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Zagara&Pepe

La Metamorfosi è uno stato dell'Anima

 

 

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Un lavoro d'autunno             (capitolo II)

Post n°37 pubblicato il 22 Settembre 2006 da pro_mos

(tempo passato)

Quel giorno si sentiva particolarmente infelice. Neppure la lettura della spumeggiante logica di Bertand Russel riusciva a donargli un poco d'euforia, provò a trovare quiete nel rigore e negli elementi di Euclide. Niente, nulla riusciva colmare quel suo strano senso di ansietà.
Gioacchino Ravasi era un matematico che di professione faceva l'insegnate. Uno di quei matematici puri che fin dalla primissima infanzia vedi far di conto. Con tutto, in ogni occasione.


Il primo regalo che destò in lui un grande interesse fu infatti un grosso pallottoliere, all'età di due anni. In casa si pensò che fosse per via di quelle grandi palle colorate:-"Si vede che ha talento artistico!"- stabilì sicura una zia, sorella della madre. E tutti a darle corda, a fare a gara nel sostenere il piccolo artista con regali che dovevano sviluppare quell'innato talento. Furono anni di pastelli e di colori, di album da disegnare che, regolarmente, finivano accantonati ancora nuovi.


-"Sarà portato per la musica, allora"- questa diceria nacque perché, infondo, uno zio del nonno paterno era stato musicista e quel talento d'artista certo poteva benissimo essere ereditario.

 
immagineA cinque anni iniziò a prendere lezioni di pianoforte. Anzi, per fare le cose in grande gliene venne comperato uno verticale. Di fronte a cotanto strumento Gioacchino, ch'era piuttosto bassino rispetto alla sua età, si sentiva in grande imbarazzo. Sostenuto dall'entusiasmo dei parenti cominciò a “salire e scendere quelle scale”. Furono i pomeriggi più lunghi della sua vita. Picchiava sui tasti senza alcuna voglia né volontà,
spesso anzi incespicava ed allora il maestro scuoteva gravemente la testa. :-"Il ragazzo è molto portato” - esordì un giorno parlando alla madre. Disse questo più per compiacerla e per mantenere quel magro compenso che per viva convinzione – “tuttavia appare.... come dire.... svagato.... non si concentra abbastanza...” - poi, pensando di aver detto troppo e di rischiare di compromettere in quel modo il suo futuro di docente del piccolo, leggendo negli occhi della madre una viva apprensione, s'affrettò a concludere, tutto d'un fiato - “d'altra parte uno spirito simile è tipico dei piccoli talenti. E' lo spirito dell'artista, del vero artista"-
A sentire quelle parole la madre si rassicurò. Quella donna, convinta che la sua missione fosse quella di far scaturire la gioia dell'arte da quel figliolo moltiplicò le sue cure e le sue attenzioni.


Fu solo dopo l'avviamento della prima elementare che tutti scoprirono la sua vera passione. Al primo giorno di scuola sua madre parlò con la maestra:
-"E' Molto portato per le arti e per la musica, ma è un po' svogliato....."- lasciò la frase in sospeso come volesse dire "ci pensi lei, per favore....."-. Ma non concluse quel suo discorso.


Le prime nozioni di matematica svelarono finalmente la sua vera inclinazione.
Ma tutto questo era storia ormai lontana. Per farla breve dirò solamente che l'unico a felicitarsi di quella strada fu il padre, da sempre messo un po' in disparte in una famiglia composta da moglie sorella e madre, le ultime due, soprattutto, di forte tempra. Trovò in quel mutarsi del futuro del figlio, un senso di rivincita del destino contro l’intuizione ed il volere di quelle donne

-“Diventerà un ingegnere, un grande ingegnere!"- sentenziò alfine un giorno alle donne di casa. Nessuna di loro gli diede ascolto, ormai il sogno di un artista in famiglia era svanito, per il resto sarebbe stata la volontà del Cielo. Loro, la loro parte l'avevano fatta tutta.


Il resto del suo corso di studi lo potete facilmente immaginare. immagine


Gettato alle ortiche il progetto di farne un vero artista nessuna donna di casa tentò di contrastare quella sua passione per i numeri. Il padre poi non fece in tempo a vederlo laureato. Morì improvvisamente, in un incidente, che ancora non aveva finito il liceo. All'università s'iscrisse al corso di matematica pura. Quello che concedeva davvero poco in fatto di scelte.
Ma lui aveva scelto benissimo:-"Voglio fare l'insegnate"- disse il giorno del suo 21° compleanno. La notizia fu accolta in silenzio dalla madre e dalla zia. La nonna aveva scelto di riposare d'un sonno ben più lungo di quello d'una notte, poco dopo la morte del figlio.


