Perdonare

 perdonare

23 FEBBRAIO 2024

VENERDÌ DELLA I SETTIMANA DI QUARESIMA

«Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”.

C’è una giustizia più ampia, una giustizia difficile per noi da applicare, ed è quella della misericordia. Quanto è difficile perdonare, soprattutto se la ferita lascia radici profonde. Questo invito che sembra superiore alle nostre forze, racchiude di per sé una forza maggiore nelle parole: “non entrerete nel regno dei cieli”. Sembra un castigo, non un perdono. Niente regno! Ma questo modo di pensare è nostro o di Dio? È nostro. Dio non pensa così. Quel “non entrerete” non è la punizione di una nostra azione, ma è la conseguenza logica di una cosa che è già presente.

Il regno di Dio, la relazione con Lui è già in noi, solo che se continuiamo a pensarla come al nostro solito, non “entreremo”, non ne faremo mai esperienza. Ecco, questo si che ha senso: Dio non ci chiede qualcosa fuori dalle nostre possibilità, perché la forza per farlo è nella relazione con Lui! Dobbiamo però crederci! Per questo il Vangelo continua: se presenti la tua offerta all’altare e ti ricordi di non essere riconciliato con una fratello, puoi lasciare persino l’altare e andare a riconciliarti con il fratello, perché Dio verrà con te.

È faticoso perdonare e Dio lo sa, ma proprio per questo, oggi ci rassicura che non siamo soli. Egli è lì con noi nelle nostre lacrime di rancore, in quei ricordi che svegliano la notte, perché tu sei il suo dono più bello e sempre avrà cura di te.

Si tratta ora di chiedere a Lui di vivere in forza di questa relazione che ci trasformi il cuore, che plachi il tormento per lasciare spazio alla pace. E se ancora non siamo pronti chiediamogli di farlo al posto nostro, chissà che un giorno possiamo farlo anche noi.

Perdonare è difficile, ma è un dono da chiedere, affinché le ferite lasciate non sanguino più e ci sia spazio per una vita più serena, dove quel dolore ora è alle spalle.

“Signore,

quando il mio cuore non è pronto a perdonare,

custodiscilo Tu.

Desidero che la ferita non sanguini più.

Desidero non pensarci.

Il dolore è un tormento. Quando finirà?

Dammi la Tua forza,

affinché la mia croce

senta la forza della Tua mano

e accanto a Te mi senta al sicuro,

tanto da compiere questo gesto

ora per me lontano:

ti perdono.

Ora, quel dolore non fa più male.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Convertirsi

 convertirsi

21 FEBBRAIO 2024

MERCOLEDÌ DELLA I SETTIMANA DI QUARESIMA

“Essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona”.

L’invito di oggi è proprio quello di convertire il cuore. Come a Ninive gli abitanti cambiarono atteggiamento, modo di vivere, oggi il Vangelo ci dice che ora vi è un uomo più grande di Giona, ovvero: come quegli abitanti hanno ascoltato un profeta, noi non possiamo ora ascoltare il Figlio di Dio?

Certo, molti abitanti non credevano in Giona, magari il loro cambiamento era per il timore di essere distrutti, ma in in quelle parole: “vi è uno più grande”, è insito la grande differenza; che dinanzi a Gesù possiamo cambiare rotta, non per timore di un castigo, per paura di Lui, ma proprio per il contrario. Egli ci ama talmente tanto ed è la  forza del suo amore che ci permette di cambiare, perché chi ama, aiuta anche a tirare fuori il meglio di sé.

Ecco la ragione della nostra conversione, è una conversione all’amore che compie meraviglie, che ci apre alla fiducia e lascia andare la paura.

La Quaresima sia riconoscere un amore che ci plasma, che arde già nel nostro cuore da tanto tempo. Nel nostro quotidiano portiamo questo amore di Cristo, anche solo fidandoci di Lui, abbandonando la paura. Ogni nostro gesto, ogni azione, possa essere un racconto della grandezza di Dio, possa farci camminare consapevoli di una salvezza che è già alle porte, e che il nostro cuore crescendo nella fede, sarà capace di intendere.

