Post n°343 pubblicato il 26 Marzo 2009 da mjkacat
Luca ci insegna che la morte di Gesù non è una morte espiatoria, ma per noi. Ora vedono !! |
Post n°342 pubblicato il 26 Marzo 2009 da mjkacat
Il "Pensiero debole", senza la verità del male, indulge nel peccato |
Post n°341 pubblicato il 21 Marzo 2009 da mjkacat
La sopravvalutazione del sesso...che fa il paio con l'altro grande mito, quello della "penetrazione". |
Post n°340 pubblicato il 21 Marzo 2009 da mjkacat
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Post n°339 pubblicato il 21 Marzo 2009 da mjkacat
"Dal desiderio mimetico che punta alla magrezza assoluta René Girard |
Post n°338 pubblicato il 20 Marzo 2009 da mjkacat
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Post n°337 pubblicato il 20 Marzo 2009 da mjkacat
Quattro sono le gravi malattie che affliggono il linguaggio sinistroide |
Post n°336 pubblicato il 19 Marzo 2009 da mjkacat
Si può fare un bilancio del 1968 nel 2008?
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Post n°335 pubblicato il 18 Marzo 2009 da mjkacat
Il bacio è un gesto ma anche un "linguaggio" con il quale trasmettiamo un |
Post n°334 pubblicato il 14 Marzo 2009 da mjkacat
Pare che i cattolici schierati a sinistra recuperino l'atteggiamento |
Post n°333 pubblicato il 12 Marzo 2009 da mjkacat
Il Desiderio lo SENTI, non lo PENSI E' tutta un'altra cosa "Cogito ergo sum" è il classico modo di pensare dei dissociatissimi filosofi "Sento, ergo sum" |
Post n°332 pubblicato il 11 Marzo 2009 da mjkacat
Ma se la cosa più probabile è... |
Post n°331 pubblicato il 10 Marzo 2009 da mjkacat
Parlando di "muto linguaggio da cuore a cuore", intendiamo sottolineare |
Post n°330 pubblicato il 10 Marzo 2009 da mjkacat
...che provocata dal Mistero della Realtà |
Post n°329 pubblicato il 09 Marzo 2009 da mjkacat
L'Illuminismo non è più in grado di dare risposte significative. |
Post n°328 pubblicato il 08 Marzo 2009 da mjkacat
Logodiarroici e logogrifi si logorano in logomachiche logicate logorroiche |
Post n°327 pubblicato il 07 Marzo 2009 da mjkacat
"Il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento della mente" del desiderio che crea conflitti -- conflitti suscettibili di estendersi a tutta quanta la comunità, conflitti che hanno la tendenza a diventare contagiosi. Più gente c'è che desidera lo stesso oggetto, più ce ne sarà: è una moltitudine che si moltiplica all'infinito, come avviene nelle borse finanziarie, straordinario microcosmo del puro desiderio. Perciò le società umane sono minacciate da una violenza radicalmente diversa da quella tipicamente animale. Allora, cominciamo con il fare una prima precisazione: Il Desiderio, a differenza del bisogno che abbiamo appena visto, di certo sappiamo solo che è una forza che ci porta, ci costringe sempre ad andar FUORI DI NOI per appagarlo Su questo non ci son dubbi. Basta che vi riflettiamo un attimo, guardando noi stessi, e c'accorgeremo che è così. A volte son le risposte più elementari le più difficili da scoprire. Ecco quindi spiegato il primo assunto implicito in quel brano di René Girard ""...è proprio questa dimensione sociale, inter-individuale del desiderio...ecc" Il secondo aspetto fondamentale di quel brano è "...la maggior parte di loro, specialmente quando pensa al proprio desiderio, vorrebbe credere che al di là della mimesi esiste pur sempre un desiderio autentico, veramente nostro. A mio avviso quel desiderio non esiste." Qui, Girard, si riferisce casualmente agli intellettuali, ma il discorso è lo stesso in tutti gli uomini: Iniziamo a spiegarlo: Innazitutto "mimesi" Cosa significa? IMITAZIONE Quindi cosa afferma l'autore ? Che non esiste un desiderio "autentico", nel senso che sia veramente e SOLO nostro, ma in realtà è sempre MEDIATO Da chi ? Da un MODELLO che, coscienti o meno che ne siamo, IMITIAMO Va dato atto a Freud di essere andato molto vicino a comprendere questo, ma poi, mentre in un primo momento aveva colto esattamente come stavano le cose, e che cioè il figlio IMITASSE (solo) il padre, poi, nel voler dare un connotato scientifico-biologico alla sua teoria conia quel concetto di LIBIDO che lo porterà completamente fuori strada privilegiando l'"oggetto mediato", la madre, rispetto al ben più fondamentale oggetto mediatore, il padre. Ma torniamo a noi Possiamo cominciare a riassumere i primi concetti fondamentali per comprendere il "desiderio" attraverso lo studioso che, non per nulla, è stato annoverato, ancora vivente, tra i "40 Immortali" del'"Académie Francaise", riconoscimento al cui confronto anche il Premio Nobel diventa una quisquiglia Il Desiderio è lo "strumento" che ci "PORTA FUORI" di noi stessi e attraverso il quale, per IMITAZIONE, desideriamo qualunque cosa che ci indichi il MODELLO Restando nell'esempio di Freud, il padre, che se quello c'avesse pur indicato un cammello e non la madre, per noi sarebbe rimasta la stessa cosa. Anche se sarebbe stato molto più difficile trovare un mito greco all'uopo, sicuramente !! Comunque, a parte gli scherzi, ma neanche poi tanto, si potrebbe già aprire una piccola parentesi che richiuderemo subito, ma che per ora prenderemo solo come una curiosità Non siamo solo noi cristiani che imitiamo