Creato da xheaven il 20/02/2008

Liberamente

Parole e immagini in libertà

 

 

L'Orlando furioso

Post n°175 pubblicato il 10 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: History

Alla vigilia della battaglia tra i Mori che assediano Parigi ed i cristiani, Carlo Magno affida Angelica al vecchio Namo di Baviera, per evitare la contesa tra Orlando e Rinaldo che ne sono entrambi innamorati, e la promette a chi si dimostrerà più valoroso in battaglia.

I cristiani sono messi in rotta e Angelica ne approfitta per fuggire ancora ed incontra un vecchio eremita. Durante il viaggio, il perfido Pinabello scopre che Bradamante appartiene alla casata dei Chiaramontesi, nemica di quelli di Maganza, a cui egli appartiene: allora a tradimento getta la fanciulla in una profonda caverna. Qui però Bradamante è salvata dalla maga Melissa, che la guida alla tomba di Merlino, dove la guerriera viene a conoscere tutta la sua illustre discendenza, la casata estense. Melissa informa Bradamante che, per poter liberare Ruggero, dovrà impadronirsi dell'anello magico di Angelica, ora in possesso del nano Brunello; l'anello infatti ha un doppio potere: portandolo al dito dissolve gli incantesimi, mettendolo in bocca rende invisibili o tramortiti.

Orlando, in seguito a un sogno, parte da Parigi alla ricerca di Angelica, seguito dal fedele amico Brandimarte. A sua volta la sposa di questi, dopo un mese, parte alla sua ricerca. Orlando salva Olimpia dagli intrighi di Cimosco, re della Frigia, e libera il suo promesso sposo, Bireno. L'uomo però si innamora della figlia di Cimosco, sua prigioniera, e abbandona Olimpia su una spiaggia deserta.

Intanto Ruggero, che ha appreso da Logistilla a mettere le redini all'ippogrifo, giunge in Occidente, salva Angelica dall'orca ed è affascinato dalla sua bellezza; ma la fanciulla che è tornata in possesso del suo anello fatato, si dilegua.

Orlando giunge anch'egli all'isola di Ebuda e salva Olimpia da una sorte analoga a quella di Angelica. Proseguendo nella ricerca della donna amata, resta prigioniero di una in un palazzo fatato di Atlante, insieme a Ruggero, Gradasso, Ferraù, Brandimarte. Vi giunge anche Angelica, che libera Sacripante per farsi da lui scortare, ma per errore anche Orlando e Ferraù la inseguono.

Mentre questi combattono, Angelica si dilegua portando via l'elmo di Orlando. Il paladino libera la pagana Isabella, che, innamorata del cristiano Zerbino, è stata rapita dai briganti mentre cercava di raggiungerlo. Nel palazzo fatato di Atlante cade prigioniera anche di Bradamante, sempre alla ricerca di Ruggiero. Intanto i Mori scatenano l'assalto a Parigi, e il re saraceno Rodomonte riesce a penetrare nella città, compiendo imprese straordinarie.

In soccorso a Parigi è giunto Rinaldo con le truppe inglesi e scozzesi, e con l'aiuto dell'arcangelo Michele. Il paladino uccide il re Dardinello; nella notte due suoi fedeli, Cloridano e Medoro, cercano sul campo di battaglia il corpo del loro sovrano, ma vengono sorpresi dai cristiani; Cloridano viene ucciso e Medoro resta gravemente ferito sul terreno. Viene trovato da Angelica, che si innamora di lui, anche se è un umile fante; i due si uniscono in matrimonio e partono per raggiungere il Catai.

Orlando intanto ricongiunge Isabella a Zerbino e insegue il re tartaro Mandricardo. Per caso capita sul luogo degli amori di Angelica e Medoro e vede incisi i loro nomi ovunque. Dal pastore che li aveva ospitati apprende la loro storia d'amore, e per il dolore diviene pazzo. Trasformatosi in una sorta di essere bestiale, compie folli imprese distruttive. Per difendere le armi che Orlando ha disperso, Zerbino si batte con Mandricardo e viene ucciso. A Parigi i cristiani sono di nuovo sconfitti in battaglia. Ma l'arcangelo Michele scatena la discordia nel campo pagano e i vari guerrieri entrano in contesa fra di loro.

Rodomonte apprende che la sua promessa sposa, Doralice, gli ha preferito Mandricardo e, quasi folle, lascia il campo saraceno, proclamando il suo disprezzo per tutte le donne. Invece, incontrata Isabella, si innamora di lei. La fanciulla, per serbarsi fedele alla memoria di Zerbino e per sottrarsi alla violenza del pagano, si fa uccidere da lui con un inganno.

