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Un blog creato da Mthrandir il 11/01/2005

Schegge di vetro

Ad averlo saputo prima, me ne stavo nel Beleriand! (Le immagini riprodotte su queste pagine sono di proprietà dei rispettivi autori, sperando che la dichiarazione mi sollevi dalla promozione di cause civili, che non ho tempo)

 
 

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Post n°70 pubblicato il 15 Ottobre 2005 da Mthrandir
 
Foto di Mthrandir

(Terza puntata – Romano, a “Cuccia”!)

Alla fine della scorsa puntata, ci siamo lasciati con l’Aquila di Scandiano che fa il gioco delle tre tavolette un po’ dove capita: in Consiglio di Amministrazione dell’IRI, in Parlamento e in qualsiasi altro posto gli capiti a tiro. Per agevolare la visione, tocca mandare in onda una puntata che si riferisce ai tempi del secondo mandato di Prodi all’IRI (1993-1994) e che riguarda, ancora una volta, due cessioni bancarie. Stavolta, però, non si sta giocando con le banchette dei bambini, si piazzano sul mercato (?) niente meno che Banca Commerciale Italiana e Credito Italiano, due delle banche di interesse nazionale. L’Aquila di Scandiano, dall’alto del trono di Presidente IRI di ritorno (Nobili, che lo ha preceduto, è temporaneamente dislocato a San Vittore), lancia proclami pubblici sul come egli voglia privatizzare le banche. Ha in mente l’azionariato popolare, la proprietà diffusa a tutto campo, ed entra in rotta di collisione con Savona. Quest’ultimo, invece, è sì per la proprietà diffusa, ma con il sistema del nocciolo duro. Nei fatti, però, la battaglia vera si gioca su altri fronti. Si tratta di scegliere in quali alleanze internazionali debba entrare l’Italia del credito. Prodi, l’unico che non ci ha capito una mazza, si è già guardato attorno nel tentativo (tu guarda? Sarà mica che ha il vizio?) di chiudere l’operazione “fuori sacco” con una cessione lampo ad un grande investitore europeo. Ma il mercato internazionale, che ha mangiato la foglia da tempo, sa bene che le decisioni su chi sarà il vincitore, quando non si chiudono i blitz di Prodi, si prendono altrove. Da Romanone, in questi casi, si passa per il regalino sul prezzo. E quindi, visto che in Italia non c’è nessuno che abbia la forza (o la voglia) di correre da solo e chiudere l’operazione, il blitz non avrà possibilità di riuscire. A questo punto, il vero protagonista della vicenda diventa Enrico Cuccia, uno che dall’Ufficio Studi del CREDIT ha fatto strada e adesso controlla Mediobanca. Mediobanca è controllata a sua volta dalle tre BIN (35% per uno a CREDIT e COMIT, 30% al Banco di Roma) per cui il gentile vecchietto si trova di fronte ad un bivio. Se lo Stato cede le CREDIT e COMIT, o chiude o si compra una banca. Cuccia, che i soldi li prende indirettamente dallo Stato via i suoi controllori, ha l’idea del secolo. “COMIT e CREDIT me le compro io e la facciamo finita!” – avrà certamente pensato. I soldi, però, non ce li ha. Almeno, non tanti quanti ce ne vorrebbero per un’acquisizione vera. Quindi, si rivolge alla sua rete di contatti politici per far passare sopra la testa del Capo dell’IRI la decisione di privatizzare con lo schema del tetto massimo di possesso delle azioni (cioè la proposta di Savona). In sostanza, nessuno degli acquirenti potrà detenere più del 3% delle azioni dell’acquisito. Fuori dalle questioni tecniche, cosa significa? Significa che, visto che nessuno può superare quella quota, se si maneggia da dietro e si riunisce in un patto (magari leggermente riservato) quattro o cinque “gruppi amici”, ci si prende il controllo delle banche spendendo anche pochino. E perché dovrebbero starci gli “amici”? Ma è ovvio, perché il Capo dell’IRI non conta un cazzo, prende ordini e li esegue da bravo cagnolino. Ed è talmente vero che, in un Paese normale, il numero uno dell’IRI, di fronte alla sconfessione della sua linea per le privatizzazioni, si sarebbe dimesso. Invece, l’Aquila di Scandiano non solo resta saldo sulla poltrona, ma fa anche un bel favore al suo “nemico” di via Filodrammatici. Al momento di vendere, il prezzo delle azioni viene fissato a 2.075 lire per CREDIT (solo un anno prima valevano 3.299 lire), mentre per COMIT lo sconto è inferiore (poco più del 5%, azioni a 5.400 lire). Il motivo dello sconto è presto detto: “bisogna favorire i piccoli risparmiatori”[Ipse dixit]. In totale, lo Stato, come direbbe Prodi, incassa rispettivamente 1.081,1 e 2.891. Nei fatti, se si volessero rifare i conti in maniera almeno decente, lo Stato, come direi io, manca di incassare circa 4.000 miliardi. E i piccoli risparmiatori? Anche loro hanno goduto dello “sconto”, in fondo. Esatto, ma nella gestione delle banche non contano un accidenti. Le nomine ai Consigli di Amministrazione le fa Cuccia con i suoi “amici” e gli altri mettano pure i quattrini. Bello come il sole, Prodi prende signorilmente atto della sconfitta: “Su COMIT e CREDIT abbiamo perso (abbiamo chi? Mi viene il sospetto che non si riferisca ai cittadini italiani, ma io sono di parte), ma il grosso della partita si gioca sulla STET….” – dichiara a Famiglia Cristiana. E mentre lui continua a “giocare” le sue partite, il pubblico pagante assiste attonito, senza fare un fiato.

Mthrandir
(Nella foto, l’ufficio cassa dell’IRI ai tempi di Romanone)

 
 
 
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