ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 31/05/2012

AFFIDARSI ALLA VITA COME MARIA

Post n°7189 pubblicato il 31 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Siamo ormai alla fine di Maggio, il mese che raccoglie l'eredità dei mesi invernali bui e piovosi e ci lancia nel pieno della primavera con le sue giornate sempre più piene di sole e di calore. Ancor più, però, Maggio, sembra rappresentare un piccolo scrigno che racchiude la famiglia di Nazareth: si apre con la festa di S. Giuseppe, lo sposo di Maria, il grande lavoratore e si snoda esaltando la figura di Maria, la giovane sposa, che con il suo Sì ha reso possibile il progetto di Dio.

Nazareth è la città in cui è nata la più bella storia d'amore. Qui Maria e Giuseppe si sono conosciuti, hanno avviato i loro primi approcci, hanno intrecciato i loro primi discorsi, si sono scambiati le loro prime tenerezze, hanno sognato il loro futuro di sposi.

Quella maternità umanamente inspiegabile, però, li sconvolge.

La casa di Nazareth, prima testimone dei loro sogni, diviene il luogo del loro angoscioso interrogarsi. Nonostante tutto decidono di lasciare spazio al mistero, accettando il progetto di Dio. Giuseppe e Maria, in un certo modo, incarnano la paternità di Dio.

Questa esperienza la sentiamo profondamente nostra. Non siamo Maria e Giuseppe, sicuramente il loro Sì ha avuto ripercussioni immense, ma li sentiamo vicini quando accettano, seppur nell'incomprensione di incamminarsi verso mete inesplorate. Per me e Patrizia la decisione di intraprendere il cammino dell'adozione è arrivata dopo un lento e lungo cammino, fatto di riflessioni, pause, riprese e confronti, a volte anche duri.

Da quel momento in poi, domande di questo tipo, hanno tratteggiato il nostro percorso: "Perché avete fatto la domanda di adozione?" "Siete sicuri che sia la scelta giusta?". Domande più che legittime, ma pesanti come pietre, perché forse non esiste una risposta univoca, semplice, valida per tutti. Sono momenti intesi, forti, pieni di grandi emozioni e sentimenti.

Voler dare a un bambino una famiglia, un posto dove stare, dove crescere, cercando di rispettare i suoi percorsi, le sue aspirazioni, sembra essere la motivazione più immediata. Come nascondere, però, l'infinita voglia di essere amati? Come non riconoscersi desiderosi di affetto e di creare un legame forte e duraturo? Il momento più bello, però, è stato quando nostro figlio è arrivato a casa. Finalmente quel bambino, presente nei nostri pensieri prendeva vita, s'incarnava in un volto e in un corpo. Di certo la sua presenza ha rimesso in discussione le nostre certezze, ci ha fatto percorrere strade inedite, ha impedito di impaludarci dentro schemi rigidi e prefabbricati, ha cambiato i nostri ritmi e il nostro modo di vivere. Quanti cambiamenti anche per lui! Quanti lutti nella sua vita, quanti momenti pieni di ansia e di timore! Essere dentro una relazione significa, dunque, imparare a riconoscere l'altro, ma senza soffocare o essere troppo distanti.

Nella "normalità" il cammino educativo è pieno di incognite e di dubbi, a maggior ragione quando si ha di fronte una persona di cui non si conosce quasi niente.

Nei nove mesi precedenti la nascita di un bambino papà e mamma si attivano a metter insieme le cose necessarie, preparano la culla, la cameretta dove verrà ospitato il futuro figlio. Patrizia e io, invece, abbiamo fatto un cammino molto diverso. La stanza c'era, ma era vuota, quando abbiamo appreso la lieta notizia abbiamo sistemato un letto, un armadio, abbiamo appeso poster alle pareti, abbiamo cercato insieme all'aiuto dei nostri familiari di rendere accogliente quel luogo. Da un momento ad un altro, senza troppo preavviso, ci siamo trovati a cominciare il cammino affascinante dell'essere genitori. Quello che finora ci ha sorretto è stata la speranza di poter costruire e di assaporare un legame forte e tenace che sappia andare oltre il presente, gettarsi oltre gli ostacoli, superare le avversità e le notti buie.

Quante volte nostro figlio ci rialza nei momenti di maggiore tristezza, quante volte lo abbracciamo cercando di far sentire tutto il nostro affetto nei momenti più difficili per lui. Di sicuro siamo contenti di aver fatto questa scelta e, nonostante le difficoltà, ci doniamo reciprocamente gioia.

Ben presto ci siamo resi conto che la nostra disponibilità doveva essere totale, poiché nostro figlio ha una gran sete d'amore e di attenzioni e quando li riceve li "succhia" instancabilmente.

La naturale conseguenza è che, a volte, nei momenti di stanchezza e di scoraggiamento, ci sentiamo letteralmente" prosciugati", ed è proprio lì che il rapporto di coppia, la fede e la preghiera ci ridanno le energie necessarie per poter ricominciare.

- dimensionesperanza.it - Elettra Pepe - donboscoland.it -

 
 
 