Vi giunge Orlando folle, che ingaggia una lotta con Rodomonte. Poi sempre fuori di sè, passa a nuoto fino in Africa. I Saraceni sono di nuovo sconfitti, e devono ripiegare nel Sud della Francia, ad Arles. Astolfo, venuto in possesso dell'ippogrifo, vaga per varie regioni, giunge in Etiopia, dove libera il re Senapo dalla persecuzione delle Arpie, discende nell'Inferno, sale al paradiso terrestre, poi sulla Luna dove recupera il senno perduto da Orlando. Bradamante cade in preda ad una folle gelosia, perché crede che Ruggiero ami Marfisa.

 
 
 

"Weltanschauung"

Post n°174 pubblicato il 09 Maggio 2008 da xheaven
 

Il termine Weltanschauung appartiene alla lingua tedesca (pronuncia /ˈvɛlt.anˌʃaʊ.ʊŋ/) ed esprime un concetto fondamentale nella filosofia ed epistemologia tedesca, spesso applicato in vari altri campi, in primis nella critica letteraria e della storia dell'arte.
Non è letteralmente traducibile in lingua italiana poiché non esiste nel nostro vocabolario una parola che le corrisponda appieno. Essa esprime un concetto di pura astrazione che può essere restrittivamente tradotto con "visione del mondo" e può essere riferito ad una persona, ad una famiglia o ad un popolo.

La "Weltanschauung" tende a trovare una collocazione in un ordine generale dell'Universo comprensivo di elementi di specie, geografici, linguistici e razziali: pertanto, si tratta di un concetto che trascende il singolo e attinge nel collettivo condiviso, e l'uso di questo termine nel linguaggio italiano al posto di "visione del mondo" ha il significato di estendere il concetto ad una dimensione sovrapersonale di un determinato punto di vista.

Nonostante i termini in lingua tedesca, contrariamente a molte parole inglesi, non siano entrati nell'uso comune dell'idioma italiano, il termine weltanschauung si ritrova oramai spesso nella lingua italiana scritta e, seppur meno frequentemente, anche in quella parlata: lo troviamo da tempo in trattazioni di diritto, sociologia, politica, filosofia, storia e linguistica, ma recentemente spesso anche in trattazioni non dotte e talvolta nel linguaggio comune.

 
 
 

British Invasion compilation

Post n°173 pubblicato il 09 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: musica

 
 
 

Pink Floyd-Dark Side of the Rainbow

Post n°172 pubblicato il 08 Maggio 2008 da xheaven

 
 
 

Gamma (IV e ultima puntata)

Post n°171 pubblicato il 08 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: Shorts

 Il fragile equilibrio psichico di Jean appare seriamente compromesso; egli, avvertendo ormai distintamente in sé un'identità 'estranea', rimprovera alla moglie di non averlo lasciato morire e di averlo lasciato trasformare in un mostro. In aula, l'avvocato sostiene la non punibilità di Jean, visto che, data la sua particolare situazione, egli deve essere ritenuto incapace di intendere e di volere; d'altro canto il professor Duval, controinterrogato, ritiene che Jean sia perfettamente guarito e quindi sia un uomo normale. Lévy-Marchand ipotizza quindi che, durante la 'riprogrammazione' mentale del suo cliente, qualcuno abbia potuto fornirgli informazioni nocive, inducendolo a commettere il delitto. Tale ipotesi non è però ritenuta persuasiva né dalla giuria popolare né dal calcolatore, che emettono il medesimo verdetto di colpevolezza: Jean è dunque condannato a morte, e la sentenza dovrà essere eseguita entro otto ore. Mentre Jean trascorre in cella le sue ultime ore di vita in preda ad angosciosi incubi che lo portano persino ad identificarsi con il defunto Daniel Lucas - di cui sospetta di aver ricevuto il cervello -, Nicole trova in casa della madre un nastro registrato simile a quelli usati per 'riprogrammare' la memoria di Jean; una breve indagine permette alla giovane donna di scoprire la verità: la madre ha sostituito uno dei nastri vagliati dal calcolatore con uno inciso da lei allo scopo di condizionare la volontà del genero e indurlo a uccidere Marianne. Mentre Jean si appresta ad essere giustiziato, la moglie - accompagnata da Philippe, dal professor Duval e dalla dottoressa Mayer - si precipita dal Procuratore Generale affinché sospenda l'esecuzione: ci sono infatti le prove che Jean ha agito sotto l'effetto di in impulso subliminale, recepito cioè passivamente e senza possibilità di controllo cosciente. Jean è già sul lettino con la testa sotto la lama della ghigliottina, il cui dispositivo automatico è avviato, quando giunge l'ordine del Procuratore di sospendere l'esecuzione. La didascalia finale informa quindi che "il cervello Gamma era appartenuto a un modesto impiegato di Parigi morto di polmonite".