qualcuno, Cristo, nella fattispecie, ma TUTTI imitiamo sempre e comunque qualcuno, anche se non ce ne accorgiamo. E già qui, permettetemi di complimentarmi con me stesso che se penso a tutti coloro che imitano calciatori e veline, top manager e simili, rischio di montarmi la testa. Ma lasciamo perdere Quindi, dicevamo, ripetendo, il desiderio ci porta fuori di noi ed imitando, desideriamo. Ma perché IMITIAMO , innanzitutto ? Semplice, perché pensiamo, a cominciare da nostro padre, che colui che imitiamo sia un PORTATORE DI ESSERE superiore al nostro. Cioè, in altre parole, AMMIRIAMO sempre qualcuno che riteniamo più COMPLETO di noi, più REALIZZATO e quindi, più felice. Chi non ricorda quando, adolescente, nell'ansia di crescere, guardavamo ammirati i ragazzi più grandi e non desideravamo altro di essere anche noi come loro La mia è stata la generazione dei Beatles. Chi di noi non avrebbe voluto essere Paul Mc Cartney o Ringo Star. Tutti, almeno per un attimo, suppongo E quelli prima di noi Elvis Presley E quelli dopo chissà chi altro. Tutta l'idolatria giovanile di qualunque epoca per i divi del rock o del cinema è dovuta a questa spinta interiore che chiamiamo desiderio. I mediatori son sempre gli altri, i coetanei o quelli un po' più grandi. Mai quelli più piccoli, statene certi. Proprio perché, per dirla scherzosamente, in quei "PORTATORI SANI DI ESSERE" confluiva il desiderio di intere generazioni. DECADENZA ESSERE, ESSERE QUALCUNO, DIVENTARE QUALCUNO, è anche poi, purtroppo, su questa spinta in sè pregevolissima, che si innesta la PUBBLICITA tanto brava ad illudere che attraverso l'acquisizione di questo o quell'altro oggetto, questa ansia possa venir appagata. Auto, gioielli, tutte le cose, anche le più inutili, son sempre accompagnati nella pubblicità, da esagerazioni fantasmagoriche, musiche squillanti, modelli e modelle, letteralmente nella loro doppia valenza, atte ad illuderti che se possiederai quell'oggetto sarai come quell'uomo o quella donna tanto chic e che quindi nessuno potrà resistere al tuo trabordante ESSERE. Falso. Ma tutti ci cascano, caschiamo o ci siamo cascati. La stragrande maggioranza c'è ancora dentro fino al collo. Questo spiega meglio di altro perché le Chiese alla domenica pomeriggio son deserte e gli Outlet e Supermercati stracolmi di gente disperatamente gaia perché vittima di un ingranaggio che gli ha disorientato il cervello come a quelle balene che di tanto in tanto si spiaggiano nei posti più strani.. Chissà, forse anche le balene saranno felici quando si arenano. Infatti hanno lo stesso comportamento degli uomini che provi di allontanare da un Discount. Ci tornano immediatamente !! Alcuni mesi fà scrivevo queste righe nel mio Blog , che qui riporto al fine di chiarire ulteriormente questoaspetto DETERIORE del "Desiderio di essere": Una società che ha rifiutato l'ontologico illudendosi di poterne fare a meno e che basti l'"avere" ontico senza neppure lontanamente essere in grado di porre rimedio a questa istanza inconscia dell'uomo, può solo, con le sue ridicole leggi, porre sempre più divieti o ancor più demenzialmente toglierli tutti con lo stesso identico risultato: Stare a guardare l'ingrossarsi delle fila di chi compensa con la droga questa irrefrenabile spinta del "desiderio" a quel'"Essere" che nella sua espressione inferiore è l'irrazionale droga ma che può essere superata solo nel SOVRArazionale e non certo nella piattezza della ragione nichilista e "calcolante" che, a quelli, del calcolo, oramai, non glene strafrega niente ed è per questo che i ridicoli esperti che "calcolano" i danni son patetici. Dimostrerebbero d'essere più intelligenti se si dedicassero a convincere gli arabi della bontà del prosciutto di Parma nei tortellini !! Ma chi è competente di "sovrarazionale" ? Quegli sciocchi che riducono l'uomo al suo linguaggio ? Scordatevelo ! Quelli ancor fermi alle banalità dello sciocco romantico Freud ? Meno che mai, e neppure ci provano, almeno Psicofarmaci che stanno all'Extasy come i cioccolatini Ferrero ai Lindt ? Sarà faaaaaaacileeeeee !! Chi allora ? NESSUNO Solo quando i MODELLI, le figure AMMIREVOLI non saranno più calciatore, veline, velisti e velocisti ma UOMINI VERI, allora ne riparleremo, ma ora siam lontani anni luce e solo se troveranno MODELLI che destino la loro AMMIRAZIONE potranno trovare nel IMITARLI la forza per andare oltre. A volte si trovano MUCCIOLI era uno di questi. Ma è stato stroncato da un fantozzi/fautore della legge che di "super-io" capiranno, ma non d'altro. Ma il problema resterebbe perché, una volta allontanati da tali modelli e tornando in questa società, se nel frattempo non saranno diventati "modelli a se stessi" e per gli altri, ripiomberanno nel vortice, ma non per caso o per sfortuna, ma solo perché quel mondo piatto li avrà fagocitati nuovamente stritolandoli, asfissiandoli con la sua sistematica, razionale, logica, lucida pazzia. ...ed anche quest'altro: Lungi dall'essere il vero desiderio, libidinosamente e originariamente materno, e la sublimazione la frustrante e frustrata sua elevazione, è vero il contrario, che il desiderio è quel desiderio di "ESSERE" , primariamente ammirato nel paterno, e la sua realizzazione materiale, in