SALA5|DOMUS L’IMPELLENZA
Achille Pace | Claudio Marini
Se da un lato Achille Pace trova nel filo l’uscita, l’itinerario, il percorso fuori dall’alienazione – pur considerando la permanenza in una vaga esistenza – ciò è il segnale e l’indirizzo di un futuro di cui prendere parte con la consapevolezza e la ragione delle proprie scelte nei processi culturali (Poetica del 1960 – Achille Pace). Quanta elegante, serafica calma nella sua arte. La coscienza che sventra la tradizione e la parabola della materia: un delicato non-incontro raccontato ad una persona che si incontra. Achille Pace nel partecipare a questa Kermesse tecnologica, avanzata, dà segno inequivocabile della sua operosa e curiosa attenzione alla vita.
Di contro e assieme Claudio Marini, instancabile produttore, mai alienato nell’informale irrazionale, piuttosto sempre lucido mago di Arte. Del fare. Che resta ad ascoltare, aperto, la trascrizione; come il suo messaggio possa estasiare oppure suscitare attenzione alla drammaturgia che fuoriesce dalle sue opere. L’artista, con i suoi multipli, non vive che per l’arte e in specie della condivisione. Convoca ogni anno nei suoi spazi artisti per Arte nell’Orto, “e ogni anno il pubblico assiste alla nascita di una nuova opera dalla terra, in un evento segnato dall’attesa“. Novello Niki de Saint Phalle in altri abiti, visitare il suo studio è conoscere una fabbrica di emozioni. Una fortuna, un’ebrezza, le opere dei due, qui.
Io fui prima di loro, e ti so dire che si stava soli. La terra era selva, serpenti, tartarughe. Eravamo la terra, l’aria, l’acqua. Che si poteva fare? Fu allora che prendemmo l’abitudine di essere eterni. Dialoghi con #Leucò di Cesare Pavese
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