 
 
 

La moda negli anni del boom

Post n°170 pubblicato il 08 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: brevi
Foto di xheaven

Un settore  toccato da radicali trasformazioni è quello relativo all’abbigliamento. Il primo fenomeno apprezzabile da questo punto di vista è lo spostamento dall’interno (la cura dell’abbigliamento intimo, del corredo) all’esterno: la cura dell’abito che sempre più viene visto come status simbolo e non come lusso moralmente deprecabile esibito dalle classi superiori. Questo fatto produce la proletarizzazione dell’abito (vestiti in serie) con la perdita delle connotazioni di prestigio ad esso connesse e con la scomparsa della divisione classista degli stili che si accontenta di differenziazioni più sottili che non riguardano più la foggia ma la qualità e gli accessori. Tale trasformazione, a sua volta, induce un’accelerazione dei cicli della moda che, se prima della guerra duravano anche diversi anni, ora si trasformano in modo rapido con un alternarsi di modelli destinati a una breve durata: la manifestazione dello status riguarda pertanto la velocità di assorbimento del nuovo stile. A questo fenomeno si aggiunge la scomparsa della rigidità che determinava la selezione dell’abbigliamento in base all’occasione (mattino, pomeriggio, sera, festa, domenica ecc.). Essa, a sua volta è legata alla nascita dell’abbigliamento casual la cui affermazione determina il consolidamento, sul mercato, dei capi di produzione industriale, il che porterà poi all’affermazione, sempre come esigenza di status, di griffe e marche. Il casual costituisce la fusione tra abbigliamento normale e abbigliamento sportivo che si viene a creare a partire tanto dall’allargamento della fascia di tempo libero da destinare allo svago ed alla vacanza quanto dalla differenziazione tra abbigliamento adulto e abbigliamento giovane, con incursioni sempre più ampie degli utenti del primo negli stili del secondo.

In sintesi la trasformazione più evidente è il valore non più tanto di status quanto identitario della selezione degli abiti cui si aggiungono le complesse esigenze di un’industria che deve necessariamente sollecitare desideri e creare legami tra l'apparire e l’immaginario individuale e collettivo se non vuole perdere i suoi livelli produttivi. Sparisce comunque, almeno per le classi medie, l’uso del vestito “buono” di sartoria, destinato a durare nel tempo e ad essere utilizzato in tutte le "grandi" occasioni.

 

Dal punto di vista dell'estetica lineare, negli anni '60 andò di moda soprattutto la linea trapezio, che venne presentata nel 1958 dal giovane Yves Saint Laurent, ancora responsabile artistico della casa Dior: vestiti a forma di sacco che ignoravano il punto vita o cappotti stretti in alto e svasati verso il basso, spesso lunghi fino al ginocchio.
I vestiti a sacco erano stati molto popolari già negli anni '20, ma allora erano molto più eleganti e signorili: lunghi almeno fini al ginocchio, avevano a volte una gonna applicata molto in basso ed erano spesso lavorati con stoffe delicate, pizzi e sete e realizzati in colori tenui. In confronto, i vestiti a sacco degli anni '60 sembrarono abiti per bambini; non avevano praticamente nessun dettaglio decorativo o tagli raffinati, ma erano quasi sempre confezionati con tessuti rigidi (sintetici), con un taglio diritto o leggermente svasato. Il loro effetto derivava dai motivi grafici o da fantasie floreali molto colorate; inoltre, erano molto più corti dei vestiti degli anni '20 e in generale ebbero abbastanza successo.

Di eleganza tradizionale o signorile non se ne poteva proprio parlare, ma questo appunto era lo scopo voluto. I nuovi vestiti e cappotti dovevano innanzitutto sembrare giovanili e poco convenzionali, divertenti e irrispettosi. L'età reale di chi li indossava non aveva alcuna importanza.