Per tutto quello che ancora non riusciamo a fare, mettiamolo nella Misericordia di Dio, Egli sa i nostri sforzi, le fragilità e le cadute; Lui conosce e comprende e non c’è nulla che sarà così per sempre, perché siamo creati per un crescendo, per un’eterna bellezza, che ha già i suoi sbocchi in questa vita e non solo nella vita eterna. Possa il suo amore colmare il nostro cuore e saldare tutto ciò che in noi si è spezzato.

“Signore,

converti il mio cuore,

fa che guardi a Te,

spesso soffre, lacrima,

cosa ne farò?

Lo do a Te, abbine cura.

Nelle tue mani è la mia vita,

Ti do ciò che ho di prezioso

così che ogni mio gesto,

parta da quel cuore nelle Tue mani,

così da sentire il Tuo sostegno per sempre”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

“Lo avete fatto a me”

L'avete fatto a me

19 FEBBRAIO 2024

LUNEDÌ DELLA I SETTIMANA DI QUARESIMA

“L’avete fatto a me”. È forte l’affermazione di Gesù, perché ci invita ad una responsabilità verso il nostro prossimo. Egli evidenzia delle categorie: lo straniero, il carcerato, il povero… Sono chiamato a rendermi conto, a conoscere chi ho accanto.

L’invito non è a mettere delle etichette, bensì è a vedere che vi sono diversi modi per incontrare Dio, perché se io mi impegno, prego e poi tratto male chi ho davanti, ecco che la risposta è: “l’avete fatto a me”. Se invece accolgo la fragilità di quella persona che soffre, ecco che risuona diversamente: “l’avete fatto a me”. Il Signore che ci indica la via è lo stesso in grado di aiutarci ad attraversarla! Siamo invitati ad essere solidali tra di noi, ad essere attenti, perché l’esserlo ci mette in comunione con Dio.

È bello vedere come la nostra vita è intessuta di Lui, come Egli è DENTRO la nostra storia! Sia questa quaresima una riscoperta di Dio nella nostra quotidianità. Sia un tempo dove compiere dei passi di solidarietà con chi è in difficoltà, non per cercare un premio o un tornaconto da Dio, ma perché purificando  il cuore, lo si cerca in ogni volto, in ogni momento della nostra esistenza, perché Lui è il primo a fare di ogni volto, un mezzo per incontrarci. E non solo, questa quaresima ci aiuti a riscoprire Lui in quelle parti di noi povere, afflitte, così che possiamo prendercene cura e sentire: “l’avete fatto a me”, perché per Lui valiamo tanto, al punto che ogni torto o carezza ricevuta, le tiene Lui con sé.

Abbiate cura di voi, degli altri, abbiate cura di Dio, che opera in voi anche ora.

“Signore,

nel povero, nell’afflitto,

Tu ci sei,

ma sei anche in me,

in quella parte del mio cuore afflitta,

ma bisognosa di Te.

Rendimi capace di incontrarti,

di vederti,

così che Ti senta accanto,

sempre.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Segni

segni

12 FEBBRAIO 2024

LUNEDÌ DELLA VI SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Chi di noi non è mai stato alla ricerca di segni? Qualcosa che ci facesse capire che Dio è vicino. Spesso nella fatica abbiamo chiesto un segno, quasi a far tacere quella parte di noi, che dinanzi al dolore dice: perché? E il Signore lo sa, che da soli non c’è la facciamo, non ci dà dei segni ma Il segno per eccellenza: il Figlio.

Vuoi comprendere quanto è grande il Suo amore? Se davvero hai un posto nel cuore di Dio? Guarda a quel segno, innalzato nel legno. La croce è il segno dell’amore che unisce popoli, lingue, culture. Il crocifisso lascia a bocca aperta, perché chi ti salva la vita, lascia di “stucco”. I farisei, invece, qui chiedono un segno per metterlo alla prova, ed il Signore sospira e si retrae, nessun segno sarà loro dato. Non si mette alla prova Dio, non si usa il Figlio per inganno, perché Egli è via e verità.

Guardando con attenzione, potremmo scorgere come il non dare un segno, è già un segno che non tutti la pensano così come loro e pertanto, la misericordia e la bontà, non vanno sprecate per mettere alla prova. Si invoca Dio, si chiede conforto, ma non si mette alla prova, quasi per renderlo simile a noi: vulnerabile.

