RUGIADA

LUCE D'ERBA

 

 

Buon compleanno

Post n°59 pubblicato il 20 Marzo 2008 da aidanred
Foto di aidanred

Sono nata il 21 marzo, il primo giorno di primavera.

Il regalo più bello è quello di condividere il compleanno con Alda Merini.

A lei dedico due delle sue poesie, specchio dell'anima di una grande donna.

                                      AUGURI ALDA

SONO NATA IL 21 A PRIMAVERA

ma non sapevo che nascere folle,

aprire le zolle,

potesse scatenare tempesta.

Così Proserpina lieve

vede piovere sulle erbe,

sui grossi frumenti gentili

e piange sempre la sera.

Forse è la sua preghiera

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Mi sono innamorata

delle mie stesse ali d'angelo

delle mie nari che succhiano la notte,

mi sono innamorata di me

e dei miei tormenti.

Un erpice che scava dentro le cose,

o forse fatta donzella

ho perso le mie sembianze.

Come sei nudo, amore,

nudo e senza difese,

io sono vera cetra

che ti colpisce nel petto

e ti dà larga resa.

 
 
 

DOLCE INCONTRO

Post n°58 pubblicato il 13 Marzo 2008 da aidanred
Foto di aidanred

                                 

I canditi nella torta non le erano mai piaciuti. La gioia intensa che provava nell’afferrare tra le labbra il sapore dolce e avvolgente di una Sacher, inciampava in quella scorzetta d’arancia inopportuna e priva di tatto che si imponeva nel morbido impasto al cioccolato.

«Te l’ho detto e ripetuto più volte, nella Sacher non ci vogliono i canditi. La Sachertorte è sacra:  un’icona tra i dolci. Siediti a tavola e ascoltami. Tu non puoi trattarla alla stregua di una ciambella qualsiasi, ha una storia e radici profonde nella cultura mitteleuropea». Si era proposta di stare calma, di non perdere la bussola. Gli avrebbe accarezzato il viso e servito un sorriso caramellato. Non ci sarebbe stata una nuova lunga discussione, ma a quel tesoro d’uomo bisognava dirglielo, una volta per tutte, che ogni impasto richiede il rispetto delle regole».

Tesoro un corno, si era imposto nella sua vita con la forza convincente di un tirami su, in una fase depressiva per il calo degli zuccheri e lei ne aveva proprio bisogno in quel periodo nero, in cui si sarebbe buttata a capofitto in un vassoio di bigné allo zabaione. Sì, perché quando non le  girava bene, piombava in pasticceria, dava sfogo ai freni inibitori e partiva in quarta, senza limiti.

«Signorina, assaggi,  ha un gusto caldo, delicato, oserei dire sensuale, da assaporare lentamente per coglierne appieno il sapore».

Le sfiorò la mano nel porgerle la sfoglia ripiena di crema chantilly.  Un tremore glassato la colse di sorpresa e lo trovò irresistibile. I mignon sfilavano in passerella, uno dopo l’altro e lei cedeva  all’invito goloso di un inesauribile piacere.

Fu amore al primo incontro. Lui le sussurrava: «Chiudi gli occhi, assaggia e dimmi cosa provi».

Lei si sentì lievitare in alto nel cielo e si convinse d’aver trovato l’uomo della sua vita.

Ma l’amore ha le sue regole, l’impasto non ha consistenza se non dosi in giusta misura gli ingredienti. Lui, come si dice, aveva le mani in pasta ovunque e le amanti si scioglievano come panna cotta tra le sue braccia. Lei lo aveva capito da tempo e per quella incontrollabile dipendenza dal peccato di gola, sopportava in silenzio ogni suo tradimento. Si era lasciata addomesticare come una gattina ubbidiente,  ma adesso era giunto il momento di pronunciare la parola fine. L’avrebbe lasciato per sempre, senza alcuna possibilità d’appello. Tutto poteva sopportare, ma i canditi nella Sacher, no, quelli proprio no!

