Creato da mjkacat il 24/05/2005

Eighties

Psicoanalisi Filosofia Teologia

 

 

I devoti nietzschiani

Post n°363 pubblicato il 22 Aprile 2009 da mjkacat

L'ottusangolo devoto «non coglie la necessità dell'uscita dal sacrificio.
Egli resta, in questo senso, ancora un nietzschiano. il suo sforzo resta
teso a conservare un mondo che non esiste più, una realtà superata dal mondo
moderno.
Il punto (dolente) d'incontro e ad un tempo di separazione radicale, è in
effetti ancora una volta Nietzsche, che pur avendo colto perfettamente il
baratro fra paganesimo e giudeo-cristianesimo, fra universo sacrificale e
Regno di Dio, scelse tuttavia di schierarsi dalla parte di Dioniso contro il
Crocifisso.

Ora, i fedeli contemporanei di Nietzsche, fra cui un'entusiasta
intellighenzia di sinistra, sono soliti glissare proprio su questo nervo
scoperto

A dispetto del clericalismo laicista, laicizzazione non è affatto sinonimo
di desacralizzazione, anzi:  è vero il contrario

I propugnatori del pensiero nietzschiano mirano a invertire il percorso
lévinassiano per ritornare «dal santo al sacro».arcaico

Costoro voglion fare del Decalogo e di tutta la morale giudaico-cristiana
una violenza intollerabile, e la loro completa abolizione è il primo dei
loro obiettivi.

Questo tipo di "devoto nietzschiano" situa la felicità nell'appagamento
illimitato del desiderio e, di conseguenza, nella soppressione di tutti i
divieti:

Peccato che non capisca un'emerito cazzo del "Desiderio" e dei suoi risvolti
psicologici

Ma per far questo, "la piattaforma" bisogna conoscerla in lungo e in largo e
non come cani alla catena ruotare attorno al palo centrale idealizzando
mondi matematici, scientificamente segaioli.

Drogatevi, vi farebbe un sacco di bene,....credetemi ...che sicuramente ,
dopo, v'accorgereste almeno della catena a cui siete appesi per il collo e
che non vi fà neppure arrivare molto sangue al cervellino!!!

 
 
 

Alla frontiera del linguaggio

Post n°362 pubblicato il 21 Aprile 2009 da mjkacat

La filosofia analitica ha tracciato una linea di demarcazione tra le
proposizioni verificabili delle scienze naturali e quelle non verificabili
della metafisica e della religione.
Le proposizioni non verificabili non sono conoscitive.

Il linguaggio è quindi come una piattaforma sulla quale ci muoviamo.
Al centro della piattaforma c'è il linguaggio dove ci muoviamo bene, il
linguaggio "regolato" della scienza.

Fuori dal centro, in periferia, le regole d'uso valide al centro vengono
estese e abbiamo le metafore, le analogie eccetera.
Qui il linguaggio gioca fuori casa, ma gioca ancora.
Oltre la corda si spezza e il gioco termina.

Ma attorno a questi uomini che hanno deciso di vivere al centro della
piattaforma, ce ne saranno altri per i quali è insopportabile tale vita, e
si sentiranno attratti dalla frontiera del linguaggio, persuasi che più
ampio è lo spettro del linguaggio che si adotta, più ricco è il mondo in cui
ci si trova.

Costoro amano il "paradosso", rompono con gli schemi usuali del linguaggio :
è il caso degli artisti, ma anche degli umoristi.

E' proprio qui, alla frontiera del linguaggio, vive e palpita il discorso
religioso.
I paradossi, i balbettii, e il silenzio stesso del discorso cristiano hanno
un senso non al centro ma alla frontiera del linguaggio.

La fede del cristiano spezza il grigiore* di un mondo di "fatti" tutti
uguali e senza senso e custodisce, con i suoi paradossi e le sue violenze al
linguaggio "sensato" del centro della piattaforma, il senso del mistero ,
della bellezza e della gioia.


*
 http://video.libero.it/app/play?id=db46bd3164254eae2347632e45d00bd2

 
 
 

New farisei

Post n°361 pubblicato il 20 Aprile 2009 da mjkacat

Curioso come la cultura postmoderna usi le incomprensioni tra gli ebrei e
cattolici per accentuarle, a differenza della Chiesa che si adopera in ogni
modo per attenuarle, e sviluppi il complesso rapporto Bibbia-Vangelo nel
modo più ipocrita e distruttivo possibile usufruendo del freddo
cervellotismo quando la passione invece le unisce.

La cosiddetta cultura laica, in fondo, senza gli ebrei più ottusi come Marx,
Freud e i loro attuali epigoni; Derrida & company,...NON SAREBBE NULLA !!

Ma se, in fondo in fondo, tutta la partita culturale si gioca tra "figli"
della Bibbia e "figli" del Vangelo,...i laici....CHE CAZZO RAPPRESENTANO
??!?
Boh.......



 
 
 

Derrida & Girard

Post n°360 pubblicato il 20 Aprile 2009 da mjkacat

Derrida decostruisce ad infinitum, “la farmacia non ha fondo”, mentre Girard decostruisce per mostrare la Verità del messaggio evangelico, per rimuovere gli ostacoli che ricoprono il “fenomeno della rivelazione”.

 
 
 

Manuale di uso e manutenzione

Post n°359 pubblicato il 19 Aprile 2009 da mjkacat

Quando si acquista un'auto nuovo, è buona norma, prima di usarla
sconsideratamente, consultare il libretto che il costruttore immancabilmente
allega al mezzo al momento dell'acquisto.

In questo "libretto", oggi diventato oramai un "librone" stante i
numerosissimi optional, sono scritte le precauzioni da prendere per far sì
di non incorrere in disastrosi e costosissimi, nel migliore dei casi o
disastrosi, nel peggiori, di errori.

Certo, dopo la quarta o quinta macchina posseduta, a grandi linee, potrebbe
risultare superfluo.
Ma non è proprio così
I sempre più numerosi optional e le sempre nuove modalita sofisticate di
funzionamento ne consigliano comunque una seppur rapida occhiata.

Sappiamo infatti come le donne e i neopatentati, se non li si segue con
un'attenta supervisione, ti riducano qualunque mezzo.

Queste istruzioni del produttore sono quindi inconfutabilmente preziose.

La cosa più curiosa, però, è come l'uomo si comporti, viceversa, con la SUA
di vita, non con quella della sua automobile.

Qui, innanzitutto, confidando in uno spirito arcano alquanto strambo, i più
son ancora convinti che sia come se  le Ferrari venissero fuori da un
bussolotto agitato molto bene che miracolosamente le assembla grazie al
caso, e quindi, lo stesso provvidenziale "caso" le farà funzionare benissimo
senza nessun manuale di uso e manutenzione non esistendo nessun costruttore.
Questo, anche se può sembrar strano, è l'atteggiamento dei più.
Mai che qualcuno si chieda da dove venga quella meravigliosa macchina del
proprio corpo accontentandosi di ritenerla generata dai propri genitori ;
che sarebbe come pensare che le Ferrari le fa il concessionario.
Ma tant'è, la ragione, si sà, non è più di moda.

