ha presentato la questione direttamente a Papa Benedetto XVI è stato il cardinale Bertone, il quale, contrariamente a quanto avevo più volte proposto – e cioè che le accuse molto gravi e dettagliate contro McCarrick richiedevano un processo canonico esemplare che portasse alla sua rimozione dal Collegio cardinalizio e la sua riduzione allo stato laicale – portò Papa Benedetto a decidere che non si doveva intraprendere alcun processo canonico né si doveva prescrivere alcuna sanzione canonica, ma che invece sarebbe stato fatto “un semplice appello alla coscienza e allo spirito ecclesiale di McCarrick ”.
E qui appare evidente ancora un’altra flagrante contraddizione: come sia possibile conciliare un semplice appello alla coscienza con le istruzioni formali che furono date sia al Nunzio Sambi che a me, secondo cui McCarrick non poteva risiedere nel seminario dove viveva, non poteva partecipare ad attività pubbliche, non poteva viaggiare e doveva condurre una vita ritirata di preghiera e penitenza?
La corruzione dei massimi livelli del Vaticano è così evidente da indurre a considerare il Rapporto un indegno tentativo di far apparire Bergoglio assolutamente estraneo alle manipolazioni della Curia, anzi come una sorta di implacabile persecutore dei corrotti, mentre il l’evidenza dei fatti dimostra il contrario. Direi che Bergoglio sta alla chiesa profonda come Biden sta allo Stato profondo …
Vorrei anche rilevare che il fatto di incolpare Giovanni Paolo II per la nomina di McCarrick, nonostante il parere negativo della Congregazione dei Vescovi e del suo Prefetto Cardinale Re, potrebbe essere applicato anche allo stesso Jorge Mario Bergoglio, su cui il Superiore Generale dei gesuiti ha espresso forti riserve. Se Wojtyla ha commesso un errore con McCarrick e, per questo, è considerato implicitamente responsabile degli scandali verificatisi, cosa impedisce che questo giudizio si estenda anche alla promozione di Bergoglio ad Arcivescovo di Buenos Aires e poi a Cardinale? Ricordiamo che nel Concistoro del 2001, oltre a McCarrick e Bergoglio, altri esponenti di spicco della mafia di San Gallo ricevettero il cappello rosso …”.
[…] No, non c’è davvero un segnale che dalla vicenda McCarrick la Chiesa abbia imparato, c’è piuttosto la sensazione che si faccia pagare uno per poter continuare tranquillamente con gli altri. E nel frattempo fare avanzare l’idea che per un prete avere tendenze omosessuali non sia un problema”.
L’editoriale del New York Times contro Giovanni Paolo II era stato preceduto prima da un altro attacco, quello della testata cattolica progressista americana National Catholic Reporter, la quale, tuttavia, era stata costretta a riconoscere che “in molti, molti modi, Papa Giovanni Paolo II è stato un uomo ammirevole. Gli ultimi decenni del XX secolo sono stati arricchiti in modo incommensurabile dal suo abile uso della statuaria papale nel far sentire la voce dei popoli oppressi in tutta l’Europa orientale, nei suoi vari sforzi verso il dialogo interreligioso e dalla sua personale testimonianza della dignità dell’invecchiamento”.
Ma “il rapporto senza precedenti del Vaticano” rivela che “il primo decennio del 21° secolo sarà per sempre segnato dal processo decisionale calamitoso e insensibile di Giovanni Paolo”. Il giornale cattolico aveva invitato quindi “i vescovi statunitensi, riuniti la prossima settimana per la loro Conferenza annuale”, a “considerare seriamente se i cattolici americani possano continuare” le pratiche di culto verso il Santo polacco: “Dovrebbero anche discutere la richiesta che il Vaticano sopprima formalmente il culto di Giovanni Paolo“.
Poco importa quanto viene sostenuto dallo stesso rapporto, e cioè che il cardinale Theodore McCarrick giurò al pontefice polacco di non aver mai abusato, scrivendo a Stanislaw Dziwisz, allora braccio destro di Wojtyla (divenuto a sua volta vittima di un attacco, di cui sopra): “Nei settanta anni della mia vita, non ho mai avuto rapporti sessuali con alcuna persona, maschio o femmina, giovane o vecchio, chierico o laico, né ho mai abusato di un’altra persona o l’ho trattata con mancanza di rispetto”. Un inganno spudorato, con cui il porporato vicino ai Democratici americani riuscì a convincere Karol Wojtyla ed il Vaticano, forse anche in funzione della speranza di una futura nomina cardinalizia, che poi arrivò.
L’attacco sferrato dalla stampa americana a Giovanni Paolo II, l’attacco quasi contemporaneo al card. Stanislaw Dziwisz, i disordini violenti in Polonia che sembrano ricordare le manifestazioni del movimento Black Lives Matter (BLM) e gli attacchi e le profanazioni subite dalla Chiesa Cattolica polacca, potrebbero – a prima vista – sembrare episodi completamente slegati fra loro: tuttavia a me pare che invece un filo sottile leghi tali episodi tra loro, i quali sembrano prefiggersi un scopo comune: screditare la Chiesa Cattolica, attaccandola alle sue basi, nei suoi valori fondamentali – come la difesa della vita – e trascinandola nel fango, per infine distruggerla. Anche il quotidiano Il Giornale ha scritto lo scorso 17 novembre, in un articolo a firma di Francesco Boezi, che “nostre fonti in Polonia affermano che dietro a tutto questo, ossia all’attacco al cattolicesimo polacco, dimorano una mente intelligente ed un disegno preciso.
