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Messaggi del 22/05/2015

... Sono Innocente ...in memoria di mia figlia Monica

Post n°806 pubblicato il 22 Maggio 2015 da nonna.fra
 

una storia vera, la mia amica Paola Caio racconta di sua figlia Monica assassinata dal suo uomo 

 

Paola Caio in memoria di Monica Da Boit

... Sono Innocente ...in memoria di mia figlia Monica

Monica Da Boit racconta la sua storia . 

seconda parte 

Convinti di iniziare una nuova vita…già… una nuova vita fatta di tribolazioni e pianti a non finire. Se non fosse stato per mia madre, a quest’ora sarei morta di fame. Spesso faceva più di cento kilometri per venire a trovarmi. A mamma Giampaolo non piaceva: diceva che era uno sfaticato e…aveva ragione, solo che allora con gli occhi dell’amore non vedevo la realtà. Paolo era un despota, sempre scontento di tutto e di tutti, diceva che nessuno lo capiva, nemmeno la sua famiglia lo capiva …e ci credo, come si fa a capire un figlio che mette le mani addosso alla madre? Al padre? Ai fratelli? Era un violento per natura, una volta voleva i soldi dalla sorella per la roba, lei glieli ha negati e allora ha preso un coltello da cucina e l’ha minacciata: “se non mi dai i soldi ti ammazzo!”… il coltello era puntato sulla pancia. Spaventata a morte glieli ha consegnati e poi lo ha cacciato di casa. Mi ero aggregata al suo gruppo “bulli e ubriaconi”, ma volevo tenere sotto controllo la situazione; una volta ubriaco Paolo mi picchiava a sangue, anche davanti ai suoi amici; voleva far capire che era lui che comandava la sua donna! Molte volte sono stata ricoverata per una frattura alla mano, mi storceva le dita fino a fratturarle, oppure mi picchiava sulla schiena lasciandomi grandi ematomi, oppure col coltello si divertiva a segnarmi la pelle dietro la schiena… calci davanti agli amici… e nessuno interveniva… Non capisco come mai non mi sia allontanata prima da quell’uomo: ero convinta con il mio amore di poterlo CAMBIARE… ASSURDO non si cambia un uomo violento, mai.

Non volevo dire nulla a mia madre: lei avrebbe denunciato il mio ragazzo e forse sarebbe stato meglio. Oggi ricordo un particolare di quando tra amici mi ha fatta fare cento metri inginocchiata sull’asfalto a chiedergli SCUSA… mentre avanzavo sull’asfalto le mie ginocchia erano insanguinate e mi facevano un male cane…niente da fare, dovevo percorrere quel tratto di strada chiedendo: “PERDONAMI PAOLO!!”

Perdonami di cosa? Per amarti? Non meritavi nulla del mio amore! Guardo il mio corpo: è tutto un livido…botte, tagli sulla testa; sono irriconoscibile.

Era una sera d’estate, era abbastanza tardi quando insieme agli amici siamo entrati in un bar a bere qualcosa. Paolo come al solito aveva bevuto troppo, il barista ci aveva chiesto di non fare casino, ma tutti un pò “bevuti” ci siamo messi a ridere; il proprietario allora chiama i Carabinieri. “Cosa sta succedendo qui?”… ci fu botta e risposta “Paolo andiamo via, andiamo a casa”, ma Paolo sfidava i Carabinieri insultandoli. Lo hanno preso in quattro, ma aveva una tale forza nei muscoli che li ha fatti finire all’Ospedale tutti e quattro. Da lì è scattata la denuncia per rissa e VIOLENZA verso le forze dell’ordine; io, molto spaventata, avevo cercato di strattonarlo fuori dal bar, ma non c’era stato nulla da fare, mi chiamarono in Caserma e mi fecero una bella ramanzina. Avvisati i servizi sociali Paolo viene ricoverato in Psichiatria a Verona, da lì viene trasferito in una casa per tossicodipendenti e dopo circa un anno, viene dimesso; si era disintossicato e sembrava che il suo cervello ragionasse di nuovo. Passano i giorni, Paolo non ha nessuna voglia di lavorare, si accumulano debiti su debiti e cosi penso di telefonare a mia mamma per chiedere un aiuto, altrimenti il padrone di casa ci avrebbe sfrattati. Mamma si era arrabbiata parecchio quella volta, ma conoscendola bene dopo una mia telefonata ha preso l’auto ed è venuta a casa mia per portarmi qualche soldo. Alle dieci del mattina arriva mia madre, insieme si va al supermercato a fare la spesa, nel frigorifero non c’è nulla da mangiare e la mia casa è molto spoglia: pochi mobili e abbastanza vecchi. Mamma tiene in nel suo garage una cucina quasi nuova, chiama un amico e insieme la caricano su un camioncino e me la porta.

