Schegge di vetroAd averlo saputo prima, me ne stavo nel Beleriand! (Le immagini riprodotte su queste pagine sono di proprietà dei rispettivi autori, sperando che la dichiarazione mi sollevi dalla promozione di cause civili, che non ho tempo) |
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(Prima Puntata – Come ti risano un Ente giocando coi bilanci) In un delizioso documentino rintracciato su www.retecivica.milano.it (l’indirizzo completo non me lo ricordo, ma basta cercare “IRI.RTF” su google) l’Aquila di Scandiano passa in rassegna, in modo piuttosto generico, la sua esperienza alla guida dell’IRI. Ne trae lusinghieri giudizi sul suo operato pur senza mancare, da gran signore, di riconoscere i meriti di questa indimenticabile stagione di successi a tutti i suoi collaboratori (presumo anche gli uscieri) pur ammettendo che, alle grandi imprese, serve anche “un pizzico di fortuna”. Quella che non abbiamo avuto noi nell’averlo conservato così a lungo in quella posizione. Il succo del discorso, senza voler fare anticipazioni per non rovinare la sorpresa, è che l’Aquila avrebbe preso il comando di un rottame (cosa vera) per lasciarne la guida solo dopo averlo trasformato nel migliore esempio di Impresa di Stato del mondo intero (cosa meno vera). Gli esordi non sono dei migliori: “le azioni prontamente impostate non hanno consentito di riequilibrare i conti nel biennio 1983-84, che hanno presentato pertanto perdite rilevantissime, in presenza peraltro di ammortamenti via via crescenti come conseguenza dell’adozione di aliquote più consistenti.” Attenzione, perché il passo è importante e costituisce una delle principali azioni del “conducator” nell’intero periodo. Per chi, come me, non ha grande dimestichezza con i bilanci, incrementare le aliquote di ammortamento significa generare costi non monetari (cioè non effettivamente sborsati) che restano, di fatto, nelle disponibilità liquide dell’azienda. Risultato: si creano perdite contabili, ma si aumentano i quattrini in tasca. Tanto è vero che la normativa in tema di contabilità pubblica consente, in molti casi, di utilizzare le quote di ammortamento per finanziare altre spese: considerando l’aumento delle disponibilità liquide (indirettamente affermato) e il permanere di perdite rilevantissime, rimane difficile capire cosa si intenda per “riequilibrio dei conti”. Ma si chiarisce altrove: nell’85, grazie alla diminuzione degli oneri finanziari (ma non è merito di Prodi visto che in quello stesso periodo i tassi di interesse sul mercato finanziario calano drasticamente) e alle risorse “generate” dalla politica di ammortamento, le fonti di finanziamento interne arrivano a coprire il 64% del fabbisogno contro il 13% dell’82 (ma per il 23% derivano dalla vendita di titoli e di immobili). In compenso, salgono i debiti: da 36.500 miliardi nell’82 a 40.400 miliardi nell’85. In sintesi, per mettere il vestito della festa all’IRI, Prodi aumenta i costi che non paga, vende titoli e immobili, si gode il calo degli interessi e si indebita. Ma non basta: nel 1985 Prodi annuncia al mondo il ritorno all’utile del Gruppo per ben 12,4 miliardi. Nello stesso anno, la Corte dei Conti (ancora lei?) scrive: “Il complessivo risultato di gestione dell’Istituto per il 1985, cui concorrono... sia il saldo del conto profitti e perdite sia gli utili e le perdite di natura patrimoniale, corrisponde a una perdita di 980,2 miliardi, che si raffronta [aggiunge n.d.r.] a quella di 2.737 miliardi consuntivata nel 1984”. Caspita! Allora, gli utili Prodi come li conta? Li conta con il trucco che, sinteticamente, si può così rassumere: “Va peraltro tenuto conto che l’articolo 20 dello Statuto dell’Iri prevede che le plusvalenze realizzate su partecipazioni non affluiscano al conto economico dell’Istituto e le perdite per svalutazioni di partecipazioni (registrate sotto la voce “perdite patrimoniali”) analogamente non vi affluiscano. Nell’intenzione dei redattori di quello statuto, che risale al 1948, si volevano separare gli andamenti gestionali ordinari dell’Istituto dagli accadimenti straordinari relativi alle plusvalenze o minusvalenze realizzate su partecipazioni, in maniera da consentire al potere pubblico e al Parlamento un più facile riscontro.