Ecco quindi che nessuno si sogna di dare neppure un'occhiatina a quei
"manuali di uso e manutenzione" dell'uomo che sono Bibbia e Vangelo.
Sempre quei più, poi, comicamente, li ritengono superflui perchè, a sentir
loro, quasi servirebbero solo quando la macchina è da rottamare e non per il
suo uso e manutenzione.
Pazzesco !!
Eppure, farà ridere, ma è la verità.
Fermo restando poi imprecare e bestemmiare il produttore quando, ovviamente,
si deve poi ricorrere più frequentemente del necessario, ai "meccanici" di
questo particolare "mezzo".
Dottori di ogni ordine e grado che, a questo punto, assurgono ad autentiche
divinità in misura direttamente proporzionale alla irrazionalità di codeste,
ammettiamolo, Darwin aveva ragione, ...di codeste, si diceva , scimmiette
neppure ammaestrate tanto bene.
Anzi malissimo
Ultimamente và poi per la maggiore, infatti, non ammaestrarle affatto.
E così succede poi che insensatamente ci si meravigli anche che senza
istruzioni ne del produttore ne del "concessionario", chiamiamoli così i
genitori, questi, a vent'anni, son già da rottamere sempre che nel frattempo
non si siano schiantati contro un muro.
E anche qui, nuovamente, tutta la colpa se la prende come sempre il
costruttore....perchè è cattiiiiiiivooooo,...perchè è ingiuuuuuuustoooooo
eccetera eccetera.
Mai che si riminchino un po' e ci buttino un'occhio su quei "manuali"
Mo' neanche per sogno !!
Roba vecchia, dicono.
E intanto si schiantano !!

Poi c'è chi si meraviglia che ci sia ancora gente a pregare dicendo
..."venga il tuo Regnoooooo..."
Mo' per forza.
Mo' vi rendete conto che noia vivere in un mondo così pieno di insensati ?!?

 
 
 

Intelligencija ? Mo' và là...

Post n°358 pubblicato il 17 Aprile 2009 da mjkacat

L'antropologia dell'intelligencija
si rifa' a Rousseau e all'Illuminismo

Essa ha creduto, assieme a Rousseau e a
tutto l'illuminismo, che l'uomo naturale e' buono
per natura e che la dottrina sul peccato originale
e sulla radicale corruzione della natura umana e'
un mito superstizioso che non trova nessuna
corrispondenza nell'esperienza morale. Percio' non
vi deve ne' vi puo' essere alcuna cura speciale nel
coltivare a personalita' (il tanto disprezzato
autoperfezionamento), mentre tutta l'energia deve
essere interamente spesa nella lotta per migliorare
l'ambiente. Dichiarando che la personalita' e'
interamente prodotto di quest'ultimo, a questa stessa
personalita' affidano il compito di migliorare
l'ambiente, similmente al barone di Münchhausen che
si tiro' fuori dallo stagno afferrandosi per i capelli

S. Bulgakov, L'eroe laico e l'asceta

 
 
 

La "bruta" Realtà

Post n°357 pubblicato il 17 Aprile 2009 da mjkacat

Quando la Realtà è "soft", allora ci si spreca nelle "interpretazioni" più
assurde fino a negarne l'evidenza.

Quando la Realtà è "hard" allora riaffiora il mistero della sua essenza e le
"interpretazioni" si azzerano

Se ce se lo ricordasse si ascolterebbero molte meno sciocchezze

 
 
 

Liberté Egalité Fraternité

Post n°356 pubblicato il 17 Aprile 2009 da mjkacat

Ma dalla "Liberté"....."individuale", cioè intesa come la intendevano quei
fautori "Illuministi", come  potrà mai nascere la "Fraternité" e l'"Egalité"
che sono l'esatto contrario ?

Infatti..........


"Chenickname"  ha scritto nel messaggio
Oh chissa' quanto ti fara' ridere il cristianesimo, allora!


...no, vedi, stà proprio qui la differenza
Ma forse è giusto che mi spieghi un po' meglio
Avrai già capito che tutto verte sul concetto di LIBERTA'.
Benissimo
Ma subito dopo dobbiamo chiederci A CHI questa libertà è rivolta
La risposta della Rivoluzione Francese è gli INDIVIDUI
La risposta della Chiesa sono le PERSONE

Quindi avrai già capito che tutto verte sulla differenza tra "individuo" e
"persona"
Ed è proprio tra queste due diverse concezioni dell'uomo che c'è una GRANDE
differenza...e da cui ne consegue la mia ..."ironia", diciamo, su come si
possa mai coniugare una concezione di "Libertà" intesa in senso
"individuale" con istanze: "Fraternità" ed "Uguaglianza" che, viceversa,
sono istanze "sociali".

Lo si può solo, infatti, con un'istanza collettiva SOPRAINDIVIDUALE, ma in
quel preciso momento quest'uomo perderebbe appunto la sua LIBERTA'
Come ha dimostrato infatti il COMUNISMO

Ecco quindi che stante questa concezione dell'Uomo come Individuo può solo
oscillare tra Capitalismo e Comunismo.
Tertium non datur

Credo che il ragionamento sia molto semplice.
Sono due diverse concezioni antropologiche dell'uomo e non possono che dare
due risultati diversi

Al fine di spiegarmi ancora meglio ti faccio l'esempio dell'aborto:

Per noi cattolici il bambino non ancora nato è una PERSONA, cioè un
detentore di Diritti fin dal suo concepimento....(...lo stesso, in altri
termini  per Eluana ecc...ma soprassediamo....)
Per gl'altri, che ne siano poi consapevoli o meno è un'altro discorso, è
un'INDIVIDUO, cioè NON un detentori di Diritti in sè, non sò se mi spiego,
ma solo dal momento che nasce e la SOCIETA' lo riconosce come soggetto
giuridico.

Non pretendo che tu sia d'accordo con me qual'è la concezione antropologica
migliore, ma solo sottolineare una differenza le cui conseguenze son quelle
poi già dette sopra : l'oscillazione inevitabile tra INDIVIDUO e
SOPRAINDIVIDUO, Capitalismo e Comunismo.
Impossibile uscirne stante quella concezione.
E' per questo che dico che "Liberté, Fraternité, Egualité" è una pia
illusione perche non si possono MAI realizzare contemporaneamente tutte e
tre.

 
 
 

La gente...

Post n°355 pubblicato il 16 Aprile 2009 da mjkacat

...schiacciata dalle preoccupazioni per restare al passo con il desiderio di
benessere e l'ansia di perderlo, non ha tempo ne voglia di pensare ad altro.
Oramai "Homo economicus", ascolta altrettanto distrattamente fautori e
oppositori di qualunque filosofia o teologia che trova ugualmente prive di
qualunque interesse.
Del resto anche la filosofia è oramai più parte del "business" che di
qualcosa di autenticamente "altro".
Quella più furba asseconda il tutto dandogli pure una pennellata di
inevitabilità nell'inconsistenza di qualunque "verità" alternativa.
Stando così le cose, nella totale assenza del benché minimo parametro
oggettivo, il "denaro", mediatore universale di qualunque desiderio, non può
che uscirne rafforzato nel suo indiscusso primato
Falsi ideali di giustizia ed equità, poi, servono solo a consolare il
risentimento di chi, in questa gara, arriva tra gli ultimi e,
nell'abolizione cervellotica della meritocrazia, trova consolazione nel
sentirsi derubato dalle ombre che gli vagano nel cervello ottenebrato come
quello di un qualunque vecchio sclerotico.
Tutti se la raccontano che son liberi dalla dipendenza dal denaro e tutti ne
sono, ne siamo ugualmente schiavi.
Ecco l'unica autentica "Egalité" raggiunta dopo duecento anni dalla mitica
Rivoluzione Francese.
Tutt'altro che "Liberté", e tantomeno "Fraternité", ma tutti uguali
nell'adorazione dell'"argent"

Ma non preoccupatevi.
Non è colpa vostra, cari filosofi.
A chi credete che interessino i vostri discorsi oramai solo autoreferenziali ?!
A nessuno.
Il mondo non va così per le vostre idee.
Il mondo è sempre e solo stato combattuto tra il "Vitello d'oro" e Dio.
Certo, ha vinto il primo.
Ma non per colpa vostra.
Voi, e Nietzsche, contate come il due di Coppe quando briscola è Bastoni
Non l'avete ucciso voi, Dio
E' una storia vecchia.
Manco eravate ancora nati !!