Mi piace la cucina: è bella bianca con i vetri trasparenti, mi sembra di stare un po’ a casa sua. Paolo la guarda, sembra soddisfatto ma è una mia illusione, non è mai grato di nulla, per lui tutto gli è dovuto, anche i soldi di mamma . Le litigate erano all’ordine del giorno, una notte mi sono recata da sola al Pronto Soccorso, mi aveva picchiata e stavo veramente male. Non ce la facevo più, ho chiamato mamma e le ho chiesto se mi poteva aiutare; la sua risposta è stata: “Si, ti posso aiutare ma abiti lontano e non mi è possibile raggiungerti ogni volta che mi chiami al telefono, quindi se per te va bene, potresti venire qui ad abitare nel mio paese, cosi mi sarà piu facile…”

Preciso  che Paolo era ancora ricoverato in una casa per tossici ed ero sola).

Vado ad abitare con mia madre, aspettando che Paolo esca guarito. Mi trovo un lavoro part -time e nel frattempo studio per riuscire a prendere un diploma. Mentre mia madre stira io studio, non mi costa fatica studiare mi è sempre piaciuto; lavoro e studio e cosi mi sono messa da parte un po’ di soldini, nell’attesa che Paolo tornasse. Mentre la sera frequentavo la scuola serale, di giorno al mattino presto verso le sette, andavo nei campi a raccogliere la frutta, mi facevo la doccia e andavo al lavoro fino alle ore 13.00; nel pomeriggio studiavo. Mi sono diplomata Dottoressa in Economia e Commercio, una grande soddisfazione per me e per la mia famiglia. E cosi mia madre cerca e trova un piccolo appartamentino nell’attesa che Paolo esca dalla casa di cura, da sola vado ad abitare da mamma e Luigi, il secondo marito di mia madre, mi accetta come una figlia. Gli sono eternamente grata per tutto il bene che mi vuole, mi considera una figlia, mi dà consigli che accetto volentieri dato che mio padre è scomparso dalla mia vita… non mi cerca: troppo indaffarato per gli affari suoi. Ha altro a cui pensare lui: le sue donne e il suo bicchiere sempre pieno. Mi sono chiesta tante volte che vita di merda deve aver fatto mia madre, non se lo meritava proprio un marito cosi, ricordo che una volta le dissi: “Mamma perché hai aspettato cosi tanto per venirtene via da papà?” Lei candidamente mi rispose: “lo amavo tanto, speravo che cambiasse e invece…” . Povera la mia mamma. 

