Tornare a credere

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24 APRILE 2023

LUNEDÌ DELLA III SETTIMANA DI PASQUA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: At 6,8-15

Salmo: Sal 118 (119)

Vangelo: Gv 6,22-29

Il Vangelo di oggi si conclude con un invito: credere.

Gesù ci invita a vivere con la fiducia in Lui. Nella nostra vita, più in generale, sappiamo quanto a volte sia difficile fidarsi, allora come riuscire a farlo con Lui?

Dobbiamo uscire dal quel timore che non apre al credere per paura di essere traditi dagli altri, poiché a volte le esperienze brutte ci segnano e purtroppo lo facciamo anche con Dio. Egli, però, non ci tradirà mai, anzi a dire la verità, siamo noi che a volte possiamo averlo tradito e nonostante questo, Colui che chiede a noi di fidarsi è il primo a farlo, infatti, non si chiede una cosa a qualcuno se non si pensa possa realizzarla.

Da dove deriva tutta questa fiducia? Dall’amore, da quel sigillo che Dio ha posto nel cuore del Figlio, affinché fosse l’amore a liberare il nostro cuore.

L’amore di Dio è quell’esperienza concreta in grado di farci nuovi, e tutto quello che ci portiamo dentro con Lui si trasforma, quelle ferite faranno meno male, quel dolore ora ha un luogo dove poter uscire.

Proviamo a fidarci e affidarci a Dio. Egli che ha fatto delle sue cicatrici il segno dove Tommaso potesse credere in Lui, farà delle nostre il luogo dove sarà Lui a toccarle per ridisegnare una nuova strada, una nuova vita in cui tornare a credere a colui che da sempre crede in noi.

“Signore,

aiutami a credere

attraverso quella fatica che tu ci sei.

Tocca il mio cuore,

donagli un po’ di pace

così da poter tornare dopo tanto tempo

su quella strada dove Ti ho incontrato,

e ho sentito che il mio dolore per te non era scontato,

aveva un senso,

era amato da te.

Ed è in quell’amore che mi affido e credo.

In un amore che risana,

che brucia e si consuma

e fino in fondo mi amerà per primo e crederà in me”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

Siate misericordiosi

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06 MARZO 2023

LUNEDÌ DELLA II SETTIMANA DI QUARESIMA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Dn 9,4b-10

Salmo: Sal 78 (79)

Vangelo: Lc 6,36-38

L’invito di oggi è ad essere misericordiosi, come? Come il Padre.

Non ci sono scuse, se guardiamo bene in noi stessi, è impossibile non trovare un segno della Sua misericordia nei nostri confronti. Quel segno, quell’evento in cui il nostro cuore ha sentito Dio perdonarci, ebbene, è la misura con cui dobbiamo fare altrettanto.

La misericordia è un cammino che parte anzitutto da noi, dall’averla sperimentata sulla propria pelle, si, perché possiamo donarla, solo se ne abbiamo fatto esperienza. Allora, quando abbiamo sentito che il Signore ci ha perdonato, quando nel nostro cuore, quel terribile peso ha lasciato spazio all’amore, ecco che più in profondità c’è un invito: perdona con me. Non solo come il Padre, ma con Lui, poiché in alcune situazioni non è facile e non ci resta che chiedere a Lui la forza.

“Signore,

perdonami, perdonami sempre,

persino quando toccherebbe a me perdonare,

e non ne ho la forza.

Dammi Tu il coraggio,

insegnami a fare della mia vita

quel per-dono che libera,

affinché sia possibile riconoscere Te in ogni mio gesto

e che ne sia capace sempre come Te, con Te.”

(Shekinaheart Eremo del cuore)

“Il regno di Dio è in mezzo a voi”

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GIOVEDÌ 10 NOVEMBRE 2022

SAN LEONE MAGNO, PAPA E DOTTORE DELLA CHIESA – MEMORIA

LITURGIA DELLA PAROLA    (clicca qui)

Prima lettura: Fm 7-20

Salmo: Sal 145 (146)

Vangelo: Lc 17,20-25

 

“Il regno di Dio è in mezzo a voi”. Una frase consolante. Per vivere il regno di Dio basta solo accoglierlo. Nessuno è escluso, perché Dio ci ama tutti, e non si stanca di dircelo, così che per noi diventi una certezza e su questa certezza posare il cuore.