 
 
 

Natura umana

Post n°354 pubblicato il 14 Aprile 2009 da mjkacat

"Contrariamente a quel che dicono i nostri nichilisti e relativisti, una
natura umana ESISTE, e la sua elasticità è tale che si dà spesso da fare per
porre rimedio alla più strambe follie culturali "

René Girard
"Il risentimento"
Raffaello Cortina Ed.
Pag. 161

 
 
 

Voltaire

Post n°353 pubblicato il 10 Aprile 2009 da mjkacat

Quello che Voltaire si dimenticava di dire era che anche il "Progressismo" era una metafisica dell'uomo e , come tutte le altre, altrettanto opinabile.
E una metafisica materialista ma non per questo meno metafisica.

Ciò che si chiama "Progressismo" è poi oggi soltanto
un clan, una specie di tribù, un insieme di specialisti in frode delle
relazioni pubbliche, di abili manipolatori che possiedono l' arte di
presentare come progressiste idee e teorie che hanno provocato le più grandi
catastrofi della storia dell' umanità.

Si, perchè, l'Europa è oramai stritolata dalla categoria mentale del "politico" , nato da allora.

L'America è diversa
Una società affrancata, già nella mentalità, dalla morsa del potere
politico, una realtà fondata sulla dinamica del libero mercato e dunque in
grado di rinnovare continuamente élite naturali fondate sul merito e
l'utilità sociale. Una qualità, questa, indipendente dalla conformazione del
regime politico, dalla collocazione
repubblicana o democratica delle amministrazioni di turno.
In America, a differenza che in Europa, le ragioni della politica sono buone
quando derivano dalla società: è la politica a essere subordinata alla
società, non viceversa.

.

 
 
 

Il terremoto di Lisbona

Post n°352 pubblicato il 09 Aprile 2009 da mjkacat

Il terremoto distrugge la città di Lisbona, e in questo contesto il
terremoto non è un fatto fisico, ma è un fatto che coinvolge la Provvidenza
Divina.
Ed è da qui che inizia la sua battaglia VOLTAIRE
Voltaire dice :  che cosa hanno fatto gli abitanti di Lisbona per meritare
questa catastrofe, in che cosa sono peggiori dei parigini o dei londinesi ?
Eppure a Parigi e a Londra si balla e a Lisbona si piange.

A questa domanda Voltaire si da anche la risposta :  tutte queste storie
della Provvidenza Divina sono cose vuote; quello che  conta è ciò che ogni
uomo è capace di fare:  Se l'uomo si rimbocca le maniche e si da da
fare...eccetera eccetera.
Quindi , il terremoto, diventa un'inno al progresso umano e una legnata al
Cristianesimo

Questo argomento diventa un dibattito a livello Europeo ed entrano in campo
altri personaggi della cultura di allora come era appunto Rousseau, ma anche
KANT, appunto.
Kant reagisce negativamente a questo modo di fare di Voltaire.
Kant dice :  ma noi cosa ne sappiamo del mistero dell'universo ?
Del mistero della vita ?
Come si fa a capire le cose di questo mondo !

Il punto è che il vincitore culturale all'epoca fù Voltaire perchè è facile
ed immediato; si capisce subito.
Per uscire vincitori spesso è utile saper fare cultura in maniera facile ed
immediata.
Kant non è un Voltaire, ma è all'opposto di Voltaire ed è molto difficile da
capire a cominciare dalla sua prima opera "Critica della ragion pura" !!
Kant, in quel libro, pone la questione se è dimostrabile l'esistenza di Dio,
e giunge alla conclusione che Dio non è dimostrabile dal punto di vista
della pura razionalità
Come non è neppure dimostrabile il contrario

 
 
 

Girard e la "Spe salvi"

Post n°351 pubblicato il 06 Aprile 2009 da mjkacat

Dopo la lettura dei post precedenti sull'importanza del "sociale" come parte inscindibile del Desiderio, risulta particolarmente interessante questa conclusiva intervista a Girard sull'argomento che era stata l'ispirazione dalla quale eravamo partiti nell'analisi del Desiderio ad iniziare dalla sua patologia

Intervista a Réne Girard sull'Enciclica di Benedetto XVI, "Spe salvi"



      La «Spe salvi» insiste su un cristianesimo poco individualista e non
solo occidentale, perciò critica il progresso. Parla René Girard



      «Mi ha molto colpito l'accosta­mento nell'enciclica fra fede e
speranza, quando si sottolinea che esse vengono quasi confuse lungo la
sto­ria del messaggio cristiano. Il Papa sembra rimproverare al mondo più l'assenza
di spe­ranza che di fede, dato che la speranza ha un ruolo essenziale nella
fede». Il grande antro­pologo francese René Girard ha letto la Spe Salvi con
gli occhi del credente, oltre che con quelli dell'instancabile e­sploratore
del sacro.

      Professore, quali impres­sioni hanno accompa­gnato la sua lettura?

      «Ancora una volta, in que­st'enciclica si avverte con forza la volontà
di Bene­detto XVI di mettere l'ac­cento sulle verità fonda­mentali del
cristianesimo, oggi spesso trascurate. La speranza cristiana, ci vie­ne
detto, non è così indivi­dualistica come la nostra epoca tende a far
credere. Al contempo, affrontare il mondo sociale nell'ottica delle
ideologie mo­derne è riduttivo e fuorviante».

      In che senso lei parla di un'enciclica «socia­le »?

      «Nel senso, direi, di un ritorno alle basi socia­li fondamentali del
cristianesimo. La cristia­nità nel suo insieme è più importante di cia­scuno
di noi. Ed essa è minacciata da una fal­sa concezione del progresso. Una
minaccia diretta, in un certo senso fisica, grava sul no­stro mondo. Mi pare
che l'enciclica alluda chiaramente ai problemi posti dagli arma­menti, dall'ambiente,
dal consumo di petro­lio ».

      Nella prima parte, si rievoca l'avvento della speranza cristiana in un
mondo pagano sprovvisto di prospettive.

      «Ci viene detto molto chiaramente che gli dei del mondo antico, come
quelli romani, non potevano apportare la speranza agli uomini. Il Dio dei
cristiani è del tutto diverso. Il suo a­more e il suo interesse per gli
uomini sono co­stanti, profondi, molto più profondi della no­stra stessa
concezione della natura umana».

