Un uomo libero

Post n°94 pubblicato il 10 Giugno 2008 da zackdelarocha3
Foto di zackdelarocha3

Quella mattina di primavera uscii di casa e gridai: "Io sono a disposizione di chi mi vuole. Chi mi prende?".
Mi lanciai sulla strada selciata. Sul suo cocchio, con la spada in mano e seguito da mille guerrieri, passava il Re. "Ti prendo io al mio servizio", disse fermando il corteo. "E in compenso ti metterò a parte della mia potenza". Ma io della sua potenza non sapevo che farmene. E lo lasciai andare.
"Io sono a disposizione di tutti. Chi mi vuole?".
Nel pomeriggio assolato, un vecchio pensieroso mi fermò, e disse: "Ti assumo io, per i miei affari. E ti compenserò a suon di rupie sonanti". E cominciò a snocciolarmi le sue monete d'oro. Ma io dei suoi quattrini non sapevo che farmene. E mi voltai dall'altra parte.
La sera arrivai nei pressi di un casolare. Si affacciò una graziosa fanciulla e mi disse: "Ti prendo io e ti compenserò col mio sorriso". Io rimasi perplesso. Quanto dura un sorriso? Frattanto quello si spense e la fanciulla dileguò nell'ombra. Passai la notte disteso sull'erba, e la mattina ero madido di rugiada.
"Io sono a disposizione... Chi mi vuole?".
Il sole scintillava già sulla sabbia, quando scorsi un bambino che, seduto sulla spiaggia, giocava con tre conchiglie. Al vedermi alzò la testa e sorrise, come se mi riconoscesse. "Ti prendo io", disse, "e in cambio non ti darò niente". Accettai il contratto e cominciai a giocare con lui. Alla gente che passava e chiedeva di me, rispondevo: "Non posso, sono impegnato".
E da quel giorno mi sentii un uomo libero.

(Rabindranath Tagore) 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Il libro delle Mille e Una Notte..

Post n°93 pubblicato il 28 Maggio 2008 da zackdelarocha3
Foto di zackdelarocha3

..scoprire, ogni tanto, l’Oriente, fa parte delle tradizioni d’Europa; Erodoto, la sacra Scrittura, Marco Polo e Kipling sono, probabilmente, i primi nomi che ci vengono in mente.

Il più abbagliante di tutti è Il libro delle Mille e Una notte. In esso sembra essere cifrato il concetto di Oriente, questa strana parola che abbraccia tante e tanto disuguali regioni dal Marocco alle isole del Giappone.

Definirla è difficile, perché definire è un po’ come diluire in altre parole, e la parola Oriente e la parola Mille e Una notte già ci colmano di magìa..

..Spesso, di un libro diciamo che è lungo come se ciò fosse una specie di peccato, ma in alcuni, l’estensione è una qualità, una qualità essenziale.

Uno di tali libri, e non il meno illustre, è l’Orlando Furioso; un altro il Don Chisciotte; un altro, Le Mille e Una notte o, come vuole il capitano Burton, il libro delle Mille Notti e Una Notte.

Non si tratta, ovviamente, di leggerlo per intero; gli arabi affermano che ciò condurrebbe il lettore alla morte. Voglio dire che il piacere che ci può dare la lettura di un brano qualunque deriva in qualche modo dalla coscienza di trovarsi davanti ad un fiume inesauribile.

Il titolo originale enumerava mille notti. Ma il superstizioso timore delle cifre pari indusse i compilatori ad aggiungerne una, e questo basta a suggerire l’infinito.

L’Indostan attribuisce le sue vaste epopee a un dio, a un uomo leggendario, ad un personaggio dell’opera stessa o al tempo; all’edificazione delle Mille e Una Notte hanno collaborato i secoli e i regni.

Si congettura che il nucleo primitivo della raccolta provenga precisamente dall’Indostan, che da lì sia passato in Persia, all’Arabia, all’Egitto…Per giustificare il titolo, le notti dovevano essere necessariamente Mille ed Una; questa necessità fece sì che i copisti intercalassero nell’opera testi fortuiti. Così, in una delle sue notti, Sheherazade narra la storia di Sheherazade, senza sospettare che si tratta di se’ stessa….Se avesse persistito in tale distrazione avremmo raggiunto la vertigine e la felicità di un libro infinito.