Quale incanto sarebbe guardare a Gesù, così come è, far in modo che il nostro sguardo incroci il Suo e lasciarci amare, semplicemente. Forse solo allora non chiederemo più nulla, perché dinanzi a tanto amore il cuore tace e si espande.

Affidiamo a Lui le nostre sofferenze, così che il cuore possa trovare la pace in quello sguardo di Gesù crocifisso, e che ciascuno possa trovare sollievo in quel segno non richiesto e donato, affinché chi cerca Dio trovi coraggio.

“Signore,

donami la forza,

così che la fatica trovi in Te il suo sostegno.

Tu, Colui  che liberi il mio cuore,

che dai la Tua vita per dar vita alla mia,

possa vedere in Te quel segno d’amore,

per cui tanto ho vagato nel cercare.

Fa che mi fermi dinanzi al Tuo cuore,

per poter respirare un po’;

desidero essere il segno

che Tu per me sei importante,

perché se sono qui

è perché lo sono io per Te”.

(Shekinaheart eremo del cuore)

In disparte

in disparte

 

03 FEBBRAIO 2024

SABATO DELLA IV SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù chiama i suoi discepoli in disparte per stare un po’ con lui e riposarsi. In quell’essere in disparte a riposarsi, Egli svela parte di quello che è il suo mistero di vita, il suo mistero di salvezza, per questo molta folla lo sta cercando, perché ha compreso che quell’uomo ha qualcosa di straordinario per il loro cuore.

Gesù, è il buon pastore, mandato a riunire tutti i figli di Dio dispersi, e alla radice della sua missione c’è la compassione, che prova per l’umanità intera.

Per i discepoli imparare a stare in disparte con il loro Signore, è sperimentare la profondità di quella compassione che si fa dono di vita e annuncio di salvezza; solo da tale intimità troveranno la forza di testimoniare la potenza del regno di Dio, di parlare al cuore di ogni uomo proclamando la novità del vangelo, impareranno ad essere pastori secondo il cuore di Dio.

Gli apostoli staranno a fianco a fianco del loro Maestro, per ascoltare la parola che feconda il cuore, Lui è il vero pastore.

Stare con il Signore non è in funzione di un privilegio, ma di una intimità per farsi eco presso tutti, di un amore che esprima la compassione di Dio, la cura per ogni suo figlio.

“Signore,

abbi cura di me,

fai della Tua misericordia

il mio abbraccio.

Fammi sentire

che non sono solo,

che Tu sei il pastore del mio cuore,

che mi guidi, osservi, ami

e che non mi perderai mai.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

Nella tempesta

nella tempesta

27 GENNAIO 2024

SABATO DELLA III SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù chiama i suoi discepoli ad attraversare il lago di notte, eppure alcuni di loro essendo pescatori, avrebbero potuto dirgli di fare attenzione, di essere più prudente, perché una traversata di notte può risultare pericolosa, ma lo seguono, si fidano di Lui, fino a quando non sono colti dalla tempesta e completamente presi dalla paura più grande, quella di morire.

La nostra vita è come questa traversata siamo con Gesù, ma siamo anche travolti da tante vicende che ci spaventano, angosce, situazioni che non sappiamo come risolvere, malattie, paure dentro e attorno a noi, fino alla paura di morire.

Gesù dorme a poppa, nella parte più bassa della barca, dove nella tempesta è il primo a morire; Gesù dorme come il sabato Santo nel profondo della terra. Allora vogliamo svegliarlo: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. Ma Gesù non perderà nessuno di quanti il Padre gli ha affidato, scende nella morte per riportare la vita. Risvegliatosi sgrida il vento e il mare e ritorna la bonaccia; quella situazione di paura, di caos, di morte, riprende l’ordine della vita.

Gesù ci conosce, per questo ci domanda: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”. Perché in fondo, viviamo sempre tra la fede e la paura, saliamo sulla barca con Gesù, ma nonostante questo temiamo le tempeste, eppure Lui le attraversa con noi, fino a condurci all’altra riva, ad un approdo sicuro.