LA VISITA DEL PAPA A MILANO SOTTRAE SOLDI AI TERREMOTATI? IN REALTA' PORTA UN INDOTTO DI 58 MILIONI

Post n°7188 pubblicato il 31 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ecco che ci risiamo. Il Vaticano è tornato ad essere il colpevole e capro espiatorio di tutti i mali del mondo. E’ stato così in occasione del dibattito sull’Ici-Imu (Il Vaticano non paga l’Ici e altre bufale o mezze bufale, vi rimandiamo al post di Qelsi datato 21 agosto), la storia si ripete ora addirittura in occasione di una tragedia come il terremoto in Emilia. I disinformatori di internet, spinti da chissà quale impulso, non si sono accontentati di diffondere la bufala sul Dalai Lama che ha donato 50.000 euro ai terremotati a fronte di un Vaticano che avrebbe fatto finta di nulla, quando in realtà i soldi destinati dalla Santa Sede ai terremotati sono stati esattamente il doppio, 100.000 euro: nel mirino degli anti-clericali militanti è finita persino la visita del Papa a Milano in occasione del Family Day 2012.
Una visita che, secondo i detrattori, costerà 3 milioni di euro di euro alla collettività. Soldi che potrebbero essere utilizzati per i terremotati. E via con le condivisioni delle foto e dei link su facebook “Il Dalai Lama dona 50.000 euro, il Papa andrà in visita a Milano e costerà 3 milioni di euro”.
Sembrerebbero ragionamenti sensati, ma non lo sono. Al di là del fatto che sospendere la visita papale a causa del terremoto non ha alcun senso, perché a differenza delle forze armate che saranno impegnate nella parata del 2 giugno a Roma, il Santo Padre non può in alcun modo aiutare concretamente le popolazioni (ve lo immaginate Papa Ratzinger con la pala intento a scavare nelle zone terremotate?) né tanto meno reca alcun disturbo se visita Milano, nessuno ha pensato all’indotto economico generato dalla visita papale nella città del Duomo.
Lo rivela la Camera di Commercio di Monza e Brianza: dovrebbe essere di circa 58 milioni di euro, grazie alla presenza massiccia  di pellegrini che usufruiranno di un kit comprensivo di pernottamento e buoni pasto da 540 euro o si sono organizzati autonomamente facendo la gioia di locali di ristorazione, ricovero alberghiero e di tutto il settore turistico. I pellegrini attesi sono più di un milione, per un introito non banale in soli tre giorni di visita pastorale, da venerdì a domenica pomeriggio. Ben 1.500 i giornalisti accreditati, da ogni parte d’Europa e del mondo.
Insomma un evento, i cui costi sono coperti da sponsor istituzionali e privati, pacchetti turistici e pure contributi elargiti dalla Cei e dalla Diocesi di Milano.
Il Comune di Milano, sicuramente, non andrà in perdita. Anzi!
La Santa Sede si è addirittura dovuto affrettare ad emettere un comunicato specificando che “il sisma non ha interessato in modo grave i luoghi in cui è prevista la presenza del Pontefice”, quasi a volersi giustificare.
A noi di Qelsi non resta che fare un appello, anche per rispondere ai disinformatori di internet: avreste voluto che il Papa non si recasse a Milano per risparmiare soldi da destinare ai terremotati? Bene, a questo punto non sarebbe meglio chiedere che parte degli introiti ricavati proprio dalla visita del Papa (58 milioni non sono pochi) siano destinati alle zone colpite dal sisma?
Dipenderebbe da albergatori, ristoratori, taxisti, non più dal Vaticano. Ma almeno non si dica più che la visita del Papa è uno spreco di denaro pubblico in sfregio ai terremotati.

- di Riccardo Ghezzi © 2012 Qelsi -

 
 
 

I MASS MEDIA E I FATTI VATICANI: CRONACA ROMANZATA

Post n°7187 pubblicato il 31 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Negli ultimi giorni di errori ed orrori sulla vicenda della sottrazione e pubblicazione di documenti riservati dal Papa ne abbiamo visti tanti. E siccome si condanna il peccato e non il peccatore, non facciamo nomi, ma cerchiamo solo di correggere un po’ di cose. Cominciamo dalla composizione della “ Famiglia pontificia”. Il termine non riguarda solo le persone addette all’appartamento privato del Papa. Ne fanno parte chierici e laici con diverse competenze. I loro nomi e ruoli sono scritti nell’Annuario, testo pubblico in vendita in ogni libreria vicino al Vaticano. Nella quotidianità del Papa ci sono i due segretari, Georg Gaenswein e Alfred Xuereb, le quattro Memores Domini, laiche legate a Comunione e Liberazione, e un gruppo di Aiutanti di camera.

Paolo Gabriele ha il titolo effettivo (ricordiamo che è sotto inchiesta ma non condannato) e poi ci sono dei “secondi”. Uno di loro ha preso per il momento le funzioni che erano di Gabriele. Le Memores non accudivano il Papa da cardinale. Semmai due di loro hanno lavorato per il cardinale Angelo Scola. Non ci sono gendarmi nell’appartamento privato del Papa. E quindi diffidate di chi dice che a trafugare le carte dalla scrivania del Papa o del segretario ed “incastrare” Gabriele potrebbe essere un gendarme. La Gendarmeria non entra nel Palazzo Apostolico se non è chiamata, o per effettuare indagini su preciso mandato del Giudice e con il consenso del Papa. E poi Gabriele è stato fin dal primo momento in un locale con telecamere. Il Vaticano non è Alcatraz. Ci sono delle camere di sicurezza organizzate in modo semplice ma moderno. La famiglia Gabriele viva da pochi anni all’interno della mura vaticane. Prima abitava in un palazzo di proprietà del Vaticano, come molti altri dipendenti, il cui ingresso è in Borgo Angelico 6. Piuttosto improbabile che un gendarme sia entrato nella “casa privata a via di Porta Angelica” in territorio italiano. L’operazione richiede una rogatoria internazionale, o comunque un lavoro congiunto con le forze dell’ordine italiane.

Ancora, c’è chi parla di “tribunale apostolico” che sta agendo in questo caso. Il tribunale è civile. È il tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Non si segue il diritto canonico ovviamente, ma un codice “laico” che è circa lo stesso di quello italiano. Nel 2008 una legge sulle Fonti del diritto adeguava praticamente in tutto la legge vaticana a quella italiana eccetto che per divorzio, aborto e altre norme “contrari ai precetti di diritto divino, né ai principi generali del diritto canonico, nonché alle norme dei Patti Lateranensi”. Il Papa in Vaticano è capo assoluto di tutti i poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, ma solo di fatto in ultima istanza. La Commissione composta dai tre cardinali Herrnaz, Tomko e De Giorgi che indaga da metà marzo voluta dal Papa, opera parallelamente ma separatamente dai magistrati Bonnet e Picardi tramite colloqui e incontri, proprio come farebbe una commissione parlamentare.

Altro scenario romanzesco è quello che mette insieme le vicende di Ettore Gotti Tedeschi, ex Presidente dell’ Ior sfiduciato dal board di laici, equivalente ad un consiglio di amministrazione, e quelle dell’indagine sulla fuga di documenti. Fatti separati, ovviamente, e uniti solo dalla temporalità. La lettera firmata da uno dei consiglieri, Anderson, che di fatto è un verbale della riunione che ha portato alle dimissioni di Gotti Tedeschi, non è uscita di nascosto, ma volutamente, quasi istituzionalmente si potrebbe dire. Lasciamo stare poi il fatto, gravissimo, che il nome di Gabriele è stato pubblicato come indiscrezione prima che fosse detto ufficialmente. Si tratta di una violazione bella e buona del segreto istruttorio.

