Opere

opere

27 FEBBRAIO 2024

MARTEDÌ DELLA II SETTIMANA DI QUARESIMA

Il Signore nel Vangelo di oggi, ci invita a compiere delle opere, che non vengono fatte per essere guardate dalla gente. Egli desidera per noi un cuore semplice, capace di accogliere una richiesta di aiuto, di dire una parola di conforto, ma senza che diventi un mezzo per metterci in mostra.

Uno solo è il maestro e noi siamo tutti fratelli, c’è quindi un legame che attraverso Cristo ci unisce, facciamo parte di quella generazione che non ha vissuto al tempo del Signore, ma sa di Lui, conosce le sue opere; non perché Egli si sia messo in mostra, ma perché aveva qualcosa di diverso, diceva cose diverse, non per autopubblicità, anzi, più volte leggiamo nei Vangeli di Gesù che si ritira in disparte, mentre la folla lo cerca.

Noi che non l’abbiamo visto, lo conosciamo persino in quella caratteristica di nascondimento, che a volte spaventa, in quanto uno potrebbe dire: Dio dove sei? Questo ci sia di conforto, perché in quel nascondimento, c’è un luogo dove Dio è ben presente: nel cuore.

Cosa farà la differenza nelle nostre azioni? Sapere che valiamo per Lui tanto da dimorare in noi.

Allora non dobbiamo cercare tornaconti umani, riflettori, perché le luci della sala si spengono, i fiori appassiscono, dopo il giorno subentra la notte, ma Dio è sempre lì, presente, costante in quel cuore che ora può crescere diversamente, non contando più sulle sue sole forze, ma su di Lui.

“Signore,

donami la forza di credere in Te, sempre,

così da sentire

che almeno valgo per Te.

Dirigi il mio cuore affinché non si perda,

non cerchi il plauso,

ma aiuti chi è nel pianto;

non si affanni al traguardo

ma sappia stare con chi ha lento il passo,

e dopo aver fatto questo,

tutti non vedano che Te, mio unico Signore,

e Ti riconoscano come unico loro Dio.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

 

“Per la durezza del cuore”

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18 AGOSTO 2023

VENERDÌ DELLA XIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO DISPARI)

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Gs 24,1-13

Salmo: Dal Sal 135 (136)

Vangelo: Mt 19,3-12

“Per la durezza del cuore”.

Oggi il Signore ci invita a comprenderci più in profondità, a dare nome al perché delle nostre azioni. Da dove vengono? Da un cuore riconciliato o da un cuore duro? Non dobbiamo temere cosa troveremo. Dobbiamo chiederci cosa farne, cosa ci spinge realmente. Gesù è venuto ad insegnarci uno stile di vita che non è uno sguardo lontano dalla realtà anzi, si muove a partire da questa.

I farisei mettono alla prova Gesù, e Lui risponde perché il suo cuore è talmente libero che dinanzi alla prova non barcolla. Chiediamo al Signore anche noi di essere così, di vivere di quell’autenticità che da conforto al cuore. Il Suo amore è più forte del nostro metterlo alla prova, è più fedele dei nostri inciampi ed è concreto in tutte quelle realtà della vita dove pensiamo non vi sia.

Affidiamo a Lui chi siamo, e piano piano la durezza delle sofferenza, la fatica del comprendere, cederanno il passo dinanzi ad un amore più grande e forte; ed ogni nostra azione allora, seppur la stessa, parlerà in maniera diversa, poiché essa avrà conosciuto cos’é l’amore e dentro il cuore ritroverà la speranza.

“O Signore,

mi rivolgo a Te con il cuore in mano.

Potessi togliere il mio peccato!

Potessi inabitarmi del Tuo amore,

E non esaurirmi in un cumulo di cose da fare.

Affido a te la mia vita, il mio cammino.

Giunga a Te il cuore di chi ha voglia di restaurarlo

e fa mio Dio che nutrendomi di Te;

possa compiere azioni a partire da questo nutrimento;

così da poter vivere di quella speranza che trovo negli occhi di molti

e che spero un giorno riempia lo sguardo mio”.

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Dito della mano di Dio

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16 MARZO 2023

GIOVEDÌ DELLA III SETTIMANA DI QUARESIMA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Ger 7,23-28

Salmo: Sal 94 (95)

Vangelo: Lc 11,14-23

Un Vangelo difficile quello di oggi, dove la lotta tra il bene e il male è nata con l’uomo e continua ancora adesso.

Al tempo di Gesù, come ora, la natura della domanda che tutti In fondo si fanno è: da dove vengono le azioni con le conseguenze di bene o di male?