      L'enciclica ricorda anche le prime rappre­sentazioni di Cristo come un
filosofo. Perché, a suo parere?

      «Si trattava di uno sguardo che non prestava sufficiente attenzione
alla Passione, al dato es­senziale del cristianesimo. Quest'evento era
talmente nuovo che mancava anche il lessico per parlarne. Ma pure oggi
possiamo chiederci se non siamo ancora in cammino verso inter­pretazioni più
profonde della Passione. L'en­ciclica invita, mi pare, a una riflessione
co­stante sul fatto che Dio è più vicino a noi per­ché esiste questa
sofferenza così necessaria nel rapporto fra Dio e l'uomo».

      Una sofferenza ricordata dalle figure di san­tità citate.

      «I modelli di santità nell'enciclica sono mo­derni e provengono da
Paesi non occidentali che hanno enormemente sofferto e che non avevano una
tradizione cristiana. L'enciclica insiste dunque sull'universalità del
cristiane­simo e sul fatto che esso è vivo anche dove gli occidentali
tendono a non volgere lo sguardo. In queste regioni, il cristianesimo cresce
e rag­giunge espressioni per certi aspetti più inten­se che nell'Occidente
rigonfio di scienza e del­le sue capacità di produzione».

      «La fine di tutte le cose» di Kant viene indicata come come una pietra
miliare dei dub­bi sul progresso. La sorprende questa cita­zione?

      «Questo passaggio dell'enciclica è molto in­teressante perché
sottolinea come la filosofia moderna, se la si guarda più da vicino, è me­no
semplicista nella sua visione della moder­nità, della scienza e del
progresso di quanto spesso si dica. Anche nella filosofia, dunque, la nostra
coscienza può trovare spunti per ve­gliare di fronte ai pericoli che
attraversano il nostro tempo».

      Ma la filosofia, ad esempio quella di Marx, può diventare anche base
di ideologie dram­matiche.

      «L'enciclica ci ricorda proprio il vizio princi­pale delle utopie
moderne. Esse credono pos­sibile di poter - per così dire - completare in
modo definitivo l'umanità, ma ogni volta la realizzazione dell'utopia lascia
l'uomo nello sconforto. Oltre che deteriore, questo genere d'utopismo oggi
comincia ad apparire terri­bilmente superato, nella sua concezione
pu­ramente materialistica e senza prospettive spi­rituali della felicità
umana. Accanto a tutto ciò, il cristianesimo appare come un'apertura ver­so
l'infinito che non può venire colmata».

      E in quest'apertura infini­ta, il cristiano non può di­menticare il
Giudizio uni­versale.

      «La parte finale dell'enci­clica ci ricorda che il mo­do in cui il
cristianesimo ha concepito il destino dell'uomo resta oggi per­fettamente
valido. Vi è qui un ritorno alla tradizione ecclesiale della cristianità e
un richiamo all'ap­profondimento del cristia­nesimo attuale attraverso le
fonti originali e le virtù teologali, da opporre alle nostre piccole fedi e
speranze quotidiane. A tratti, sembra che il Papa voglia mostrare co­me per
questo mondo disilluso non sarebbe difficile volgersi verso il
cristianesimo. Mi pa­re cruciale l'insistenza dell'enciclica sul fatto che
non può esservi scoperta di strutture ca­paci di garantire la pace in modo
permanen­te. L'uomo è tale che non può liberarsi da so­lo delle fonti della
sua autodistruzione».

      La speranza cristiana è anche quella dell'u­nione fra i cristiani.

      «Sì, il ritorno all'unità è presente fra le righe co­me una missione
essenziale. La preoccupa­zione dell'unità è costante perché si
ricono­sceranno i cristiani proprio da quest'unione. Oggi non siamo
riconoscibilmente cristiani perché restiamo profondamente divisi».




 
 
 

L'altra dimensione

Post n°350 pubblicato il 05 Aprile 2009 da mjkacat

An-arché; non c'è un inizio per noi uomini decifrabile
Proveniamo da un qualcosa d'Altro che tale resterà eternamente in questa
vita.
Solo in  un'"altra" potremo vedere  quel assolutamente "Altro" che ci si
rivelerà come in questa si incarnò in modo tutt'"altro" che umano, seppur
anche umano
Prova ne è quella modalità "altra"  che ad un qualunque uomo non sarebbe mai
potuto passare per la mente, che avrebbe sempre scelto l'"altra" rispetto
quella che Lui scelsce
Quella del Potere, non quella del Servizio
Cristo, il Divino,...altro da noi, che solo iniziando a ragionare in
un'"altro" modo possiano avvicinarci a Loro
Oltrepassando lo specchio per iniziare a vivere da subito in quel "paese
delle meraviglie" che è la nostra casa già ora
Quando la guardi con quegl'"altri" occhi
I Suoi
E guardi anche gl'altri con altri occhi
I Suoi
Allora conoscerai un'altra Libertà
La Sua
E allora capirai che l'"alterità" racchiude tutto
LUI: l'Altro; Dio: l'Altro, qualunque uomo: l'altro
E il tuo "io", perdendosi nell'"altro", in tutte le sue forme, si ritroverà.
E potrai anche essere felice.
Già ora perchè
L'ALTRO,...è tutto !!!
Cambia !
http://snipurl.com/f8qs5


 
 
 

Lévinas & Girard

Post n°349 pubblicato il 02 Aprile 2009 da mjkacat

 
Facendo seguito al precedente post, a questo punto sarebbe legittimo chiedersi 
Ma se l'istanza psichica profonda del Desiderio umano non è solo individuale 
ma anche sociale, che fine fà questa seconda nell'uomo d'oggi, radicalmente 
individualista ?
 
Ma siamo poi così sicuri che sia individualista come crede di essere !?
 
Qui dobbiamo ripartire sfatando un'altro mito contemporaneo; e cioè che il 
Desiderio  nasca nel soggetto e dal soggetto.
Che cioè "desideriamo" in modo indipendente,  assolutamente soggettivo, 
autonomo; che cioè il Desiderio parta da dentro di  noi. 
Non è affatto così !!
 
Il Desiderio risente in modo determinante del suo lato socializzante. 
Su cosa farebbe leva, sennò, la pubblicità ?! 
Il Desiderio, per innescarsi, ha sempre bisogno di un Modello, cioè 
dell'Altro, appunto. 
Dopo Emmanuel Lévinas dovremo parlare allora anche dell'altro grande 
francese, Réne Girard. 
Cosa ci insegna quest'altro grande autore di quella "scuola francese" che 
pare esser l'unica, a  cominciare da Lacan, attraverso poi del"gatto
e la volpe" Guattari e Deleuze, per arrivare infine a Lévinas e Girard,
sul Desiderio ? 
Che è sempre mediato ! 
Essendo il Desiderio, per definizione, la forza che ci porta fuori di noi, 
esso si nutre di imitazione, sempre e comunque.  Mimesi, cioè,  il Desiderio 
è mimesi.
 
Freud, a questo proposito, sfiora questa verità cogliendo nell'Identificazione
con il padre i prodromi dell'Edipo, ma poi si perde nel suo delirio pansessualista
e, perdendo di vista  l'aspetto primario, costruisce poi un'enorme impalcatura
per sostenere la sua tesi della  "Libido" tanto che deve ricorrere alla nozione di
Inconscio per farla stare in piedi.
Ma non siamo più al secolo scorso e oramai il mito della psicoanalisi ortodossa 
lascia il tempo che trova.
 
