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Gaza: chi può restare zitto

Post n°354 pubblicato il 14 Gennaio 2009 da Guerrino35

                                                             
“forse le parole che vengono da lontano non riescono a fermare
una bomba, ma è come se nell'oscura casa della morte si
aprisse una crepa per lasciar filtrare un piccolo raggio di luce”
(Marcos dal Messico, il 4 gennaio 2009)
...Due giorni fa, proprio mentre parlavamo di violenza, l'ineffabile Condoleezza
Rice, funzionaria del governo nordamericano, ha dichiarato che quello che stava
accadendo a Gaza è colpa dei palestinesi e dovuto alla loro natura violenta.
I fiumi sotterranei che percorrono il mondo possono cambiare la loro geografia,
ma intonano lo stesso canto. E quello che ora ascoltiamo è un canto di guerra e di
sofferenza.
Non molto lontano da qui, in un luogo chiamato Gaza, in Palestina, in Medio
Oriente, proprio vicino a noi, l'esercito pesantemente armato e ben addestrato del
governo di Israele continua la sua avanzata portando morte e distruzione.
I passi che ha intrapreso finora sono quelli di una classica guerra militare di
conquista: prima un bombardamento intenso e massiccio per distruggere punti
militari "nevralgici" (così dicono i manuali militari) e per "ammorbidire" le
fortificazioni della resistenza; poi il ferreo controllo dell'informazione; tutto ciò che
si vede e si sente "nel mondo esterno", vale a dire esterno al teatro delle
operazioni, deve essere selezionato in base a criteri militari; adesso il fuoco
intenso dell'artiglieria sulla fanteria nemica per proteggere l'avanzata delle truppe
verso nuove postazioni; in seguito l'accerchiamento e l'assedio per indebolire la
guarnigione nemica; poi l'assalto che conquisterà la posizione annientando il
nemico, infine la "pulizia" delle probabili "sacche di resistenza".
Il manuale militare di guerra moderna, con alcune varianti e aggiunte, viene
seguito passo dopo passo dalle forze militari dell'invasore.
Noi non ne sappiamo molto e di certo esistono esperti del cosiddetto "conflitto in
Medio Oriente", però da questo nostro angolo abbiamo qualcosa da dire.
Secondo le fotografie delle agenzie di informazione, i punti "nevralgici" distrutti
dall'aviazione del governo di Israele sono case, baracche, edifici civili. Tra le
macerie non abbiamo visto bunker, caserme, aeroporti militari o batterie di
cannoni. Così noi, perdonate la nostra ignoranza, pensiamo o che l'artiglieria aerea
abbia una cattiva mira o che a Gaza non esistano tali punti militari "nevralgici".
Non abbiamo l'onore di conoscere la Palestina, ma supponiamo che in quelle
case, baracche ed edifici abitasse della gente – uomini, donne, bambini e anziani –
e non soldati.
E non abbiamo neanche visto fortificazioni della resistenza, solo macerie.
Abbiamo assistito, invece, ai futili sforzi dell'assedio informativo e abbiamo visto
diversi governi del mondo indecisi tra fare finta di nulla o applaudire l'invasione, e
un'ONU, ormai da tempo inutile, emettere fiacchi comunicati stampa.
Ma aspettate. Ci è appena venuto in mente che forse per il governo di Israele
quegli uomini, quelle donne, quei bambini e quegli anziani sono soldati nemici e, in
quanto tali, le baracche, le case e gli edifici in cui vivono sono caserme che devono
essere distrutte.
Dunque di sicuro il fuoco d'artiglieria che stamane colpisce Gaza serve a
proteggere l'avanzata della fanteria dell'esercito israeliano da questi uomini,
donne, bambini e anziani. E la guarnigione nemica che si vuole indebolire con
l'accerchiamento e l'assedio di Gaza non è altro che la popolazione civile che vi
abita. E l'offensiva cercherà di annientare quella popolazione. E a ogni uomo,
donna, bambino o anziano che riuscirà a sfuggire, nascondendosi, dall'assalto
prevedibilmente sanguinoso, sarà in seguito data la "caccia" perché la pulizia sia
completa e il comando militare dell'operazione possa riferire ai suoi superiori:
"missione compiuta".