verità, ne è solo l'"abbassamento". Ecco perché il desiderio è sempre appagato solo temporaneamente, e non perché ogni sostituto del materno è pur sempre e solo una sua "brutta copia", ma perché il desiderio è qualcosa di infinitamente più grande di ogni oggetto materiale.. Ma come siamo arrivati a questo ? Perché siamo arrivati così in basso ? Da dove si origina questa DECADENZA ? Ecco quello che dicevo quest'inverno, sempre nel mio Blog, all'inizio di quella crisi economica in cui siamo tutt'ora immersi C'è una crisi economica in atto che, nella peggiore delle ipotesi si risolverà nel giro di qualche anno. Ma tutto questo è irrisorio stante l'ALTRA crisi, ben più profonda e radicale che serviranno generazioni per venirne a capo, ed è quella che, ben occultata dal benessere economico, traspare nella DECADENZA del tutto, Uomo in primis. Pare strano che persone, seppur non stupide, riescano solo a partorire "abortini" di realtà quale che l'attuale degrado sociale sia causato dalla televisione, quella di Berlusconi, ovviamente, stante il mistero della sua generalizzazione all'intero pianeta che, parrebbe quindi, la forza di rincretinimento dell'ideologia batterle tutte. Una sofisticata analisi della genesi di detta "decadenza" la si può trovare in un libro di Nikolaj Berdjaev, "Nuovo Medioevo", ("Medioevo" inteso nella sua eccezione positiva, non in quella banale di derivazione Illuminista) definito "Impressionante" dal critico dell'Espresso, poiché... "Queste riflessioni pubblicate per la prima volta nel 1923 sembrano scritte ieri, dense come sono di quell'impasto di rifulgente ossessione per la modernità e senso della fine che fa il nostro pane quotidiano" "L'avvenire è cupo. Non possiamo più credere alle teorie del progresso che hanno sedotto il XIX secolo, in virtù delle quali il futuro prossimo dovrebbe sempre essere migliore, più bello, più gradevole del passato che se ne va [...] La modernità che sta giungendo alla propria fine, venne concepita all'epoca del Rinascimento. Noi oggi stiamo assistendo alla fine del Rinascimento. [...] L'umanesimo non ha rafforzato l'uomo, lo ha debilitato. Questa è la paradossale conclusione della storia moderna. Attraverso la propria autoaffermazione, l'uomo si è perduto invece di trovarsi. L'uomo moderno è entrato nella modernità pieno di fiducia in se stesso e nella propria forza creativa: tutto, all'alba di questa epoca, gli sembrava dipendere dalla propria arte, alla quale non vedeva né limiti né frontiere. Ora ne esce, per entrare in un'epoca inesplorata, prostrato nelle sue energie e con la fede a pezzi - la fede che nutriva nelle proprie forze e nella potenza della propria arte -, minacciato dal pericolo di perdere per sempre il nucleo della propria personalità." Proseguendo poi per sommi capi, dal Rinascimento in cui l'Uomo era ancora pieno di quello spirito che gli proveniva dal Medioevo, arriviamo via via sempre più "in riserva" all'epoca della Riforma e di quell'Illuminismo che è stato più volte argomento di altri miei post e che qui si amalgama alla perfezione con quanto esprime questo autore: "La rivolta e la protesta, inerenti alla Riforma, hanno generato quell'evoluzione della storia moderna che si è conclusa con i "lumi" del XVIII secolo, con il razionalismo, con la rivoluzione, fino ai suoi effetti estremi: il positivismo, il socialismo e l'anarchismo. I "lumi" non sono che un pallido riflesso del Rinascimento, un'ultima forma dell'autoaffermazione umanista. Ma non vi è più, in essi, lo spirito creativo: il Rinascimento si è inaridito. [...] I "lumi" sono il castigo temporale del Rinascimento, il prezzo da pagare per i peccati dell'orgoglio umanista, di questa autoaffermazione che ha tradito le forme divine dell'uomo [...] Il Rinascimento ha esaurito le proprie forze creative, dando origine a un VIOLENTO movimento storico nel quale non vi sarà più posto per una creazione possente. La rivoluzione francese, il positivismo e il socialismo del XIX secolo sono le conseguenze dell'umanesimo rinascimentale e, al tempo stesso, i sintomi dell'inaridimento del suo potere creativo [...] Due uomini, che dominano il pensiero dei tempi nuovi, Friederich Nietzsche e Karl Marx, hanno rappresentato con geniale intensità, queste due forme della autonegazione e dell'autodistruzione dell'umanesimo. In Nietzsche l'umanesimo rinuncia a se stesso e si distrugge nella sua forma INDIVIDUALISTA; in Marx nella sua forma COLLETTIVISTA. L'individualismo ASTRATTO e il collettivismo ASTRATTO sono prodotti da una medesima causa, la separazione dell'uomo dalle basi divine dell'esistenza, la sua scissione dal CONCRETO [...] La morale di Nietzsche non ammette il valore della personalità umana; essa rompe con l'umano, PREDICA LA DUREZZA NEI CONFRONTI DELL'UOMO, , in nome dei suoi fini sovraumani, in nome di ciò che è futuro e lontano, in nome del sublime. L'individualismo superomistico sostituisce in Nietzsche il Dio perduto. [...] La morale di Marx non ammette il valore della personalità umana; anche lui rompe con l'umano e PREDICA LA DUREZZA NEI CONFRONTI DELL'UOMO, in nome del collettivismo, in nome dello stato futuro, dello stato socialista La collettività sostituisce in Marx il Dio perduto. Queste poche note giusto per rendervi partecipi dell'attualità delle risposte di questo libro alla crisi umana della nostra epoca che, come si diceva, è ben più profonda e di difficilissima soluzione di quella economica che la occulta sovrastandola stante il materialismo ottuso dei molti. Ma ora , dopo questa digressione storica, facciamo un passo indietro tornando al brano di René Girard, dal quale eravamo partitianche per spiegare meglio, contemporaneamente, queste due affermazioni su Marx e Nietzsche |