Identificazione con il padre, si diceva, e da lì a seguire è un tutt'uno.
Imitazione, cioè, di tutti coloro, di tutte quelle persone che ai nostri
occhi assurgono a modelli perchè ritenuti portatori di una personalità,
di un karisma; cioè  di un "essere" superiore al nostro e che vorremmo
raggiungere, possedere, avere con tutte le nostre forze.
Questa, detta in parole semplici, è l'essenza dell'uomo, del Desiderio umano.
Cercare, cercare e cercare ancora, incessantemente, di "essere" come il Modello
 
Ora, sorvolando sulle implicazioni violente a cui tutto ciò porta, inevitabilmente,
che se uno è modello è automaticamente rivale, e che, volendo approfondire
si rmanda a quel capolavoro di Girard che è "La Violenza e il Sacro", per 
restare alla centralità del nostro tema, si diceva, va subito sottolineato che è proprio 
a cominciare dal genitore del proprio sesso, tutto dipende poi dai "maestri" più o meno 
positivi o negativi che ci sappiamo scegliere.  E parrebbe, da quel che si constata 
nell'attuale situazione di "bullismo" dilagante, quella qualità dei maestri sia alquanto
discutibile.
Ma questo si spiega facilmente con il fatto che stiamo ancora pagando le
conseguenze di quella mentalità che si è inaugurata nel '68 del secolo scorso e che
ancora ci assilla come, del resto, da una grave malattia, non se ne esce ne
immediatamente ne  tantomeno indenni. 
Una volta si chiamava Comunismo
Moltissimi ne sono ancora affetti sebbene abbia cambiato nome
Un nome diventato "innominabile" si è pensato bene di sostituirlo lasciando 
però inalterati i contenuti riciclati ancor più radicalmente.
Al crollo di quell'ideologia si è pensato addirittura, da bravi megalomani,
che fosse finita la storia stessa e si è inaugurato quel lutto "postmoderno"
che ancora ci assilla con le proprie menzogne e i suoi modelli conseguenti.
 
Postmodernismo banale che delegittima la nozione di verità ed esorcizza la 
realtà anteponendole una falsa coscienza del soggetto; un'ideologia settaria ed 
estremamente intollerante e finta "debole"
 
"Contrariamente a quello che ci dicono i nostri nichilisti e relativisti,
una natura umana esiste, e la sua elasticità è tale che si dà spesso da fare
per porre  rimedio alle più strambe follie culturali"    Girard "Il risentimento"
E di "follie culturali" infatti si tratta e da cui è urgente guarire
Ecco infatti perchè il clima dominante, lontano dalla speranza, oscilla tra
la disperazione per l'eclissi del "sole dell'avvenire" e "l'eclissi della
luce della Ragione" radical-individualista
Ed ecco il punto dove invece Girard e Lévinas si coniugano alla perfezione:
Il primo nel rilevare che c'è poco da fare; il vero soggetto umano può
emergere soltanto dalle regole del Regno ed al di fuori di queste regole non
c'è altro che il mimetismo e l'"interdividualità"

Solo la struttura mimetica è soggetto
E non c'è filosofia che tenga poichè anch'essa è implicata nel gioco di
dissimulazione che impedisce di riconoscere come stanno le cose

A meno ché la filosofia non si ponga proprio dal punto di vista
dell'attenzione per quell'Altro che le regole del Regno inaugurano
Ed è proprio Lévinas il punto di riferimento più opportuno per una filosofia
così "capovolta"
 
Vediamo quindi di riassumere questo pensiero di  Emmanuel Lévinas

Abbiamo detto all'inizio che il mito della nostra provenienza da
un'idilliaco luogo;
paradiso terrestre, uroboros o liquido più o meno amniotico, era un mito
Non solo, ma ne abbiamo dimostrato la negatività essendo alla base psichica
del consumismo stesso

E' infatti da Levinas che abbiamo tratto questa critica radicale :


 "È questo il tema che Levinas lascia intravedere quando più volte cita la
vicenda di Giobbe mettendo in evidenza il fatto che Dio gli rammenta che lui
non era presente quando il mondo veniva creato (Job, 38,4), l'evento che è
sottratto per definizione a qualsiasi logos: «la soggettività di un soggetto
arrivato tardi in un mondo che non è nato dai suoi progetti, non consiste
nel progettare, né nel trattare questo mondo come proprio progetto"


Poi, Lévinas, prosegue chiedendosi DOVE cercare le risposte a questa
misteriosa struttura profonda della psiche umana e coglie nel paradosso
del "sacrificio di sè" lo spunto di una "Logica" nuova, agli antipodi di
quella "affermazione dell'io"...umana, troppo umana !


"Ad una filosofia veramente sapiente spetterebbe dunque il compito di
mettersi dalla parte di questo smantellamento dell'io, saperne cogliere il
momento genetico nell'atto del sacrificio estremo che rappresenta una vera e
propria rottura con la logica dell'identità e dell'essere:

Ciò che a lui piuttosto sta a cuore è individuare la radice da cui qualsiasi
gesto di fraternità e perfino di gentilezza discende: anche il semplice
«dopo di voi, signore»  reca la lontana traccia di un'inversione
della soggettività che non è spiegabile nei termini di un'altrimenti ovvia
autoaffermazione dell'io"


Quindi capiamo come la trascendenza del gesto di Cristo non sia affatto
interessante per l"aldilà", ma per l'aldiquà:


"Da una parte la trascendenza non come eventuale orizzonte ulteriore, ma
come
interpretazione radicale della realtà stessa, che pur ci si presenta nei
giochi e nelle relazioni dell'essere; dall'altra la trascendenza non come
avventura speculativa, ma piuttosto come struttura etica"


Questa è l'autentica «trascendenza» (la cui migliore tematizzazione Levinas
attribuisce a Kierkegaard): una verità perseguitata, misconosciuta, umiliata
e respinta è infinitamente trascendente e mai trasformabile in immanenza
proprio per il suo carattere di irrecusabile differenza rispetto alle verità
di questo mondo"

A riprova di ciò ecco quindi la sottolineatura straordinariamente
illuminante
di come Dio non possa che giungere a noi in quel modo inaspettato e
misterioso come misteriosa e inconcepibile per la nostra mente umana è
ciò che era prima di noi
Solo nell'estremo restringimento della sua infinita potenza fino al polo
opposto può apparirci dinnanzi :


" Dio può parlare all'uomo solo umiliandosi; ma proprio per questo egli può
rivolgersi soltanto a chi, come lui, si umilia.