LA MINIGONNA

Gli anni'60 furono soprattutto gli anni della minigonna.
La sua apparizione (1965), che rispondeva al crescente bisogno delle adolescenti e delle giovani di esprimersi liberamente, fece scalpore: le gambe non erano mai state così in vista! La mini fu subito considerata indecente e molti erano sdegnati: per esempio, secondo Coco Chanel il ginocchio era la parte meno attraente della donna, che pertanto sarebbe stato meglio tenere nascosta. Nonostante le critiche, negli anni '60 le sottane delle donne di qualsiasi età diventarono man mano sempre più corte, fino ad arrivare in certi casi a coprire a malapena gli slip. Alla realizzazione della mini estrema contribuì in modo non indifferente l'invenzione della calzamaglia senza cuciture.
L'inventore della minigonna è discusso: Mary Quant o Courrèges? Entrambi, infatti, presentarono, pressoché contemporaneamente, modelli con gonne molto corte.
Le minigonne di Courrèges avevano linee spigolose e futuristiche ed erano pensate per essere indossate su pantaloni attillati o con stivali a metà polpaccio.
La Quant propose scamiciati a vita lunga, con cinture all'altezza dei fianchi, gonne pieghettate o svasate che si fermavano appena sopra il ginocchio e sembravano molto più corte di quanto fossero realmente. La sua mini diventò immediatamente un must.

IL TRANSPARENT LOOK

La voga delle minigonne e della vita scoperta presto si diffuse sfociando in una moda delle trasparenze, che nell'era delle materie plastiche si concretizzò in nuovi modelli in plastica o in tessuto di fibre sintetiche.
Yves Saint Laurent, nell'inverno del 1968, presentò un abito da sera lungo fino a terra, di mussola nera trasparente, con delle applicazioni di piume di struzzo sui fianchi che arrivavano fino a metà coscia e che doveva essere portato con nient'altro che un serpente d'oro come cintura.
Courrèges, nei tardi anni '60, creò vestiti in organza, nei cui punti più intimi erano applicati dei fiori o delle forme geometriche.
La versione più portabile di questo trend era sicuramente la linea di camicie trasparenti con rifiniture in volant sulle maniche o sulla scollatura; in commercio ne esistevano diverse varianti.
Come i pantaloni a zampa d'elefante, l'abbigliamento etnico o in PVC, anche la moda trasparente fa parte del versatile repertorio degli anni '60, dal quale i designer hanno continuato ad attingere fino agli anni '90.
 

 

 

 

 

 

 



L'ARTE DIVENTA MODA

Negli anni '60 anche nel campo dell'arte prevaleva la tendenza a rompere con il vecchio e a ricercare il nuovo. E infatti le diverse forme d'arte di questo periodo sono caratterizzate da un evidente desiderio di superamento e dalla netta divisione tra la cosiddetta cultura "alta" e quella "bassa".
I Beatles, nei loro arrangiamenti, utilizzavano provocatoriamente un'orchestra di violini.
Andy Warhol, l'artista Pop più discusso ma riconosciuto internazionalmente, produceva incisioni con i Velvet Underground, per i quali, come più tardi anche per i Rolling Stones, creò le copertine dei dischi. Inoltre disegnava scatole di pelati del supermercato proponendole come arte, noncurante del raccapriccio che provocava tra chi restava fedele alla cultura tradizionale. Nel 1966- 67, con il suo progetto di mini- abito leggermente svasato, manifestò in maniera duplice il suo messaggio di rappresentante della Pop Art: irritava l'osservatore elevando a opera d'arte un semplice oggetto quale una scatola di minestra e sferrava una critica contro la società occidentale dei consumi usando un materiale resistente ma estremamente infiammabile.
Produzioni in serie, come la fotolito e il retino preso dai fumetti, erano giudicati con lo stesso metro dell'arte. Il mito dell'unicità dell'opera aveva lasciato il posto a una concezione nuova dell'arte, trasformando notevolmente anche il ruolo e la funzione dell'artista: i temi e le tecniche dovevano adeguarsi ad un mondo molto cambiato.
Nacquero l'Iperealismo, che proponeva perfette imitazioni di persone e di cose, e l'Happening, una forma del tutto nuova di rappresentazione, che era nello stesso tempo attuale, antimuseale e scioccante, oltre che essere uno strumento per avvicinare importanti opere d'arte alla quotidianità.
Negli anni '60 i confini tra arte e moda divennero confusi.
Artisti come Christo, di origine bulgara, e l'americano Mimi Smith crearono abiti come fossero opere d'arte, mentre gli stilisti trovarono nuovi motivi saccheggiando la pop art e l'op art. Sia sulla tela sia sui tessuti, l'abile uso di forme come cerchi, quadrati e spirali dava l'illusione del movimento.