Poi ci sono altre perle. C’è chi dice che il cardinale Herranz è il presidente dell’ Opus Dei, chi mette in giro nomi dei successori del Cardinal Bertone come segretario di Stato. Scontati a dire il vero. Così ci sarebbero delle lotte per il potere che non si sono viste nemmeno nello sceneggiato sui Borgia. Ci sono le interviste a “monsignori anonimi” e “confessori anonimi” che lasciano pensare, queste si, a manovre fatte alle spalle di giornalisti che immaginando chissà quale scoop si lasciano gabbare magari da chi vuole depistarli. E poi se la ride. Escono così dichiarazioni di supposti “corvi” che agirebbero per il bene della Chiesa e per il Papa perché il Segretario di Stato è troppo potente, e descrivono il Papa come debole e impotente davanti al cardinale Bertone. E che ci sarebbe una donna che è la stratega di tutto. Abbastanza ridicolo solo a pensarlo visto che donne “potenti” in Vaticano non ci sono. E in molti se ne lamentano da anni. A meno che non si voglia dire che la segretaria fedelissima consacrata di Schoenstatt che da 30 anni cura le pubblicazioni di Joseph Ratzinger, non sia improvvisamente impazzita e abbia deciso di violarne la privacy. Con che scopo poi? Far dimettere il cardinale Bertone? O monsignor Gaenswein?

Che poi Joseph Ratzinger con le lacrime agli occhi abbia commentato le dimissioni di Gotti Tedeschi dicendo “ il mio amico Ettore”, secondo me non lo dovrebbe credere nemmeno lo stesso Gotti Tedeschi. Se non altro per il carattere riservato del Papa. Come strano è il resoconto di un serrato e riservatissimo colloquio tra il segretario del Papa e Gabriele. Ma se è riservatissimo chi lo ha riferito alla stampa? Don Georg? Gabriele? O qualcuno ha telecamere nascoste? E poi ci sono le dichiarazioni anonime di chi dice alla fine “ voglio uscire allo scoperto”. E perché allora non dice chi è?

Il peggio è che dagli orrori giornalistici è evidente che in molti non hanno neanche letto le carte pubblicate da Nuzzi. Perchè allora qualcuno in siti cattolici si straccia le vesti per il marcio che ne uscirebbe? Nelle mitiche carte segrete ci sono ad esempio donazioni al Papa, e contestualmente si vede come il Papa le usa: per borse di studio. Si vedono report di routine e lettere di persone che chiedono cose diverse, dalle udienze ad un posto di lavoro, o un colloquio. E allora? Dov’è il marcio? C’è chi ipotizza colloqui notturni tra il segretario del Papa e Gabriele a proposito delle carte della Fondazione Ratzinger, ritenute le più riservate da giornalisti che di Vaticano evidentemente sanno poco. Perchè quelle sono praticamente carte pubbliche. Molto più grave è il trafugamento di lettere private indirizzate al Papa come quella con la quale il Preposito dei Gesuiti presenta i signori Brenninkmejier.

Favolosi poi i pezzi che sembrano “dettati” e che vengono puntualmente smentiti. Cene d’affari mai avvenute, intercettazioni mai esistite e soprattutto azioni da 007 da parte della Gendarmeria vaticana davvero al limite del romanzesco. Per far vedere chi si hanno fonti particolari si mette un po’ di tutto nei pezzi. Liste di nomi di cardinali massoni buste con indirizzi, frasi sussurrate da cardinali (anonimi ovviamente) che riportano affermazioni ipotetiche del Papa a tavola, o sullo scrittoio mentre piange. E poi ci sono le cordate. Di tutti i tipi. Che partono addirittura da Marcinkus e da Danzi (entrambi morti e quindi impossibilitati a smentire). E poi strane smentite. Come quella che viene dalla Curia di Cracovia. Paolo Gabriele non ha mai lavorato nell’ “appartamento “ di Giovanni Paolo II. Perchè questa precisazione? E poi i vari modi di descrivere il segretario del Papa. Monsignor Gaenswein è vittima o carnefice a secondo di chi lo descrive. Uomo di potere che addirittura “indirizza e consiglia il Papa”, in lite con il Segretario di Stato, oppure una persona debole che non sa difendere la privacy del Pontefice, eccetera eccetera.

Una valanga di chiacchiere per supportare le tesi più varie. Fino alla dimissioni del Papa e ad un concistoro pronto allo scopo di inserire il “delfino” di Papa Benedetto. E le poi le confessioni ipotetiche di “corvi” che piangendo dichiarano di far parte di una loggia massonica con storie di fronde e “resistenze interne” che nessuno in effetti sa definire.

Un commento solo sembra adeguato in risposta a questo guazzabuglio comunicativo, quello del Papa: “Si sono moltiplicate, tuttavia, illazioni, amplificate da alcuni mezzi di comunicazione, del tutto gratuite e che sono andate ben oltre i fatti, offrendo un’immagine della Santa Sede che non risponde alla realtà.”

Scritto da Angela Ambrogetti - korazym.org -  

 
 
 

CLAUDIA KOLL RACCONTA LA FEDE (SECONDA PARTE)

Post n°7186 pubblicato il 31 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

La cura dell’Amore?

Si. In questo silenzio ho potuto di parlare a Dio e dirgli “Perché l'hai fatto?”. La cosa che mi colpiva innanzitutto era che avesse risposto al mio grido, nella mia camera da letto. Mi dicevo ma il Signore ha pensato proprio a me, che vengo da una vita dissoluta, ma lui mi è Padre. Questi sono i pensieri che mi hanno attraversato. Io ho avuto un padre tosto, abbastanza forte di carattere, quando sono tornata a casa una volta avevo i jeans strappati, si vedeva tutto il corpo, mio papà mi ha fatto uscire di casa e non mi ha voluta. Chi era questo Padre invece che pur in una vita sfasciata, si piegava su di me e mi aiutava non mi girava le spalle? Allora ho detto “Ti voglio conoscere”. Così si è generato tutto il cammino della ricerca di Dio. Innanzitutto ho sentito il bisogno di tornare in chiesa e di starci sempre di più perché lì respiravo la presenza di Dio, lo riconoscevo, e soprattutto sentivo la pace. Ho cominciato a partecipare alla santa messa anche ogni giorno. Spiritualmente ero molto provata perché ero in peccato mortale. Lo Spirito è come una pianta alla quale non è stata data acqua, secca, nel partecipare alla messa sentivo subito il beneficio. Sentivo che recuperavo le forze perché quando si è morti spiritualmente si è morti fisicamente. Lo capisce chi soffre di depressione che non ha voglia di reagire, di fare niente, è come impedito a vivere. Ecco, io sentivo che partecipando alla messa ricevevo vita. Era la parola che ascoltavo che mi liberava e mi apriva al mondo della conoscenza di Dio. Ho incominciato a cercare Dio nella sua parola e poi nell'eucarestia e piano piano ho ripreso le forze spirituali e il Signore mi ha portata in un cammino di conversione profonda. E’stata essenziale la decisione di stare con Dio e non con il maligno. La conversione è stata consapevole e radicale perché è stata una scelta libera e intelligente. Quando ho capito con chi avevo a che fare se stavo nel peccato, subito ho “girato la macchina” e ho cambiato direzione. Man mano che diventavo consapevole dei miei peccati, li confessavo e subito chiedevo a Dio la grazia di cambiare. Mi sono detta “ma io, Signore, ti chiedo un'umiltà così grande così profonda così che io non debba avere il culto di me stessa né di satana, ma solo di Te”.