 

       

                                                      

 
 
 

DA "Fermami il tempo" alcuni passi del III° capitolo

Post n°57 pubblicato il 11 Marzo 2008 da aidanred
Foto di aidanred

 

                                       

 

- Rita, la chiameremo come Santa Rita Da Cascia, sarà la sua protettrice, vero Rita, Ritì?

Faceva molto caldo quel pomeriggio d’estate, la città era deserta, molti erano partiti col tram per raggiungere il lago o si erano incamminati su per i sentieri dei Ronchi a cercare un po’ di frescura.

Di domenica   sarebbe stato difficile trovare una levatrice disponibile e mia madre lanciava urla di dolore nel trattenere le spinte del mio voler uscire alla vita.

Mio padre aveva lasciato il laboratorio e dal piano di sotto, alle grida di Fernanda, era salito su per la scala, di corsa, superando i gradini, due a due. Trafelato, s’era buttato in camera sul letto di mamma  e le diceva di resistere che la Nina stava tornando, avrebbe portato con sé la signora Giovanna e tutto sarebbe andato per il meglio.

Chiuse le ante e si asciugò il sudore salato di  quella estenuante tensione.

La paura gli colava in grandi goccioloni caldi giù dal colletto bianco inamidato.

 - Pochi minuti ancora, forza! – le ripeteva  con dolcezza,

ma mia madre non seppe aspettare ed io nemmeno.

In un urlo più forte le scivolai tra le gambe. 

Ero venuta al mondo così, da sola, con la bocca spalancata di pianto: volevo farmi sentire.

- E’ nata, é nata, qualcuno mi dia una mano, mi aiuti, non so cosa fare!

Fernanda, figlia del cugino Antonio, era poco più di una bambina, quando era venuta a vivere da noi. Mia mamma  incinta  doveva essere alleggerita dal peso dei lavori domestici e  lei le dava una mano, ma in quel momento  era più impacciata di mio padre.

Nessuno le aveva spiegato il modo in cui nascevano i bambini e quando io scivolai fuori come un pesce avvolto da un liquido gelatinoso, restò immobile, spalancò gli occhi e la bocca e fece cadere sul pavimento i panni bianchi del fasciatoio.

Per lunghi giorni non seppe proferire parola e continuò ad aggirarsi per la casa come un fantasma.

Nei mesi a venire imparò ad osservarmi, ma mai troppo da vicino, come se io fossi una creatura diversa, un essere speciale. 

La levatrice era giunta in tempo per staccarmi dal ventre di mia madre e per esclamare:

- E’ una femmina dalla voce acuta di soprano.

 

Per la festa del battesimo mio padre scelse stoffe di pizzo e tulle sottile, perché voleva che il suo angioletto si presentasse al fonte con un abitino bellissimo: la sua Ritina doveva apparire la bimba più elegante del mondo.

Dalla campagna, la nonna giunse in calesse con panieri pieni di dolci fatti in casa, galline nostrane, bottiglie di vino dolce e pane bianco avvolto in tovaglioli di lino, perché arrivasse fragrante sulla tavola della mia festa.

Mi portarono in chiesa sul calesse del fattore che aveva accompagnato la nonna, e mio padre durante il percorso mi riparò dal sole sotto un ombrellino bianco.

 

La nonna, nel raccontarmi i miei primi mesi di vita, si soffermava a descrivere alcuni particolari, che nel corso del tempo rimasero ben impressi nella mia memoria. Ella si ricordava che quel giorno in chiesa c’era fresco e si respirava un tenue profumo d’incenso e che

davanti al fonte battesimale, accanto a lei, si riunirono in cerchio  mamma, papà, la Fernanda, il fattore e, dietro di loro, la Nina. Io aspettavo assonnata in braccio alla madrina, cugina di secondo grado della mamma, che viveva poco distante da noi, in città.

Lo disse a tutti che io ero la sua figlioccia e mi promise grandi eredità............sposò, non più giovane, un carabiniere.  Dopo il matrimonio lui fu trasferito in bassa Italia in un paese dal nome strano: Montelupino.

Io mi ricordavo di loro a Natale, perché ci arrivava per posta un pacco di dolci di pasta di mandorle, incartati uno ad uno con fogli di carta trasparente e stropicciata che, per golosità, mangiavo di nascosto dalla mamma.