Post n°326 pubblicato il 07 Marzo 2009 da mjkacat
IL CAPRO E L'AGNELLO l'osservazione verticale delle culture e delle loro particolarità, ma tant'è, e questa è poi la lacuna antropologica alla base del "Relativismo" Un gigante dai piedi d'argilla. Ma non divaghiamo. Torniamo alla violenza primigenia Eravamo al punto che la violenza, non doma, ora assilla la comunità umana dal interno. Violenza fuori, nella natura, violenza dentro, nella comunità. La vendetta genera vendetta e non è una soluzione, anzi, è IL problema. Bisogna appagare la sete di vendetta che periodicamente si genera nella comunità senza innescare una spirale distruttiva di vendette e controvendette infinite. Nasce il CAPRO ESPIATORIO Prendiamo dalla pagina che Wikipedia dedica a René Girard un estratto sintetico di questo FONDAMENTALE punto: Se due individui, imitandosi, desiderano la stessa cosa, può benissimo aggiungersi un terzo, un quarto. e il conflitto dei primi si allarga. La violenza è essa stessa imitativa e si può quindi assistere ad un processo a catena. L'oggetto della contesa passa in secondo piano e il conflitto mimetico si trasforma in antagonismo generalizzato. Ma quando la violenza non può scaricarsi sul nemico che l'ha eccitata, si sfoga, come ognuno di noi ben sa, su un bersaglio sostitutivo. In particolare, la violenza, che fino ad ora ha continuato a consumarsi in micro-conflitti, può anche focalizzarsi su una sola vittima arbitraria. Allora la folla si raccoglie unanime attorno alla vittima e la distrugge. L'eliminazione (espulsione o uccisione) della vittima fa sfogare la frenesia violenta da cui ciascuno era posseduto fino a poco prima e ciò ha sul gruppo un impatto emotivo incalcolabile. La vittima appare ora contemporaneamente come l'origine della crisi e come la responsabile del miracolo della pace ritrovata. Essa diviene sacra ai loro occhi, proprio perché prodigiosamente capace di scatenare la crisi come di ripristinare la pace, ha cioè potere di vita e di morte sul gruppo: è il dio. Questa è secondo Girard la genesi del religioso Girard mostra che l'origine della cultura non è economica (Marx), né sessuale (Freud), ma religiosa, come aveva intuito Émile Durkheim. IL MALE SI EVOLVE Ma la partita tra Violenza e Amore, Male e Bene, Diavolo e Dio non è certo terminata qui, anzi, si evolve, cambia sempre aspetto, si raffina sempre più invisibilmente: Cristo rivela la VIOLENZA umana e come combatterla dentro di noi. Oggi, però, proprio perché più SCOPERTA quest'ultima deve essere più sofisticata nel mascherarsi. In altri termini assistiamo a un RAFFINAMENTO del MALE. L'Italia è quel meraviglioso paese che ha abolito per prima la pena di morte ed ora lotta per liberare da ciò il resto del mondo. Ma la Violenza è creativa, geniale. Smascherarla è difficile I COLPEVOLI, ad esempio, li tratta benissimo. Ma la Violenza gioca con gli uomini, li inganna. Se una persona è veramente INNOCENTE deve aver paura. Essa, oggi, è GENEROSA coi COLPEVOLI e SPIETATA con gli INNOCENTI La Violenza, se non riesce ad orientarsi verso i colpevoli si orienta verso gli innocenti. E' molto logica. Usa il linguaggio, mica è stupida ! Dice: "Io interpreto mia figlia" Non dice "IO VOGLIO COSI'" Quello che appare e che viene detto non sono la stessa cosa. Questo breve articolo, sempre tratto dal mio Blog, si riferisce ovviamente al recente caso di Eluana Englaro e fa riferimento a quanto affermato da quel padre, ma è emblematico di questa evoluzione della violenza verso i più deboli in assoluto, e i più indifesi, bambini e vecchi "C'è una mentalità che, esasperando e perfino deformando il concetto di soggettività, riconosce come titolare di diritti solo chi si presenta con PIENA O ALMENO INCIPIENTE AUTONOMIA ed ESCE DA CONDIZIONI DI TOTALE DIPENDENZA DAGL'ALTRI. Si deve pure accennare a quella logica che tende ad identificare la dignità personale con la capacità di comunicazione verbale ed esplicita e, in ogni caso, sperimentabile. E' chiaro che, CON TALI PRESUPPOSTI, non c'è spazio nel mondo per chi, come il NASCITURO o il MORENTE, è un soggetto STRUTTURALMENTE DEBOLE, sembra totalmente assoggettato alla mercé di altre persone e da loro radicalmente DIPENDENTE e sa comunicare solo mediante il muto linguaggio di una profonda simbiosi di AFFETTI. E' quindi la F-O-R-Z-A a farsi criterio di scelte e di azioni nei rapporti interpersonali e nella convivenza sociale. Ma questo è l'esatto contrario di quanto ha voluto storicamente lo stato di diritto, come comunità nella quale alle ragioni della forza si sostituisce la forza della ragione." Giovanni Paolo II Lettera Enciclica "Evangelium Vitae" |
Post n°325 pubblicato il 07 Marzo 2009 da mjkacat