“[sono parole di Prodi]. Cosa significano, in soldini? Significano più o meno che, visto che all’attivo non vanno le plusvalenze sulle partecipazioni - che non ci sono -, allora al passivo non metto le minusvalenze - che, invece, ci sono. Sono quelle della siderurgia e fanno circa 3.600 miliardi, cioè 980,2 miliardi (perdita ’85) + 2.737 (perdita ’84) = 3.717,2 (perdita totale, più o meno). Ma siccome non si registrano queste quisquilie per non confondere gli asini del Parlamento, le stesse vengono accantonate perché si prevede che la liquidazione della Finsider, forse, ma dico forse, costerà qualcosina. Alla fine saranno 1.000 miliardi in più del previsto, ma è colpa delle rivalutazioni (sic!). Eppure, sempre nell’85, Prodi esalta l’utile di 660 miliardi del comparto industriale e sottolinea che è stato ottenuto per “…la prima volta un saldo positivo ma indica che il processo di risanamento, con particolare riferimento alla siderurgia deve considerarsi avviato a soluzione e il suo completamento potrà portare nel 1989 ulteriori positivi effetti sui risultati economici” [sono sempre parole di Prodi]. Vediamoli, allora, i positivi risultati economici: 1. i debiti salgono da 36.500 miliardi nell’82 a 43.911 miliardi nel 1988 (+ 30% brillante, eh?) 2. il patrimonio netto cala da 3.175 miliardi dell’82 a 1.138 miliardi nell’88 (più che dimezzato, brillante, eh?); 3. gli utili, stante il personale criterio di calcolo dell’Aquila, è meglio non contarli (tanto, non ce ne sono). Ma c’è di più. Paolo Cirino Pomicino (i veri amici non si dimenticano mai) conferma che la vera abilità di Prodi era quella di intercettare i soldi dello Stato: dalla nascita dell’IRI, dei 25.800 miliardi sganciati dallo Stato, Prodi ne ha beccati 17.500. E come li considera? Beh, visto che l’IRI è di Stato e che i soldi vengono dalla Stato, di fatto non sono debiti, ma sono poste di bilancio assimilabili ai mezzi propri (cioè dell’IRI). Invece, erano dei cittadini che pagavano le tasse. Per chiudere, va ricordato che Prodi divenne Re dell’IRI per volere di De Mita (che ce lo mise per bilanciare il potere di Craxi, ma se ne parlerà altrove) e ricambiò il favore con grande zelo. Procedette a ben 170 nomine, 93 delle quali destinate a democristiani di sinistra. Un vizietto che si porterà appresso anche alla guida della Commissione Europea, ma questa è un’altra storia. Mthrandir (Nella foto, L’IRI dopo il passaggio dell’Aquila di Scandiano) |
Siccome la biografia ed il curriculum professionale di Prodi sono riportati in modo troppo sintetico sul suo sito (www.romanoprodi.it), ho pensato di fare cosa gradita nel dedicargli qualche messaggio che possa fare, come dire?, da “integrazione ed approfondimento” degli storici meriti di un uomo che, fino ad oggi, ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato. Il primo della serie riguarda il suo passato imprenditoriale perché la sua esperienza dimostra come competenza, serietà e limpidezza morale siano la sola strada percorribile per salire le scale del paradiso del Potere. L’esperimento a cui mi riferisco si chiama NOMISMA, società di consulenza che il Professore fonda nel 1981, sotto l’ala protettrice di Nerio Nesi, assieme a BNL: capitale iniziale 500 milioni di vecchie lire di cui ben cinque versati da Prodi (gli altri 495 ce li mette la Banca). In quegli anni, Nesi è Presidente della BNL e Prodi di BNL è il consulente economico. Ovvio che la Banca abbia scelto persone conosciute e di fiducia per realizzare questa operazione. Tuttavia, probabilmente per non dare il destro alle malelingue, già il giorno dopo Prodi ha ceduto le sue quote alla BNL e resta come Presidente del Comitato Scientifico. L’operazione, grazie alle grandi capacità del futuro “Professore”, ha successo. Il primo esercizio segna un fatturato vicino ai due miliardi di lire, il secondo quattro e cinque nell’84. Di cosa si occupa, nello specifico, NOMISMA? Della “potentia coeundi” dei somari somali e delle velocità medie di cammelli e ovini nel deserto (incarichi del Ministero degli Esteri, Dipartimento per la Cooperazione). Nel frattempo, Prodi, grazie ai successi delle ricerche di NOMISMA, guadagna i galloni di Presidente dell’IRI (che manterrà fino al 1989, ma di questo si parlerà prossimamente) e l’IRI, assieme al solito Ministero, all’ENEL, l’odierna TELECOM ITALIA, ed altri grandi clienti, sommergono NOMISMA di richieste di consulenza. Soltanto i soliti malpensanti ipotizzano che tutte queste consulenze siano, in qualche modo, legate al ruolo ricoperto da Romano Prodi il