“Siamo tutte donne clitoridee”, il collettivo femminista Claire Fontaine da Dior

   La Parigi Fashion Week si è aperta con la sfilata Dior Fall Winter 2020 2021. Maria Grazia Chiuri, stilista di Dior, ha scelto di avvalersi della collaborazione del collettivo francese Claire Fontaine che ha tappezzato il pavimento della location (Jardin des Tuileries) con giornali delle settimane precedenti, illuminati da neon coloratissimi di chiaro stampo femminista tra i quali spiccavano “Siamo tutte donne clitoridee”, “L’amore delle donne è lavoro non retribuito” e “Quando le donne scioperano il mondo si ferma”. La coincidenza temporale col verdetto di condanna per Harvey Weinstein  (24 febbraio) è espressione della più incredibile casualità, ma immagino che sia stato comunque motivo di giubilo per il collettivo femminista.

   “Siamo tutte donne clitoridee” è un tributo al libro Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale della storica dell’arte Carla Lonzi, alla quale va il merito di aver messo in discussione il patriarcato, disgiungendo il piacere femminile da quello maschile.

L’esorcista contro Achille Lauro:”Un improvvisato imitatore di rockstar sataniste”

   Francesco Bamonte, Presidente dell’Associazione Internazionale Esorcisti, ha avuto parole durissime a proposito del video di Achille Lauro Me ne frego. Cito:

  “Si permette di raffigurare la Vergine Maria come un’invasata discinta che sembra presiedere a condotte orgiastiche in un mucchio di corpi nudi e allucinati come in una messa nera. Il vero problema non sono i corpi nudi – ce ne sono ovunque nell’arte più sublime – bensì l’uso satanico di simboli religiosi per farsi notare“.

   E rincarando la dose:

   “In un momento critico per la nostra collettività è fondamentale poter contare su radici e valori granitici. Mentre la salute pubblica è messa a repentaglio da un virus ancora sconosciuto e quindi temibile, addolora dover registrare una grave legittimazione di condotte blasfeme e distruttive per l’identità religiosa e la dignità culturale di una bimillenaria civiltà cristiana come l’Italia. Il problema non è un ‘improvvisato imitatore di rockstar sataniste e neppure il successo commerciale che incontra ma l’incredibile e scandaloso avallo ottenuto a sorpresa da chi istituzionalmente è tenuto a difendere e tramandare il ‘depositum fidei’. Viene da chiedersi quale sia la finalità di un’azione di sistematico elogio e di strumentale protezione nei confronti di un’operazione di marketing che ridicolizza, sporca e banalizza la caratura salvifica del sacrificio di un Figlio pianto da una Madre che da sola è rimasta ai piedi della Croce”.

   Ora, se solo la smettessimo di dare importanza a questo fantoccio frutto dell’ennesima operazione di marketing, potremmo affidare il suo video all’oblìo etichettandolo con la dicitura “di imbarazzante banalità”; tralasciando le proteste di Francesco Bamonte che aprono a orizzonti troppo ampi, dico solo che bisogna essere davvero miopi per non ravvisare nella baracconata di Achille Lauro un pacchiano compiacimento per il sovrannaturale che lascia lo spettatore a godere di una performance misticheggiante e kitsch di cui presto non avrà memoria.

Enric Marco, che mutò la verità in menzogna

   Singolare e truffaldina la storia di Enric Marco, militante antifranchista catalano, appassionato di storia con velleità da scrittore. Nel 1978, in un’intervista al periodico Por Favor, raccontò che nel 1943 era stato arrestato dai nazisti e deportato nel lager di Flossenbürg col numero 6448. Tornò a parlarne, con dovizia di particolari, nel libro Memorie dell’inferno: un’autobiografia come tante se lo storico Benito Bermejo non avesse fiutato l’inganno e scoperto che Marco non era mai stato deportato e che il numero 6448 semplicemente non era mai esistito. Ma com’era stato possibile che tanta gente, persino i sopravvissuti del lager di Flossenbürg, avessero dato credito al rappresentante dei deportati spagnoli? La risposta è nella ricchezza di particolari con cui Marco narrava il vissuto all’interno del lager ma i toni, scevri da ogni forma di riluttanza e anzi a tratti quasi compiaciuti, insospettirono Bermejo che infatti c’aveva visto giusto. Talvolta menzogna e verità sono inscindibili.

In alto: Gustav Klimt, Tragedia