LA VERITA' SFIORATA la vittima divorata cruda, ad opera dei Titani, a cui segue la reazione di Giove che uccide i Titani e fa resuscitare il bambino. Per inciso va ricordato che conseguentemente, Giove, dai brandelli dei Titani fa gli uomini che son quindi contemporaneamente VIOLENTI, causa la natura titanica, e DIVINI causa il dio che avevano appena divorato. Quindi nel mito di Dioniso è presente il momento della morte violenta seguita da resurrezione, proprio come nella storia di Gesù, che per Nietzsche non è storia ma mito, questo va da sè. Ma i due casi, quello di Dioniso e quello di Cristo, non sono affatto simili. Il fatto che si tratti in entrambi i casi di "martirio", cioè di vittime uccise dalla VIOLENZA umana, può trarre in inganno, ma la differenza c'è ed è essenziale. Nel caso di Dioniso si ACCETTA la violenza della vita nei suoi meccanismi vittimari; nel caso di Gesù la si RIFIUTA "Dioniso contro il Crocifisso; eccovi l'antitesi. Non è una differenza in base al martirio - solo esso ha un ALTRO SENSO. La vita stessa, la sua eterna fecondità e il suo eterno ritorno determinano la sofferenza, la distruzione, il bisogno di annientamento... Nell'altro caso il dolore, il Crocifisso in quanto INNOCENTE" valgono come OBIEZIONE contro la vita, come formula della sua condanna." "La vera filantropia vuole il sacrificio per il bene della specie - è dura, è piena di auto superamento, perché abbisogna del SACRIFICIO dell'uomo. E questo pseudo umanesimo che si chiama cristianesimo vuol giungere a far sì che NESSUNO VENGA SACRIFICATO" Ora, che conclusioni si traggono da tutto questo ? Che Nietzsche ha colto perfettamente il NUCLEO psicologico dell'Uomo, la VIOLENZA di cui sono impregnati, ma lo sviluppa BANALMENTE, non facendo altro che ricoprire solamente con parole nuove e altisonanti quello , che in realtà, è sempre stato fatto da tutti e dappertutto e non facendo altro che perpetuare le radici di tutte le guerre. Cristo, viceversa, RIVOLUZIONA autenticamente il tutto e se, evitando la malafede di crociate e inquisizioni, lo si guarda con occhi attenti, se ne coglierà molto facilmente l'autentica natura pacifista. AUTOREALIZZAZIONE Abbiamo dovuto fare questo lungo excursus sulla violenza perché senza di questo non avremmo mai potuto chiarire la vera natura del desiderio Emmanuel Levinas, il grande filosofo lituano di origine ebraica, afferma sinteticamente che IL DESIDERIO E' IL BENE stesso Potremmo anche, un po' forse forzando il concetto, che IL DESIDERIO E' LA CARITA' stessa, se è vero, come è vero, che ci "porta fuori da noi stessi" per cercare l'Altro, dal quale, in ultima istanza, desideriamo solo "essere amati". Ovvio, quindi, stante queste premesse, che per chiarire il desiderio-bene non si potesse fare a meno di illustrare innanzitutto il suo antagonista violenza-male Ecco che ora possiamo cominciare a trarre le prime conclusioni partendo da quel'"archetipo" dell'Ecumenismo che è stato San Francesco. Francesco, quindi, ora possiamo cominciare a comprenderlo meglio, lungi dal "sacrificarsi" rinunciando ai suoi beni è stato semplicemente una persona che aveva capito tutto. Si libera di quei be-ni, che son pur sempre be-ghe, per sì farsi sacro (sacri-ficere), ma per star benissimo, mica malissimo come credono gli stolti !! Ecco da dove nasce la misteriosa "letizia" francescana Nel riconoscimento che l'istanza più profonda dell'uomo, quel desiderio che abbiamo studiato fin'ora, può venir appagato SOLO nell'Essere che, liberandosi dall'Avere, leggero, VOLA!! Il grande scrittore irlandese C.S. Lewis diceva che come chi, arrivando all'Inferno s'accorgerà d'esserci sempre stato, così chi, come Francesco , arrivando in Paradiso si sarà accorto di esserci sempre stato. Ma non come premio Solo come prosecuzione E non per rinuncia Ma per acquisizione Libera, della più autentica Libertà La Santità è il desiderio più proprio dell'uomo perchè, fatto ad immagine e somiglianza di Dio e come Questi può solo sentirsi appagato nell'Amore. Lo Spirito Santo stà al Desiderio come la corrente elettrica alla spina Ricapitolando, quindi, abbiamo iniziato con il "desiderio di unità" per "necessità", stante l'imperante "violenza". Liberati SOLO da Cristo possiamo ora parlare del desiderio di unità, SOLO ORA, autentico, libero, vero Dal desiderio di unità per RICEVERE protezione al desiderio di unità per DARE protezione Solo un essere intrinsecamente PRIVO di violenza ce lo poteva donare Un gabbiano che stava ai pesci come Cristo agli uomini Uno di un'altra razza, di un altro pianeta, di un altro mondo. Da dove venisse ognuno è libero di scatenare la propria immaginazione, ma non mi si dica che era solo un uomo, sebbene fosse anche COME uno di noi. Sarebbe come confondere Shakespeare con un pazzo solo perché entrambi dotati di fantasia ma, mentre Shakespeare era un genio che coniugava fantasia e realtà generando così immaginazione; il pazzo coniuga fantasia e sogno,generando così, viceversa, dei mostri A questo punto dovremo allora cominciare a parlare di AUTOREALIZZAZIONE, anche se in realtà non è mai un "auto" ma sempre un ETERO-realizzazione Ci stiamo quindi sempre più avvicinando a quel "NOI" dal quale eravamo partiti, quel "desiderio