Sto aspettando che Paolo esca e mi raggiunga a casa di mamma. Lei ci ospita volentieri, intanto si prepara la casa che diventerà la nostra abitazione. Paolo sembra contento, anche se trova sempre qualcosa da ridire su questo e su quello. Io sono felice invece, immagino il mio domani con lui, dei bambini, una vita semplice ma insieme alla persona che amo. I primi tempi si va d’amore e d’accordo; grazie a mamma trova il lavoro vicino a casa nostra, torna per pranzo e alla sera dopo essersi fatto la doccia, si mette davanti al pc. Mi sento cosi sola, così per avere un po’ di compagnia prendo un cane, un alano …ordine di Paolo: “deve essere grosso da far paura a chi si avvicina alla casa”, dice. Sailor, cosi si chiama il cane è di una dolcezza incredibile: non mette paura a nessuno, dolce e coccolona si affeziona a me; d’altra parte sono l’unica che se ne prende cura… voleva il cane? Torna da lavoro sempre più strano, mi sorge qualche sospetto: non è che ha ricominciato a far uso di cocaina? Diventa irascibile: prende un sacco di farmaci antidolorifici, anche se non ne ha bisogno, sicchè il farmacista mi nega le medicine. “Se non hai la ricetta non ti dò più nulla!” dice. Al lavoro le cose non vanno, nessun collega lo degna di una parola; per Paolo è un grave affronto, non si accorge che la colpa è sua, alza la voce e minaccia i colleghi. Mi proibisce di andare a trovare mia madre. Noi (io, mia sorella e mamma) siamo molto affiatate ma a Paolo non va giù; dice che per lui è sufficiente stare da soli, senza le rompiballe attorno.

Inizia cosi il mio calvario: se mi ribello sono pugni sulla schiena, botte in testa e cosi via. Decido che così non si può andare avanti. Mi ribello, anzi cerco di ribellarmi, ma lui è più forte e mi impone la sua volontà; tremo davanti a lui, so che quando è arrabbiato, picchia e forte. Una sera d’inverno dopo una sfuriata furibonda, mi picchia ancora, sono piena di lividi, ma me ne guardo bene a mostrarli a mia madre, anzi invito le mie amiche a non parlarne assolutamente con mamma; so già cosa farebbe… mi minaccia con un coltello, mi chiama BIFOLCA, GRASSONA, NON SEI UNA STRAFIGA, mi umilia anche davanti ai pochi amici che abbiamo, uno in particolare, un certo Giuseppe lo istiga a menarmi, sostiene che le donne vanno picchiate sistematicamente… maledetto! Esco con la mia auto e mi rifugio col cane in ufficio dove lavoro. Al mattino entra il titolare e mi fa una ramanzina PROIBENDOMI di entrare ancora nel suo ufficio.

Nonostante abbia spiegato che Paolo mi aveva picchiato forte non sente ragioni …non vuole problemi dice il vigliacco. Non potevo andare da mia madre, se ne sarebbe accorta dei lividi e poi era notte fonda. Se mamma avesse visto come mi trattava non avrebbe più voluto che rimanessi con Paolo. In ballo c’era l’acquisto dell’appartamento, mia madre aveva già dato una caparra per l’acquisto; se avesse saputo che Paolo mi maltrattava avrebbe rifiutato un ulteriore aiuto. Le cose peggiorarono: era il 23 Agosto, giorno del mio compleanno; mamma ci aveva invitati a cena, ma Paolo era talmente ubriaco che ho dovuto per forza disdire, per non creare altri problemi sono rimasta a casa. Mi ero arrabbiata parecchio con Paolo: lui come al solito mi aveva dato tante botte da farmi finire al Pronto Soccorso… mi aveva tagliato la testa con una bottiglia rotta.

Erano le due di notte, il medico mi ha trattenuta e mi ha detto: “Monica, vattene da quel porco; se rimani con lui la prossima volta non so cosa potrebbe farti.” Mi aveva medicata e dato alcuni punti di sutura, un antidolorifico e ….. Paolo continuava chiamare al cellulare, cosi sono ritornata a casa . Ritorno a casa, lui piange, si dispera, giura che non lo farà mai più…falso: mi picchia ancora più forte di prima. Ho paura, tanta paura. Capisco che la situazione mi sta sfuggendo di mano; passo parecchio tempo con Sailor: lei mi coccola, mi guarda e capisce che soffro come non mi aveva mai vista. Per fortuna c’è il cane con me e mi sento un po’ protetta… penso male perché massacrerà anche il cane ma di questo ti racconto più tardi. Una sera sul tardi ennesima litigata, oramai Paolo faceva straabuso di cocaina; non capiva più nulla, si sentiva forte, tanto forte da picchiare con i pugni come se fossi un sacco nero per i pugili. Si diverte a farmi male, ride mentre mi picchia; dice: “ ..dai… dai… reagisci bifolca”… ma come posso reagire ad un uomo palestrato ?