Il capire che la vita è una lotta tra il bene e il male e bisogna lottare con intelligenza e consapevolezza, non vivacchiare, non lasciarsi trasportare dalla vita, ma prenderla in mano e dirigerla, è stato fondamentale.

Claudia Koll: una convertita famosa. Un dono e una responsabilità, cosa ne pensi?

Si è vero, il cambiamento della mia vita con una visibilità così esposta mi porta una grande responsabilità, però non sono da sola a portarne il peso. Il Signore mi sostiene con la sua grazia e ho la consapevolezza che se dovessi andare fuori strada Lui è il Buon Pastore e mi viene a prendere. Ho consapevolezza della misericordia di Dio che non permetterà che io mi perda. Spesso rifletto sul fatto che posso cadere nelle scelte che devo prendere. So però che se continuo a fare un cammino onesto, cercando la verità, cercando di essere retta nelle mie intenzioni, se continuo a pregare, ad andare alla messa, a fare la comunione, a confessarmi posso anche sbagliare, perché è umano, ma so che il Signore non mi abbandona.

Non siamo soli. Il Signore ci custodisce. Abbiamo l'intercessione dei santi, della Madonna…

Come vive la “nuova” Claudia Koll oggi? È “guarita”?

Non ho paura di vivere oggi anche se la mia vita è diventata più difficile rispetto a prima, però più consapevole e più bella. L’intelligenza è necessaria, è necessario anche il sentimento, mente e cuore devono camminare insieme per questo non vado più secondo gli istinti, le passioni, ma cerco di riflettere e chiedermi dove mi porta una determinata scelta. È un bene solo per me, egoistico o è un bene anche per gli altri? Perché questa è stata la guarigione più grande che Dio ha operato in me: mi ha fatto uscire dall'egoismo. Questa è stata la guarigione dall'affettività, cioè non ero più io al centro di me stessa, ma era un rapporto con l'altro, un rapporto con Dio. Dio al centro della mia vita. Nel rapporto con Dio e nel rapporto con gli altri si è aperta la mia vita e quindi ho cominciato ad amare diversamente, in maniera gratuita, senza interesse, com'è l'amore di Dio.

Il mio è un percorso verso l’essenziale, dove la verità va di pari passo con l’Umiltà. Io chiedo al Signore di fare sempre verità nella mia vita “Fammi vedere, svelami quelle che sono le illusioni, gli errori, gli sbagli, aiutami sempre a camminare nella verità”.

Come riesci ad amare in questa nuova dimensione?

E’ un percorso perché il Signore ti chiede di crescere mano a mano nell'amore con la sua grazia. Ti chiede di amare anche quelli che non sono facili da amare, quelli che tu per natura vorresti allontanare. In questo mi ha illuminato Mirjana una delle veggenti di Medjugorje. Mirjana ha detto “Sono cresciuta alla scuola di Maria”. Maria scusa sempre i suoi figli, ma Gesù cosa ha fatto sulla croce? Nel momento in cui veniva crocefisso, Gesù diceva “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Li ha scusati. Ci ha scusati. Credo che questo sia un cammino di crescita nella capacità di amare anche nei momenti in cui uno vorrebbe arrabbiarsi, far valere le proprie ragioni. Per il contrasto però io ho due punti fissi: il maligno mi chiedeva di odiare, quindi per tutto quello che è rancore, rabbia va immediatamente chiesto a Dio di fare pulizia nel nostro cuore che non generi poi odio che apre la porta al maligno nella nostra vita; dall'altra parte il Signore ci dice che quando noi siamo feriti da un'altra persona, dal fratello noi dobbiamo sempre cercare di scusare perché, scusando, benedicendo anche coloro che sono a noi nemici riusciamo a non cadere nella trappola della rabbia che poi genera rancore, che è una serpe che prende dimora nel nostro cuore e ci rende meno belli. A Medjugorje quando un veggente ha chiesto a Maria“perché tu sei così bella?”, Lei ha risposto “perché amo”. L'amore ci rende più belli perché risplendiamo della luce di Dio, della sua presenza dentro di noi.

Le Opere del Padre sono un frutto dell’amore. Ci dici di cosa si tratta?

Nel 2005 è nata un'associazione che si chiama Le opere del Padre (www.leoperedelpadre.it), dedicata al Padre misericordioso. Le opere sono le opere di bene, di misericordia. Noi cerchiamo di aiutare soprattutto chi è in difficoltà ( i bambini, le donne, i disabili che sono i più dimenticati). In questo percorso il Signore mi ha portato in Africa e lì sono guarita dal bisogno delle cose di lusso, troppo comode. Spendevo molti soldi per vestiti, gioielli, per la casa. Avevo tappeti preziosi, posate d'argento, tutto quello che potete immaginare abbia una persona che guadagna molti soldi e si toglie tante soddisfazioni. Quando sono arrivata in Africa e mi sono accorta di una povertà estrema, è cambiato radicalmente il mio stile di vita. L'estate io porto sempre i giovani in Africa a fare un'esperienza di missione, di volontariato, perché so che fa molto bene confrontarsi con la povertà. Si riceve molto da un'esperienza del genere. Man mano che si va, cresce la consapevolezza di come aiutarli meglio. È un percorso che si fa insieme. Ho capito che il peccato ci porta ad essere superficiali, però Dio i riesce a scendere in profondità anche negli aiuti, anche negli interventi.

