ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 09/06/2012

VISITA ALLA COMUNITA' DI RECUPERO PER TOSSICO DIPENDENTI DI NUOVI ORIZZONTI

Post n°7218 pubblicato il 09 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

A volte si esce di casa un po’ a fatica, quasi trascinati. Più per fare un piacere, ad un amico, che per altro. E ci si accorge poi di dover ringraziare chi ci ha spinto ad incontrare la realtà. Mi è successo recentemente, quando la figlia quindicenne di carissimi amici mi ha chiesto di accompagnarla presso una comunità di Nuovi Orizzonti, nella mia regione. Con lei e tre compagni sono andato in questa casa di recupero per tossicodipendenti. Ne avevo visti diversi altri di luoghi simili: case per ex tossici, per malati di aids, ecc.. tenute bene, con amore e pazienza, ma gestite, per lo più, con criteri laici, e fondi statali. Pensavo dunque che non avrei visto nulla di particolarmente nuovo. Certo, avevo sentito parlare di Chiara Amirante (NELLA FOTO), sapevo trattarsi di una personalità fuori dal comune; sapevo che le sue comunità vivono di Provvidenza e puntano molto sulla preghiera, ma non per questo sospettavo che di lì a poco avrei avuto una “rivelazione”.
Sperduta tra i boschi, nascosta in mezzo alla natura e al silenzio, la casa “Luce sul monte” di Cei, gestita da Nuovi Orizzonti, ha qualcosa di diverso da tante altre.
Appena arrivato, infatti, ho trovato un gruppo di giovani che si preparavano alla messa. L’accoglienza è stata subito festosa, tanto che mi sono chiesto più volte: “ma io vedo solo gli aiutanti, gli accompagnatori, dove saranno i ragazzi che si drogavano?” In passato, infatti, mi era sempre stato piuttosto facile distinguere tra “sani” e “malati”, per usare una definizione sveviana. I sani, cioè gli operatori, gli psicologi, i volontari, da una parte; i “malati”, cioè i ragazzi tossicodipendenti, dall’altra, con il volto più o meno cupo, più o meno segnato dalla tristezza, dalla durezza della vita e delle esperienze trascorse. “Cosa vuoi, mi dicevano sempre, è assai difficile uscire del tutto da certe esperienze. E’ veramente arduo risorgere”. E lo capivo bene, perché non è difficile immaginare quanto certe ferite possano lasciare il segno, quanto possano far male anche dopo tanti anni. Eppure, lì a Cei, non ho visto quella divisione netta tra “sani” e “malati”. Ma ho incontrato, subito, sorrisi aperti, sinceri, solari, un forte spirito di fraternità tra i ragazzi del luogo, e una accoglienza calorosa a noi che arrivavamo.
Eravamo venuti soprattutto per la messa, e per una adorazione eucaristica che prende il nome di “una luce nella notte” e che caratterizza, oltre all’apostolato di Nuovi Orizzonti, anche quello delle Sentinelle del mattino fondate da don Andrea Brugnoli.
Quasi tre ore di preghiera, trascinato, io adulto, da quattro adolescenti, alcuni dei quali con una vita alle spalle già più dolorosa e più “movimentata” della mia. Tre ore passate tra preghiere di lode, canti per me, amante del gregoriano, un po’ “insoliti”, e tanto silenzio. Davanti all’ ostia esposta all’adorazione, davanti all’Agnello immolato per i nostri peccati, ho visto la potenza della preghiera: è lì che quei ragazzi prendono il loro sorriso, la loro forza; è davanti al Re dei secoli, fattosi vittima, davanti all’ “uomo dei dolori che ben conosce il patire”, che quelle persone, che hanno tanto sbagliato e tanto sofferto, attingono fiducia e speranza. Mentre guardavo qualche volto illuminato, qualche ragazzo che non riusciva a sorridere spontaneamente come i più “vecchi”, ma che, incontrando altri sorrisi e altri sguardi sereni, si sentiva quasi contagiato, mi è venuta alla mente la preghiera allo Spirito Santo, “Padre dei poveri”, “datore dei doni”, “Consolatore ottimo”, “dolce ospite dell’anima”: “Lava quod est sórdidum, riga quod est áridum, sana quod est sáucium. Flecte quod est rígidum, fove quod est frígidum, rege quod est dévium (Lava ciò che è sordido, bagna ciò che è arido, sana ciò che sanguina. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, raddrizza ciò ch’è sviato). Lo stesso ho pensato quando ho visto le lacrime sul volto della mia giovane amica: piangeva di gioia davanti al Santissimo Sacramento, versava quelle lacrime calde, appassionate, che Dio fa sgorgare dal cuore di chi si sente toccato dalla grazia e abbracciato dal suo Amore fedele.
Ho capito, allora, alla fine della serata, perché i miei quattro compagnetti, come altri adulti che ho incontrato in quel luogo, avevano deciso di venire sino lì: a prendere e ricevere forza da Cristo, e da chi sino a ieri era nella melma profonda e chiedeva aiuto. Succede a volte che chi è sprofondato nel fango delle miserie più gravi, si rialzi, e diventi luce per i fratelli, anche per quelli che magari non sono mai precipitati nel burrone profondo, ma vivono, un po’ inconsapevolmente, una vita atona e mediocre.