L'idea di un'umiliazione di Dio, argomenta Levinas, è strettamente
dipendente dall'idea di una verità che si manifesta nell'umiltà"


In questo radicale rovesciamento delle parti fino al punto di rovesciare
anche la
logica dell'essere per sé stessi si attua il piano divino che diventa
modello
per l'uomo dell'autenticità del suo essere profondo stesso:


"Il problema comporta, d'altro canto, e come producentesi da questa
passività
spinta nella Passione al suo limite ultimo, l'idea di espiazione per altri,
cioè di una sostituzione: l'identico per eccellenza, ciò che non è
intercambiabile, ciò che è l'unico per eccellenza, sarebbe la sostituzione
stessa

Rovesciare la logica dell'essere sostituendosi alla sofferenza dell'altro"


E quindi possiamo concludere riconoscendo che :


Sarebbe difficile tentare un bilancio, sia pure provvisorio, del contributo
che sia Girard sia Levinas, sia isolatamente sia congiuntamente, porgono
problematicamente alla dogmatica cristiana. La forza e la lucidità con cui
entrambi si sono riappropriati di un concetto come quello di «sostituzione
vicaria», per smascherarlo in un caso, per ribaltarlo in una sorprendente
interpretazione della soggettività dell'altro, e ciò proprio nel momento in
cui la soteriologia «media» cristiana pare aver preferito invece per motivi
diversi abbandonarlo o edulcorarlo, certamente dà da pensare, anche sotto il
profilo, in questo caso tutt'altro che preliminare ed accademico, di un
ripensamento della natura e dei compiti della teologia

 
 




 
 
 

La malattia del Desiderio

Post n°348 pubblicato il 01 Aprile 2009 da mjkacat

Non si può parlare della "speranza" se prima non si è chiarito bene il
concetto di "desiderio", non essendo altra, la prima, che l'essenza del
secondo.
Il Desiderio, che è il nucleo più profondo della psiche, e la Speranza, sono
così intrinsecamente uniti che proprio questo ci permetterà di capire la
"crisi" della Speranza che è poi la "crisi del Desiderio" stesso.
Il Desiderio, infatti, si colloca per sua natura nel futuro come la
speranza.
Nel Desiderio, infatti, è costitutivo il differimento, la dimensione
aleatoria, l'apertura al non dato, la tensione e il rimando, il suo
inarrestabile trascendersi, la sua fecondità protesa al futuro.
La molla del Desiderio, infatti, è la tensione al nuovo, all'inedito.
Quel che ancora non c'è costituisce l'autentica alterità del Desiderio:;
l'alterità dell'avvenire e, viceversa, la sua irriducibilità alla
ripetizione del già dato.
Non è orientato alla sicurezza sel passato ma la sua intrinseca creatività
lo rinvia all'imprevedibilità del futuro aleatorio e privo di garanzie.
E già qui capiamo ancor meglio il nesso che ha con la speranza ma, prima
però, dobbiamo denunciarne la malattia.

Abbiamo appena definito il Desiderio come il contrario del "già dato",; il
contrario della "sicurezza del passato"
Possiamo quindi ripartire da questo punto fermo e che cioè: il Desiderio
sano è indirizzato al futuro e quello patologico, viceversa,  al passato.

Ma la storia del Desiderio rivolto al passato non è cosa solo odierna ma
anzi, ha un lungo passato alle spalle.
Platone già diceva che venivamo da un'unità uroborica idilliaca e che quindi
aspireremmo a ritornarvi.
Ma non è certo il solo
L'Illuminismo stesso, bestia nera del cristianesimo, non nasce forse proprio
sul mito del "Buon selvaggio" di rousseuniana mamoria ?
Insomma, quel "rincasare nel liquido amniotico" come definisce questa
"mania" un simpatico filosofo, non è, in ultima istanza, quello da cui
ritiene provenga il desiderio la psicoanalisi classica stessa ?

Queste brevi note solo per introdurre poi il problema ancor più serio
dell'attualità, dalla descrizione della quale si potrà comprendere, se
l'assunto di base dell'analogia Speranza-Desiderio risultasse esatta, del
perchè la Speranza sia oramai così desueta.

Non credo dovremmo convincere nessuno se diciamo che oggi, il Desiderio, è
canalizzato nel consumo.
Ma che nesso unisce quindi l'odieno consumismo con il ritorno al passato ?

Il Desiderio, degradato a Bisogno, a sua volta poi indotto dalla Pubblicità
che ha lo scopo di illudere che l'"oggetto", una volta posseduto, possa
ristabilire quell'omeostasi uroborica dalla quale proverremmo.
Questo, sinteticamente, è la ragione della sua patologica e intrinseca
necessità di rivolgersi ad un passato mitico di quieto appagamento come
substrato psicologico per agire e risultare convincente e coinvolgente.

L'uomo del nostro tempo, il cosiddetto "Nichilista gaio", è oramai solo una
sorta , letteralmente, di "Replicante", nel senso che ripete, ripete,
ripete, non fà altro che ripetere quella sorta di degenerato "circolo
ermeneutico" lavoro, consumo, lavoro, consumo e ancora lavoro per poter
consumare sempre di più che lo fà definire da Hannan Harendt : "animal
laborans".

Nell'accettazione passiva di un "senso" che crede determinato ed evidente
quando invece è solo quello propinatogli dal sistema
tecnologico-scientifico, vede nell'acquisto e l'appagamento subitaneo
narcisistico e onnipotente del bisogno e nella momentanea pace raggiunta la
prova della società ideale in cui crede di vivere anche se, dopo questi
brevi momenti deve poi ricominciare con il concupire una sempre e nuova ed
infinita gamma di oggetti nei quali può illudersi di trovare quell'"essere"
che, viceversa, irrimediabilmente gli sfugge e lo costringe a quella corsa
forsennata contro il tempo per inseguirlo sotto le sembianze di nuove
"chimere" costruite ad hoc da abili psicologi e psicoanalisti al servizio,
lautamente remunerato, del sistema nella fattispecie pubblicitario
Ecco perchè la definizione di REPLICANTE è quella che meglio gli si attaglia
per definirlo esaurientemente.
Prende questo nome, infatti, dalla sua spiccata attitudine e passione alla
serialità ripetitiva del consumo dove, appagato, dissolve e annulla ogni
ulteriore ricerca di SENSO datogli preconfezionato direttamente a casa sua
attraverso la pubblicità che lo induce a credere che nella soddisfazione dei
bisogni narcisistici indotti risieda l'appagamento del Desiderio

Apro una breve parentesi:
E' poi logico che un'uomo così, quando andrà in pensione, avrà
invariabilmente come unica aspirazione, a coronamento di una vita di "self
made man" di successo, l'ultimo "must" della sciccheria radicalmente
individualista :
L'EUTANASIA
Logico perchè dietro a quella "coazione a ripetere" si nascondeva da sempre
Tanathos, l'istinto di morte, con la sua attrazione al nirvanico
annullamento, completato poi spesso da quell'impolverimento tanto consono ad
una vita inutile quale la cremazione finale con l'allocuzione , magari, più
esattamente modificata in "Polvere eri, polvere sei stato, polvere sei
ritornato" ...Alleluja !!

Possiamo poi portare ad ulteriore prova di ciò la situazione giovanile,
figlia di cotanti adulti, e che fortunatamente il mondo cattolico è stato il
primo ad individuarne la gravità inaugurando quella "Emergenza educativa"
che conferma e mette ancor meglio in luce la gravità della situazione
attuale, "di-sperante", tanto per sottolinearne l'aderenza al tema.

Vediamo infatti oggi, in questi giovani, la mancanza di qualunque interesse
per la realtà, sopraffatti dalla passivita che si ritrovano addosso
Perdita di identità
Tempo vissuto in modo frammentario senza il legame di una storia.
Noia, solitudine, immaturità cronica.
Nessuna scintilla di Desiderio negl'occhi !!