Claudia Koll attrice…ti si vede poco. Perché?

Faccio l’attrice ma molto meno rispetto a prima.

Non è una scelta mia veramente. Il Signore mi ha chiamato a seguirlo in questo cammino delle Opere del Padre. Ho cominciato a non lavorare più perché mi arrivavano tutti copioni che non potevo impersonare, per esempio una donna che bestemmiava, una donna assassina. Io che venivo da un vissuto così drammatico come potevo bestemmiare? Non potevo interpretare quei ruoli e quindi ho cominciato a dire di no. Nel frattempo il Signore mi chiamava a seguire i salesiani in Africa, poi Le Opere del Padre. È stato un percorso di conversione, di ricchezza umana, l’incontro con i poveri che mi hanno cambiato il cuore, la fede, la preghiera, che hanno generato in me una trasformazione profonda. Nel frattempo ho cominciato ad intuire che la recitazione non poteva essere più la stessa perché il Signore guarisce le ferite del cuore e non vuole che tu vada ad attingere a quelle ferite che sanguinano sempre e che possono diventare delle nevrosi. Ho cominciato a capire che potevo recitare senza lavorare sul mio passato, sul mio vissuto. E come recitavo? La mia vita era cambiata, era diventata anche una vita di preghiera , non perché io sia bigotta ma perché sono credente, sono una persona che vive il doppio rispetto a prima, anche le relazioni con gli altri sono molto più piene. La preghiera è necessaria perché ho una forza in più per compiere tutte le mie attività del giorno, per entrare dentro di me. Quindi ho cominciato a preparare i testi che mi venivano offerti e che erano dei testi spirituali (per es. i testi di Giovanni Paolo oppure il Cantico dei Cantici). Non li potevo interpretare utilizzando le ferite del cuore, non funzionava. “Adesso queste come le recito? Come le interpeto?”. Pregando il Signore, davanti al Santissimo, ho capito come interpretarle. Ho cominciato a scoprire lo Spirito Santo che mi insegnava.

Oggi insegno in un’accademia di spettacolo che dirigo- www.starroseacademy.com- perché rimango un’attrice, con un’esperienza in campo che sento di condividere con i giovani oggi. La nostra scommessa più grande non è tanto la formazione quanto accompagnarli nel mondo del lavoro, nel mondo dello spettacolo, quindi produrre spettacoli per poterli far conoscere, senza dovere rimanere da soli perché da soli, nelle necessità, come è successo anche a me, si rischia poi di sbagliare.

Nella mia scuola prima di iniziare la lezione con i ragazzi preghiamo lo Spirito Santo. Del metodo americano ho preso l’analisi dei copioni, ecc., tutto quello che può essere funzionale, però ho introdotto la mia esperienza spirituale.

E’ vero anche che sono stata fermata dal mio mondo, quello dello spettacolo, per il mio essere credente. Non è stata proprio una scelta: “Non mi va più di recitare”. Io amo il mio mestiere. Molte porte mi sono state chiuse. Per esempio a Domenica In mi avevano chiesto 4 puntate come ospite fisso per palare di questi temi, improvvisamente, dall’oggi al domani, senza una motivazione, sono decadute. Nessuno mi ha spiegato perché. Allora sarò più forte se farò entrare giovani nel mondo dello spettacolo, perché non sono più una …. che fanno, fermano tutti? È il mio modo di combattere le strutture di peccato. A me mi fermi, però non puoi fermarne 20, cominci ad avere più problemi.

Tu sei molto legata alla Divina Misericordia, perché?

Si. Giovanni Paolo II è stato primo promotore del culto della Divina Misericordia. Nel 2000 ha istituito la festa della Divina Misericordia, la 1adomenica dopo Pasqua, ha canonizzato sr Faustina e poi è salito in cielo quando si entrava nella festa della Divina Misericordia, tanto che poi la Chiesa lo ha beatificato nel giorno della festa della Divina Misericordia.

Diffondo la coroncina della D.M. perché ci credo fermamente. Ha lo stesso schema del mio incontro con il Signore. All’inizio Gesù ha chiesto a sr. Faustina di pregare la coroncina per gli aborti procurati in Polonia, per impetrare la misericordia sulla Polonia, poi successivamente per gli agonizzanti e successivamente per impetrare la misericordia per noi e per il mondo intero. E’ una preghiera che io diffondo con fede Vi invito a pregare perché la preghiera non è solo per alcune persone elette, è il modo attraverso il quale noi possiamo ottenere delle grazie che altrimenti non scendono in abbondanza come dovrebbero. Quindi questo è il mio modo di salutarvi attraverso l’invito alla preghiera.

di Elisabetta Pittino - (ZENIT.org) -

 
 
 

CLAUDIA KOLL RACCONTA LA FEDE (PRIMA PARTE)

Post n°7185 pubblicato il 31 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

L'attrice spiega il suo percorso spirituale

La conferenza di Claudia Koll il 24 marzo a Brescia, presso l’Università Cattolica, su “La cura dell’amore”, nell’ambito del progetto “ Di donna in donna. Essere donna. Risposte d’amore nella sofferenza” è stata una Redditio Symboli. Redditio Symboli significa “restituzione del Credo”. È un rito liturgico già presente nella Chiesa primitiva: il catecumeno si impegnava di fronte a tutti, attraverso la Redditio, a ridire in prima persona la fede ricevuta. Claudia Koll è una donna. Questa è la sua risposta creativa al dolore e alla sofferenza.

Chi è Claudia Koll?