Gesù afferma: “è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione”, una frase piena di consapevolezza, che non nasconde il dolore e fa pensare a quanta forza abbia dovuto avere.

Soffrire, essere rifiutati, chi non eviterebbe tale avversità? Eppure Gesù continua con una cognizione quasi ostinata, solo per portarci a fare esperienza dell’amore di Dio. È la concretezza il livello che aiuta a credere e allora, possiamo proprio dire che non c’è amore, più concreto di così: “dal principio” (cfr Gv1,1), da sempre e “sino alla fine”(cfr. Gv 13,1).

Lasciamoci amare, entriamo in questo regno di Dio preparato per noi dall’inizio, è in mezzo a noi, tra le nostre giornate stanche e quelle più solari, tra le lacrime e i sorrisi di gioia. Egli vive con noi, affinché ovunque siamo ci sia sempre un Amore che precede, conforta e rende più vivibile questo nostro mondo.

Non c’è luogo dove Dio non possa arrivare e allo stesso tempo però, ci è chiesto di accoglierlo per darci tutta la forza necessaria e vivere il regno di Dio ogni giorno, ogni momento.

 “Signore,

invoco il Tuo aiuto,

sorreggimi dalla fatica e dal dolore

e sostieni i miei passi stanchi.

Tu ci hai promesso un regno,

aiutami ad accoglierlo

così da poter vivere alla Tua presenza ogni giorno.

Sia questo il mio primo pensiero:

vedere l’alba

e poter credere che Tu sei accanto a me

e da lì affrontare tutti i pensieri che verranno”.

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

Cose grandi

 

cose grandi

 

 

GIOVEDÌ 29 SETTEMBRE 2022

SANTI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE, ARCANGELI – FESTA

LITURGIA DELLA PAROLA  (clicca qui)

Prima lettura: Dn 7,9-10.13-14 Oppure: Ap 12,7-12a

Salmo: Sal 137 (138)

Vangelo: Gv 1,47-51

 

“Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!”.

Come Natanaele, anche noi possiamo fare l’esperienza di essere visti da Gesù. Il suo sguardo penetra nel profondo, avvolge di misericordia, fa dono di un amore unico che porta a credere in Lui.

Presi da questo sguardo, entriamo nella comunione con Dio, ciascuno a proprio modo, perchè ogni persona ha le sue caratteristiche, la sua capacità di comprendere e di esprimersi, ma l’amore pervade tutto e apre alla comprensione di “cose più grandi”.

L’uomo “finito”, nato dalla terra, viene elevato verso l'”infinito”, alla vita divina, cosi da trovare e vivere nel suo cuore parte di cielo.

Guardati da tanto amore, rafforziamo la nostra fede a tratti debole o zoppicante,  e affidiamoci alla compagnia degli arcangeli, di cui oggi celebriamo la festa.

San Michele, “forza di Dio”,  San Raffaele, “medicina di Dio”,  San Gabriele “l’inviato di Dio”, aprano la strada a scorgere sempre lo sguardo di Dio su ciascuno di noi, così che in ogni circostanza, ci sarà sempre qualcosa di grande per cui lodare, benedire e ringraziare.

“Signore,

un salmo recita: “con gli occhi su di te, ti darò consiglio”.

Grande è la forza in queste parole,

che ti chiedo di ravvivare in me.

Fammi vivere nella consapevolezza che

ti sei fatto Parola, affinché ti ascoltassi,

sei diventato uomo per risollevare la mia umanità,

e sei mio Padre, così da farmi sentire Figlio,

per imparare a vedere quelle cose grandi,

che tu hai promesso e sono già parte di me.”

(Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

 

 

 

 

 

Come sarà il nostro futuro?

 

Come sarà il nostro futuro?

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 22,30; 23,6-11

Salmo: Sal 15 (16)

Vangelo: Gv 17,20-26

 

“E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro”.

Nel Vangelo della liturgia odierna, Gesù pronuncia queste parole, che ci fanno riflettere su quanto conoscere il Padre a cui Egli vuole portarci, non sia solo una questione cognitiva, ma la chiave per accedere in quel circolo d’amore tra Padre e Figlio.

Conoscere è quindi, entrare nel cuore di Dio, per scoprire di essere da sempre amati e farne esperienza di vita.