Perdonate ancora la nostra ignoranza, forse quello che stiamo dicendo non
c'entra. E invece di ripudiare e condannare il crimine in corso, da indios e guerrieri
quali siamo, dovremmo discutere e prendere posizione sul "sionismo" o
l'"antisemitismo", o se all'inizio di tutto ci siano state le bombe di Hamas.
Forse il nostro pensiero è troppo semplice e ci mancano le sfumature e le postille
sempre necessarie all'analisi, però per noi zapatisti a Gaza c'è un esercito
professionale che sta assassinando una popolazione indifesa. Chi può
restare zitto, in basso e a sinistra? È utile dire qualcosa? Le nostre grida
fermano le bombe? La nostra parola salva la vita di qualche bambino palestinese?
Noi pensiamo che sia utile, sì, che forse non fermeremo le bombe e che la nostra
parola non si trasformerà in uno scudo blindato per impedire che quella pallottola
da 5,56 o 9 mm con le lettere IMI, Industria Militare Israeliana, incise alla base
della cartuccia, colpisca il petto di una bambina o di un bambino, ma forse la
nostra parola riuscirà a unirsi ad altre parole nel Messico e nel mondo e
magari dapprima diventerà un sussurro, poi si farà più forte e infine si
trasformerà in un grido che si farà sentire fino a Gaza.
Non sappiamo voi, ma noi, uomini e donne zapatisti dell'EZLN, sappiamo
quanto sia importante, in mezzo alla distruzione e alla morte, sentire
delle parole di incoraggiamento.
Non so come spiegarlo, ma risulta che sì, forse le parole che vengono
da lontano non riescono a fermare una bomba, ma è come se nell'oscura
casa della morte si aprisse una crepa per lasciar filtrare un piccolo raggio
di luce.
Per tutto il resto, accadrà quello che accadrà. Il governo di Israele dichiarerà che
è stato inferto un duro colpo al terrorismo, nasconderà alla sua popolazione le
proporzioni del massacro, i grandi produttori di armi avranno ottenuto un sostegno
economico per affrontare la crisi e l'"opinione pubblica mondiale", questa entità
malleabile e sempre a modo, distoglierà lo sguardo.
Ma non è tutto. Accadrà anche che il popolo palestinese resisterà, sopravviverà
e continuerà a lottare, e a conservare la simpatia dal basso per la sua causa.
E forse sopravviveranno anche un bambino e una bambina di Gaza. Forse
cresceranno e con loro il coraggio, l'indignazione, la rabbia. Forse diventeranno
soldati o miliziani di uno dei gruppi che lottano in Palestina. Forse si troveranno a
combattere contro Israele. Forse lo faranno sparando con un fucile. Forse
immolandosi con una cintura di dinamite legata attorno alla vita.
E allora, dall'alto, scriveranno della natura violenta dei palestinesi e faranno
dichiarazioni condannando questa violenza e si tornerà a discutere di sionismo o
antisemitismo.
E nessuno domanderà chi è stato a seminare ciò che viene raccolto.