Mamma di tutta questa violenza non ne sa nulla, le viene riferito dalle mie amiche….quando ormai io sono morta. Penso che l’idea di comprare casa non sia più buona, nonostante abbia chiesto un anticipo sull’acquisto del mio appartamentino, non ne sono poi tanto sicura di averlo. Mi accorgo con dolore che Paolo con il bancomat fa troppi prelievi; cosa ne fa di così tanti soldi se non fa ne spesa nè niente? Vengo sapere che via facebook ha acquistato un’auto usata, non mi aveva detto nulla, i soldi erano per l’appartamento accidenti e non per l’auto, ma oramai era troppo tardi, si erano già accordati e aveva già consegnato la caparra per l’auto … una nuova delusione: volevo una casa non un’auto… accidenti a lui. Ancora una volta si litiga, ma stavolta non sto zitta: urlo di rabbia verso lui… non l’avessi mai fatto… ancora una volta mi riempie di botte…

“Basta” mi son detta, stavolta chiamo i Carabinieri. Non faccio in tempo a chiamarli che una vicina di casa stanca di sentire le mie urla li chiama. Arrivano e mi trovano seduta sui gradini di casa: malconcia, piango disperata, mostro i lividi che porto, piangendo chiedo di aiutarmi. Loro, i Carabinieri si sono degnati di dire a Paolo: “sei stato tu a picchiarla in questo modo?” Paolo con fare arrogante risponde: “sì e allora ?” “Lasciala stare e tu Monica vattene via da qui”.…Io rispondo: “ ma dove vado con un cane grosso e a quest’ora?”

Non ce la faccio più a sopportare Paolo: ne combina una dietro l’altra; oramai non ha più freni. Tutto gli è dovuto, tutto è SUO. Non sopporta la sua famiglia: suo padre nel frattempo è morto e lui gongolandosi ride dicendo: “è morto finalmente sto schifoso”. Non sopporta la mia famiglia, né la mia nipotina di appena tre anni; per farmi incattivire la chiama LA MONGOLA… sa che l’adoro e mi fa male sentirla chiamare cosi. Non ha rispetto per nessuno: lui è il DUCE… cosi si definisce ma credo che sia la cocaina a farlo sentire onnipotente, quando invece nella realtà è un FALLITO. Non sopporta che abbia preso un diploma. Lo fa sentire inferiore, dal canto mio, con l’aiuto della mia famiglia, sono migliorata nella vita. Ho studiato, trovato un lavoro che mi dà soddisfazione; invece Paolo è scontento di tutto e di tutti. Torna tardi stasera. 

Gli chiedo: “dove sei stato fino adesso? Ero in pensiero.” “Fatti i cazzi tuoi” risponde; “non sei mia madre, sei una bifolca” … Bastaaaaaaaa a me non devi dire mai più questa parola: sei un maleducato e un ignorante. Si arrabbia e iniziamo a litigare: le urla le sentono anche i vicini di casa, ma nessuno interviene… hanno paura di lui TUTTI. Prendo alcune cose mie, vestiti e intimo e me ne vado a casa di mio fratello; li rimango per una settimana circa, stavo per prendere la decisione di lasciarlo. Ero decisa, basta, non ne potevo più; quella non era la vita che desideravo…con mio fratello si va d’amore e d’accordo: è un uomo anche lui ma mai si sognerebbe di alzare le mani come fa spesso, troppo spesso Paolo .

