Frutti

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26 GIUGNO 2024

MERCOLEDÌ DELLA XII SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Non vi sono alternative: o si producono frutti buoni o cattivi e da quei frutti è possibile riconoscere l’albero. Esso non è un giudizio morale sulle persone, ma un’avvertimento che Gesù fa ai suoi, e quindi a noi, per vivere la prudenza. La prudenza che non è solo di diffidare su chi io ritengo buono o cattivo, ma la sapienza di riconoscere in me ciò che non va, per risanarlo.

Abbiamo bisogno di chiedere al Signore, l’aiuto ed il coraggio per vivere queste azioni, per purificarle nel fuoco del Suo amore. È più facile resistere e perseverare per quella via, a volte non tanto giusta, che cambiare i nostri schemi e dire: io sono anche così. Eppure la buona notizia di oggi è proprio questa: un dono di prudenza, per poter cambiare e fortificare ciò che di bene si compie, per renderlo sempre più bello. È il dono che è possibile solo all’interno di una logica di amore, quella di Dio che non teme, né si disgusta dei nostri peccati, ma ci dà la forza per superarli.

Il Signore è l’esempio più grande di cos’è il coraggio: l’attesa che ogni uomo e donna nel tempo, cammini per la strada da Lui tracciata, l’attesa di Chi ha preparato un dono e vuole solo che lo scarti, il coraggio è dare un frutto buono e sperare che tu lo utilizzi.

Il Signore ci accompagni in questo cammino, affinché ciascuno di noi possa essere felice nonostante le fatiche o le avversità, perché si è scoperto amato da Dio e non si è perso.

“Signore,

un frutto buono

tra le mani mi doni,

concedimi di non sciuparlo,

fa che ne abbia cura.

Prudenza, coraggio, amore,

ecco l’acqua con cui nutrire la mia pianta.

Aiutami a non perdere il mio cuore

in ciò che non sei Tu,

resta accanto a me,

tienimi come il tuo frutto più bello,

che anche se piccolo

è desideroso di crescere.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Sono buono

sono buono

24 SETTEMBRE 2023

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Is 55,6-9

Salmo: Dal Sal 144 (145)

Seconda lettura: Fil 1,20c-24.27a

Vangelo: Mt 20,1-16

“Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Una domanda forte, quella che Gesù fa a quell’uomo e contemporaneamente a noi.  Una domanda diretta, che apre già alla chiarezza: l’invidia non è riversata su chi ha ricevuto un bene, ma su Dio datore di ogni bene.

La bontà di Dio ci spaventa e disarma, poiché se da un lato ci riempie di pace, dall’altro è lontana dai nostri schemi.

La domanda di Gesù in fondo, serve a farci comprendere che c’è forse un altro modo di intendere la bontà. Dio è buono e la sua bontà è il mezzo che ci conduce a Lui, perché se basta un’ora di lavoro, se ne bastano due, o tutto il giorno, ciò che riceverò è e sarà sempre: amore infinito.

Dio chiama, ci chiama; secondo il metodo di quei tempi, i lavoratori verranno pagati a giornata, ma fino a quando? Non c’è scritto, perché la chiamata è per sempre. Egli da sempre ci vuole con sé. Lavorare nella sua vigna, è il tempo in cui renderci conto di essere nel campo dell’amore e non più nella logica della retribuzione materiale.

Il campo dell’amore è il luogo dove ciascuno dà tutto quello che può per amore e Dio, Dio amore straripante, custodisce il nostro cuore, lo porta fuori dalla logica del denaro e vi dona una moneta simile a quella della vedova del vangelo: tutto quello che ha, tutto se stesso.

Egli ogni giorno dona tutto se stesso e possiamo averlo pensato, pregato un’ora, mezz’ora, un minuto Lui si consegna totalmente a noi ed il Suo amore sarà sempre per sempre.

“Signore,

donami il Tuo amore,

affinché il mio cuore trovi ristoro.

Donami la Tua bontà

per perdonare ed amare.

Donami i Tuoi occhi,

per vedere oltre le fatiche e le sofferenze,

il Tuo volto risplendere,

così che io possa risollevarmi dalla polvere

e vivere con lo sguardo rivolto al cielo,

e respiri quell’amore che sempre mi riversi

e di cui io non smetterò mai di aver sete”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

“Quel sale” capace di ridare gusto

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gc 5,1-6

Salmo: Sal 48 (49)

Vangelo: Mc 9,41-50

 

Il Vangelo della liturgia del giorno, ci esorta a riflettere su ciò che siamo e a pensarlo come “buono”. Gesù fa un’affermazione molto importante: “Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore?” Ovvero, se nella vita le azioni che facciamo, si discostano da ciò per il quale siamo creati, come saranno?

L’invito di oggi è far chiarezza sui nostri gesti, che alcune volte possono partire come buoni, ma non proseguire più così, ferendo o creando conseguenze per noi e per gli altri.

Dobbiamo avere il coraggio di chiederci se tutto ciò che compiamo è buono o si maschera come tale. Non dobbiamo temere la risposta, ma ricominciare con quel coraggio e quella trasparenza iniziale, per diventare davvero sale che ha sapore.

Gesù ha a cuore non tanto cosa abbiamo fatto, perché è già abbracciato dalla Sua Misericordia, ma come faremo ora che sappiamo. Il Signore ci dona la grazia di riconoscere dove siamo e desidera dirci che nulla è perduto, è possibile ricominciare da qui, da “quel sale” capace di ridare gusto.

 

“Signore ti ringrazio per il dono della Tua Parola in questo giorno,

sei coraggio lì dove a volte è difficile averlo.

Riconosco che forse avrei potuto fare diverso,

essere sale che dà sapore

e invece pian piano ho perso di gusto.

Oggi tu mi doni la speranza,

il tuo perdono, riconoscere che nulla è perduto

e posso ricominciare,

alimenta in me quella fiamma perduta.

Ritorno a germogliare dopo un lungo inverno,

mi dai l’occasione di rifiorire e riscoprirmi amato

con Te, posso tornare a dare sapore. Così sia”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)