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Messaggi del 24/09/2015

Belli: 5 sonetti in italiano

Nel primo volume degli inediti di Belli, curato dal figlio nel 1865, sono 30 i sonetti. I cinque che seguono completano tale novero. I precedenti 25 sonetti sono reperibili sotto il tag "Poesie inedite" o sotto quelli dedicati a Belli.

Molte scale e poco cerino

Le disgrazie stan sempre apparecchiate
Come appunto la tavola dell'oste.
Dissi all'amico: se Cristian voi foste
Mi dareste un cerino. Oh lo mi date?

Ma le scale eran troppe e mal disposte,
E il moccolo non giunse a tre voltate;
Sì ch' io di cantonate in cantonate
Ruppimi il naso e mi fiaccai le coste.

Però se gite al buio, o tiberini,
Deh non vogliate voi, come fec' io,
Tor moccoli sì corti e mingherlini.

Chè ben lo disse un giorno Orazio mio
Di moccoli parlando e di cerini:
Brevis esse laboro, obscurus fio.

Giuseppe Gioachino Belli
9 gennaio 1845

Da "Poesie inedite" di Giuseppe Gioachino Belli Romano, Volume 1", Roma, Tipografia Salviucci 1865, pagina 26



Biglietto di gentil donna

Carro Signior Guseppe Govacino.
Cassa adì 26. Mi facco arrdita
Man dargli la mia dona Margerita
La tricie dell' presete bigletino

Per dirgli che mio sociero linvita
Sè per domani all' gorno all' suo gardino
Che s'apre il gocolissco onde un pocino
Dì vertirsi hà gocare una parrtita.

Doppo si gofierano due paloni
Epoi si ciuderà con un fiasceto
Cuatro fici è un arosto di picconi.

Voglo sperare dì vederla. Intato
Cuesta sera hà Argientina non laspeto
Perche sò che devesere impiccato.

Giuseppe Gioachino Belli
5 luglio 1845

Da "Poesie inedite" di Giuseppe Gioachino Belli Romano, Volume 1", Roma, Tipografia Salviucci 1865, pagina 27



Il conte e il maggiordomo


Giorgio - Eccellenza. - Cosa fa Mattia? -
Pranza.-Che ingordo! -Ingordo !-E ov'èLeone?-
Dorme. -E' un poltrone: no?-Certo, è un poltrone.-
Voglio cacciarli via. - Li cacci via. -

C è stato alcuno? - Il sarto, in compagnia. . .-
Ritornino fra un anno. - Ella ha ragione. -
O li bastonerò. - Farà benone. -
Pagar tosto è da pazzo. - È una pazzia. -

Son tirate ai portoni le catene? -
Non credo. - Che si tirino. - È giustissimo. -
Io non voglio romore. - E pensa bene, -

Poi spegnete i lampioni. - E se venissimo. . .-
Per me c' è la lanterna. E tante pene
Per le gambacce altrui? - Dice benissimo.

Giuseppe Gioachino Belli
20 luglio 1845

Da "Poesie inedite" di Giuseppe Gioachino Belli Romano, Volume 1", Roma, Tipografia Salviucci 1865, pagina 28


Il saggio del marchesino Eufemio

A dì trenta settembre il marchesino,
D'alto ingegno perchè d'alto lignaggio,
Diè nel castello avito il suo gran saggio
Di toscan, di francese e di latino.

Ritto all'ombra feudal d'un baldacchino,
Con ferma voce e signoril coraggio.
Senza libri provò che paggio e maggio
Scrivonsi con due g come cugino.

Quinci, passando al gallico idioma,
Fe' noto che jambon vuol dir prosciutto ,
E Rome è una città simile a Roma.

E finalmente il marchesino Eufemio
Latinizzando esercito distrutto
Disse exercitus lardi, ed ebbe il premio.

Giuseppe Gioachino Belli
22 luglio 1845

Da "Poesie inedite" di Giuseppe Gioachino Belli Romano, Volume 1", Roma, Tipografia Salviucci 1865, pagina 29



A Jacopo Ferretti

Ser Jacopo, mal va: duolmi la testa,
Ho un chiodo in un orecchio, ho il naso enfiato,
E su questo giaciglio abborracciato
Scricchiolan l'ossa mie come una cesta.