di unità" che, a questo punto, diventa OVVIO, nella sua intrinseca semplicità. Dobbiamo solo precisare preventivamente, per poter poi dedurre a come si giunga dal'"autorealizzazione" alla "eterorealizzazione", delle quattro dimensioni antropologiche dell'uomo: Dovremo quindi premettere alcune considerazioni sulla RELAZIONALITA' Freud, con la sua nota affermazione che "...abbiamo bisogno degli altri", nonché con il Transfert, vero e proprio perno della psicoanalisi, dimostra l'indubbio primato della RELAZIONE nella vita dell'uomo Tale "relazionalita", "intersoggettività", non è tanto da ascriversi a un bisogno o ad un desiderio ma è parte STRUTTURANTE di fondo dell'essere umano stesso. Non c'è possibilità di scelta. E' così e basta. RELAZIONALITA', si diceva, innanzitutto, quindi : A) CON SE STESSI; L'uomo nello stesso tempo è corpo e ha un corpo: questa duplice qualità fonda le sue relazioni (peculiari rispetto agli animali) con il mondo e la storia: il fatto di "essere" corpo pone l'uomo in relazione di immanenza con il mondo, così che l'uomo non può pensare né agire senza dipendere dal suo corpo e dalla materia; il fatto di "avere" un corpo pone l'uomo in relazione di trascendenza con il mondo, così che l'uomo non si esaurisce semplicemente nella sua corporeità e in una serie di rapporti materiali, ma mantiene la coscienza e la libertà che ne regolano l'agire. E' attraverso il suo corpo che l'uomo entra in relazione con gli altri uomini e con la natura. L'integrazione della corporeità nella definizione di "persona umana", conduce coerentemente ad ammettere che la persona è essenzialmente relazionata al "mondo", nella sua duplice eccezione di "società" e di "natura". Il discorso sulla corporeità è perciò, in ultima analisi, il fondamento di quanto ora diremo circa i rapporti interumani e i rapporti con la natura. Quindi, dal primo tipo di "relazionalità" passiamo al secondo: B) L'UOMO IN RELAZIONE CON GLI ALTRI UOMINI: Lévinas ben sintetizza: "l'apertura al Tu è costitutiva dell'Io" ; la persona umana, cioè, non può realizzarsi che nell'alterità, nel darsi agli altri e nel ricevere dagli altri. La soggettività umana è essenzialmente intersoggettività. Nell'incontro con gli altri uomini, l'uomo si trova di fronte ad un "tu" personale come lui, di cui non può disporre come dispone delle cose. La realtà del "tu" è situata oltre i rapporti di utilità o di mezzo per l'auto-realizzazione del"io" L'alterità del "tu", non è di subordinazione ma di comunione: L'altro, con la sua dignità di persona, pone un divieto alla libertà del'"io": un "no" che può essere superato solo con il "si" della accettazione dell'altro come valore intangibile, non a motivo di sue particolari qualità ma semplicemente della sua dignità di persona. Il rapporto con l'altro domanda, in una parola, "rispetto" : il contrario del rispetto è la "strumentalizzazione". L'apertura di ogni uomo agli altri non si esaurisce, però, nei rapporti interpersonali: ogni persona appartiene alla comunità UMANA. Questa appartenenza si manifesta in un'esperienza che nello svolgimento dei secoli è diventata sempre più cosciente e che, al tempo nostro, ha assunto notevole importanza: l'esperienza di comunione di coscienza, pensiero e libertà, di convinzione e, soprattutto, di comune destino di tutta l'umanità del mondo. Un'esperienza tanto radicale nell'essere umano che ripetuti terribili conflitti e guerre lungo il corso della storia non l'hanno potuto distruggere. Oggi, tale esperienza è espressa col termine solidarietà designante la RADICE ONTOLOGICA della comunità umana, ossia il vincolo ontologico che unisce ogni uomo con tutta l'umanità. Si tratta, pertanto, di una dimensione fondamentale dell'essere umano, dalla quale scaturisce l'impegno a tutti comune di collaborare al bene della comunità umana e al progresso delle sue strutture. La comunità umana non è una persona collettiva sopraindividuale: se così fosse, ogni persona perderebbe la sua specificità (coscienza e libertà) per assommarla in una "superpersona" e sacrificarla ad essa; il fondamento di ogni comunità adeguata alla dignità umana resta l'essere personale dell'uomo; il "collettivismo" non è conforme alla dignità della persona umana. D'altra parte però la comunità umana non è neanche semplicemente la somma numerica delle persone che la compongono, ma "una realtà qualitativamente nuova" in rapporto ad essa, perché nella comunità le persone sono unite proprio come persone, ossia come comunità di coscienza e di libertà, e non per un legame che sia esterno a esse. In conclusione di questo punto, quindi, possiamo dire che il senso non riposa semplicemente in se stessi, non è solo auto-realizzazione, ma riposa negli altri, è etero-realizzazione. Questa non va' però intesa nel senso del Potere, che di Giulio Cesare o Napoleone ricordiamo a malapena il nome e svogliatamente le gesta, ma nel senso di "servizio", che di Dante e Shakespeare siam ancora allievi e lo saremo durevolmente. Vi è poi un terzo tipo di "relazionalità": C) L'UOMO IN RELAZIONE CON LA NATURA. Infine il quarto D) L'UOMO IN RELAZIONE CON DIO Ma su questi ultimi due, al momento, soprassediamo, non foss'altro per ovvi motivi di spazio