Mi sto rilassando da mio fratello Emanuele ma il cellulare suona dieci, venti volte al giorno: insiste perché ritorni a casa . Dice che se non torno va da mia madre e la uccide e uccide anche la mia adorata nipotina…so che lo farà, è troppo cattivo, tiene nascosta una pistola, chi gliela ha data non lo so, ma la tiene e ciò mi spaventa da morire. Riprendo le mie cose, i miei vestiti messi alla rinfusa in un borsone e torno a casa .. Avevo molta paura per mia madre; già una volta ubriaco da fare schifo, ha cercato di strangolare mia madre, solo per avergli detto: “sei un mostro come tuo Padre”; Paolo non ci ha visto più, vedo che stringe il collo a mia madre, spaventata a morte prendo un coltellaccio e lo intimo: “LASCIA IMMEDIATAMENTE MIA MADRE!!!”…


Mamma da quella volta non è più venuta a casa mia. Siamo rimaste d’accordo che sarei andata io da lei e da mia sorella ma nè mia madre, nè mia sorella con la bambina, nè mio cognato e nè mio fratello non sono più venuti a casa mia . Luigi il mio patrigno ha detto a mia madre: “stai lontana da Paolo: è un pazzo furioso”. E’ la sera di Venerdi 13 Ottobre: Paolo con i suoi amici decidono di andare a cena fuori e a far bisboccia . Io e la mia amica Cristina (nome di fantasia) andiamo in un ristorante cinese, ordiniamo e si fa ritorno a casa mia per gustarci la cena in santa pace. Paolo esce verso le 20.00, prende l’auto e va a cena con gli amici in un paesino non molto lontano da Mantova. Mangiano e bevono tanto, troppo; alle ore 02.00 un po’ in pensiero per l’ora tarda lo chiamo e chiedo: “Paolo dove sei?” “Sono cazzi miei” risponde in modo villano. Non sono per niente tranquilla: dopo circa mezz’ora lo richiamo, risponde: “ma vai affan…….. rompicogli….”; sento in sottofondo la musica di un locale e immagino che ora si trovi al Breks Bear, un locale di lap dance.. Salgo sulla moto, il locale dista circa due kilometri da casa mia: è li, appartato in un separè con una signorina che balla la lap Dance.. lo vedo e chiedo al barista una coca cola, tanto paga lui visto che mi ha preso il bancomat .. Incazzato mi urla: “vai a casa bifolca, vai a casa che poi ti AMMAZZO!!!” . Tra noi si accende una furiosa litigata all’interno del locale; il buttafuori ci invita a uscire. Esco ma so che di lì a poco le prenderò ancora. Timore fondato del proprietario del locale; infatti fa uscire insieme a noi un cameriere, sta lì, ci guarda e non fa nulla. Vede che Paolo mi sta picchiando selvaggiamente ma non muove un dito per fermarlo… LE FOTO LO RITRAGGONO LI’ A GUARDARE SENZA FARE NULLA … Mi fa molto male, mi picchia dove capita capita. La sua è una furia cieca, picchia e basta. Prendo la moto, dolorante e piangendo ritorno a casa: stavolta ho capito che sarà l’ultima volta che vedo il giorno nascere. Lo richiamo ancora ma il suo cellulare risulta spento, non so più cosa pensare; ho paura che ritorni più ubriaco che mai e mi AMMAZZI . Sono le 2 del mattino, chiamo due volte i Carabinieri, li supplico di intervenire, loro rispondono che non possono fare nulla per me. Insisto col dire… : 

“Vi supplico andate al Breks Bear, è ubriaco fradicio, lo fermate prima che salga sull’auto cosi non farà nessun incidente, non farà del male nè a sé stesso nè ad altri, è UBRIACOOOOOOOOOOO.” Nulla da fare: non mi ascoltano, non so se mi credono o meno, impaurita chiamo la Polizia di Verona ma anche in questo caso la Centralinista nonostante spieghi tutta la violenza che subisco da anni, non interviene , non può; dice che lo devo DENUNCIARE…ma alle 2 del mattino dove vado a sporgere denuncia? Mi tiene al telefono per 21 minuti, cerca di farmi parlare per tranquillizzarmi ma NON HA CAPITO la gravità della mia telefonata. 