Per gli uomini, le donne, i bambini e gli anziani
dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale,
subcomandante Insurgente Marcos
Messico, 4 gennaio 2009

 
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Guerrino35
Guerrino35 il 14/01/09 alle 14:56 via WEB
AI POLITICI ITALIANI da parte di Luisa Morgantini Vice Presidente del Parlamento Europeo Non una parola, non un pensiero, non un segno di dolore per le centinaia di persone uccise, donne, bambini, anziani e militanti di Hamas, anche loro persone. Case sventrate, palazzi interi, ministeri, scuole, farmacie, posti di polizia. Ma dove è finita la nostra umanità? Dove sono i Veltroni, con i loro “I care”? Come si può tacere, o come si può difendere la politica di aggressione israeliana? La popolazione di Gaza e della Cisgiordania, i palestinesi tutti, pagano il prezzo dell’incapacità della Comunità Internazionale di far rispettare ad Israele la legalità internazionale e di far cessare la sua politica coloniale. Certo, Hamas con il lancio dei razzi impaurisce ed è una minaccia contro la popolazione civile israeliana: azioni illegali, da condannare. Bisogna fermarli. Ma basta con l’impunità di Israele e con i ricatti dei loro gruppi dirigenti. Dal 1967 Israele occupa militarmente i territori palestinesi, un'occupazione brutale e coloniale. Furto di terra, demolizione di case, check point dove i palestinesi vengono trattati con disprezzo, picchiati, umiliati, colonie che crescono a dismisura portando via terra, acqua, distruggendo coltivazioni. Migliaia di prigionieri politici, ai quali sono impedite anche le visite dei familiari. Ma voi dirigenti politici, non avete mai visto la disperazione di un contadino palestinese che si abbraccia al suo albero di olivo mentre un bulldozer glielo porta via e dei soldati che lo pestano con il fucile per farglielo lasciare; o una donna che partorisce dietro un masso e il marito taglia il cordone ombelicale con un sasso perché soldati israeliani al check point non gli permettono di passare per andare all’ospedale; o Um Kamel, cacciata dalla sua casa acquistata con sacrifici, perché fanatici ebrei arrivati da Brooklyn (non sopravvissuti all’olocausto!), pensando che quella terra e quindi quella casa sia loro per diritto divino, sono entrati di forza e l’hanno occupata perché vogliono costruire in quel quartiere arabo di Gerusalemme un'altra colonia ebraica. Non avete mai visto i bambini dei villaggi circostanti Tuwani, a sud di Hebron, che per andare a scuola devono camminare più di un ora e mezza perché nella strada diretta dal loro villaggio alla scuola si trova un insediamento e i coloni picchiano ed aggrediscono i bambini, oppure i pastori di Tuwani che trovano le loro taniche d’acqua o le loro pecore avvelenate da fanatici coloni, o la città di Hebron ridotta a fantasma perché nel centro storico, difesi da più di mille soldati, 400 coloni hanno cacciato migliaia di palestinesi, costringendo a chiudere più di 870 negozi. Non avete visto il muro che taglia strade e quartieri, che toglie terre ai villaggi, che divide palestinesi da palestinesi, che annette territorio fertile e acqua ad Israele, un muro considerato illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia. Non avete visto al valico di Eretz i malati di cancro rimandati indietro per questioni di sicurezza: negli ultimi 19 mesi sono 283 le persone morte per mancanze di cure, avrebbero dovuto essere ricoverate negli ospedali all’estero, ma non sono stati fatti passare malgrado medici israeliani del gruppo Phisician for Human Rights garantissero per loro. Non avete sentito il freddo che penetra nelle ossa nelle notti gelide di Gaza perché non c’è