Gesù ci accompagna in questo percorso, e oggi ascoltare la Sua preghiera rivolta al Padre, diventa per noi un far memoria del nostro cammino.

Siamo amati e creati per un’unità, che durante il viaggio della vita si dispiega dinanzi a noi. L’unità di cui facciamo già parte, è l’amore del Padre e il Figlio, un amore capace di riunire persino parti disgregate, pezzi di storia che se non fossero stati amati, sarebbero inspiegabili e in un modo o nell’altro, ci hanno portato qui, chiamati a trovare l’amore di Dio.

L’amore di Dio ci accompagna da sempre, spesso però facciamo fatica a pensarlo, abbiamo bisogno di concretezza e forse è proprio per questo che Gesù parla insistentemente dell’unità, perché il farne esperienza è la vera concretezza.

Come sarà il nostro futuro? È parte del presente e del passato, è aver scoperto e vivere dello stesso amore, che il Padre ha per il Figlio e partecipi di quest’unione, illuminare quello che verrà, ogni cosa, attraverso questa forza, ora diventata esperienza consapevole.

 

Una gioia piena

 

una gioia piena

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: At 15,7-21

Salmo: Sal 95 (96)

Vangelo: Gv 15,9-11

 

L’amore ricevuto dal Padre, diventa l’esempio con cui Gesù ama ciascuno di noi e ci invita a fare altrettanto. È attraverso l’amore di Gesù, che riusciamo a sentire Dio vicino e riconoscerlo come un Padre.

Siamo chiamati a rimanere in quell’amore, a farne esperienza, così da poter essere un segno dell’amore di Cristo.

“Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. La nostra gioia è la stessa di Gesù e deriva dall’aver compreso che Dio ci ama e ha cura di noi. Ci sentiamo partecipi di questa gioia?

È difficile pensare di gioire quando le difficoltà, le fragilità, prendono il sopravvento, quando la sfiducia opprime. Dove risiede questa gioia? Nel cuore di Dio. Un cuore che non è lontano da noi, anzi ci è accanto, perché è un cuore di Padre. La nostra gioia è sapere di essere figli di Dio.

Cogliamo l’invito di Gesù, facciamo della nostra vita un cammino in cui scoprire nella verità, nonostante tutti gli sbagli, quel Volto sempre pronto a raccoglierci e amarci così come siamo.

Essere a conoscenza di questo percorso, ci aiuterà a fare altrettanto, a divenire portatori di quella Misericordia che proviene dal Padre e dona ai cuori la speranza di un domani, dove saremo riconosciuti non per i nostri errori, ma per quel buono che è in noi.

L’amore del Padre sia la nostra misura di amore, la gioia del Figlio sia la nostra gioia, affinché possiamo cooperare al Suo annuncio nel mondo.

 

Credo, aiuta la mia incredulità

 

credo aiuta la mia incredulità

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Gc 3,13-18

Salmo: Sal 18 (19)

Vangelo: Mc 9,14-29

 

Il brano del Vangelo di oggi, ci presenta la supplica di un padre che chiede la guarigione di suo figlio. La risposta che quest’uomo dà a Gesù è tra le più significative, in cui è impossibile non identificarsi: “Credo; aiuta la mia incredulità!” In queste parole è possibile percepire tutta la speranza nei confronti di Gesù, ma anche tutta la nostra fragilità, dove dinanzi alle difficoltà, umanamente si fatica a credere.

Com’è possibile credere e essere increduli? Gesù oggi ci dice, che a volte l’incredulità può rafforzare il credere, poiché facciamo in modo che la nostra esperienza, entri a far parte della nostra intelligenza, ovvero del leggere all’interno della storia, per arrivare a credere e allo stesso modo, sarà proprio il credere a sostenerci, quando nella fatica subentra l’incredulità.

Facciamo diventare preghiera questa frase, ripetiamola nel nostro cuore e non temiamo di provare in noi la difficoltà a credere. Il Signore ha cura di noi sia nel credere che nell’incredulità e ci prende tutti nel Suo abbraccio di Misericordia.

 

“Signore, oggi anche io voglio dirti:

Credo; aiuta la mia incredulità!

Sostienimi quando vacillo, perché poi forse,

non avrò la forza e il coraggio di chiederlo.

Aiutami a vivere la mia incredulità come dono,

perché anche la mia fragilità venga in aiuto per rendermi più forte.