La mia storia è abbastanza complessa. Vengo da una famiglia cattolica. Appena mi ha partorito, mia mamma è stata male e le hanno dovuto fare una trasfusione di sangue. Il sangue era infetto e allora anziché stare meglio è peggiorata ed è stata tra la vita e la morte per 6 mesi. Quindi io sono stata affidata a mia nonna che non vedeva. Mentre mio papà e mio nonno erano al capezzale di mia mamma, mia nonna doveva occuparsi me. Mi hanno detto che mi teneva legata ad un filo di lana. Eravamo legate ai polsi perché se sentiva tirare il filo capiva che io ero agitata e con il filo mi recuperava velocemente e mi prendeva in braccio. Mia mamma non morì, anche se i medici avevano smesso di darle le medicine perché erano convinti che non ce l’avrebbe fatta. Nel sangue però c’era un virus che colpì tutte le valvole del corpo, compreso il cuore. Pensando di non potermi più crescere, in un momento di scoraggiamento umano, ma di fede, mia madre disse alla Madonna “Se non le posso fare io da madre, pensaci Tu”. Poi lei si alzò da quel letto, provata fisicamente e con tutti i capelli bianchi. Mia mamma non è tornata più la donna di prima in quanto le valvole erano tutte compromesse, soprattutto quelle del cuore. I primi anni della mia infanzia, a causa della cagionevole salute di mia mamma, mi hanno allevato mia nonna che non vedeva e l’altra nonna. A volte ogni settimana facevo la valigetta e cambiavo casa, ma questo mi ha dato anche una grande adattabilità. Non c’è solo il negativo. Io sono capace di viaggiare, così come l’ho fatto da attrice per le tournée teatrali, senza essere troppo sbalestrata, perché l’ho fatto da piccolissima. Immaginate poi una nonna che non vede con una bambina di 2-3 anni che comincia a correre per casa e non sa quello che fa. Mia nonna mi ha raccontato che disegnavo sui muri con gli spinaci e mi divertivo a fare queste cose perché sapevo che lei non se ne sarebbe accorta. Non ho un ricordo triste del rapporto con mia nonna, semmai molto forte in quanto mi sono sentita responsabile di lei presto, quando ho cominciato un po’ a crescere. Andavamo a fare la spesa insieme, le tenevo la mano e le dicevo “Nonna, il gradino”, le tenevo la porta quando passava, la aiutavo a pagare i conti. Mia nonna era colei che mi istruiva sulla vita, mi insegnava tutto.

Come è nata la tua passione per il cinema, per la recitazione?

Mia nonna ed io insieme guardavamo i film la sera. Io le dicevo cosa vedevano i miei occhi e lei mi spiegava il film, perché a 5 anni non ero in grado di capire quello che vedevo e quindi avevo bisogno di lei. Queste nostre debolezze, che insieme diventavano qualcosa di forte, sono sempre stato un punto importante per me. Infatti già a 5 anni quando mi chiedevano “Che vuoi fare da grande?” io dicevo “l’attrice”. Secondo me, vedevamo troppa televisione… però questo gioco di raccontare quello che vedevano i miei occhi mi piaceva. Per me l’arte è sempre stato questo: comunicare quello che vedevo. Quindi ho perseguito questo sogno fin da bambina e quando sono diventata più grande ho cercato in tutti i modi di realizzarlo, anche andando via di casa, perché i miei genitori, entrambi medici, speravano per me un futuro diverso. Desideravano che diventassi medico. Mi sono iscritta a medicina perché il mondo dell’arte era visto come pericoloso. Non avevamo nessuno in famiglia che potesse appoggiarmi, nessuna conoscenza. In realtà frequentando l’Università mi rendevo conto che studiavo qualcosa che non mi interessava. Quando facevo le domande i professori mi dicevano “Ma questo non è di pertinenza della medicina”. Mi interessava di più l’uomo, le dinamiche che lo muovevano. Ho cominciato prima a frequentare un laboratorio teatrale, di nascosto; però loro andavano in scena e io non potevo perché i miei genitori non mi avrebbero mai fatto uscire tutte le sere regolarmente così da garantire la mia presenza sul palco... e quindi ad un certo punto decisi di andare via di casa. Fu difficile per me perché non ebbi più qualcuno che credeva nelle mie capacità. Non credevano neanche prima alla capacità artistica, però avevo bisogno di qualcuno che credesse nella scelta che stavo facendo. Mi sentivo sola. Inoltre non avevo un appoggio materiale ed economico. Quindi ho dovuto cavarmela da sola.

Com’è stato il rapporto con tua madre in tutto questo?

Il rapporto con mia mamma è sempre stato difficile perché io mi sentivo responsabile della sua sofferenza. Mi domandavo “perché sono venuta al mondo se sono nata per procurare tanta sofferenza in lei?”. Siccome tutta la vita lei è stata spesso ricoverata in ospedale, in qualche modo io mi riflettevo nella sua sofferenza e comunque la vivevo male. Per questo non ho mai apprezzato la mia vita fino in fondo, non l’ho mai amata. Per me la cosa più bella è stata scoprire che Dio mi amava profondamente. Da quel momento la mia vita ha acquistato bellezza, forza. L’amore di Colui che è la vita e che mi ha dato la vita mi ha permesso di guardare con altri occhi anche la potenzialità della mia vita, perché aveva un valore. Ho consumato la mia vita durante gli anni dell’adolescenza e della giovinezza. Ero inquieta, cercavo sempre esperienze nuove, avevo un tremendo bisogno di amore, di conferme di amore, anche perché, essendo stata un po’ sradicata affettivamente all’inizio, dovendo cambiare persone di riferimento, soffrivo di questa mancanza di radici solide. Anche la malattia di mia mamma che sembrava sempre che dovesse prima o poi morire … La sua salute mi creava un’ inquietudine profonda. Allora cercavo l’amore, ma al tempo stesso non ero fedele. Avevo questo bisogno di cercare nuove conferme: un amore più forte, una passione più forte. Questo era peggiorato dal fatto che avevo paura di mettere al mondo dei figli, per paura di soffrire come mia mamma. Quindi mi ero preclusa la maternità e di conseguenza, quando ho cominciato a diventare più adulta, sceglievo persone con le quali vivere un storia d’amore senza costruire un progetto, un futuro, una famiglia. Erano quasi sempre persone già sposate, già legate e guai se si doveva pensare a costruire insieme un futuro. Queste erano le ferite che mi portavo nel cuore che mostro per parlare della bellezza della grazia che mi ha ricostruita dentro. Dio non ha paura dei nostri peccati ma nel momento in cui ti perdona, ti sana quelle ferite che sono responsabili di certi comportamenti. Inoltre facevo i conti anche con la fisicità di mia mamma, che vedevo sformata. Mia mamma non è stata più una donna fisicamente bella come era prima. Aveva avuto parecchi problemi alle valvole delle gambe, che erano rovinate fin da quando era giovane, fin da quando era la mia mamma e io ero piccolina. Era come se cercassi un’ideale di mamma e in qualche modo non mi ritrovassi in questa mamma che era fisicamente non bella come le altre. Quando andai via di casa “scelsi” un’amica dei miei genitori che era una donna bella, molto curata, molto elegante perché rincorrevo un ideale. La nonna che mi ha cresciuta era una donna molto fine, era figlia di un ministro, cresciuta con una certa cultura, una certa eleganza, sensibilità. Mia mamma era figlia di mia nonna, però era come se cercassi un’ideale estetico di mamma...Ho dovuto fare un percorso di guarigione profondo e scoprire nell’umiltà, nella semplicità, la ricchezza della realtà. Il Signore mi ha fatto fare un percorso che mi ha riportato là da dove ero scappata per cercare di cucire gli strappi provocati dagli errori.