Ecco che è quindi, a maggior ragione, urgente aver chiaro che cosa
significhi DESIDERIO AUTENTICO, sano, che vada oltre al bisogno e al ritorno
che è poi solo narcisistica curiosità dell'io per se stesso.

Il Desiderio AUTENTICO, il vero Desiderio, contrapposto a quello a quello di
un soggetto che è così definito dalla sola preoccupazione di se e che pensa
la felicità realizzazione completa di un"essere-per-se-stesso"; il Desiderio
autentico, si diceva, è invece quello che nasce in un'essere che, liberatosi
della schiavitù del Desiderio degradato a Bisogno e che quindi ha superato
l'ansia di POSSESSO, si ritrova come magicamente come quell'essere ...a cui
non manca nulla, o, più esattamente, rinasto OLTRE tutto quello che può
mancargli o soddisfarlo
Perchè quello di cui abbiamo bisogno è in realtà molto poco.
Ecco che allora può nascere, trovar spazio, ciò che mancava alla completezza
del Desiderio:
E' IL DESIDERIO DI ALTRI
E' BONTA' , ci dice Lévinas !!

Perchè, essendo, nella sua profondita, il Desiderio, sempre e solo Desiderio
di SENSO, di ESSERE, non può esistere senza l'Altro, senza la RELAZIONE e
solo nel narcisismo.

E' proprio questo che nella realtà RESISTE  all'aspirazione del desiderio
"per sé"
Questa impossibilità di "esaurire le cose ed acquietarsi nel godimento"
Quest'impossibilità di essere pago e soddisfatto nel calmo possesso del
proprio oggetto è quel che rende il Desiderio irriducibile al bisogno.
Il Bisogno si presenta come un'avventura ontologicamente solitaria
Il Desiderio , invece, non culmina solo nell'io ma anche nel Tu e nel Noi.
Questa impossibile indifferenza rispetto all'estraneo costituisce la
premessa, ma solo la premessa, della RESPONSABILITA' nelle sue implicazioni
etiche.

"Dovremo perciò guardarci dall'intenderla come un'atteggiamento di
benevolenza o di altruismo particolarmente raccomandabile, capace di dare un
supplemento d'anima agl'inderogabili imperativi funzionali del sistema
economico-sociale, o, peggio ancora, di ricondurli a una presunta, ma a dire
il vero inesistente, bontà o socievolezza naturale dell'essere umano
Bisogna resistere alla tentazione di fare appello a nozioni quasi
edificanti, come quelle di ospitalità, amicizia, dono, e via dicendo, la cui
diffusione rischia di apparire l'estremo rifugio d'una fase storica
sguarnita di ideologie ma comunque desiderosa di rassicurazioni [...]
Un pensiero come quello di Lévinas lotta incessantemente contro questo
rischio di trasformare la responsabilità etica nell'essenza ultima della
soggettività.  Se Lévinas lotta contro questo rischio, è perchè esso
attraversa tutta la sua opera.  Facendo dell'etica la deduzione automatica
di una struttura...si finirebbe con l'appoggiare l'etica su una presunta
benevolenza naturale nell'individuo
Non a caso è proprio quest'ultima conclusione che Lévinas esplicitamente,
quasi accanitamente, rigetta"

Precisiamo meglio allora dicendo che :

"Sguarnito di garanzie ontologiche, il Desiderio IMPLICA, nella sua
struttura Simbolica,  allo stesso tempo e allo stesso titolo, il "per sé"
della separazione degli individui e il "per l'altro" della responsabilità
L'una non vale senza l'altra.
Lévinas ha un'espressione d'una forza straordinaria:  "Io sono legato agli
altri prim'ancora d'esser legato al mio corpo"
Un originario legame interumano va scorto alla base della stessa
costituzione individuale dell'io
La tensione del Desiderio considte, dunque, nell'articolare un rapporto "da
singolarità a singolarità", senza scavalcare la dimensione privata della
vita psichica in cui tale tensione si radica, ma attraversandola e aprendola
all'altro da sé, scoprendone il coinvolgimento irrecusabile in
un'appartenenza sociale e in una responsabilità"

"E' la dipendenza del Desiderio da un legame sociale anteriore all'io, e al
cui interno soltanto quest'ultimo può emergere, che induce a sottolineare
con enfasi uno dei risultati decisivi dell'analisi di Lévinas : Il nesso tra
Desiderio e Responsabilità, il rifiuto della loro dissociazione.
L'atteggiamento ora predatorio ora baldanzosamente frivolo dell'individuo
contemporaneo, fiero d'un presupposto alleggerimento del desiderio dalle sue
appartenenze e dai suoi coinvolgimenti, non è che una fantasia
d'onnipotenza.
Dietro l'utopia dell'abolizione dell'estraneità, si nasconde il diniego del
Desiderio, privato della propria fonte in nome di un'illusoria indipendenza.
Lungi dal configurarsi come un imprigionamento, il legame sociale è la
condizione di possibilità del Desiderio, e quindi costituisce un'apertura e
un varco verso l'altro.
Perchè -  e questo è il punto - la fase della pienezza originaria, della
quiete assoluta, cioè lo stadio che precede l'avvertimento della
lacerazione, non è se non sul piano puramente immaginario estraneo al
legame, alla relazione con l'estraneo, alla dipendenza da qualcosa che la
psiche non controlla ne prevede.
Il rapporto con l'estraneità che limita il proprio e se ne mantenga
indipendente, lungi dall'asservire e dal mortificare l'individuo, lo
socializza e lo fa vivente.
In tal modo il Desiderio che emerge da questo avvertimento dell'estraneo, e
che ne emerge come "pathos" della separazione, è la radice del legame
sociale in quell'istanza radicalmente singola che è la psiche
Responsabilità e Desiderio, vengono a costruire l'asse portante della
costituzione della soggettività "

E' questa la sfida del futuro.
Recuperare la dimensione SIMBOLICA della realtà dell'uomo
Per curare la malattia del Desiderio occorrono creatività e speranza perchè
l'autentico Desiderio non offre certezze, sicurezze, approdi sicuri.
E' un'avventura....è L'AVVENTURA DELLA VITA; è il fascino di un dono
misterioso che abbiamo ricevuto e che ci sollecita ad andare per la gioia
d'andare perché la felicità è il viaggio, non arrivare !!

 
 
 

Il nichilista gaio

Post n°347 pubblicato il 31 Marzo 2009 da mjkacat

Forma di REPLICANTE che ha oramai preso il sopravvento nell'odierna società

Prende il nome dalla sua spiccata attitudine e passione alla serialità
ripetitiva del consumo dove, appagato, dissolve e annulla ogni ulteriore
ricerca di senso datogli preconfezionato direttamente a casa sua attraverso
la pubblicità che lo induce a credere che nella soddisfazione dei bisogni
indotti risieda l'appagamento del desiderio

Grande lavoratore, da cui la classificazione in "animal laborens" passa
serenamente dal lavoro al consumo al lavoro al consumo al lavoro....ad
infinitum.

Alle domeniche lo si può invariabilmente osservare vagare affannato per
Outlet ed Ipermercati, felice.