L'op art (o optical art, "arte ottica") divenne una moda di forte tendenza. L'artista inglese Bridget Riley fu una delle figure di spicco del movimento. I suoi cerchi, quadrati, rettangoli e zigzag bianchi e neri venivano abilmente ripetuti per creare un effetto tridimensionale: le sue creazioni sembravano arretrare, proiettarsi fuori oppure ondeggiare. L'illusione funzionava perché creava confusione a livello del nervo ottico. L'industria tessile colse al volo questa opportunità per ottenere lo stesso effetto anche con i tessuti e, in questo modo, stilisti come Ossie Clark a Londra e Y. S. Laurent a Parigi crearono modelli abbaglianti.
Y. S. Laurent, in modo particolare, faceva furore con collezioni che si ispiravano a tendenze artistiche classiche e del presente. Una famosa collezione del 1965 mostrava vestiti tagliati diritti di jersey, nei quali i vari pezzi di stoffa venivano cuciti in modo da riprodurre le fantasie geometriche dei quadri di Piet Mondrian. Secondo Saint Laurent, queste rigide forme si adeguavano perfettamente al corpo umano; effettivamente, i vestiti erano tutt'altro che informi! La serie degli abiti Pop, invece, si ispirava all'opera di Andy Warhol o Roy Liechtenstein.
Y. S. Laurent, in modo particolare, faceva furore con collezioni che si ispiravano a tendenze artistiche classiche e del presente. Una famosa collezione del 1965 mostrava vestiti tagliati diritti di jersey, nei quali i vari pezzi di stoffa venivano cuciti in modo da riprodurre le fantasie geometriche dei quadri di Piet Mondrian. Secondo Saint Laurent, queste rigide forme si adeguavano perfettamente al corpo umano; effettivamente, i vestiti erano tutt'altro che informi! La serie degli abiti Pop, invece, si ispirava all'opera di Andy Warhol o Roy Liechtenstein.
Il trompe- l'oeil era un altro metodo utilizzato per creare un effetto tridimensionale. Trasferito nel campo dalla moda venne utilizzato per inserire colli o polsini finti nel disegno di un maglione o cinture e tasche di colore contrastante su un vestito.

 
 
 

Fotografia...

Post n°169 pubblicato il 08 Maggio 2008 da xheaven
 

 
 
 

Circus

Post n°168 pubblicato il 07 Maggio 2008 da xheaven
 

 
 
 

Gamma (III puntata)

Post n°167 pubblicato il 07 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: Shorts

 Il mattino dopo, il circo ha levato le tende, e sul piazzale restano solo il cadavere di Marianne e la roulotte di Madame Oreille, rancorosa ex-'Biancaneve' del circo; è quest'ultima che la polizia - guidata dal commissario Fontaine - interroga nell'intento di risalire all'autore del delitto. Jean cade intanto nelle mani della banda di Grand-Pierre, che lo tortura per fargli confessare perché ha ucciso Marianne, ma lui stesso non sa rispondere. Philippe arriva appena in tempo a liberarlo prima che i nani lo seppelliscano sotto una montagna di sabbia. Nicole denuncia la scomparsa del marito alla polizia, che intanto ricostruisce l'identikit dell'assassino grazie a un apparecchio che visualizza i ricordi della testimone oculare, Madame Oreille: il cerchio si stringe attorno a Jean che, dopo un lungo inseguimento, viene catturato. Si apre il processo a Jean, accusato dell'omicidio di Marianne Laforet; se il verdetto della giuria popolare e quello emesso da un calcolatore coincideranno, la sentenza sarà inappellabile, altrimenti il processo verrà istruito di nuovo. Jean si è subito dichiarato colpevole, ma il suo avvocato, Lévy-Marchand, cerca comunque di dimostrare che egli non aveva un movente per uccidere la ragazza, a differenza di Grand-Pierre e di Madame Oreille. L'avvocato riesce quindi a convincere Jean a ritrattare la confessione, ma quando viene il momento l'imputato non riesce a mentire: Marianne Laforet l'ha uccisa lui, anche se ne ignora il motivo. All'avvocato Lévy-Marchand non resta che un ultima carta, interrogare il professor Duval, il quale rivela alla corte allibita che Jean Delafoy ha subito un trapianto di cervello. Jean, comprensibilmente, ne è sconvolto.

 
 
 

You're lost little girl

Post n°166 pubblicato il 06 Maggio 2008 da xheaven
 

A chi ama...