riscaldamento, non c’è luce; non avete visto i bambini nati prematuri nell’ospedale di Shifa con i loro corpicini che vogliono vivere e bastano trenta minuti senza elettricità perché muoiano. Non avete visto la paura e il terrore negli occhi dei bambini, i loro corpi spezzati. Certo, anche quelli dei bambini di Sderot: la loro paura non è diversa e anche i razzi uccidono, ma almeno loro hanno dei rifugi dove andare e per fortuna non hanno mai visto palazzi sventrati o decine di cadaveri intorno a loro, o aerei che li bombardano a tappeto. Basta un morto per dire no, ma anche le proporzioni contano: dal 2002 ad oggi per lanci di razzi di estremisti palestinesi sono state uccise 20 persone. Troppe, ma a Gaza nello stesso tempo sono stati distrutte migliaia e migliaia di case ed uccise più di tre mila persone, tra loro centinaia di bambini che non tiravano razzi. Dopo le manifestazioni di Milano dove sono state bruciate bandiere israeliane, voi dirigenti politici avete tutti manifestato indignazione, avete urlato la vostra condanna. Ne avete tutto il diritto. Io non brucio bandiere né israeliane né di altri paesi e penso che Israele abbia il diritto di esistere come uno Stato normale, uno stato per i suoi cittadini, con le frontiere del 1967, molto più ampie di quelle della partizione della Palestina decisa dalle Nazioni Unite nel 1947. Avrei però voluto sentire la vostra indignazione e la vostra umanità e sentirvi urlare il dolore per tante morti e tanta distruzione, per tanta arroganza, per tanta disumanità, per tanta violazione del diritto internazionale e umanitario. Avrei voluto sentirvi dire ai governanti israeliani: “Cessate il fuoco, cessate l’assedio a Gaza, fermate la costruzione delle colonie in Cisgiordania, finitela con l’occupazione militare, rispettate e applicate le risoluzioni delle Nazioni Unite”: questo è il modo per togliere ogni spazio ai fondamentalismi e alle minacce contro Israele. Ieri lo dicevano migliaia di israeliani a Tel Aviv: “Ci rifiutiamo di essere nemici, basta con l’occupazione”. Roma, 3 Gennaio 2009
(Rispondi)
 
Guerrino35
Guerrino35 il 14/01/09 alle 14:58 via WEB
SU GAZA DAL PERÙ Vi segnalo un libro: AVRAHAM BURG (ebreo di Peace Now, presidente del parlamento israeliano dal 1999 al 2003) SCONFIGGERE HITLER Ed. NERI POZZA – Vicenza 2008 (sul Corriere della Sera del 30 ottobre, c’é una recensione di questo libro) Amici, quello che succede a Gaza in questi giorni é di tale sproporzione alle azioni di hamas con quello che fa Israele che a volte mi fanno meraviglia quelli che dicono Israele ha il diritto di difendersi...questa azione di Israele ha sempre indebolito i moderati della parte opposta e rafforzato e creato i piú fanatici. Ma questra strada é senza uscita, ognuno ripete ció di cui é convinto e non ci si incontra. Trovo piú saggio dire quello che tentavo di dire ai ragazzi nelle medie degli anni’70: “é piú intelligente chi sa far la pace, di chi sa far la guerra”. Israele é bravissimo a far la guerra ma in 50 anni non ha avuto cuore e lungimiranza per la pace. Trascrivo la presentazione che ne fa “30 giorni”, periodico diretto da Giulio Andreotti, (quindi non sospetto, da questo punto di vista): “Il culto incessante della Shoah ha modificato la cultura politica dello stato di Israele. E’ diventato la pubblica giustificazione della durezza poliziesca con cui Israele amministra i territori occupati. Ha militarizzato la societá israeliana. Ha generato una destra...che ricorda all’autore il nazismo. La shoah é catastrofe che non ha paragone con nessuna tragedia umana e quindi... “Ma il piú grave degli effetti provocati dal culto della Shoah, sempre secondo l’autore, é di ordine morale. Dominato dal ricordo del genocidio, l’ebraismo sembra aver rinunciato al proprio umanesimo, alla propria missione universale, alla propria sensibilitá per gli umili e oppressi, agli straordinari valori morali del suo pensiero filosofico religioso.” don Vittorio Ferrari missionario in Perù 5 gennaio 2009