Il tuo percorso come attrice è iniziato con un film di Tinto Brass, perché?

Quando sono andata via di casa la prima difficoltà era economica: come mantenermi. Avevo un’amica che mi ospitava, però per mantenermi ho cominciato a cercare lavoro. Era difficilissimo. Andavo nei bar e ristoranti per fare la cameriera, come tanti attori, anche famosi, fanno e hanno fatto, perché questo tipo di lavoro ha un orario che permette di fare i provini, di studiare in accademia...Nessuno poteva pensare che io fossi in grado di portare due piatti in mano perché si vedeva che venivo da una famiglia in cui non è che avessi fatto poi tanto...si vedeva che non avevo quella sveltezza, non davo credibilità sul lavoro. Quindi accettai il 1° film che mi fu proposto per necessità economica. Era un film trasgressivo dove venivo utilizzata innanzitutto come corpo e lo feci perché peccai di ingenuità. Dissi “Va bene io uso questa situazione, faccio questo film poi mi conoscono e scelgo e faccio i film che a me piacciono”. Invece non è stato così perché dopo questo film la mia carriera anziché partire si è arrestata. Il mio agente fece questo errore di valutazione, mi disse “Ma si, Claudia, fallo, poi troviamo una cosa diversa”. Poi ero circondata da persone che mi spingevano in questa direzione. In effetti il mio agente mi fece fare una cosa diversa, un film con Antonio Banderas, una grossa produzione con Germania, Cecoslovacchia, Italia, ma il film fu messo in un cassetto e chiuso a chiave. Il film, voluto dalla RAI, parlava del giovane Mussolini socialista, ma ci fu tangentopoli e il cambio di gestione della Rai, per cui chi arrivò disse “questo film…per carità!”. Rimasi con il mio film con Tinto Brass, senza riuscire più a lavorare perché fui etichettata come un’attrice di questo genere di film. Sono tornata a non lavorare per diverso tempo, finché non mi fu proposta una sostituzione in teatro in una piccola commedia che però ebbe successo. Poi arrivò una trasmissione televisiva, il Festival di S. Remo e da lì ho cominciato a scegliere quello che volevo veramente fare, cioè un certo tipo di teatro e poi la fiction televisiva.

Quando è arrivata la “svolta” della tua vita?

Arriviamo al 2000. Non ho costruito una famiglia. Ho concentrato tutte le mie energie sul lavoro. Vivevo per il mio mestiere. Lavoravo di giorno, di notte. Sono infaticabile, ho questa forza fisica che mi permette di andare anche un po’ oltre i normali ritmi di vita. Tante volte mi sono trovata a girare una trasmissione televisiva di notte, quando gli altri dormivano, perché di giorno giravo un film. Giravo la fiction, poi correvo in teatro . Questo ha voluto dire non sviluppare la mia affettività. Con i miei genitori avevo ricominciato a ricucire i rapporti, però per me non esistevano Natale, Pasqua, le feste. Lavoravo e basta. Le persone che mi sceglievo erano già occupate e quindi avevo i miei spazi, la mia libertà per fare come volevo. Nel 2000, guadagnando già tanto, avevo perfezionato il mio modo di lavorare. Ho fatto pure un percorso di crescita artistica, studiando con gli americani. Gli americani hanno un metodo di interpretazione che è speciale, più che recitare preferiscono immedesimarsi, vivere con il personaggio. Sentivo questo metodo più vicino a me, perché in realtà avevo questo grande bisogno di comunicarmi e lo facevo attraverso i film più che nella vita. I personaggi erano il mio modo di mostrare quella parte nascosta di Claudia dietro la maschera del personaggio. Ci tenevo a piangere veramente quando il personaggio piangeva, a ridere veramente…per me non era una rappresentazione, era vita, vissuta attraverso un personaggio che interpretavo. Dato che guadagnavo abbastanza potevo permettermi una coach. Cos’è una coach ? E’un supervisore che ti aiuta a costruire il personaggio sul copione dall’inizio fino a quando giri il film e ti accompagna sul set, ti controlla la recitazione, se va bene, se puoi migliorare, se le luci sono buone, insomma un supervisore del lavoro. In America i registi non curano gli attori , ma curano i movimenti di macchina, poi ci sono i coach personali degli attori che curano la recitazione. Il regista incontra i coach ai quali delega la cura degli attori. Geraldine, la mia coach, venne dall’America perché dovevo girare un film e mi disse “Voglio andare a S. Pietro” perché sapeva che era stata aperta la Porta Santa. Era il 2000, l’anno del Giubileo. L’ho accompagnata per amicizia, erano almeno 20 anni che non praticavo la chiesa. In realtà è stato quello un appuntamento che ha generato una reazione a catena per cui io sono arrivata all’incontro con Dio forte.

Di quel giorno in cui ho attraversato la Porta Santa e sono arrivata in Basilica non ricordo niente, però alla donna che collaborava a casa mia, persona di estrema fiducia del mio nucleo affettivo, dissi “Devi andare anche tu”. Quindi qualcosa dovevo avere registrato.