Quindi, riassumiamo così: L'AUTOREALIZZAZIONE è IL tema che, più o meno consapevolmente, c'accomuna tutti. Questa società ti fà credere che tu la possa trovare nel lavoro e nel denaro che conseguentemente guadagni e con il quale ti puoi cavare tutti gli hobby e i capricci. E' sempre la logica dove si diceva: "L'ideologia capitalistica da un lato, con il suo bisogno di consumatori accaniti, non lascia altro spazio che al lavoro per guadagnare denaro da spendere poi in divertimenti, e l'efficienza in questi due campi la chiamano "realizzazione". A fare il paio poi con questo tema del'"autorealizzazione" c'è quello del AUTENTICITA' quando, stante l'ottusità dilagante, della VERITA' non è consentito dire. Autenticità, ovvero, pura autorefenzialità, sentimentalismo soggettivistico, pulsionalità momentanea e relativa transitorietà volubile che sfocia infine in quella coazione a ripetere dove il vuoto interiore è riempito da amanti, puttane e divorzi a ripetizione. Questa lunga premessa per dire cosa ? Che la AUTENTICA AUTOREALIZZAZIONE si compie solo in quel MISTERO che è la RE-LA-ZIO-NEeeeeeeee !!!!!! Questa , lungi dall'essere una PRESCRIZIONE etica ha invece, viceversa, solo una valenza di REALIZZAZIONE ESISTENZIALE autentica e ben PIU' GRANDE di quella borghese del "self-made-man" Inoltre, nell'allontanamento da quell'economicismo dilagante, questa autorealizzazione non ha proprio ben nulla a chè fare con lo SCAMBIO del "do ut des", ti do se tu mi dai, in quella "partita doppia" che paiono i moderni matrimoni, ma nel DONO L'AMORE NON E' SCAMBIO MA UN DONO. "Io ti ho scelta come occasione di dono" dovrebbe dire un uomo che si richiami a quei "cavalli di razza", per dirla alla Montanelli, e non ai ronzini. Ho dato il massimo ? Posso darti la totalità di me ? Quando un'Amore nasce contiene una tensione all'immortalità, al "per sempre", che se solo ci ricordassimo del nostro "primo amore" non dimenticheremmo più; perché solo nella UNIONE, TOTALITA' ed ETRNITA' si comprendono le categorie metafisiche dell'Amore Ma se la vita E' UN POSSESSO, tutte queste categorie si perdono irrimediabilmente. E allora diventerà più chiaro l'abisso che separa tutto ciò dalle tristezze di eutanasie e simili amenità Quando non si capisce che la VITA AUTENTICA stà nel DONO e nella RELAZIONE, allora...rien ne va plus....... Ecco che qui l'Amore coniugale sfocia in quel "dono di sé" , elevato all'ennesima potenza nel "consacrato" , che si esprime nell'uso esclusivo dell'avverbio "TU" , e in quel "NOI" che come diceva quel grandissimo psichiatra di Ludwig Binswanger, l'Amore non usa mai l'IO, e già anche nel solo linguaggio traspare Ecco dunque la conclusione di questo lungo discorso, in fondo, solo per spiegare questo passaggio dove risiede tutto il "desiderio di unità" Dal IO, attraverso il TU, per giungere infine al NOI DELL'AMORE IL LINGUAGGIO DELL'AMORE Nel'"essere-insieme-nell'amore", il Dasein incontra se stesso ("gioca con se stesso") nella sua totalità e nella sua pienezza. Non ci meraviglieremo quindi se Binswanger afferma che l'unico linguaggio che compete all'amore è il silenzio. Che cos'è infatti il linguaggio ? Il linguaggio è sempre un medium, un vestito del pensiero, specificazione, dettaglio, scelta. Esso è volto a dimostrare, persuadere, difendere, accusare. Esso articola, specifica, precisa. "Il linguaggio - dice Binswanger - non è luce, ma rischiaramento... La dualità nell'amore non abbisogna di alcun rischiaramento, poiché, in sé e per sé, è già essa stessa luce. Essa non ha bisogno di alcuna dimostrazione, ne può in alcun modo essere dimostrata. Essa è Dasein interamente svelato, e non ha bisogno di essere rivestito, come appunto fa il linguaggio..." E altrove : "La dualità nell'amore è pura esaltazione, pienezza inarticolata, indeterminata, indivisa, quindi ineffabilità, immobilità silenziosa, senza quasi respiro, un'immobilità che in nessun modo significa negazione o privazione, bensì il supremo e più positivo, anche se muto, compimento di tutto il Dasein" L'amore non è ricerca di una verità, ma è "verità" esso stesso, quindi, anche se indifeso contro al giudizio, è, nel suo fondo, inattaccabile. L'amore è trasparenza immediata, rivelazione diretta del Dasein a se stesso, evidenza, quindi indimostrabile. Esso non può essere "detto", ma solo vissuto,. Ogni linguaggio, dice Binswanger, trasforma il Tu dell'amore nell'accusativo "lui", per cui l'ineffabile dualità di me e di te si spacca nel solito fatale dualismo di oggetto e oggetto. Non inprigionabile nella dimensione spaziali e temporali, l'amore è un puro "venirsi incontro", un puro e muto linguaggio da cuore a cuore che non abbisogna del medium della comunicazione verbale a suo sostegno e quale suo interprete, perché esso è sincerità totale. In quanto "verità", l'amore non è neppure collocabile in un quadro etico, non ha quindi bisogno di apologie : esso non è un dovere da compiere, né un fine da perseguire, né un valore da difendere. L'amore è, insomma, "docta ignorantia". "L'immotivazione dell'amore, che alla ragione appare come irragionevolezza, è proprio il suo fondo, la sua "ragione" e la sua "giustificazione" Parlando di "muto linguaggio da cuore a cuore", intendiamo