Mostro la faccia imbalordita e mesta
E mi beffan lo stomaco e il palato;
Insomma, dio mercè, son fortunato
Quanto i pollastri d'una casa in festa.

Pur nè medici io vo' nè lor concili,
Che invilito io mi trovo, ed essi fanno
Experimentum in corpore vili.

E v'ha di peggio ancor c'oggi entra l'anno,
Se è ver che al primo dì tutti simili
Sien gli altri poscia che dietro gli vanno.

Suo banno e retro-banno
Contro mi fulminò Monna Salute
E mel vedi alle tinte della cute.

Jacopo, la mi pute
Che per influsso io sia di ladra stella
La effigie del cavallo di Gonnella.

Statti tu almanco in sella,
E cansa il fresco di notte e di sera,
Chè il diavol non ti conci o la versiera.

Emulo al Barba-nera
Per te intanto io disegno e pe' tuoi pure
Fausti aspetti di cielo e quadrature.

Giuseppe Gioachino Belli
1 gennaio 1846

Da "Poesie inedite" di Giuseppe Gioachino Belli Romano, Volume 1", Roma, Tipografia Salviucci 1865, pagina 30,31

 
 
 

L'omo e la donna

L'omo e la donna

«Sí», strillava, «è ggiustizzia da galerra (1)
che nnoi povere donne disgrazziate
sempre avemo da èsse soverchiate
come fússimo statüe de terra.

Voiantri purcinelli de la Scerra
date fora l’editti, predicate,
dite messa, assorvete, ggiustizziate,
e, ppe gionta de ppiú, ffate la guerra.

Cos’ha, ppiú de la donna, un galeotto
d’omaccio, pe pprotenne (2) in oggni caso
de stà llui sopra e dde tiené (3) llei sotto?

Cos’ha dde ppiú? una mano, un piede, un stinco,
una bbocca, un’orecchia, un occhio, un naso?».
Allora io: «Nu lo sapete? un pinco». (4)

Giuseppe Gioachino Belli
30 aprile 1834
(Sonetto 1260)

Note:
1 Dalla massima parte del popolo galera è pronunziata galerra.
2 Pretendere.
3 Di tenere.
4 Vedi il Sonetto [Er Padre de li Santi, n. 561], al quale questo vocabolo può servire di appendice.

Nota aggiuntiva [VS]. Quale ulteriore "appendice" [nota 4 del Belli], si può considerare il termine "Cresceccàla" (si veda: Gergo romanesco dei "Birbi", tratto da Luigi Zanazzo, "Usi, costumi e pregiudizi del popolo romano", Torino 1908). Anche tale termine non rientra tra quelli menzionati dal Belli in "Er padre de li santi".

 
 
 

La strazzione de la riffa

Post n°2048 pubblicato il 24 Settembre 2015 da valerio.sampieri
 

La strazzione de la riffa

Pijatevelo, donne, ch'ho spicciato!
Eh là, me c'è arimasto er 27...
Che ciài de bono? - Du' gallinaccette.
Ècchete er sòrdo -Annam'ho imbussolato.

A regazzino, lesto: vatt'a mette'
su; arza la camicia: ar vicinato,
fajelo vede' a tutto scamiciato:
contenteme 'ste donne benedette.

Infilecelo drento; svorta; incora:
rismùcina: le palle: fa' de questo.
Animo, lesto: caccelo de fora.

Ottantaa! - Fresca! - Ha vinto Peppe er Mulo,
er fio de lo stagnaro a via der Cesto
nummero 23! - Bucio de culo!

Giggi Zanazzo
2 luglio 1880

Note:
Titolo: L'estrazione della riffa, specie di - lotto privato, il cui premio consisteva - e consiste tuttora - in oggetti, non in danaro.
Sopra una colonnetta. - a Fagli vedere il braccio nudo...
Espressione volgare molto diffusa ancora oggi per indicare chi è fortunato.

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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