(Rispondi)
 
Guerrino35
Guerrino35 il 14/01/09 alle 23:35 via WEB
La guerra e il gas: l’invasione israeliana e i giacimenti offshore di Gaza :::: 14 Gennaio 2009 :::: 8:24 T.U. :::: Analisi :::: Michel Chossudovsky di Michel Chossudovsky http://www.globalresearch.ca/index.php?context=va&aid=11680 L'invasione militare della striscia di Gaza da parte delle forze israeliane è direttamente legata al possesso ed al controllo delle riserve strategiche di gas in mare. Si tratta di una guerra di conquista: nel 2002 furono scoperte vaste riserve di gas, al largo del litorale di Gaza. In un accordo firmato nel novembre 1999, l'Autorità palestinese (AP) ha garantito i diritti di prospezione per il gas e il petrolio della durata di 25 anni alla British Gas (BG Group) e al suo partner di Atene Consolidated Contractors International Company (CCC), di proprietà delle famiglie libanesi Sabbagh e Koury. Questi diritti sui giacimenti di gas in mare, sono pari al 60% per la British Gas, 30% per la Consolidated Contractors e 10% per il Fondo per gli investimenti palestinesi. (Haaretz 21 ottobre 2007). L'accordo AP-BG-CCC include lo sfruttamento dei giacimenti e la costruzione di un gasdotto. (Middle East Economic Digest, 5 gennaio 2001). La licenza della BG copre tutta la zona marittima situata al largo di Gaza, contigua a molti impianti gasiferi israeliani. (Vedere la carta qui di seguito). Occorre sottolineare che il 60% delle riserve di gas lungo il litorale di Gaza e di Israele appartiene alla Palestina. BG Group ha trivellato due pozzi nel 2000: Gaza Marina-1 e Gaza Marina-2. British Gas ritiene che le riserve siano dell'ordine di 1,4 miliardi di piedi cubici, valutate a circa 4 miliardi di dollari. Sono le cifre pubblicate da British Gas. Le dimensioni delle riserve di gas palestinesi potrebbero rivelarsi assai superiori. Chi possiede le riserve di gas? La questione della sovranità sui giacimenti gasiferi di Gaza è determinante. Da un punto di vista legale queste riserve appartengono alla Palestina. La morte di Yasser Arafat, l'elezione del governo di Hamas, come pure il crollo dell'Autorità palestinese, ha permesso ad Israele di prendere, de facto, il controllo di queste riserve. British Gas (BG Group) ha negoziato con il governo di Tel-Aviv. In compenso, il governo di Hamas non è stato consultato in ciò che riguarda la ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti gasiferi. L'elezione del primo ministro Ariel Sharon nel 2001 fu una svolta importante per l’affare. All'epoca, la sovranità della Palestina sulle riserve gasifere in mare era contestata alla Corte suprema d'Israele. Il Sig. Sharon affermava senza ambiguità che “Israele non comprerebbe mai gas dalla Palestina”, suggerendo che le riserve marine di Gaza appartenessero ad Israele. Nel 2003, Ariel Sharon ha opposto il suo veto a un primo accordo, che avrebbe permesso alla British Gas di rifornire Israele di gas naturale proveniente dai pozzi marini di Gaza. (The Independent, 19 agosto 2003). La vittoria elettorale di Hamas nel 2006 ha contribuito alla caduta dell'Autorità palestinese, che è stata limitata alla Cisgiordania, sotto il regime mandatario di Mahmoud Abbas. Nel 2006, la British Gas “era sul punto di firmare un accordo per trasportare il gas in Egitto.” (Times, 28 maggio 2007). Secondo i servizi, il primo ministro britannico dell'epoca, Tony Blair è