Spaventata a morte e senza alcun sostegno nè da parte dei Carabinieri nè dalla Polizia mi preparo al peggio, tanto so che domani non vedrò sorgere il sole. Sono le sei e venti circa del mattino del 14 Ottobre 2005. Paolo rientra a casa, ubriaco e strafatto di cocaina. Come entra dalla porta di casa mi sferra un pugno in faccia, cerco di difendermi ma è una furia: mi riempie di pugni e calci ..grido perché cosi spero che si accorga di cosa sta facendo ma niente da fare; è come una furia impazzita, mi rincorre tra le stanze di casa… mi vedo sanguinare il naso, la bocca, le braccia; mi scaraventa un posacenere di vetro che infrangendosi sul muro le schegge mi colpiscono in volto, GRIDO: “PAOLOOOOOOOOOOOO FERMATI”… i suoi pugni sono talmente dati con forza che non riesco capire da dove arrivano, cerco di coprirmi il volto con le mani, mi bastona sulle gambe, sulle braccia sulla schiena e sulla testa …non capisco più nulla…cerco di difendermi ma è impossibile: è impazzito. Cerco scampo in camera da letto, mi raggiunge anche lì, non ho via di scampo, sento che è la mia fine. Alzo le braccia in segno di resa… mi colpisce sulla bocca con un pugno talmente forte da spaccarmi sette denti, la mandibola è fratturata , le mie gambe cedono, mi sento svenire dalla paura. Sono sicura che lì fuori di casa mia qualcuno sente le mie urla di dolore, grido per far capire che Paolo mi sta riempiendo per l’ennesima volta di botte, ma nessuno sente nulla o almeno lo penso io… possibile che nessuno chiami la Polizia ? Sono stremata dal dolore che sento in tutto il corpo, chiamo il cane SAILOR con la speranza che mi venga in aiuto; lei ci prova, la mia cucciolona: lo aggredisce ma la cattiveria di Paolo non ha limiti…bastona anche il cane e non solo, gli procura ferite da arma di coltello, infatti il veterinario che lo ha in custodia dice a mia madre: “Santo Dio, anche il cane ha cercato di UCCIDERE? 

Ma questo non è un essere umano, è un demonio.” Mi dà una serie di calci sulle gambe, cado sul pavimento, lo sento freddo, mi rannicchio in cerca di protezione, ma la sua furia è cieca; mi scaraventa una sedia addosso, prende la scopa e con un colpo secco mira al fegato procurandomi una lesione interna di 14 centimetri, una ferita emorragica con sversamento di sangue all’interno della pancia… la milza era spappolata e la morte è sopravvenuta in una fase di qualche decina di minuti.

Sento che sto per morire: vedo Paolo che passeggia nervosamente fumando una sigaretta dietro l’altra; non fa in tempo a spegnerne una che subito si riaccende la seconda. Lo vedo: è fuori di sé: mi chiama con voce alta: “Monica, Monica”… io non rispondo, la voce troppo debole non esce dalla mia bocca, vorrei chiedere …”PERCHE’ mi hai uccisa ?”… Perché io ti amavo! Ma la mia mente si sta già allontanando dalla vita. Sento che mi sta tirando per le braccia, peso parecchio, sono un po’ cicciottella e il mio corpo a peso morto pesa ancora di più. Penso: “cosa starà facendo?” Ho capito… cerca di buttarmi sul viso tanta acqua, il sangue lo spaventa, ma oramai la mia faccia è una maschera di sangue… l’acqua mi bagna i capelli, la maglietta nera; non ha l’effetto che sperava, cosi visto che non riusciva a trascinarmi nel corridoio, impreca DIO…

Cosa voleva fare? Dal verbale dei Carabinieri risulta che c’era stato un tentativo di far sparire il corpo; una volta trascinata in auto, mi avrebbe buttata chissà dove, cosi avrebbe potuto dire a sua discolpa che … ME N’ERO ANDATA VOLONTARIAMENTE…..vigliacco.