Siamo chiamati ad avere fede, a fidarci. La fiducia è un atto fondamentale dell’amore, di questo Dio che si prende a cuore la mia vita, tanto da morire e risorgere per me.

“Signore,

quando ho paura

vorrei una fede capace di rispondere,

ed invece il mio cuore è come la tempesta.

Tu, dormi, perché?

Perché la tempesta è fuori

e non dentro, non disturba il Tuo sonno.

Allora Signore ti prego, entra in me,

così che in ogni tempesta

Tu stia con me

ed io la viva la mia fede,

ogni giorno, in ogni tempesta,

nella certezza di Te. “

(Shekinaheart eremo del cuore)

Stare con Te


stare con te

19 GENNAIO 2024

VENERDÌ DELLA II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù chiama, l’iniziativa è la sua, l’uomo viene reso parte di un dono da ricevere, un dono che poi diventerà compito: quello di annunciare ciò che ha appreso, l’amore che ha ricevuto, perché anche gli altri possano esserne partecipi.

Gesù ne chiama dodici in riferimento alle dodici tribù d’Israele, ovvero a tutto il popolo, per radunare tutte le nazioni, noi compresi che viviamo oggi. Ma in questa totalità di popolo, Gesù chiama ciascuno per nome, non un essere anonimo tra la folla, ma ben identificato.

Chiamati verso  un’intimità, una fiducia, con la consapevolezza che la nostra vita riposa nelle sue mani. Prima di essere una chiamata al fare, al testimoniare, ci fa essere. Uomini diversi per carattere, per lavoro, per cultura, ma che imparano con Lui a vivere la comunione, il dono di una vita e di un amore da condividere.

Il Signore chiama e si fida di ciascumo, non ci chiede di avere caratteristiche o capacità particolari, desidera condividere la sua vita, perché ognuno scopra la grandezza dell’amore che fa vivere, della misericordia che riconcilia e soprattutto sia certo che Lui rimane sempre con noi.

“Signore,

stare con Te: il mio unico desiderio,

ma io sono debole e son di vento,

possa il Tuo spirito rinfrancare le mie ossa,

così che il vento che indosso,

diventi un soffio di vita,

penetri e sia respiro.

Stare con Te, lo desidero da sempre,

e forse perché,

Tu volevi stare con me

prima di quel sempre,

di quel vento,

prima di me”. (Shekinaheart eremo del cuore)

Sulla barca

sulla barca

 

18 GENNAIO 2024

GIOVEDÌ DELLA II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

Gesù si ritira con i suoi discepoli, ma molta folla lo sta cercando, da ogni parte, da ogni città, tutti lo cercano perché fa cose prodigiose.

Cosa spinge noi oggi a cercare Gesù, a seguirlo ad ascoltarlo? Non esiste un altro Dio che dà la vita per me, che propone un cammino di libertà nell’amore, dove l’uomo ritrova se stesso, viene amato e perdonato. Egli ci attira a sé guardando al segno della Croce, un amore folle, “perché tu non sei altro che fuoco d’amore, pazzo della tua creatura.” Scrive Santa Caterina da Siena, un Dio follemente innamorato dell’uomo, disposto a sacrificare il suo unico Figlio, perché tutti gli altri figli ritrovino la libertà di amare il bene, di amare l’Amore.

Dio chiede solo di essere amato, si fa mendicante di un amore che ci ha donato prima che noi fossimo. Dio che vuole vivere una relazione con l’uomo, perché l’uomo possa vivere della gloria di Dio.

Saliamo anche noi sulla barca con Gesù, restiamogli vicino, apriamogli il cuore, Lui sa bene come prendersene cura e guarirlo; solo così potremo testimoniare con convinzione quanto questo amore ci colpisce nel profondo e trasforma la nostra vita.

 

“Signore, 

nella folla che schiaccia, 

nel mare che si muove, 

sii Tu il mio punto fermo, 

sii Tu la mia barca, 

la mia forza per non cadere e non affogare

e potermi sentire amato in ogni momento, 

in ogni contesto, 

perché Tu annulli la distanza,

mi prendi con Te, Ti fai vicino. 