quale, però, forte del suo carisma, riesce a mettere a tacere sia la Corte dei Conti (organismo reazionario che, subdolamente, si chiede come mai si debbano appaltare all’esterno lavori che potrebbero essere svolti agevolmente anche con risorse interne) che il Collegio Sindacale dell’IRI che, nel 1985, certamente sobillato dai detrattori del Presidente, si permette di rilevare: "l'eccessiva frammentazione e ripetitività degli incarichi conferiti a soggetti diversi relativamente ad argomenti sostanzialmente identici" fino a giungere, con una manovra vergognosa, a chiedere di verificare se queste consulenze siano state effettivamente prestate. Nel 1989, Prodi lascia la Presidenza dell’IRI, disgustato giustamente da questo clima di feroce antipatia, ma resta saldamente al timone di NOMISMA. E’ un momento difficile, la società entra in crisi, i clienti nicchiano. Ma, dopo tante difficoltà, nella gestione delle quali Prodi dimostra tenacia e incrollabile volontà, arrivano le commesse del TAV (Treni Alta Velocità) che incaricano NOMISMA di stabilire che senso abbia realizzare il progetto. E qui, il Professore dà il meglio di sé. Cinquemilacinquecento pagine di rapporto (39 volumi) che, a detta di coloro che li hanno letti, costituiscono una pietra miliare nella storia dell’analisi economica. Costo del lavoro di NOMISMA nemmeno esagerato, appena 9,7 miliardi di lire. Tra i principali risultati prodotti dallo studio, occorre ricordare i seguenti passi: 1. “Un treno che viaggia a 300 km all’ora impiega metà tempo di uno che procede a 150 km orari a percorrere lo stesso tragitto”; 2. “Più alta è la velocità, maggiore è il rischio di incidenti”; 3. “Il beneficio dell’alta velocità è la velocità”; 4. [a proposito della Stazione Termini]: “La zona era, un tempo, linda e simpatica, ma poi si è degradata”; 5. “La velocità consente di risparmiare tempo”; 6. “Quattro corsie, o binari, consentono più scorrevolezza di due o una” 7. “Il posizionamento frontale dei seggiolini facilita la socializzazione”. Nel 1995, a causa dell’accresciuto impegno in politica, Prodi lascia la Società dove, ancora oggi, è ricordato, con rimpianto, come uno dei più grandi economisti del secolo. Ma il Paese ha bisogno. Mthrandir (Nella foto, un treno molto, ma molto veloce) |
Due giorni fa, lo Staff di Libero ha selezionato come messaggio del giorno quello apparso su watchdogs nel quale l’Autore auspicava l’intervento di qualcuno che andasse a spiegare al Cavalier Silvio da Arcore chi fosse “Cassandra”. In sostanza, il nostro Accademico dei Lincei sostiene che definire “Cassandra” chi preannuncia disgrazie sia sbagliato. E via di ricostruzione del mito della figlia di Ecuba e Priamo premiata da Apollo con il dono della profezia e successivamente punita con la condanna a non essere mai creduta a causa del rifiuto di lei a giacere con la vendicativa divinità. In sintesi, quindi, si “dovrebbe” definire “Cassandra” chi profetizza e non viene creduto. Ergo, l’associazione che fa Berlusconi tra i politici di sinistra che profetizzano catastrofi e la povera “Cassandra” è sbagliata. Tutto qua? Si, tutto qua. Non che sia un granché, ma tanto dev’essere bastato alla Redazione di questo portale per lasciare tanto di complimenti e dare la stura al coro di applausi. Con qualche eccezione. La mia, ad esempio. Perché i nostri difensori ad oltranza della tradizione purista del mito greco dimenticano che “Cassandra” è rimasta nella memoria dei popoli, prima ancora che come profetessa non creduta, come annunciatrice di sciagure. Infatti, le profezie per cui è famosa (non credute) riguardano la caduta della città di Troia (e lei era Troiana), l’ammonimento a non permettere l’ingresso in città del cavallo di legno e la morte annunciata ad Agamennone. Tutte puntualmente verificatesi, e tutte rigorosamente disgrazie. Quindi, nella vulgata popolare del mito, dare della “Cassandra” a qualcuno significa esattamente riconoscergli il ruolo di profeta di sciagure. E il Cavalier Silvio, nel concedersi all’accostamento, aveva esattamente intenzione di rivolgersi alla gente comune, e non ad un consesso di letterati. Nessun errore, quindi, se non l’abbaglio dell’Autore. Non serve nemmeno dire che ai commenti che ho lasciato in questa direzione le risposte sono state quasi unanimemente ispirate dal livore politico, come se la mia osservazione avesse avuto l’obbiettivo della difesa d’ufficio del