 
 
 

Gamma (II puntata)

Post n°165 pubblicato il 06 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: Shorts

Ha inizio la difficile opera di ricostruzione psichica di Jean. I suoi parenti ed amici, sotto la guida della dottoressa Mayer, registrano tutto quello che sanno e ricordano su di lui; le informazioni vengono vagliate da un calcolatore che scarta tutte le notizie potenzialmente dannose per il paziente; solo dopo il controllo, le informazioni sono comunicate al nuovo cervello di Jean sotto forma di impulsi subliminali. Intanto Philippe, ormai dipendente dalla droga, si incontra con Marianne, che è insistentemente pedinata dalla madre di Nicole. La ragazza scatta di nascosto al giovane alcune foto compromettenti: con esse la banda di Grand-Pierre ricatta Philippe, proibendogli di rivelare a Jean chi era Daniel e come è morto. Jean si avvia con grande fatica alla guarigione; deve abituare gli occhi e il cervello ai suoni, alla luce, alle parole, deve scoprire dentro di sé le memorie di una vita precedente che altri vi hanno depositato. Alla fine della lunga terapia riabilitativa, Jean torna a casa con la moglie. Nicole osserva con sorpresa che Jean, oltre a tenere strani comportamenti, ha iniziato a fumare sigarette 'Maréchal' e che è interessato alla storia di Daniel, a come è morto e perché. Jean è inoltre stranamente attratto, quasi ossessionato dal circo: dopo essere stato allo spettacolo con Nicole e la madre, ci torna la sera dopo, questa volta da solo; alla fine dello spettacolo l'ex-pilota, come in trance, entra nel carrozzone di 'Biancaneve' e la strangola, strappandole poi la maschera sotto cui appare il volto di Marianne Laforet.

 
 
 

1976 accadde a Niki Lauda...

Post n°164 pubblicato il 06 Maggio 2008 da xheaven
 

 
 
 

Giorni di traverso

Post n°163 pubblicato il 06 Maggio 2008 da xheaven
 

 
 
 

Gamma (I puntata)

Post n°162 pubblicato il 06 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: Shorts

 L'azione si svolge a Créteil, città-satellite di Parigi, in un prossimo futuro. Il giovane Daniel Lucas viene condotto alla ghigliottina, e dall'ultima lettera scritta alla madre apprendiamo che egli è stato condannato a morte per aver ucciso un poliziotto, Albert Janvier. Dai flashback che rievocano il recente passato del giovane emerge la causa del delitto: Daniel l'ha commesso perché glielo ha ordinato la ragazza che amava, Marianne Laforet, forte di un infallibile strumento di persuasione, una terribile droga contenuta in sigarette di una particolare marca, le 'Maréchal'. Al termine della drammatica sequenza, il giovane è giustiziato. Oltre alla madre, stravolta dal dolore, egli lascia una sorella, Nicole, sposata con Jean Delafoy, pilota di auto sportive. Passa del tempo dall'esecuzione di Daniel, e Jean Delafoy sta provando in pista nel tentativo di abbassare il record del giro. Sulla pista ci sono anche Philippe, che di Jean è collega e amico fraterno, e la sua nuova ragazza, Marianne Laforet, che esercita ora su di lui la sua nefasta influenza. Durante un giro in cui sostituisce l'amico (lo ha infatti visto privo - per via delle sigarette - della necessaria concentrazione) Jean esce di pista ed è sbalzato fuori dell'abitacolo; alla drammatica scena assiste anche Nicole, giunta nel frattempo alla pista. Ai medici prontamente accorsi, che traportano Jean all'ospedale, appare evidente che il corridore ha subito un trauma cranico con danno cerebrale irreversibile; tra i soccorritori c'è però il dottor Piantoni, che fa parte dell'équipe del professor Duval, che da tempo si sta preparando a un rivoluzionario intervento, il trapianto di cervello. Nel frattempo la madre di Nicole, ignara di tutto, è andata allo spettacolo di un bizzarro circo dove si rappresenta la favola di 'Biancaneve e i sette nani'; la donna vi si reca spesso, sperando di trovarvi Marianne, che sa essere la causa della morte del figlio. Il nano Grand-Pierre, capo della banda di spacciatori, si è accorto della sua presenza ossessiva, e durante lo spettacolo la apostrofa minacciosamente diffidandola dal rimettere piede sotto il tendone. Mentre Jean giace in coma in sala di rianimazione, nell'équipe medica si accende un drammatico dibattito sull'opportunità dell'intervento: è soprattutto la dottoressa Mayer a manifestare perplessità di ordine morale. Si decide di interpellare la moglie di Jean: Nicole è sconvolta dalla realtà clinica quale le viene prospettata dal professor Duval, e data l'impossibilità di un'alternativa alla morte certa del marito, accetta di dare il suo consenso al trapianto. Fra i cervelli conservati, un computer ne seleziona uno contrassegnato con la lettera 'Gamma', e l'intervento viene effettuato con successo.