Da ora in poi non sento più nulla, credo di essere morta, non sento nè dolore nè voci, nulla di nulla: il buio più totale ma prima di morire, come in un film, rivedo tutta la mia vita, da quando ero bambina fino ad oggi. Il mio ultimo pensiero è stato… “Mamma ti ho amata tanto, Dio mi vuole con sé; non piangere per me ma prega il Signore…”

Sul mio viso appare un sorriso, questa è l’ultima immagine che lascio su questa terra. Mi hai maltrattata, derisa, umiliata, picchiata come una bestia da soma, ma il mio sorriso, quello NO! NON LO SPEGNERAI MAI …-

 
 
 

... Sono Innocente ...in memoria di mia figlia Monica

Post n°805 pubblicato il 22 Maggio 2015 da nonna.fra
 

una storia vera, la mia amica Paola Caio racconta di sua figlia Monica assassinata dal suo uomo 

 

Paola Caio in memoria di Monica Da Boit

... Sono Innocente ...in memoria di mia figlia Monica

Monica Da Boit racconta la sua storia . 


- Sento che sto per venire alla luce, una spinta forte dalla pancia della mamma mi catapulta in fondo ad un tunnel buio, ma in fondo si vede la luce; dopo un urlo di dolore, eccomi qui, sono nata.

Sono nata il 23 Agosto nel 1974 . È una notte di fine estate: sono le 2.35; nasco e subito l’ostetrica dice a mamma Paola: “è nata una bella bambina. Come la vuole chiamare?” “Monica…” dice mamma, la chiamo Monica; ha sempre desiderato darmi questo nome, a mamma piaceva tanto . Seconda di due figli: il primo si chiama Emanuele, subito dopo di me è nata Michela, la mia sorellina preferita. Ci siamo voluti tanto bene sin da piccoli, mamma ci ha insegnato che se avessimo avuto bisogno, lo avremmo trovato tra di noi, tra fratelli . Due braccia amorevoli mi prendono in braccio, si taglia il cordone ombelicale e questo è il primo distacco dal ventre di mia madre ma non ci sarà mai un distacco vero e proprio; l’amore che ci unisce rimane anche dopo la mia morte. Peso 3 kili e 350 grammi, scura di capelli, neri come la pece e lunghi, infatti l’infermiera dice a mamma: “Paola ma questa bambina è una capellona!” e mamma sorride, finalmente… tutto il dolore del parto scompare all’improvviso; mamma ride e si gonfia come un tacchino e dice: “Ho fatto un capolavoro, vero?” Mamma mi allatta al seno fino a cinque mesi, poi si accorge di essere rimasta incinta di Michela e allora, a malincuore, smette di allattarmi; mi allatta con il biberon, non fa fatica a cambiare, mi adeguo come se capissi che mamma non può fare diversamente. Un anno dopo nasce Michela, la mia sorellina più piccola. Ho sempre avuto l’istinto materno con lei, piccola e minuta; la proteggevo da tutto e da tutti, Emanuele invece se la cavava da solo, ma se qualche bambino faceva dei dispetti a mio fratello intervenivo, difendendolo come una mammina. A tre anni mamma mi accompagna all’asilo: non mi piace, piango spesso, voglio la mamma; mi manca la mia sorellina più piccola, insieme si giocava e si litigava anche ma è mia sorella e mi manca . Così a settembre la mamma iscrive Michela all’asilo insieme a me; non aveva compiuto tre anni ma a causa di un piccolo incidente accaduto a mio padre, la scuola aveva accettato di accoglierla un paio di mesi prima, per dare modo a mamma di assistere il papà ricoverato in ospedale. Il mio papà… ho un ricordo di quando ero piccola di un padre amoroso; ero una gran bella bambina e mi portava ai giardini con orgoglio… poi da grande, crescendo, avevo circa 15 anni, papà è cambiato… A scuola ero brava, mi impegnavo molto e i compiti li facevo da sola senza l’aiuto di nessuno: ero la prima della classe, con l’orgoglio dei miei genitori. Ho frequentato le elementari, poi le scuole medie, non ho terminato la terza media a causa della separazione dei miei genitori; sono rimasta a casa a fare la donnina delle pulizie. .. Sì, perché una volta che mamma se n’è andata dopo la separazione da mio padre, avevo deciso …. influenzata anche da alcune zie  a rimanere con lui, dicevano: “Monica, tu sei grande: rimani con papà. Chi cucina per lui, chi tiene in ordine la casa , chi gli farà compagnia quando ritorna dal lavoro?” Cosi mi sono sentita in colpa, sono rimasta a casa con mio padre … non l’avessi mai fatto. Qui comincia il mio calvario.