 

Quando il prete mi versò l’acqua battesimale sulla fronte, bagnò i miei primi riccioli biondi ed io mi risvegliai in un pianto tanto acuto che anche gli altri bimbi battesimati mi risposero in coro.

Il pianto dei neonati fu talmente forte che chi era rimasto fuori dalla chiesa ad aspettare la fine della cerimonia, entrò di corsa, allarmato, chiedendosi cosa stesse accadendo.

Così la mia prima apparizione in pubblico, in un luogo sacro, lasciò un timoroso ricordo al povero prete che, negli anni futuri, se mi vedeva prendere posto tra i banchi della navata centrale, mi faceva cenno con la mano di sistemarmi tra le ultime file e di ripetere a bassa voce le preghiere e, sempre con toni sommessi, mi invitava a non cantare, per non offuscare l’armonia del coro.

Quanto soffrii per quei silenzi forzati e, appena potevo, a casa intonavo le laude che avevo imparato; lo facevo chiusa nel bagno e ad ogni guizzo della voce attorcigliavo tra le dita un riccio dei capelli e tiravo, tiravo forte, tanto quanto lungo doveva essere il mio gorgheggio.

 

Nella sartoria di papà ci lavorava la Nina che mi aveva vista nascere. Lei mi teneva stretta tra le sue braccia e mi accarezzava, per calmare i vocalizzi striduli dei miei pianti disperati.

Era l’unica a sopportare i toni alti della mia vocina.  Io ero il suo canarino e quando cantavo le piaceva ascoltare i miei trilli sottili.

– Ritina,  Ritina, la mia bambina canterina, anche tu un giorno diventerai una sartina!

 

 

 

Ricordo la sartoria e i profumi delle stoffe li sento ancora inconfondibili. Oggi, dopo ottanta anni, saprei riconoscere il dolce aroma di violetta di Parma del camicione nero della Nina, l’odore secco caldo di un velluto rigato, il dolce asprigno della seta, il fresco neutro del pizzo di Sangallo e, al tatto, ad occhi chiusi, il gioco sarebbe ancora più semplice.   

Sono i profumi della mia infanzia, mi sono entrati nella pelle e mi accarezzano il cuore....

 
 
 

ALLE DONNE PELLEGRINE NEL MONDO

Post n°56 pubblicato il 08 Marzo 2008 da aidanred
Foto di aidanred

SIAMO NOI, SEMPRE IN CAMMINO, ALLA RICERCA DI UN'EMOZIONE, DI UNO STUPORE NUOVO CHE CI REGALI UN SORRISO. ALLE DONNE CHE AMANO RITROVARSI DA SOLE CON SE STESSE PER RISCOPRIRE CHI SONO E RICONOSCERSI NEL CONFINE TROPPO GRANDE CHE QUESTO CAOTICO MONDO CI HA REGALATO. ALLE DONNE COME ME CHE DAL VIAGGIO RACCOLGONO RICORDI, GIOIELLI PREZIOSI PER I GIORNI CHE VERRANNO.

Da una gita in Provenza con i miei alunni, parole di rapide impressioni.

AUGURI A TUTTE. 

     

 
 
 

IMPRESSIONI DI PROVENZA

Post n°55 pubblicato il 08 Marzo 2008 da aidanred
Foto di aidanred

CERCO SULLA MIA PELLE D'ERBA

LE CAREZZE LEGGERE DELLA NOTTE

GRAFFIA QUEST'ALBA NUOVA

L'ONDA RIBELLE DEL MAESTRALE.

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SELVAGGIA LA MIA TERRA

 ARSA DAL SOLE

 SCALPITA NEL GALOPPO DEL VENTO

 LA VOCE GITANA DI UN VIOLINO.

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LE HO DIPINTO LE VESTI

DI FIORI DI PESCO

I CAPELLI  SONO RICCIOLI BIONDI

DI MIMOSE DISCRETE

 NEL VENTO DANZA 

IL PROFUMO DELLA SUA PRIMAVERA .

 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: aidanred
Data di creazione: 21/10/2007
 

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