 
 
 

Gamma (sigla di Enrico Simonetti)

Post n°161 pubblicato il 05 Maggio 2008 da xheaven

 
 
 

Gamma (anteprima)

Post n°160 pubblicato il 05 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: Shorts

Girato nel 1974 negli studi Rai di Torino e in Francia (nonché in alcune locations, ad esempio l'autodromo di Monza per le riprese in pista), Gamma è la seconda grande produzione Rai - dopo A come Andromeda del '72 - nel campo della fantascienza. Scritto dal medico-scrittore Fabrizio Trecca, il soggetto dello sceneggiato ha come ambientazione 'obbligata' - per via di alcuni peculiari risvolti dell'intreccio - la Francia, paese in cui la ghigliottina non era all'epoca ancora stata abolita.
Abilmente intessuta dagli sceneggiatori Trecca e Nicolini, e magistralmente sottolineata dalle splendide musiche di Enrico Simonetti (il 45 giri con i due pezzi Gamma e Drug's Theme si piazzò bene in classifica), la drammatica vicenda di Gamma si dipana lungo le quattro puntate insinuando nello spettatore un forte senso di angoscia e apprensione per le sorti del protagonista Jean Delafoy. In realtà il 'pugno nello stomaco' lo spettatore lo ha ricevuto subito, da quegli incredibili otto minuti iniziali: la claustrofobica sequenza - il cui sinistro realismo è accentuato da un efficace indugiare su dettagli apparentemente banali - di Daniel Lucas condotto alla ghigliottina, adagiato sul lettino e sedato con allucinogeni che fanno riemergere dalla mente del giovane frammenti distorti del suo recente passato. Assolutamente magistrale e angosciante, poi - tanto di cappello a Nocita! - è l'ultima parte della sequenza, con la 'visione' della diabolica ex-amante Marianne intervallata con i dettagli dell'indicatore dei secondi che mancano all'esecuzione. Non si era probabilmente mai visto, in Rai, nulla di così impressionante.
Ciò che pare contraddistinguere Gamma rispetto ad altre simili fantasie avveniristiche - televisive e cinematografiche - è il suo abile e perturbante intrecciare la realtà con l'allucinazione, le più incredibili utopie tecnologiche (il trapianto del cervello, o l'ancora più implausibile "visualizzatore di ricordi" che, nella terza puntata, inchioda Jean) con la quotidianità del presente. Ecco uno dei futuri possibili che ci attendono, sembrano dire gli autori dello sceneggiato; i quali, più che a un ammonimento moraleggiante contro i rischi di una tecnocrazia esasperata priva di remore etiche, hanno a nostro avviso inteso rappresentare un incubo ad occhi aperti, un'allucinazione futuribile che ha soprattutto nella propria materia narrativa e spettacolare la principale ragion d'essere.
Per finire, due parole sugli autori. Fabrizio Trecca è nato a Roma il 19 agosto 1940. Già professore di 'chirurgia di pronto soccorso' all'Università dell'Aquila, è autore di varie pubblicazioni scientifiche. Conduttore di rubriche radiofoniche e televisive, è autore, oltre che di Gamma, della serie di telefilm Diagnosi (1975). Ha pubblicato nel '79 il best seller Johnny Lancet, chirurgo del Pentagono. Appassionato e pilota di auto sportive, nel 1981 ha pubblicato il romanzo Formula Uomo, in cui è ripreso e sviluppato il tema della medicina avveniristica ambientato nel mondo delle corse automobilistiche, già presente in Gamma. Attualmente conduce su Retequattro il programma Vivere meglio.

 
 
 

Il ritratto

Post n°159 pubblicato il 03 Maggio 2008 da xheaven
 
Tag: History

 
 
 

La storia dell'obiettivo...

Post n°158 pubblicato il 03 Maggio 2008 da xheaven
 

Il primo obiettivo fu realizzato forando una parete di una scatola chiusa per farvi passare la luce, producendo un foro stenopeico. Nel 1550 Gerolamo Cardano introdusse una lente convessa per concentrare la luce e aumentare la luminosità, nel 1568 Daniele Barbaro aggiunse un diaframma per ridurre le aberrazioni.

Nel 1814 William Hyde Wollaston sostitui la lente di Cardano con una concavo-convessa, a menisco,

Nel 1829 Charles Chevalier realizzò le prime lenti acromatiche composte da un elemento positivo e uno negativo con due vetri ottici di potere dispersivo uguale e contrario. Produsse inoltre gli obiettivi per equipaggiare le fotocamere di Alphonse Giroux per la dagherrotipia, con focale di 40,3cm (403mm) f/11.

Il 1840 vide la nascita del primo obiettivo calcolato matematicamente da Joseph Petzval, di luminosità f/3.