Dal momento che poi andrà in pensione, ha  invariabilmente  come unica
aspirazione a coronamento di una vita  di  "self made man" di successo,
l'ultimo "must" della sciccheria individualista :
L'eutanasia.
Aspirazione, quella della morte, del resto, che ha sempre segretamente
coltivato e che conclude cosi in grandezza una appagante
vita....demmieeeeeeeeeerdaaaaaaa !!!


Post scriptum

Lavorare
Lavorare
Lavorare
preferisco ascoltare
il rumore del mare

 
 
 

L'antipolitica

Post n°346 pubblicato il 30 Marzo 2009 da mjkacat

E' sotto gl'occhi di tutti di come la classe politica sia "sotto assedio" da
più parti
Gli si contestano molte cose, giustamente o meno, ed i più sciocchi
s'illudono di risolvere il problema cambiando gli uomini quasi che questo
servisse a qualcosa e che un Grillo parlante poi potesse vincere "gatti e
volpi" di decennale esperienza.

Ritengo, viceversa,  che la crisi del politico rientri nel più grande
fenomeno del "Ritorno del Sacro"
Dico questo poichè il tramonto del Sacro avviene proprio definitivamente con
il sorgere del politico e il suo primato dopo quell'apice dell'Illuminismo
che fù la Rivoluzione Francese e quindi, bene o male, dove ci stà l'uno
l'altro soccombe o quantomeno viene ridimensionato drasticamente

Secondo : la categoria del politico, con la sua collocazione all'esterno
dell'uomo, nel sociale, del bene e del male, ha oramai se non proprio i
giorni , gli anni sicuramente contati

La crisi di questa categoria la si può cogliere bene nell'ampio prevalere,
in chi alla politica crede ancora con tutto sé stesso, della categoria del
RISENTIMENTO
Categoria, per sua natura, chiusa al futuro, alla sfida, all'apertura
mentale eccetera.

Risentimento che è poi plateale non appena la Chiesa osa aprir bocca
Risentimento carico di odio per qualunque cosa dica
Risentimento che vorrebbe farla tacere con qualunque mezzo; la forza, il
ricatto, le minacce e chissà quale altra diavoleria che anche Belzebù in
persona fatica a star dietro ai suoi epigoni che lo hanno oramai superato
ampiamente ed è costretto ad arrancare all'inseguimento.  Povero diavolo !!!

Risentimento dei vari intellettualini "mandaranci" più che mandarini,
oramai, tanto alla moda tipo Odifreddi, Augias & company, coi quali, si vede
che hanno tempo da perdere anche  preti e i Monsignori che ci stanno pure a
discutere con maggiori probabilità di spretarsi loro che di convertire
questo fior fiore di "ottusangoli"
Tutti, comunque , invariabilmente "risentiti", risentitissimi, per
l'ostacolo che questa "chiesaccia" gli frappone a loro che son tanto buoni e
son così caritatevoli che anche il nostro buon Gesù, sempre a sentir loro,
il poverino, è pure lui irrimediabilmente superato e "old" per  questi "new"
santi che, dopo la new-age ne sentivamo proprio la mancanza !.

Siamo al delirio più completo che, però, ha un risvolto preoccupante
Tutto questo rancoroso risentimento e l'inevitabile violenza  che cova e che
non può far a meno di accompagnarvisi, quali danni farà ?
La cosa è preoccupante che non si è mai visto fermare il diavolo con la
bacchetta magica !!!

 
 
 

Il "circolo ermeneutico" della Realtà

Post n°345 pubblicato il 29 Marzo 2009 da mjkacat


"xy"  ha scritto nel messaggio


> Vediamo di non essere così ingenui da ritenere che il cosiddetto REALE sia
> qualcosa che sta là fuori, mentre noi, poveri piccini, tanto buoni e
> giusti, ne siamo vittime.
> Balle.



....non stò parlando di vittime o di vittimismo
Tutt'altro
Stò parlando della SFIDA che è per la Ragione il Reale
Stò dicendo che è da struzzi negare il Reale
Stò dicendo che la Realtà è la modalità attraverso cui il MISTERO cerca
proprio te, ti sfida continuamente

Conosci meglio di me l'armata Brancaleone che domina nelle nostre scuole e
che non è in grado, non sà insegnare ai giovani perchè ne sono innanzitutto
privi loro, di come affrontare con curiosità, sollecitando l'interesse dei
giovani per questa sfida, facendo leva sul loro DESIDERIO di capire,
comprendere il SENSO

Certo, sappiamo bene che l'armata Brancaleone nega che ci sia questo senso
Ma ciò è dovuto solo al banale nichilismo di cui sono impregnati dal '68 in
poi, mascherato di logica e retorica di cui, come osserva giustamente PitBum
è anche solo ormai questo ng autoreferenziale e vuoto

Ecco allora, ritornando al nostro discorso, che quando manca questo NESSO
tra soggetto e reale, questo "circolo ermeneutico" autentico, dove lungi
dall'essere quella tua solo "il modo nostro", uso le tue parole, di
un'esperienza dolorosa che invece io posso COMPRENDERE (cum-prendere =
prendere dentro di me) e CAPIRE e non solo "interpretare" tra mille
possibili realtà diverse, ma ridurla a UNA, LA TUA, e io, da un'altra parte
farla comunque MIA nell'immedesimazione; ecco che allora è la MEDESIMA,
appunto
Perchè non ci sono mille realtà diverse
Se ci comprendiamo ce n'è una sola
LA TUA e io che la comprendo

Poi, certo, rimane la sfida "impossibile" di comprenderne il senso, di un
significato.
Ma noi veniamo in un mondo dove in milioni ci hanno preceduto e c'hanno
lasciato una traccia per affrontare questo Mistero
C'è una ricchezza di esperienze di gente che ha imparato nel corso della
vita, della storia e che ci ha lasciato sul "senso" del vivere e che si
chiama TRADIZIONE, il MEGLIO del passato, come dice Gadamer, e non il peggio
o anticaglie, come invece insegna l'"armata" famosa.

Lascia che loro girino con Panda Moderne, Modernissime, Postmodernissime,
e tu gira con una "vecchia" Ferrari d'epoca.
E lascia che dicano ...!!!  :)))

 
 
 

I cattolici "infantili"

Post n°344 pubblicato il 28 Marzo 2009 da mjkacat

Come per negarne l'evidenza e nascondendosi preventivamente dietro parole
messe avanti come mani  o come "galline canterine", ecco che tutta una parte
di questi si sono autonominati "adulti" e si collocano in una parte ben
definita implicitamente sottovalutando sprezzantemente chi non li emula,
scivolando su quel terreno grigiastro, imprigionati nel bozzolo mimetico,
non si accorgono che spesso gran parte delle loro rivendicazioni per
un'ingiustizia subita o per un'uguaglianza negata sono espressioni del
risentimento, di un desiderio di vendetta che non accetta la presenza
dell'altro.

Ben più vicini alla "morte di Dio" che alla Chiesa, con la scusa della
laicità, vedono l'altro nel solo ruolo d'ostacolo
Gli "altri" diventano altrettanto rivali che li umiliano e li offendono,
stante il mancato riconoscimento del loro ruolo "elettivo" culturale e
morale, inducendo in loro un "giustificato" risentimento espresso
dall'"indigno facile" e frequente

Chiamano tutto questo "questione morale" ma è solo nichilismo.

 
 
 

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RENé GIRARD

 
 

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