Vado in Puglia a girare il film e cominciano i primi problemi. Innanzitutto il Signore ha messo in discussione le mie sicurezze nel mondo del lavoro. Mi sono trovata in difficoltà perché dovevo girare una scena in cui rispondevo al telefono e mi dicevano che l'uomo che amavo era in coma. In questo primo piano dovevo mostrare tutto l'amore che avevo per quest'uomo, ma anche tutto il dolore per una notizia del genere. Per vivere una scena del genere nel cinema americano si sostituisce il proprio copione, la propria parte, con il proprio vissuto del passato. Prendo nel mio passato una scena dolorosa e sostituisco le parole che ascolto al telefono e quelle che dico con una scena del mio vissuto. Siccome vado a toccare una ferita del mio cuore, quella sanguina e io piango oppure ho comunque una reazione autentica di dolore. Quel giorno facevo la mia sostituzione, l'emozione partiva, ma non usciva, si bloccava. Il primo ciak è andato a vuoto, il secondo pure. Comincio ad innervosirmi perché non rispondo ai miei comandi. Normalmente mi riusciva bene, anzi in quel film ho pianto tantissimo, mi veniva naturale anche quando non serviva. In quel momento di autentico amore, di dolore profondo, non usciva niente ed ero in difficoltà. Arriva Geraldine, io mi aspettavo che mi dicesse “cambiamo ferita, forse quella che abbiamo scelto oggi non funziona” e invece mi dice una cosa che mi stronca “Claudia se non c'è verità nella tua vita come ci può essere nel tuo mestiere”. Lei sapeva che in amore non ero fedele e si rendeva conto di come vivevo. “Come pretendi di provare un'emozione autentica in un film se il tuo cuore è diviso, se non sei fedele in amore come puoi provare un sentimento autentico in un film, il cuore è lo stesso” mi diceva. Io ho capito, oggi, che quel tappo che avvertivo sul cuore era il mio peccato. Quando il Signore dice “toglierò quel cuore di pietra e ti darò un cuore di carne”, ecco il mio peccato stava indurendo il mio cuore, mi impediva di comunicare amore, lo stava spegnendo. Il Signore all'inizio mi ha messo davanti ai miei peccati, alla mia miseria. Non avrei mai potuto incontrare la misericordia di Dio, il suo perdono, il suo abbraccio, se prima non diventavo consapevole dei miei peccati. Mi ha risvegliato la coscienza che si era addormentata. Perché tu ad un certo punto finisci per vivere seguendo i tuoi personali istinti, i tuoi desideri e non sai più cosa è bene e cosa è male. Fai quello che senti di fare, perché tanto lo fanno tutti, sei anche giustificato da questo. Io personalmente ho avuto un'esperienza forte perché mi sono scontrata con il maligno. Sono arrivata veramente nell'abisso.

In che senso?

Vengo da una generazione new age. La new age era una forma di cultura che sarebbe entrata nel mondo della cultura, della musica, nel mondo... si andava nelle librerie e si compravano testi, cd musicali per rilassarsi. Io utilizzavo la musica new age per concentrarmi, per lavorare. Ho cominciato ad avere dei problemi con questa musica: quando chiudevo il tappetino e mi mettevo a fare la mia meditazione trascendentale, c'erano delle scintille, elettricità. Un giorno ho visto addirittura volare dei fogli dentro la stanza, muoversi. Mi spaventai tremendamente fino a che si è manifestata un'entità, uno spirito, con una voce e ha cominciato a scambiare delle parole con me, a comunicare. Ho studiato un documento della Chiesa sulla new age , che ha voluto Papa Benedetto XVI, in cui si parla di contaminazioni con lo spiritismo. Nella new age c'è una contaminazione con l'occultismo. Questa voce all'inizio si è manifestata come una voce amica. Questa è una testimonianza che faccio per aprire gli occhi alle persone, per metterle davanti alla realtà. Ho scoperto che questo spirito era il maligno quando un giorno ho risposto al telefono alla mia agente. La mia agente la pensava diversamente da me su una scelta lavorativa. Io ho risposto usando un po' la forza, il potere, ero un po' arrogante, avevo successo, portavo un sacco di soldi in agenzia, ero forse l'attrice più forte che avevano al momento. Esercitavo un forte potere sulla mia agente sebbene fosse più grande di me, avesse più esperienza. Quando tornai nella mia stanza questa voce mi disse che la telefonata non era andata bene perché non avevo odiato. Io risposi, naturalmente, senza pensare, “Ma io sono fatta per amare”. Questa è una cosa che mi ha fatto conoscere me stessa perché di fronte al male ho scoperto di appartenere al bene. Ho sentito la distanza dal male che si è rivelato con la parola odio. Anche se provenivo da grandi peccati, da una vita dissoluta, ero in peccato mortale, soprattutto avevo molto sporcato l'amore , sentivo di desiderare amore e di voler dare amore, di appartenere all'amore. Il maligno non parla con voce suadente, ordina perché è abituato a schiavizzare , quando io risposi “Io sono fatta per amare” si è arrabbiato e ha detto che era la morte e che era venuto per uccidermi. Mi ha fisicamente aggredita, mi ha preso dalle gambe, una gamba e l'altra separatamente e mi ha bloccata; ha cominciato a salirmi sulle gambe, come delle spire che avvolgevano e intanto stritolavano il corpo e salivano lentamente, lentamente perché questa è la morte più drammatica, la morte lenta. In quel momento io ero terrorizzata perché ho capito che non era un film, non era uno scherzo. Mi trovavo davanti a qualcosa di più grande di me. Per la prima volta nella mia vita ho capito che né i soldi, né gli amici importanti potevano aiutarmi. Ero a un punto serio della mia vita e in quel momento ho fatto come faceva mia nonna perché mi è venuto naturale: “Signore aiutami”. Da pochi giorni un amico mi aveva regalato un crocifisso, perché non avevo crocifissi in casa. Ho afferrato questo crocifisso solo perché negli anni '70 ero andata al cinema a vedere L'esorcista e mi sono ricordata che il sacerdote aveva la croce in mano… ho cominciato a dire il Padre Nostro, stringendo tra le mani questa croce e camminando perché tentavo di fermare questa forza che saliva. Quando la preghiera è diventata un grido dell'anima a Dio, il Signore mi ha liberata. Ho sentito che questa forza improvvisamente è sparita e una grande pace mi avvolgeva. Mi sono ricordata il Padre Nostro, perché mia nonna diceva il rosario. Quando questa forza è sparita mi sono guardata nella stanza per vedere da dove mi era arrivato l'aiuto, ma come non ho visto l'entità, l'ho avvertita fisicamente con il dolore fisico, così non ho visto Dio. Però quella pace, quella liberazione mi parlava di Dio. Mi sono fermata proprio perché sentivo fisicamente una trasformazione. Quando ero spaventata avevo il respiro corto ed ero tutta irrigidita perché ero terrorizzata, come sono stata liberata ho sentito che si scioglieva qualcosa dentro di me. Ho sentito proprio che lo Spirito Santo scongela il cuore , lo dilata e ti da una grande dolcezza che prima non avevi. Mi sentivo pacificata dentro cioè non c'erano rumori, mi sentivo a posto, dentro c'era silenzio.

di Elisabetta Pittino - (ZENIT.org) -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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