Gli anni dell'università passarono veloci. Gioacchino studiava instancabilmente. Del resto madre natura lo aveva ben aiutato a non concedersi grandi distrazioni! Non era tanto per la sua altezza fermatasi non oltre i centosessanta centimetri, no, su quella si sarebbe potuto sorvolare. Era l'insieme di vari elementi. La calvizie incipiente, il naso un poco adunco ed aquilino, gli occhi grandi coperti da spessi occhiali.
Passate le età dello scherno con l'infanzia e l'adolescenza, quando i compagni lo chiamavano "Gufo" o, a volte "Civettone", passata l'epoca in cui le ragazze ridevano, dietro ai quaderni, quando lui facevano le sue timide avances, passato tutto questo incominciò per lui una vita ai margini. Mai una volta a ballare, mai un invito ad una festa, mai una vacanza in compagnia e, naturalmente, mai una ragazza.
A poco a poco si abituò a quell'esistenza invisibile.

Solo dopo la laurea Gioacchino cominciò a trovare una vera identità. Seduto dietro alla cattedra, con il registro aperto, incuteva rispetto e terrore. Insegnava matematica perbacco! Mica una di quelle discipline secondarie. Un 5 in storia era comunque discutibile, un 5 in matematica era quasi inappellabile. Genitori ed alunni avevano tutti rispetto per lui.


Ma quel giorno si sentiva inquieto.  
-" Forse - pensò- vedendo un po' di gente attorno mi calmerò"- era un'ansia strana, quella. Iniziava la notte, prima di addormentarsi. Il sonno lo conduceva verso sogni che poi aveva vergogna persino a ricordare. Nel sogno s'incontrava con donne. Oddio non poteva neanche pensarci. Lui era un professore! E di matematica! non un pornografo!


Camminando arrivò fino in centro dove c'era la migliore gelateria della città. Era goloso in quel periodo e faceva davvero caldo quel giorno. Si sedette ad un tavolino e ordinò una coppa di gelato:-"torrone e cioccolato, per favore, con panna montata"- lo disse senza guardare negli occhi la cameriera tanto era il suo senso di colpa per quello strappo che si concedeva ad una dieta che avrebbe dovuto essere ben più rigida.
-"Mi dispiace signore, oggi non abbiamo panna montata, la macchina s'è
immagineguastata"- Era una voce di giovane donna quella della cameriera. Gioacchino alzò lo sguardo ed incontrò il suo volto. Bellissimo! Due occhi chiari in un viso perfettamente ovale incastonato dai capelli castani raccolti sulla nuca. Arrossì sorpreso di vederla sorridente e serena mentre lo guardava.
:-"..Come ha detto signorina..?"- chiese appena riuscì ad articolare qualche parola.
La giovane ripetè:-“Niente panna montata oggi, signore, si è guastata la macchina”-

- "Non importa, non importa - disse Gioacchino - va bene senza panna"-
La ragazza lo servì velocemente. Gioacchino mangiava con molta attenzione il suo gelato. Lo gustava ma ancor di più gustava la vista della ragazza. Doveva avere 24/25 anni. Il portamento agile, il sorriso sempre presente. Sembrava che niente di tutto quello che di brutto potesse capitare al mondo la potesse mai incontrare. Era lo specchio della felicità e portava allegria il guardarla.
Chiese il conto.
-"Posso chiederle come si chiama, signorina"- domandò a bassa voce quando lei portò il resto -"Come?"- rispose la ragazza.
-"No...niente...- riprese Gioacchino sempre più rosso ed impacciato - era solo una curiosità....una stupida curiosità"- prese il resto dal tavolo, lasciò le monete per mancia e si alzò per andarsene.
La ragazza lo guardò goffo ed impacciato e si mise a ridere. Quando fu un po' più lontano gli gridò:-"Elena, mi chiamo Elena... e ho anche un gatto! un gatto che si chiama Lumiere! Torni a trovarci, signore"-
Gioacchino si fermò, come trafitto da una freccia invisibile. Sudò freddo guardando la ragazza che lo salutava con la mano alzata -"tornerò - disse tra sé - tornerò"-

 

(CONTINUA......)

 
 
 
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