Consumi, boom dei formaggi durante la pandemia. Incremento del 27,2%
E’ innegabile che durante l’emergenza pandemia, ci sia stato un cambiamento radicale delle abitudini degli italiani. A cominciare dai loro consumi. Ad esempio sono cresciuti quelli di beni alimentari a lunga conservazione, e si sono impennati quelli di frutta e verdura. Ma tra i tanti incrementi, quello maggiore di tutti riguarda di formaggi.
I dati sui consumi di formaggi
In base ad una indagine di Assolatte, non solo i formaggi sono stati l’alimento più acquistato in termini assoluti, ma pure quello con il maggiore tasso di crescita nel carrello della spesa. La variazione annua a valore è stata infatti del +27,2%. L’analisi sui consumi è stata condotta dalla società di ricerche Iri, che ha monitorato la variazione delle vendite realizzate nella distribuzione moderna in Italia. Durante il periodo acuto della pandemia, ovvero da fine febbraio e metà maggio, per acquistare i formaggi sono stati spesi circa 246 milioni di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2019.
L’importanza del settore lattiero-caseario
Nel paniere dei consumi, i formaggi sono quindi diventati il primo prodotto nel budget aggiuntivo destinato alla dispensa domestica. Peraltro neppure l’unico, se consideriamo l’intero settore lattiero-caseario. Infatti la stessa indagine Assolatte evidenzia che tra i primi 5 prodotti che hanno visto un incremento di spesa, ci sono anche i latticini Uht (a lunga conservazione), le cui vendite sono aumentate del 22,3% su base annua. In termini di cifre, parliamo di una spesa di 101 milioni di euro in più rispetto allo stesso periodo del 2019.
La struttura di vendita moderna
I dati sui consumi di prodotti lattiero-caseari (latte, burro, yogurt, panna e formaggi) confermano la loro importanza per gli italiani, che li ritengono alimenti immancabili e indispensabili nel frigo e nella dispensa di casa. Neppure la fase acuta della pandemia ha spinto i consumatori italiani a sacrificarli. Inoltre questi dati dimostrano quanto sia stato importante l’incremento degli sforzi del settore per dotarsi di una struttura di vendita più moderna. Questo ha consentito di contenere i danni, che comunque rimangono ingenti, legati al crollo della domanda nel canale Horeca (in perdita di oltre 16 miliardi) e al rallentamento dei flussi dell’export.