A prima vista, Le Mille e Una Notte suggeriscono un esercizio illimitato della fantasia; tuttavia, appena esploriamo questo labirinto, scopriamo, come nel caso di altri, che non è un mero caos irresponsabile, un’orgia dell’immaginazione.

Il sogno ha le sue leggi. Abbonda in certe simmetrie: la ripetizione del numero tre, le mutilazioni, le metamorfosi di corpi umani in animali, la bellezza delle principesse, lo sfarzo dei re, i talismani magici, i geni onnipotenti che sono schiavi del capriccio di un uomo..Questi ripetuti disegni formano la trama e costituiscono lo stile personale di questa grande opera collettiva, impersonale per eccellenza.

Possiamo affermare, senza iperbole, che vi sono due tempi: uno è il tempo storico, in cui si trama il nostro destino; l’altro, il tempo delle Mille e Una Notte, che attende, atemporale, le nostre mani..

Malgrado le malìe e le disgrazie, le metamorfosi e i dèmoni, il copioso tempo di Sheherazade ci lascia un sapore che non è meno raro nei libri che nella vita: il sapore della felicità

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Della poesia.. 

Post n°92 pubblicato il 26 Maggio 2008 da zackdelarocha3
Foto di zackdelarocha3

La
dimensione onirica che costituisce la “cifra” della poesia, che attraversa le
situazioni – che, anzi, le “avvolge” – non è il movente della scrittura ma, al
contrario, è il risultato a cui la scrittura giunge attraverso un processo di
elaborazione concettuale che intende svincolare gli elementi del reale dai
contesti cui appartengono per accrescerne il senso e proiettarli in una sfera
che possa consentire ad essi di creare un altro senso.
La
poesia, quindi, non è rappresentazione verbale del sogno; è, invece, la
realizzazione di una volontà, di una necessità, di un sogno. Perché il sogno
(probabilmente soltanto il sogno) è la possibilità dell’estasi, dell’iperbole..
Ogni
persona normale ha i propri sogni ad occhi aperti, le proprie fantasie che non
confessa perché se ne vergogna o immagina che possano destare negli altri
disapprovazione, se non ripugnanza. E’ un concetto già osservato da Freud;
questi, nel saggio Il poeta e la fantasia,
esprime la propria opinione: “la vera ars poetica consiste nella tecnica
per superare la nostra ripugnanza, la quale è certo in stretta connessione con
le barriere che si innalzano tra ogni singolo Io e gli altri. Possiamo supporre
due mezzi di questa tecnica: il poeta addolcisce il carattere egoistico del suo
sogno ad occhi aperti attraverso modificazioni e velature; e ci seduce mediante
il piacere dei suoni vocali che lo poesia stessa da al lettore. Il piacere, in
tal senso, è di tipo formale, cioè estetico."
Ora,
il conflitto tra vergogna (o pudore) e necessità trova soluzione proprio nella
scrittura. Perché è la scrittura che modifica, vela, nasconde, finge, che
sradica – cioè – i referenti dal terreno della storia personale, e li amplifica
e li dilata nell’infinito dell’immaginario.
Tra
cosa e scrittura si determina insomma una distanza che mette in funzione un
meccanismo di invenzione e di trasfigurazione che coincide con l’atto poetico.
Ma,
soprattutto, la scrittura realizza: realizza il sogno che di conseguenza non è
altro che linguaggio, reticolo di segni, ribollìo senso, esaltazione dell’idea
tramutata in forma. E si tratta di un linguaggio costantemente teso verso la
metafora, l’analogia, il paradosso, il mito.
Ebbene,
dalla “marea” del sogno emerge un’immagine, vorrei dire una visione, una
fantasticheria (nell’accezione di idea fantastica) di donna. Più che donna,
anzi, di creatura, personificazione di un’entità astratta, fatta di “cielo e di
acqua”, fatta di sogno, e scolpita dal desiderio e dalla luce. Di certo esiste
soltanto una figura fatta di sogno, creata dal sogno, che assume la forma che
il sogno riesce a creare e che è determinata, provocata, quasi, dal desiderio e
dal continuo tentativo di appagarlo. E la luce è, con ogni probabilità, simbolo
dell’appagamento del desiderio. Tutto si verifica, allora, nell’ambito della
sfera mentale; il desiderio è la molla della conoscenza.
Conoscenza
di cosa? Di sé, certamente. Questa figura ideale per molti aspetti si presenta
come una trasparenza del voler essere. Essa prende le forme di quegli elementi
che si agitano nelle profondità della persona che scrive, che condiziona la sua
esistenza anche senza manifestarsi.
Solo
la memoria è “pietrosa”, perché contiene il passato reale; è grumo, pesantezza,
fissità, che si oppone al divenire del sogno. La memoria è tutto ciò che non è
diventato ancora – o che non diventerà mai – sogno, e quindi levità. E’ storia,
misura del tempo, segmento monosemico, contiene il senso dell’inizio e della
fine, significa esclusivamente in relazione al vissuto.
Perché
la poesia è questa lunga avventura intellettuale che intende rendere esemplare
una vicenda mediante la sua trasformazione in sogno; è avventura intellettuale
che scommette sulla possibilità di sfuggire alla cristallizzazione della
memoria cercando nella poesia la situazione per riprodurre lo stupore. E,
probabilmente, soltanto una vicenda d’amore poteva consentire un viaggio
continuo tra la mente ed il cuore.