- il Foglio - Francesco Agnoli - libertaepersona.org
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CORPUS DOMINI: IL SANTO PADRE DENUNCIA GLI ERRORI POST-CONCILIARI SULL'EUCARESTIA

Post n°7217 pubblicato il 09 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Un commento all'omelia tenuta ieri dal Santo Padre nella Solennità del "Corpus Domini"

Proseguendo nella sua opera di correzione di un’interpretazione erronea del Concilio Ecumenico Vaticano II secondo una «ermeneutica della discontinuità e della rottura», che ha letto il Concilio come ripudio di tutto il Magistero precedente, Benedetto XVI ha tratto occasione il 7 giugno 2012 dalla Solennità del Corpus Domini per pronunciare a San Giovanni in Laterano un’importante omelia sull’Eucarestia, tutta intesa a denunciare «visioni non complete del Mistero stesso, come quelle che si sono riscontrate nel recente passato».

Il Papa ha preso in esame in particolare due errori. Il primo è la vera e propria guerra alla pratica dell’adorazione eucaristica scatenata in nome della centralità esclusiva della celebrazione. «Una interpretazione unilaterale del Concilio Vaticano II – ha detto il Pontefice – aveva  penalizzato questa dimensione, restringendo in pratica l’Eucaristia al momento celebrativo». Certo, «è stato molto importante riconoscere la centralità della celebrazione», ma questa centralità «va ricollocata nel giusto equilibrio». Altrimenti «per sottolineare un aspetto si finisce per sacrificarne un altro». E nel post-Concilio è successo proprio così: l’accentuazione «posta sulla celebrazione dell’Eucaristia è andata a scapito dell’adorazione». Ma questo «ha avuto ripercussioni anche sulla vita spirituale dei fedeli» e ha provocato gravi danni. «Infatti, concentrando tutto il rapporto con Gesù Eucaristia nel solo momento della Santa Messa, si rischia di svuotare della sua presenza il resto del tempo e dello spazio esistenziali. E così si percepisce meno il senso della presenza costante di Gesù in mezzo a noi e con noi, una presenza concreta, vicina, tra le nostre case, come “Cuore pulsante” della città, del paese, del territorio con le sue varie espressioni e attività».

In effetti, «è sbagliato contrapporre la celebrazione e l’adorazione, come se fossero in concorrenza l’una con l’altra. È proprio il contrario: il culto del Santissimo Sacramento costituisce come l’“ambiente” spirituale entro il quale la comunità può celebrare bene e in verità l’Eucaristia». Senza adorazione si rischia di capire male la stessa Messa. «Solo se è preceduta, accompagnata e seguita da questo atteggiamento interiore di fede e di adorazione, l’azione liturgica può esprimere il suo pieno significato e valore. L’incontro con Gesù nella Santa Messa si attua veramente e pienamente quando la comunità è in grado di riconoscere che Egli, nel Sacramento, abita la sua casa, ci attende, ci invita alla sua mensa, e poi, dopo che l’assemblea si è sciolta, rimane con noi, con la sua presenza discreta e silenziosa, e ci accompagna con la sua intercessione, continuando a raccogliere i nostri sacrifici spirituali e ad offrirli al Padre».

Ricordando le grandi esperienze di adorazione eucaristica con i giovani alle Giornate Mondiali della Gioventù, Benedetto XVI ha osservato che «comunione e contemplazione non si possono separare, vanno insieme. Per comunicare veramente con un’altra persona devo conoscerla, saper stare in silenzio vicino a lei, ascoltarla, guardarla con amore. Il vero amore e la vera amicizia vivono sempre di questa reciprocità di sguardi, di silenzi intensi, eloquenti, pieni di rispetto e di venerazione, così che l’incontro sia vissuto profondamente, in modo personale e non superficiale. E purtroppo, se manca questa dimensione, anche la stessa comunione sacramentale può diventare, da parte nostra, un gesto superficiale». Chi combatte l’adorazione eucaristica finisce per sottovalutare e negare la presenza reale anche nella Messa.

E questo ci porta al secondo errore post-conciliare che il Papa ha denunciato: la negazione della «sacralità dell’Eucaristia». Anche qui «abbiamo risentito nel passato recente di un certo fraintendimento del messaggio autentico della Sacra Scrittura» e del Vaticano II. «La novità cristiana riguardo al culto è stata influenzata da una certa mentalità secolaristica degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso». Anche in questo caso, non tutto è falso nelle sottolineature degli ultimi decenni: con la venuta del Signore «è vero, e rimane sempre valido, che il centro del culto ormai non sta più nei riti e nei sacrifici antichi, ma in Cristo stesso, nella sua persona, nella sua vita, nel suo mistero pasquale». Ma attenzione: «da questa novità fondamentale non si deve concludere che il sacro non esista più, ma che esso ha trovato il suo compimento in Gesù Cristo».