Papà dopo la separazione da mia madre si comporta in modo strano… beve tanto da ritornare a casa ubriaco, incattivito dall’alcool se la prende con me per un nonnulla; mi sta facendo pagare quello che non può far pagare a mia madre, e cosi sera dopo sera, mi insulta: non va bene quello che cucino, la casa dice che è sporca da fare schifo, mi porta a casa le sue …donnine.. e io devo sopportare tutto ciò. Addirittura non posso più aprire il frigorifero per mangiare … La sua amica del momento mi dice ...“La spesa l’ho fatta per me, tu NON toccare nulla”..mi manca mamma. Se fosse qui gli darebbe una scarpata nel sedere e lo caccerebbe fuori di casa; ma mamma non abita più qui con noi e devo per forza di cose maggiori sopportare tutto ciò. A 15 anni conosco un uomo di nome Enzo: un napoletano che mi fa la corte. Penso “mi vuole bene e mi porterà via con sé”… invece dopo pochi mesi mi viene riferito che è sposato e con prole… lo mando a quel paese… A casa da sola non ci so stare: mi mancano i miei fratelli e mamma; esco con un’amica: lei frequenta una compagnia di sei – sette persone, mi presenta a loro e lì conosco l’uomo che poi mi avrebbe fatta innamorare.


Era un bel ragazzo Giampaolo, o almeno io lo vedevo cosi; un po’ sbruffone ma si faceva rispettare dalla compagnia. Mi disse: “da oggi tu sarai la mia ragazza”; orgogliosa di quelle parole mi sono sentita importante e al settimo cielo. Cosi incomincia la nostra storia d’amore, tra alti e bassi; ci si frequenta ogni giorno. A mio padre questo ragazzo non piace, ma nemmeno a me piaceva mio padre per come si comportava; tanto valeva rimanere col mio ragazzo. Giampaolo rimane qui a casa mia a dormire, mio padre va su tutte le furie ma sa che non può fare diversamente; anche lui si porta le sue DONNINE, quindi non mi faccia la morale. Il mio ragazzo non lavora, sembra che in tutti i posti dove è stato assunto i padroni di lavoro siano dei bastardi; non lo capiscono e dopo poche settimane lo licenziano. Non lavoro nemmeno io, anzi a dir il vero un lavoro l’avevo anche se sottopagato; mi bastava, pur di avere qualche soldino per me. Lavoravo alla sera in una pizzeria ma il giorno dovevo andare a scuola e non riuscivo a gestire tutte e due le cose finchè mia madre mi disse: “Monica vai a scuola, per le cose necessarie ci penso io”… sì, perché oltre al cibo che non riuscivo più a mangiare mi erano stati presi pure i vestiti dal mio armadio…le donnine se li sono fatti loro. Io e mamma un giorno siamo entrate in un negozio dove si vendeva di tutto: mi ha comprato dalle mutande fino alle mollette per i capelli; ero vestita di tutto punto, scarponcini compresi. Ero al settimo cielo: vestita come si deve, facevo la mia bella figura, e mamma tutta soddisfatta mi disse: “Monica vedi di non farti rubare nulla!”; quel giorno mamma ha speso più di un milione solo per me…. allora c’era la lira. Torno a casa felice e contenta…ma solo per poco. Di lì a una settimana sparisce tutto dal mio armadio… credo di aver maledetto quella squallida tipa che mi ha preso le cose che mamma mi ha comprato… “erano MIE, ACCIDENTI!” Passano alcuni anni, le cose in casa con mio padre non migliorano. Giampaolo trova un appartamentino fuori città, andiamo insieme ad abitarci.

fine prima parte 

 
 
 
 
 

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