 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Post N° 91

Post n°91 pubblicato il 19 Maggio 2008 da zackdelarocha3
Foto di zackdelarocha3

..ombra di pensiero
dolce come sabbia
calda, dopo il volo
scolpito nella memoria
di pietra in forma di brezza
e ripetuto, come l’eco dei monti.
E’ nome, sussurrato, di un fiore
che dalla vertigine d’immagini
d’acqua precipita nell’iride adagiato
sul greto dei tuoi capelli.
Curva azzurra di onda
adornata di bianco e di sole
bacia morendo
la linea spezzata del tempo.
E se quest’alba inquieta, angolare,
dissolta in nebbia impietosa
sfuma colori, cornici di sogni,
tenue speranza accarezza
l’attesa risposta del tempo.
Sul diagramma scandito
da torrenti di luna a valle,
la magia di una danza:
due farfalle che volano insieme..



 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Il viaggio 

Post n°89 pubblicato il 13 Maggio 2008 da zackdelarocha3
Foto di zackdelarocha3

Il mio viaggio
non inizia nel tempo.
La mia strada
tra bufere e sogni
non conosce la pace.
Qualche istante
con i piedi nel mare
qualche notte ad attendere l’alba
e poi ancora in cammino.
Piedi nudi
tra macchie di rovi
fame sete
stanchezza sorriso.
Una volta
ho guardato indietro
dignitari con falci
a offrire il grano.
Non potrò restar solo
mille madri e fratelli
sono dentro me
vivo per loro
per chi è privo di occhi e di bocca
per chi è privo di gioia e di azzurro.
Il mio grido sale nell’aria
per dare un senso
in un cimitero d’indifferenza.
Continuo il mio viaggio..



 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
« Precedenti
Successivi »
 
 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

Ultime visite al Blog

fvaraniab_salusbasketantonio.fierrokedilDrfrancescostudiogianniburatososkifabriupAnnabel.Lee0AnnabeleeOdettedecrecyzackdelarocha30zackdelarocha3
 

Ultimi commenti

Ciao! Ti invito a visitare il...
Inviato da: scrivisulmioblog
il 30/05/2008 alle 00:53
 
che bei versi!
Inviato da: tonya800
il 12/05/2008 alle 12:48
 
"I giusti". Jorge Luis Borges Un uomo che...
Inviato da: monastero.invisibile
il 09/05/2008 alle 05:17
 
ciao zac, ti leggo con piacere....
Inviato da: musciaresta
il 30/04/2008 alle 20:03
 
ked, grazie per il tuo commento. In realtà credo che...
Inviato da: zackdelarocha3
il 12/02/2007 alle 10:11
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963