Nel testo letto, la discussione è generata per provocare Gesù, cosi gli interlocutori mettono in causa Beelzebùl, ma per calarlo nella nostra realtà semplice e quotidiana, senza evocare questi “spiriti negativi”,  ciascuno di noi è chiamato a chiedersi, perché fa parte di un agire responsabile: cosa muove le proprie azioni?

Gesù dirà che le sue opere, hanno origine dal dito della mano di Dio. Viene qui in mente parte della preghiera del Veni Creator, dove dice:

“Dito della mano di Dio,

promesso dal Salvatore,

irradia i tuoi sette doni,

suscita in noi la parola.

Sii luce all’intelletto,

fiamma ardente nel cuore;

sana le nostre ferite

col balsamo del tuo amore.

Difendici dal nemico,

reca in dono la pace,

la tua guida invincibile

ci preservi dal male. […]”

È lo Spirito Santo, l’amore di Dio, quel dito parte di una mano che ci custodirá sempre, sia se facciamo il bene, sia se facciamo il male. Noi non siamo in grado di giudicare nulla, poiché tutti abbiamo qualcosa da rimproverare al nostro cuore.

Allora dobbamo impegnarci a fare tutto il bene possibile, ed affidare a Dio il nostro male, affinché quel dito che ama e crea, ricrei ancora una volta in noi l’opera sua, cosi che possiamo rimanere in Lui e apprendere l’essere custoditi dal suo amore.

Perdere

 

perdere

 

VENERDÌ 11 NOVEMBRE 2022

SAN MARTINO DI TOURS, VESCOVO – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: 2Gv 1a.3-9

Salmo: Sal 118 (119)

Vangelo: Lc 17,26-37

 

Il Vangelo di oggi si presenta un po’ arduo, a tratti duro da comprendere. C’è un susseguirsi di azioni: mangiare, bere, sposarsi, sono persone come noi indaffarate dalle cose quotidiane da compiere, ma vi è un dettaglio importante: non si parla mai di Dio. Sembra quasi non ci fosse.

“Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva”.

L’invito è proprio questo: perdere, che cosa? L’indifferenza per le cose di Dio. Il Signore oggi ci aiuta a riflettere come una vita senza la sua pienezza è già morta. Siamo creati da Lui, amati, voluti all’interno di una relazione con il Padre e abbiamo la libertà di sceglierla o rifiutarla. Tale indifferenza comporta la conseguenza di una vita monca, poiché vivremo solo una parte della vita che il Signore ci ha donato. E cosa avremo salvato? Nulla avremo perso ciò che credevamo di avere.

Lasciamo entrare Dio nel nostro quotidiano, nelle piccole cose ordinarie, nelle occupazioni e preoccupazioni. “Perdiamo” un po’ di tempo, nella consapevolezza di un Dio vicino più di quanto possiamo essere con noi stessi.

Non perderemo la vita, la ritroveremo più bella e più forte e nonostante le fatiche, forse, ci sentiremo meno soli, perché tutto quello che stiamo cercando è già qui accanto a noi.

“Signore,

desidero riporre in te la mia speranza,

ho cercato invano di risolvermi da solo

e mi rendo conto che il mio bene è con Te.

Non è facile continuare a sperare nella fatica

e per questo ti chiedo la forza.

Aiutami a credere e ricordare il Tuo amore

che da sempre mi accompagna,

affinché riesca a continuare a camminare

e soprattutto ti senta accanto”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

Un punto di unione

un punto di unione

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1 Re 18,41-46

Salmo: Sal 64 (65)

Vangelo: Mt 5,20-26

 

In un testo dove si parla di giustizia, di non uccidere e non insultare il prossimo, è implicita la domanda di Gesù: cosa conduce le nostre azioni e dov’è il nostro cuore?

Le fatiche subite, i dolori, spesso ci fanno chiudere in noi stessi e agli altri, rimaniamo come incarcerati nei pensieri e nei ricordi, e tutto quello che c’è intorno sfugge e non ce ne accorgiamo.

Oggi Gesù ci invita a scoprire, che il nostro cuore non è fatto solo per la sofferenza, è anzitutto amato da Dio e che quell’amore è il motore delle nostre azioni.

Il versetto dell’acclamazione al vangelo di oggi cita: Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). Esso aiuta a spostare lo sguardo da noi a Dio, per ritrovare noi stessi e credere che, nonostante tutto, non eravamo soli. Da questo pensiero ogni nostro gesto o parola, non sarà più di rivincita o rivalsa, ma avrà in sé il sapore della vita. Una vita in cui Lui ci è accanto.