L’offensiva contro Wojtyla farebbe dunque parte di una strategia complessiva, che mirerebbe a destrutturare una delle ultime frontiere del conservatorismo cattolico”. Il ruolo svolto dallo Stato polacco nello scacchiere europeo, infatti, è determinante per il futuro stesso del Vecchio Continente, anche se l’importanza degli episodi di cieca violenza che interessano la Polonia potrebbero essere stati da molti sottovalutati. Non è un caso che il malcontento polacco si sia sfogato in modo particolare contro le chiese, le croci, le statue che raffigurano personaggi della cristianità, i monumenti dedicati a Giovanni Paolo II e i memoriali antinazisti e anticomunisti.
La Polonia rappresenta l’ultimo baluardo della Chiesa Cattolica in un Europa ormai secolarizzata: sono davvero tanti i Paesi europei dove da parecchi anni si registra una sempre minor partecipazione dei credenti alla messa settimanale ed un continuo decrescere delle vocazioni sacerdotali e religiose. Il calo delle nuove ordinazioni, infatti, rappresenta uno dei sintomi più manifesti della crisi esistenziale che sta sconvolgendo la Chiesa cattolica, come ha scritto lo studioso e ricercatore Emanuel Pietrobon sul sito InsideOver, nel febbraio 2020. “Se nel secolo scorso è dall’Europa che si originavano oltre il 90% delle ordinazioni, oggi l’Europa produce meno del 25%del nuovo clero che entra in funzione annualmente.
Osservando i numeri europei più attentamente, si può notare che ogni quattro nuovi preti ordinati uno è polacco; ed è una tendenza consolidatasi negli anni recenti. Nel 2017, ad esempio, in Polonia sono stati ordinati 350 nuovi preti, mentre in tutta l’Europa 1272; ciò significa che i sacerdoti che parlano polacco rappresentano il 26% del totale”. Fra gli esempi della crisi devastante che sta stringendo la Chiesa nel “Continente ateo” si può senz’altro annoverare la cattolicissima Irlanda; ma anche la religiosa Francia, un tempo “figlia prediletta della Chiesa” – dopo la conversione di Clodoveo I nel 496 – oggi invece ridotta ad essere il tetro scenario di un vero e proprio scempio contro la civiltà cristiana, come già nel 2019 scriveva Avvenire, che aveva elencato i numerosi attacchi avvenuti soltanto nei primi mesi di quello stesso anno:
Il 31 gennaio nella cittadina di Vendôme veniva trafugato il tabernacolo. Il 3 febbraio toccava a “Lusignan, nella periferia di Poitiers, e Talmont-Saint-Hilaire, sul litorale atlantico della Vandea”, dove erano nuovamente violati i tabernacoli. Il 5 febbraio i fedeli rimanevano sgomenti dopo essere entrati in chiesa: qualcuno aveva preso le ostie e, dopo averle gettate in terra, le aveva sporcate con degli escrementi. Il vescovo locale parlava apertamente di profanazione, chiedendo una riparazione pubblica al delitto. Il 9 febbraio era la volta di un altro attacco simile a Notre-Dame di Digione. Ed ancora in quei giorni, secondo il quotidiano Avvenire, “altri 5 luoghi di culto sono stati saccheggiati in tutto il Paese, in modo anche grave sul piano materiale, ma senza violazione del tabernacolo”. Seguiva l’incendio della chiesa di Saint Sulpice, in circostanze oscure.
I dati dell’anno prima, il 2018, denunciavano tre attacchi anticristiani al giorno: per un totale di 1063 azioni anticristiane, con un trend in crescita rispetto all’anno precedente; per non parlare dell’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani il cui Osservatorio in Francia rilevava un aumento di attacchi, rispetto all’anno 2017, del 25%. Oggi, l’emergenza CoVID-19 sta assestando un ultimo colpo – che rischia di divenire mortale – alla cristianità francese, con il governo che dapprima ha vietato le messe con i fedeli nelle chiese e poi pretende di vietare anche le manifestazioni in cui si recitano preghiere, andando “contra legem”.
“La libertà di culto è divenuta ‘accessoria’”, come denuncia Jérome Triomphe in un articolo pubblicato sulla Nuova Bussola Quotidiana del 23 novembre scorso.
Alla luce di questi amari dati – soltanto parziali poiché il fenomeno in realtà si presenta molto più esteso – si può comprendere quindi l’importanza ed il ruolo esercitato da un Paese chiave come la Polonia di Karol Wojtyla, che malgrado anch’essa abbia registrato un trend di diminuzione negli scorsi anni, rimane a tutt’oggi la Nazione europea con il più alto numero di vocazioni e ordinazioni sacerdotali e con la più grande partecipazione di fedeli alla messa settimanale.
La Chiesa cattolica polacca continua a rappresentare il baricentro intorno al quale si cementificano l’unità e l’identità nazionale – il 64% dei polacchi ritiene che essere cattolico sia importante per considerarsi veramente polacco, secondo un’analisi del Pew Research Center, nel 2017 – dimostrando, come sempre nella storia della Chiesa polacca, una grande capacità di resistenza nei momenti difficili e di maggior prova.