sottolineare un non piccolo merito dell'antropologia di Binswanger. Egli ha recuperato alla sua meditazione sull'uomo il valore del "cuore", un valore del tutto assente in quel MITSEIN heideggeriano che lo stesso Binswanger chiama "neutrale", appunto per la mancanza in esso di un Tu amante. Egli descrive la "patria" dell'amore come "la patria del cuore". Certo, qui il concetto di "cuore" non è solo quello che ricorre presso Agostino e Pascal, cioè idea comprensiva di tutto ciò che nell'uomo vi è di più centrale, di più sorgivo, di più prescientifico e indefinibile, né è semplicemente quello del parlare comune. Per Binswanger, il "cuore" non sta mai ad indicare una proprietà o una funzione dell'uomo, né una sua singola azione, né un rapporto mondano, ma allude sempre a un modo fondamentale di essere-uomo, e precisamente esprime l'apertura del Dasein al "noi" della dualità amante. "Nell'essere-insieme-nell'amore il Dasein si scopre come "cuore" e il "da" del Dasein (il "ci" dell'esser-ci) si dischiude come la patria del cuore" Lo stesso incontro amoroso viene descritto come un "venir dal cuore" e un "andare al cuore". Siccome tuttavia essere-uomo non è solo amore, ma anche CURA (in forza di quel rapporto dialettico tra amore e CURA che Binswanger chiama sistole e diastole dell'essere-nel-mondo), ad ogni contemplazione silenziosa dell'amato è immanente il bisogno di darsi una forma esterna. Ecco perchè il Tu della dualità amante tende a diventare Tu espresso, cioè linguaggio. Il linguaggio che l'amore sopporta come il più capace di coglierne e di convogliarne l'eidos, è quello meno specificante e più allusivo, il linguaggio della musica e della poesia. Se nelle GRUNDFORMEN Binswanger cede spesso e volentieri la parola ai poeti non è solo perché essi dicono meglio le cose, ma perché la forza dell'immaginazione poetica è ciò che si "commisura" meglio alla sovratemporalità e alla sovraspazialità dell'amore. Se quindi certe pagine delle GRUNDFORMEN possono avere l'andamento un po' disarticolato di un'ontologia dell'amore, Binswanger ci avverte che in ogni lirica autenticamente amorosa si cela un frammento di un'ONTOLOGIA DELL'AMORE. Certo, poesia e musica rompono anch'esse quel "sacro silenzio" che è il vero linguaggio dell'amore, ma a quello si avvicinano perchè non specificano nulla, alludono ma non significano. "La loro "patria" ontologica è nella trascendenza esaltante della pura "immaginatio". Solo esse possono "alludere alla totalità del Dasein" "Esse sono trascendentale "immaginatio", quindi non finalizzata, non problematica, prescindente da ogni individuazione, sgorgante dalla totalità dell'essere e volta alla totalità dell'essere" Con le belle parole di P. Valery, Binswanger ama chiamare musica e poesia "les enfants de mon silence" Ma anche la quotidianità conosce il lirismo del linguaggio amoroso, sia pure non così eletto come quello dei poeti. Questo dialogo tra amanti è "sacro" perchè ex corde sonat e purché rientri, poi, in quell'immobilità silenziosa del cuore da cui proviene. In questo dialogo, gli amanti esperimentano la NOVITA' NELLA RIPETIZIONE : "Non esiste nessun altro modo di essere in cui la ripetizione e novità siano una cosa sola come nell'essere-insieme-nell'amore" La forma dell'amore è ogni volta nuova, e ciò denuncia la sua sovratemporalità. Il dialogo tra amanti, in quanto forma dell'amore, è senza un tema specifico e senza uno scopo preciso (non è socratico, sofistico, politico, economico...). Sua caratteristica è quella autenticità che viene dalla sincerità del cuore, e l'atmosfera che esso sa creare. Strttamente parlando, esso non ha contenuti : non ciò che tu dici conta, ma il fatto che sei tu a dirlo! Ma nel Tu divenuto parola espressa, il dialogo non si apre solo al mondo poetico (nel quale il tema è sempre e solo il NOSTRO AMORE) ma anche al mondo della PREOCCUPAZIONE. E' in quest'orizzonte che l'amore si fa "storia", destino mondano. L'essere-insieme-nell'amore esce dall'istante eterno e rientra nel tempo e nello spazio della CURA. Ora l'amore si tematizza, si esplora, si interpreta, s'interroga, si preoccupa. Ora passato e futuro gravano sul presente. Ma anche a questo dialogo inerisce pur sempre un po' di quella "esaltazione", di quella "immaginatio" che definiscono l'amore, poiché in esse si inquadra e si fonda. L'amore diventa così "opera", realtà forgiante . In conclusione si è voluto dimostrare, con questo piccola "tesi", che il Desiderio ha sì bisogno della Grazia e di Cristo, ma più che per "convertire" per far sì che l'uomo possa andare nella "giusta direzione". Verrebbe quasi da pensare, giunti a questo punto, che questo "Desiderio" sia il rovescio della medaglia di quel "Peccato Originale" con il quale nasciamo e, come quest'ultimo ci porta verso il basso, quello ci porti verso l'alto. La spinta verso la Luce di quell'Ombra che ci portiamo anch'essa dentro di noi. Verso quelle "stelle", come dice la sua etimologia, per le quali siamo nati. |
Post n°324 pubblicato il 04 Marzo 2009 da mjkacat
...DIVIDENDO e riducendo la realtà all'economia e alle CLASSI, ha elaborato PS...nel senso "mimetico girardiano", stò parlando |
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