intervenuto, per conto d'Israele, per fare rovesciare l'accordo con l'Egitto. L'anno successivo, nel maggio 2007, il gabinetto israeliano ha approvato una proposta del primo ministro Ehud Olmert, “di comperare gas dall'Autorità palestinese.” Il contratto proposto era di 4 miliardi di dollari ed i profitti previsti a 2 miliardi di dollari, di cui uno sarebbe andato ai palestinesi. Tuttavia, Tel-Aviv non aveva nessuna intenzione di condividere il suo profitto con la Palestina. Un gruppo di negoziatori è stato costituito dal gabinetto israeliano allo scopo di giungere ad un accordo con la BG Group, evitando allo stesso tempo il governo Hamas e l'Autorità palestinese. “Le autorità della difesa israeliana vogliono che i palestinesi siano pagati in beni ed in servizi, ed insistono affinché il governo di Hamas non riceva denaro.” (Ibid) L'obiettivo era soprattutto di fare decadere il contratto firmato nel 1999 tra la BG Group e l'Autorità palestinese, allora sotto Yasser Arafat. Ai sensi dell'accordo proposto nel 2007 con BG, il gas palestinese dei pozzi marini di Gaza doveva essere trasportato al porto israeliano di Ashkelon con un gasdotto subacqueo, trasferendo così ad Israele il controllo sulla vendita del gas naturale. Il piano fallì ed i negoziati furono sospesi: “Il capo del Mossad, Meir Dagan, s’era opposto alla transazione per ragioni di sicurezza, temendo che le entrate accumulate sarebbero servite a finanziare il terrorismo“ (Gilad Erdan membro dello Knesset, allocuzione alla Knesset “sulle intenzioni del vice primo ministro Ehud Olmert di comperare gas dai palestinesi, con i pagamenti che andrebbero a vantaggio di Hamas”, 1° marzo 2006, citato nell’articolo del tenente-generale (in pensione) Moshe Yaalon, Does the Prospective Purchase lontano British Gas from Gaza's Coastal Waters Threaten Israel's National Security? Jerusalem Center for Public Affairs, ottobre 2007) L'intenzione d´Israele era evitare la possibilità che i compensi fossero pagati ai palestinesi. Nel dicembre 2007 la BG Group si ritirò dai negoziati con Israele e nel gennaio 2008 chiuse il suo ufficio in Israele. (sito Internet della BG). Il piano d'invasione allo studio Secondo le fonti militari israeliane, il piano d'invasione della striscia di Gaza, nominato “Operation Cast Lead” (operazione piombo forgiato (fuso)) è stato messo allo studio nel giugno 2008: "fonti della difesa hanno dichiarato che sei mesi fa (giugno), il ministro della difesa Ehud Barak ha chiesto alle forze israeliane di prepararsi per questa operazione, benché Israele avesse iniziato a negoziare un accordo per una tregua con Hamas. (Barak Ravid Operation "Cast Lead": Israeli air Force strike followed months of planning, Haaretz, 27 dicembre 2008). Durante questo stesso mese, le autorità israeliane hanno contattato la British Gas per riprendere i negoziati volti a determinare l'acquisto del gas naturale di Gaza: “I direttori generali del tesoro e del ministero delle Infrastrutture nazionali Yarom Ariav ed Hezi Kugler hanno deciso di informare la BG che Israele desiderava riprendere i negoziati. Le fonti hanno aggiunto che la BG non ha ancora risposto ufficialmente alla richiesta d’Israele, ma che dei quadri della società verrebbero probabilmente in Israele fra alcune settimane, per discutere con ufficiali del governo.” (Globes online-Israel's Business Arena, 23 giugno 2008) Cronologicamente la decisione di accelerare i negoziati con la British Gas (il gruppo BG) coincideva con la pianificazione dell'invasione di Gaza iniziata a giugno. Sembra che Israele si affrettasse a concludere un accordo con la BG Group prima dell'invasione, la cui pianificazione era già in una fase