Cavaliere. Oggi, però, corre l’obbligo di segnalare che lo scribacchino di watchdogs è proprio un somaro, sebbene, con tutta probabilità, non abbia le fattezze fisiche dell’equide perissodattilo. Infatti, nel messaggio immediatamente successivo a quello del Pulitzer, il titolo smaschera definitivamente la consistenza letteraria del genio e recita: ”QUESTO PAZZO PAZZO GOVERNO (de finantiaria et de legi electorali)”. Sarò anche tignoso ed antipatico, ma dopo la levata di scudi purista, perché violentare la lingua latina in questo modo? “de legi electorali”? Nossignore, non si fa. Perfino io so che la preposizione “de” regge solo l’ablativo e, fino a prova contraria, “lex”, sostantivo femminile della terza declinazione, all’ablativo fa “lege” (“legi” è il dativo). A meno che l’intento non fosse quello di esprimersi al plurale, ma anche qui la declinazione corretta sarebbe “legibus”. Magari, anche questa osservazione verrà interpretata come astio di parte, ma, in fondo, poco mi importa. Mi chiedo, però: se avesse fatto il giardiniere, mi avrebbe consigliato di piantare un albero genealogico? Mthrandir |
Lo ammetto, disquisire pubblicamente di spermiogrammi mi mette leggermente a disagio e, qualche giorno fa, sono riuscito a vincere le ultime resistenze. Ho preso il telefono e, al riparo da orecchie indiscrete (fatta eccezione per 1 magistrato, 1 maresciallo, 2 agenti del SISMI e 2 del SISDE che, probabilmente, erano in ascolto), prendo contatti con il Centro Prenotazioni di un noto laboratorio milanese. Risponde, con una vocina sottile, una signora (o signorina): Signorina (S): “Buongiorno” Mthrandir (M): “Buongiorno. Mi chiamo Mthrandir e vorrei prenotare un esame di laboratorio” S: “Va bene. Di che esame si tratta?” M: “Uno spermiogramma” S: “E’ per lei?” M: [No, chiamo per conto di Ruini]. Naturalmente si” S: “Capisco…. [Pausa di silenzio]. Glielo ha chiesto il medico?” M: “A dire la verità, ne ho parlato con la mia compagna…..” S: “Intendevo dire se ha l’impegnativa del suo medico…” M: “No. E’ una libera scelta. Soltanto un controllo. E’ necessaria l’impegnativa?” S: “Naturalmente no. Come vuole farlo?” M: “Non saprei… [Rifletto in silenzio: una mungitrice? Magari possiamo venire entrambi e…. Avranno operatori addestrati?]…In che senso?” S: “Nel senso: vuole farlo privatamente o con il servizio sanitario pubblico?” M: “Immagino che tramite il servizio sanitario dovrei aspettare parecchio…” S: “Eh si… [Sospiro che comunica l’ineluttabile]… andiamo a febbraio dell’anno prossimo” M: “Gettonato, eh? No, a febbraio potrei essere morto. Se opto per la via privata, invece?” S: “Guardi…. [Di nuovo una pausa, ma stavolta per farmi intendere che sta consultando l’agenda]… metà ottobre. Costa 65 euro. La raccolta come la fa?” M: [La raccolta? Fantastico! Veramente politically correct!] “Un’idea ce l’avrei, ma se ci sono metodi alternativi….magari, per 65 euro…..” S: “Volevo dire se la raccolta la fa qui o da un’altra parte, perché se la fa altrove deve portare il tutto entro mezz’ora” M: [Da un’altra parte dove? In autogrill? In metropolitana? In ufficio?] “Diciamo che per semplicità logistica, la raccolta la farei presso le vostre strutture” S: “D’accordo. Allora si presenti il giorno XX alle XX. Alla reception le daranno tutte le istruzioni su come fare.” M: “In questo caso mi sento più tranquillo…..” S: [Mi interrompe]…”Si ricordi che, prima dell’esame, deve astenersi dall’avere qualsiasi rapporto con la sua partner per almeno tre giorni” M: [Meno male…deduco di poterne avere con qualsiasi altra. L’importante è che non sia lei. Ho anche un alibi brillante: me l’ha detto il dottore..] “Nessun rapporto? Nemmeno un saluto?” S: “Queste sono le regole, poi veda lei…” M: “Va bene. Mi asterrò. Grazie e arrivederci” S: “Prego. Arrivederci.” Colgo l’occasione per inviare a Tintallie un bacio. In primo luogo, perché siamo ancora nei tempi previsti per non compromettere l’esito degli esami; in secondo luogo perché ha dimostrato di aver compreso il fine supremo per il quale, con notevole sacrificio, sarò costretto ad esserle infedele. Mthrandir (Nella foto d’archivio, le immagini della futura strage) |
Inviato da: minsterr999
il 25/03/2009 alle 01:14
Inviato da: minsterr999
il 24/03/2009 alle 23:01
Inviato da: minsterr999
il 24/03/2009 alle 23:01
Inviato da: volandfarm
il 24/03/2009 alle 22:56
Inviato da: minsterr999
il 24/03/2009 alle 22:38