Dinanzi all’altare, anziché offrire tutta la nostra sofferenza, la rabbia, e la paura, oggi possiamo portare la gioia di aver scoperto il Suo amore che ci ha raggiunto e la consapevolezza di una vita oltre il dolore.

Il nostro cuore ha un punto di unione tra le ferite presenti e l’abbraccio di Dio, ogni volta le due parti si toccano, affinché il Suo amore sia la nostra forza in tutte le avversità, ed i nostri gesti sappiano di vita. Una vita segnata dal Suo amore.

 

“Quel sale” capace di ridare gusto

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gc 5,1-6

Salmo: Sal 48 (49)

Vangelo: Mc 9,41-50

 

Il Vangelo della liturgia del giorno, ci esorta a riflettere su ciò che siamo e a pensarlo come “buono”. Gesù fa un’affermazione molto importante: “Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore?” Ovvero, se nella vita le azioni che facciamo, si discostano da ciò per il quale siamo creati, come saranno?

L’invito di oggi è far chiarezza sui nostri gesti, che alcune volte possono partire come buoni, ma non proseguire più così, ferendo o creando conseguenze per noi e per gli altri.

Dobbiamo avere il coraggio di chiederci se tutto ciò che compiamo è buono o si maschera come tale. Non dobbiamo temere la risposta, ma ricominciare con quel coraggio e quella trasparenza iniziale, per diventare davvero sale che ha sapore.

Gesù ha a cuore non tanto cosa abbiamo fatto, perché è già abbracciato dalla Sua Misericordia, ma come faremo ora che sappiamo. Il Signore ci dona la grazia di riconoscere dove siamo e desidera dirci che nulla è perduto, è possibile ricominciare da qui, da “quel sale” capace di ridare gusto.

 

“Signore ti ringrazio per il dono della Tua Parola in questo giorno,

sei coraggio lì dove a volte è difficile averlo.

Riconosco che forse avrei potuto fare diverso,

essere sale che dà sapore

e invece pian piano ho perso di gusto.

Oggi tu mi doni la speranza,

il tuo perdono, riconoscere che nulla è perduto

e posso ricominciare,

alimenta in me quella fiamma perduta.

Ritorno a germogliare dopo un lungo inverno,

mi dai l’occasione di rifiorire e riscoprirmi amato

con Te, posso tornare a dare sapore. Così sia”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Un po’ più leggeri

 

un po' più leggeri

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Re 10,1-10

Salmo: Sal 36 (37)

Vangelo: Mc 7,14-23

 

Il Signore nel Vangelo di oggi, sottolinea come determinate azioni non buone non vengono da fuori quasi a contaminarci, ma purtroppo partono dal cuore. Questo discorso non deve spaventare, ma essere un’esortazione a fare verità su noi stessi e renderci conto di cosa abbiamo nel cuore. D’altro canto c’è però una consolazione in queste parole, ci rassicurano che il male ricevuto, le ferite, i dolori possono far male fino a un certo punto e non ci condizioneranno per sempre.

Solitamente dinanzi a un torto subito, a qualcosa che ci ha fatto star male, il nostro cuore tende a chiudersi, mettere dei muri e a volte anche per difesa a comportarci in un determinato modo. Quello di oggi sembra un Vangelo duro, accusatorio, verrebbe quasi da dire non è colpa mia, ma qui il Signore non sta cercando la colpa di un nostro errore commesso, ci invita a fare un passo in più, a chiederci il perché, la motivazione della nostra azione.

Dal cuore non nascono solo azioni negative che rendono impuro l’uomo, ma talvolta bisogna avere il coraggio di scoprire determinate nostre azioni, per ritrovare all’interno di noi una bontà che vi abita. Il nostro cuore è abitato da un Dio che è Misericordia. Lui è venuto dentro di noi per rendere il nostro cuore un luogo abitabile, uno spazio generatore di azioni buone.

Egli ci fa capaci di poter compiere tutte quelle belle cose che noi avremmo voluto ricevere, non si scandalizza dinanzi al nostro peccato, ai nostri sbagli, ma vuole che guardandoli in faccia, facendo verità in noi stessi, possiamo trovare Colui che dall’interno ci inabita. Solo così potremmo avere uno sguardo che non scruta più la miseria, la povertà delle azioni, tutto ciò che non va, il torto subito, ma potremmo vedere la Misericordia fatta carne per noi e in noi, e a nostra volta, essere capaci di liberare gli altri dal peso di quello che ci hanno fatto, per ricominciare tutti a camminare un po’ più leggeri, più liberi.