avanzata. Più che altro, questi negoziati erano condotti dal governo di Ehud Olmert, che era al corrente che un'invasione militare era allo studio. Con ogni probabilità, il governo israeliano prevedeva anche un nuovo accordo politico-territoriale “del dopo-guerra” per la striscia di Gaza. In realtà, i negoziati tra British Gas e gli ufficiali israeliani erano in corso nell'ottobre 2008, cioè 2 a 3 mesi prima dell'inizio dei bombardamenti del 27 dicembre. Nel novembre 2008, i ministeri israeliani delle finanze e delle infrastrutture nazionali insieme all’Israel Electric Corporation (IEC) avviarono i negoziati con la British Gas riguardo l'acquisto di gas naturale delle sue concessioni in mare a Gaza. (Globes, 13 novembre 2008). Yarom Ariav direttore generale del ministero delle finanze, ed Hezi Kugler, direttore generale del ministero delle infrastrutture nazionali, scrissero ad Amos Lasker, capo della direzione d´IEC, informandolo della decisione del governo di permettere ai negoziati di andare avanti, conformemente alla proposta-quadro, approvata all’inizio di quest'anno. Alcune settimane fa, il consiglio d’amministrazione della IEC, diretto dal presidente Moti Friedman, ha approvato i principi della proposta-quadro. I negoziati con la BG Group cominceranno appena il consiglio d´amministrazione approverà la presentazione dell’offerta. (Globes, 13 novembre 2008) Gaza e la geopolitica dell'energia L'occupazione militare di Gaza ha lo scopo di trasferire la sovranità dei giacimenti gasiferi ad Israele, in violazione del diritto internazionale. Cosa possiamo aspettarci dopo l'invasione? Qual’è l'intenzione d'Israele per quanto riguarda il gas naturale della Palestina? Ci sarà un nuovo accordo territoriale, con lo stanziamento di truppe israeliane e/o la presenza “di forze per il mantenimento della pace”? Assisteremo alla militarizzazione della totalità del litorale di Gaza, strategico per Israele? I giacimenti gasiferi palestinesi saranno puramente e semplicemente confiscati, e la sovranità israeliana sulle zone marittime della striscia di Gaza sarà dichiarata unilateralmente? Se ciò dovesse accadere, i giacimenti gasiferi di Gaza sarebbero integrati negli adiacenti impianti marittimi d'Israele. (Vedere la carta 1). Questi diversi impianti in mare sono anche collegati al corridoio per il trasporto energetico d’Israele, che si prolunga dal porto d’Eilat, il terminale sul Mare Rosso del gasdotto, al terminale di Ashkelon e verso nord, ad Haifa. Il corridoio si ricollegherebbe eventualmente con l’oleogasdotto israeliano-turco, attualmente in esame, nel porto turco di Ceyhan. Ceyhan è il terminale dell’oleodotto Trans-Caspico Baku-Tbilissi-Ceyhan (BTC). “Si prevede il collegamento dell’oleodotto BTC con quello Trans-Israele Eilat-Ashkelon, noto con il nome di Israel’s Tipline.” (Vedasi Michel Chossudovsky, The War si Lebanon and the Battle foro Oil, Global Research, 23 luglio 2006). Fonte: Mondialisation.ca 12 gennaio 2009 *Michel Chossudovsky è direttore del Centro di Ricerca sulla Mondializzazione ed è professore d'economia all'Università di Ottawa. È autore di Guerre et mondialisation, La vérité derrière le 11 septembre e Mondialisation de la pauvreté et nouvel ordre mondial (best-seller internazionale pubblicato in 11 lingue). Traduzione di Alessandro Lattanzio http://www.aurora03.da.ru/ http://sitoaurora.altervista.org/ http://sitoaurora.narod.ru/ http://xoomer.virgilio.it/aurorafile sopra
(Rispondi)
 
guerrinob
guerrinob il 17/01/09 alle 16:30 via WEB
Importante che il massacro sia strage colposa. Nessuno vuole la strage di donne e bambini intenzionalmente, però la fanno volontariamente. Cambia qualcosa per i massacrati?