Rafforza il mio cuore,

affinché possa riconoscerti nel mio camminare

e vedere nella mia vita, 

una storia in cui la fede è un incontro, 

un’esperienza, un Volto: Il Tuo.

Così sia”. (Shekinaheart Eremo del Cuore)

 

 

Un uomo con un’esperienza da celebrare

 

un uomo con un'esperienza da celebrare

 

 

LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 2 Sam 15,13-14.30;16, 5-13a

Salmo: Sal 3

Vangelo: Mc 5,1-20

 

La guarigione descritta nel Vangelo di oggi è straordinaria, Gesù guarisce un uomo posseduto, che viveva tra le tombe, era come dire un uomo morto. Egli soffriva molto, eppure nonostante fosse definito malato di mente si accorse di Gesù, gli si getta ai piedi, e fatto strano, non gli chiede di essere guarito, anzi fa a Gesù una domanda insolita: “che cosa vuoi da me?”.

Gesù sa come parlare con quest’uomo, Egli riesce a dialogare anche con le sue parti che sanno di rifiuto, e con quelle parti di noi che a volte attraverso atteggiamenti, parole, sembrano essere in contraddizione con il Signore, ed è venuto a portare pace.

Il finale di questa guarigione è un po’ diverso da altre che abbiamo sentito, in alcuni episodi Lui guarisce e dice di non dirlo a nessuno, qui l’uomo diventa un testimone, con il compito di annunciare nella sua casa, tra i suoi ciò che il Signore aveva fatto. Perché? Gesù sa che abbiamo bisogno di comprendere che non tutto è perduto, se l’abbiamo rifiutato o la nostra strada ha avuto percorsi diversi, Lui non si è mai allontanato da noi anzi era lì a dialogare con le nostre parti più buie che, avremmo volentieri allontanato da noi.

Quando il nostro cuore è stanco di chiedere aiuto e tutto sembra spacciato, come un luogo di morte non è la fine, Egli ti sta dicendo che proprio a partire da quella situazione, tu puoi uscirne perché Lui è già lì. Quell’uomo si accorge di Gesù solo perché Gesù era già lì!

Non c’è un momento giusto o sbagliato per incontrare Dio, perché Egli è sempre presente. La vita di quell’uomo è cambiata, è un uomo che può tornare a casa, tra i suoi. C’è una casa che ti aspetta ed è il tuo cuore, dove Dio ne ha fatto il Suo tempio. Non c’è bisogno che Gesù resti da quell’uomo perché quell’esperienza è diventata segno, e a lui, come per noi che non abbiamo visto Gesù, ma sappiamo del Suo Amore, non resta che celebrarlo.

 

 

Oltre la domanda

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: Nm 24,2-7. 15-17b

Salmo: Sal 24 (25)

Vangelo: Mt 21,23-27

 

La non risposta a Gesù frutto di una strategia da parte dei capi dei sacerdoti e degli anziani, genera un’altra non risposta da parte di Lui. Perché Gesù non dice da dove veniva la Sua autorità? Perché parla ancora di Giovanni e non di sé stesso? Come mai? Perché a Lui interessa che andiamo all’origine delle cose, poiché Egli sta all’origine. Quello che Gesù fa, è portarci a compiere un passo in più della semplice conoscenza data da un insegnanento, ed è per questo che parla di Giovanni, perché solo dinanzi all’esperienza è possibile conoscere. Gesù desidera far fare ai capi dei sacerdoti, agli anziani e anche a noi, l’esperienza di Dio e utilizza tutto per fare questo, persino delle domande che sanno di accusa per permettere che ciò avvenga. Non importa a che punto siamo della nostra vita: vicini, lontani o persino ostili. Egli fa delle nostre esperienze un luogo di insegnamento, di conoscenza dove potergli chiedere: chi sei? È li nella domanda, che iniziamo anche noi a sentirci nel tempio, un tempio fatto persino dai nostri stessi muri, ma soprattutto fatto di un Volto che ci attende. Gesù entra nel nostro tempio e fa della nostra vita occasione di dialogo, di relazione, un luogo di risposta dove non sentirci più soli, lontani o ostili, ma riappacificati tra i nostri dubbi tanto da divenire noi stessi per altri esperienza, risposta e annuncio.