O Dio, aiutami a sentirti così profondamente 

da non temere più nulla, 

perché desidero starti accanto da sempre.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

“Non è lecito?”

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 16 GENNAIO 2024

MARTEDÌ DELLA II SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO PARI)

“Non è lecito?”. Ecco l’accusa che i farisei rivolgono a Gesù. Gesù manifesta qui, quanto la sua libertà sia per rendere l’uomo libero, al di là di ogni precetto. Se Egli non fosse stato libero, noi non saremo già dei salvati; se Egli non avesse fatto della sua vita uno strumento di salvezza, noi saremo perduti.

Per far questo Gesù ha messo in gioco la sua libertà, affinché fosse nelle mani del Padre. Qui si compie un grande gesto: dare all’altro la propria libertà, come il Padre con il Figlio, così il Figlio con noi. Possiamo anche rifiutarlo, relegarlo ad uno schema teologico ben preciso, ma Egli rimarrà fedele al suo amore, ci lascerà liberi.

Una libertà che sgomenta, perché non chiede niente, se non che tu sia libero.

Libero perché sei amato e non perché la tua vita è una successione di precetti. Liberi, di quella libertà che fa di essa non un inganno o un utopia, ma ciò che è realmente: un cammino, in cui piano piano si perde un po’ se stessi, per ritrovarsi nell’Altro, Dio e sentirsi al sicuro in quel suo caldo abbraccio, un abbraccio dove due libertà si incontrano, non per un precetto, ma per amore.

“Signore,

pongo la mia libertà nelle Tue mani,

perché in fondo, non sono libero.

Pensieri, dubbi,, giudizi,

offuscano la mia mente.

Miei compagni sono i se, i ma,

e lasciarli andare mi fa chiedere:

cosa mi rimarrà?

In fondo mi hanno sempre accompagnato.

Cosa farò?

E poi Ti sento, respiro di quella libertà data dal Tuo amore per me,

è un attimo,

come il mare nei castelli di sabbia,

i miei venuti giù

e rimani solo poi più Tu.”

(Shekinaheart eremo del cuore)

“Io non lo conoscevo”

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MERCOLEDÌ FERIA PROPRIA DEL 3 GENNAIO

Ciascuno di noi come Giovanni Battista potrebbe dire: “io non lo conoscevo”, ma il dono dello Spirito ci conduce dentro al mistero di Gesù e più precisamente dentro al mistero di Cristo, quell’agnello di Dio venuto a togliere il peccato dal mondo. Lo Spirito mette in noi quel germe di salvezza, quel desiderio d’incontrare chi ci può rendere veramente felici: Dio con l’infinita grandezza del suo amore misericordioso.

La persona che desidera è sempre aperta al futuro, a qualcosa di nuovo, e Dio non desidera altro che colmare questa nostra sete di vita. Per conoscere Dio dobbiamo abbandonare pensieri astratti, perché il nostro Dio è carne, comunione, fragilità, assunzione dei limiti, fratello di tutti i perduti, solidale con tutti, mite come un agnello; Lui è l’agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo. Lui è l’amore riversato nel nostro cuore, cosi per conoscerlo dobbiamo guardare al cuore, fare esperienza di cuore, ovvero di gratuità.

Tutto ci è stato donato, la salvezza non è un dono che ci meritiamo perché facciamo delle buone opere, ma perché Dio desidera che ogni uomo ritrovi quella sua primigenia immagine a immagine di Lui.

Invochiamo lo Spirito Santo amore, lasciamo che pervada ogni angolo di noi, cosi che dal cuore possa sgorgare vera la nostra esperienza di vita amata, perdonata e ridonata ai fratelli, poiché nessumo che ha conosciuto Dio, può vivere più per se stesso, ma indicare a tutti quel Bambino che dona la salvezza.

“Nel Tuo cuore Gesù

metto me stesso,

nel Tuo nome

ritrovo la mia identità.

Aiutami a camminare,

aiutami a ritrovare la strada

quando nella fatica mi perdo,

fa che mi senta sempre a casa con Te

con semplicità e verità

e fa che il Tuo amore

sia sempre la mia forza”.

(Shekinaheart eremo del cuore)