(Rispondi)
 
franco460
franco460 il 18/01/09 alle 00:36 via WEB
E bisogna stare zitti per non esser tacciati di antisemitismo. Rispetto ad altre incursioni israeliane questa volta i palestinesi mi son sembrati più soli. Il mondo ha da pensare alla crisi economica e i paesi arabi moderati sono rimasti in silenzio. ciao, Franco.
(Rispondi)
 
 
guerrinob
guerrinob il 18/01/09 alle 08:21 via WEB
non si può mettere una trasmissione in mano a ragazzine. Ci vuole professionalità per non essere coinvolti, altrimenti si finisce di capire che siamo noi i responsabili di questo e di molti altri eccidi. A chi tocca tocca. Importante stare zitti e non disturbare i massacratori. ciao Franco! Che amarezza!
(Rispondi)
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 18/01/09 alle 11:33 via WEB
Non vorrei commentare quello che succede a Gaza perché soprattutto tu e Franco in poche righe avete detto tutto. Non difendo l'atteggiamento poco intelligente di Hamas. Ma Hamas perché è stata votata? Israele e Fatah rispondano.
Inoltre, la sproporzione di come ha reagito Israele non può ridursi a questo:
- almeno così siamo sicuri che i nostri autobus non saltino per aria".
Cosa c'entra? In ogni caso loro possono permettersi di fare la voce grossa, spalleggiati da Tio Sam. Ciao, Oscar
(Rispondi)
 
 
guerrinob
guerrinob il 18/01/09 alle 14:55 via WEB
Ciao Oscar, ieri ne ho sentita un'altra. Ti ricordi quando sul tuo blog elencavi le successioni politiche nella cosidetta Terra Santa? Ieri una persona mi ha ricordato che la Palestina era un Protettorato inglese, quasi a dire. Anche i Palestinesi sono abusivi. Non sarebbe male che tu ripescassi questi post, così si capirebbe quanta gente, oltre agli ebrei ha dovuto patire per il loro genocidio e quanta ne patisce ancora e muore.
(Rispondi)
 
 
 
reticolatistorici
reticolatistorici il 18/01/09 alle 15:25 via WEB
Caro Guerrino, che memoria hai!? Cercherò di recuperare quanto richiedi. Comunque, la situazione attuale è il frutto soprattutto dell'atteggiamento inglese. UK ha "decolonizzato" con modalità di completo disinteresse nel valutare il modo in cui si sarebbe riempito quel vuoto.
Ciao, un abbraccio. Oscar
(Rispondi)
 
guerrinob
guerrinob il 19/01/09 alle 08:24 via WEB
PER LA SICUREZZA SUL LAVORO! Il Partito dei Comunisti Italiani è lieto di invitarLa alla presentazione del libro di Gianni Pagliarini e Paolo Repetto “Uno ogni sette ore” Perché di lavoro si muore Datanews editrice srl – Roma, 2008 LUNEDI’ 19 GENNAIO 2009 alle ore 21,00 VILLA TAPPARELLI (via Matteotti,11) - BORGARO TORINESE introduce Endrio Milano resp. Provinciale lavoro intervengono Ciro Argentino resp. provinciale fabbriche Gianni Pagliarini resp. nazionale. Lavoro Luca Sanna resp. regionale lavoro modera Luigi Benedetto giornalista de IL RISVEGLIO il lettore troverà in questo libro pagine di paura e di speranza raccontate dai protagonisti di infortuni sul lavoro. Sullo sfondo la drammaticità delle morti sul lavoro: circa 1300 ogni anno. Obiettivo del libro è arrivare al cuore dei cittadini, a partire dai familiari delle vittime, entrando in sintonia anche con chi è costretto a convivere con una mutilazione. Perché solo restituendo protagonismo ai lavoratori sarà possibile difenderne la condizione
(Rispondi)
 
guerrinob
guerrinob il 19/01/09 alle 08:50 via WEB
Petra si dispiace per gli israeliani perche' sembrano non essere a conoscenza del fatto che ammazzare gente porta sfortuna.
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