Nel 1890 John Henry Dallmeyer risolse il problema delle necessità delle lunghe focali progettando lo schema ottico a teleobiettivo, riducendo il tiraggio accorciando il fuoco posteriore rispetto alla lunghezza focale.

Il tripletto di Cooke, realizzato nel 1893 da Dennis Taylor per la Cooke & Sons, ridusse la distorsione e migliorò la qualità ai bordi.

Nel corso degli anni furono introdotti da grandi aziende del settore schemi ottici dai quali nacquero diversi obiettivi. Fra gli schemi ottici più importanti, i cui nomi per vecchia tradizione derivano dal greco, compaiono il Tessar, il Planar, il Distagon, l'Hologon, il Topogon, il Sonnar (Zeiss), il Dagor, l' Artar, l'Hypergon (Goerz), il Super-Angulon (Schneider), l'Ernostar (Ernemann)

 
 
 

Gianni Berengo Gardin

Post n°157 pubblicato il 03 Maggio 2008 da xheaven
 

Ha lavorato in Italia e all'estero, ha vissuto a Roma, Parigi e in Svizzera. Autore di numerosissimi libri di fotografia.

Nasce a Santa Margherita Ligure, in provincia di Genova, nel 1930 e dal 1954 inizia ad occuparsi di fotografia. Inizia la sua carriera di fotoreporter, nel 1965 quando lavora per "Il Mondo" di Mario Pannunzio. Negli anni a venire collabora con le maggiori testate nazionali e internazionali (Domus, Epoca, Le Figaro, L'Espresso, Time, Stern...tanto per citarne alcuni).

Il suo modo caratteristico di fotografare, il suo occhio attento al mondo e alle diverse realtà, dall'architettura al paesaggio, alla vita quotidiana, gli hanno decretato il successo internazionale e lo rendono un fotografo molto richiesto anche nel mercato della comunicazione d'immagine. Molte delle più incisive fotografie pubblicitarie utilizzate negli ultimi cinquant'anni provengono dal suo archivio. Procter&Gamble e Olivetti più volte hanno usato le sue foto per promuovere la loro immagine. La sua amicizia con l'architetto Carlo Scarpa,gli ha permesso di documentare alcune opere di quest'ultimo, come la tomba Brion vicino Treviso. Berengo Gardin ha esposto le sue foto in centinaia di mostre che hanno celebrato il suo lavoro e la sua creatività in diverse parti del mondo: il Museum of Modern Art di New York, la George Eastman House di Rochester, la Biblioteca Nazionale di Parigi, gli Incontri Internazionali di Arles, il Mois de la Photo di Parigi, le gallerie FNAC.

Nel 1991 una sua importante retrospettiva è stata ospitata dal Museo dell'Elysée a Lausanne e nel 1994 le sue foto sono state incluse nella mostra dedicata all'Arte Italiana al Guggenheim Museum di New York. Ad Arles, durante gli Incontri Internazionali di Fotografia, ha ricevuto l'Oskar Barnack - Camera Group Award.

Gianni Berengo Gardin ha pubblicato oltre 150 libri di fotografia. Tra gli altri, Venise des Saisons, Morire di classe (con Carla Cerati) , L'occhio come mestiere, Toscana, Francia, Gran Bretagna, Roma, Dentro le case, Dentro il lavoro, Scanno, Il Mondo, Un paese vent'anni dopo (con Cesare Zavattini), In treno attraverso l'Italia (con Ferdinando Scianna e Roberto Koch), fino al grande libro antologico dal titolo Gianni Berengo Gardin Fotografo (1990).

Qualche anno fa ha dedicato il suo lavoro alle comunità di zingari in Italia e il libro Disperata Allegria - vivere da Zingari a Firenze ha vinto nel 1994 l'Oscar Barnack Award. Il suo ultimo libro è Italiani (Federico Motta Editore, 1999).

Le sue ultime mostre sono state a New York (1999 - Leica Gallery) e in Germania (2000). Nel 2005 la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche gli ha dedicato una monografia della collana “Grandi Autori”. Nel novembre 2007, sempre la FIAF, ha editato la monografia "L'Abruzzo dei fotografi", che ospita (anche in copertina) dieci sue immagini di L'Aquila ed un'intervista. Nel dicembre 2007, in occasione del Lucca Digital Photo Festival, ha esposto a Lucca il suo ultimo lavoro "Aiutiamo la Casa del Sole".

Gianni Berengo Gardin vive ora a Milano ed è membro dell'importante agenzia fotografica Contrasto dal 1990 ed è inoltre membro del circolo "La gondola" di Venezia http://www.cflagondola.it/

 
 
 

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Post n°156 pubblicato il 03 Maggio 2008 da xheaven
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