RICORDANDO LA NONNA, ECCO IL MIO GNOCCO FRITTO

Posso ringraziare la mia nonna paterna se ho imparato a preparare la pasta fresca in casa e se mi è stata trasmessa la passione per la cucina.

La mia nonna era emiliana, per cui nelle sue ricette non mancavano prelibatezze per niente dietetiche, ancora meno vegetariane o vegane, ma se ha vissuto indipendente fino ad 89 anni forse aveva ragione lei a mettere sempre tutto quel burro…

Sta di fatto che ogni tanto mi faccio prendere dalla voglia, abbandono tutti i buoni propositi sulla cucina sana ed invito qualcuno a cena a mangiare il gnocco fritto.

Ecco la ricetta per 8/10 adulti:

  • 1500 g di farina 00
  • 500 g di acqua gasata
  • 50 g e q.b. di latte
  • 2 cucchiai abbondanti di strutto
  • 20 g di sale
  • 20 g di lievito di birra fresco (1 cubetto)

Sciogliere il lievito nel latte ed amalgamare poi tutti gli altri ingredienti facendo più palline, se non riuscite a fare un agglomerato unico.

Aggiungere olio di oliva extra vergine e/o acqua se il composto è troppo asciutto, fino ad ottenere una pasta abbastanza liscia ed omogenea, compatta e non molle.

Lasciar lievitare qualche ora avvolgendo la pasta in pellicola (non troppo stretta perché aumenterà abbastanza), io ho impastato dopo pranzo per mangiarlo a cena.

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Quindi prendere dei pezzi di impasto e stenderli con un mattarello dello spessore di circa 2 mm, dividerlo in quadrati e rombi della grandezza di mezza mano e lasciarli riposare su carta scottex spolverata di farina (in questo modo si possono anche sovrapporre più strati senza che si appiccichino), fino ad operazione terminata.

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Quindi mettere in una padella abbastanza alta e larga circa 3 dita d’olio per frittura e quando è bollente iniziare a friggere circa 1 minuto per parte i quadrati di gnocco, che grazie all’acqua frizzante diventeranno belli gonfi.

Togliere dalla cottura a doratura desiderata (io consiglio solo un minimo, sennò diventano troppo biscottosi), asciugare con scottex l’olio in eccesso e servire belli caldi con i più sfiziosi contorni: formaggi, salumi…. E per finire nutella!

Buon appetito… senza esagerare!

 

 

COME HO INIZIATO A PORTARE…

Arrivavo da una bambina poco esigente fin dalla nascita, Sophia, pertanto ero quasi convinta che la sorella dovesse somigliarle abbastanza… grave errore!

Appena nata Elettra, chiesi di non separarmi mai da lei per avviare bene l’allattamento e non credo avrei potuto fare diversamente! Voleva sempre stare attaccata e in braccio, sin dalle prime ore in ospedale.

Mia cugina, che lavorava proprio in quel policlinico, si era raccomandata con me di non partorire il 16 maggio perché lei sarebbe stata ad un corso e le sarebbe dispiaciuto non essere presente e non visitare personalmente la piccola, ma quest’ultima ci aveva subito fatto capire chi comandava ed era nata proprio quella notte.

La chiamai e ridemmo insieme per l’annuncio del lieto evento avvenuto con “tempismo perfetto” e lei mi disse che appena possibile mi avrebbe portato la fascia che mi aveva promesso in regalo; io risposi di fare con comodo perché dentro di me non credevo che sarei riuscita ad usarla con naturalezza e disinvoltura.

La prima legatura me la mostrò subito quella sera, arrivata di corsa per me e mentre io cercavo di mangiare qualcosa, mia cugina si mise la piccola Elettra urlante in fascia, calmandola facendole succhiare il suo mignolo… lo ricordo come se fosse adesso.

Poco dopo, goffamente, provai a portarla io… mi sentii strana, dubbiosa, con la paura di non riuscirci più senza l’aiuto di qualcuno, ma in realtà nel profondo fu subito amore.

Fu così che nelle ore successive, sempre con la piccola avvinghiata al mio seno, sfogliai il libretto di istruzioni allegato alla fascia e ripassai più volte le posizioni più semplici: il giorno dopo mi avrebbero già dimessa e io uscii dall’ospedale con Elettra in fascia.

Le mie amiche, una ad una, iniziarono a chiamarmi per avere il racconto del mio tanto desiderato VBAC e con serenità raccontai loro ogni dettaglio, gongolando per l’amore puro che ci aveva legate fin da subito e per la fascia che rendeva tutto ancora più forte e profondo.

Da lì il binomio fascia-tetta diventarono soluzione insostituibile per accudire la bambina.

Lottai per i commenti sui vizi, sulle cattive abitudini, mi tappai le orecchie quando sentivo dire che non si sarebbe mai staccata, che non avrebbe camminato, che soffocava, che sarebbe caduta, che era scomoda, che dovevo posarla e lasciarla piangere.

Ma lei cuore a cuore con me non piangeva mai, quindi non era certamente scomoda! Era felice, serena, io potevo annusarla, sapevo che sarebbe cresciuta e avrebbe preso il volo, perché non ascoltare i suoi bisogni e il suo istinto in quel momento?

Certo, non fu semplice tante volte, dover fare tutto con lei sempre addosso, ma appena riuscii a metterla sulla schiena divenne davvero molto più comodo e semplice per me, oltre che sempre soddisfacente per lei.

Anche mio marito scoprì l’utilità della fascia ed i suoi benefici, quindi spesso mi aiutò a riposare un po’ mettendo lui la pupa in fascia e dondolando guardandosi un film, oppure sonnecchiavano insieme mentre io mi facevo una doccia, oppure passeggiavano in vacanza mentre io facevo qualche foto e stavo con la sorella grande.

E poi… Elettra è cresciuta, ha cominciato a camminare, ha cominciato a non voler più stare in fascia per esplorare il mondo, è diventata socievole, sorridente, ama la vita, le persone e non è affatto la bambina “viziata” che la gente si aspettava.

Portare in fascia è un gesto d’amore, può fare tutto, ma non male, né alla mamma né al bambino, non posso che consigliarlo vivamente.