La cosiddetta de-sacralizzazione dimentica che la Lettera agli Ebrei presenta Gesù Cristo come «sommo sacerdote dei beni futuri» (Eb 9,11), «ma non dice che il sacerdozio sia finito». Cristo non ha abolito il sacerdozio e «non ha abolito il sacro, ma lo ha portato a compimento, inaugurando un nuovo culto, che è sì pienamente spirituale, ma che tuttavia, finché siamo in cammino nel tempo, si serve ancora di segni e di riti, che verranno meno solo alla fine, nella Gerusalemme celeste, dove non ci sarà più alcun tempio». Sbaglia quindi chi pensa che il sacro, i simboli, i riti, siano finiti con Gesù Cristo. No: «grazie a Cristo, la sacralità è più vera, più intensa, e, come avviene per i comandamenti, anche più esigente!».

Anche qui, i danni di una certa vulgata post-conciliare sono stati notevoli. Infatti, «il sacro ha una funzione educativa, e la sua scomparsa inevitabilmente impoverisce la cultura, in particolare la formazione delle nuove generazioni. Se, per esempio, in nome di una fede secolarizzata e non più bisognosa di segni sacri, venisse abolita questa processione cittadina del Corpus Domini, il profilo spirituale di Roma risulterebbe “appiattito”, e la nostra coscienza personale e comunitaria ne resterebbe indebolita». E in quante città le processioni del Corpus Domini sono state abolite!

O ancora – ha detto il Papa – «pensiamo a una mamma e a un papà che, in nome di una fede desacralizzata, privassero i loro figli di ogni ritualità religiosa: in realtà finirebbero per lasciare campo libero ai tanti surrogati presenti nella società dei consumi, ad altri riti e altri segni, che più facilmente potrebbero diventare idoli». Ogni nuova generazione ha bisogno di riti e di simboli. Se le si tolgono quelli cattolici, cercherà altre esperienze religiose. Dio non ha tolto i riti, «non ha fatto così con l’umanità: ha mandato il suo Figlio nel mondo non per abolire, ma per dare il compimento anche al sacro. Al culmine di questa missione, nell’Ultima Cena, Gesù istituì il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, il Memoriale del suo Sacrificio pasquale. Così facendo Egli pose se stesso al posto dei sacrifici antichi, ma lo fece all’interno di un rito, che comandò agli Apostoli di perpetuare, quale segno supremo del vero Sacro, che è Lui stesso». «Con questa fede – ha concluso il Pontefice – noi celebriamo oggi e ogni giorno il Mistero eucaristico e lo adoriamo quale centro della nostra vita e cuore del mondo».

-Massimo Introvigne - ZENIT -

 
 
 

TESTIMONIANZA DI UN PARROCO: DAVO TUTTO, MA NON DAVO MAI GESU'

Post n°7216 pubblicato il 09 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Ero un prete impegnato in convegni, campi-scuola, case alpine da organizzare: tempi sempre corti e acqua alla gola su ogni attività! Ma è questo il mio essere prete?! Rischiavo di essere costruttore di una Chiesa organizzata ma con poco, o forse senza Cristo! Divenuto parroco mi sentivo richiedere di tutto, di più, con una crescente insoddisfazione: dai tutto, ma non dai Gesù! Mi è nato nel cuore con il desiderio dell’Adorazione Eucaristica Perpetua...

Venivo da un’esperienza di grossa parrocchia del centro, ricca di iniziative, di impegno e sempre di corsa!

Prima ancora c’era stato un impegno diocesano: convegni, campi-scuola, case alpine da organizzare, tempi sempre corti e acqua alla gola su ogni attività! Ma è questo il mio essere prete?! Non mi sto svuotando in un’inefficace attivismo pastorale? Ma che vuole la gente da me?

Rischiavo di essere costruttore di una chiesa organizzata ma con poco... o forse senza Cristo!

Divenuto parroco mi sentivo richiedere di tutto, di più, con una crescente insoddisfazione: dai tutto, ma non dai Gesù! Mi è nato nel cuore con insistenza sempre più forte il desiderio e la decisione dell’Adorazione Eucaristica Perpetua. Un segno forte, un aggancio, un’ancora per me prima di tutto, ma anche una luce, un dono, anzi, il Dono vero per tutta la comunità: Gesù, Lui, sempre, per tutti e a tutti! Ho capito che l’esser prete non era autentico se non dai Gesù, se non evangelizzi in ogni occasione e se prima non preghi per la tua gente.

Ho proposto questa visione di parrocchia ai miei collaboratori e alla comunità e, non senza fatiche e incomprensioni, molti l’hanno accolta. In parrocchia abbiamo iniziato le Cellule di Evangelizzazione: una esperienza che aiuta i laici a farsi carico con gioia del loro impegno battesimale: essere discepoli ed evangelizzatori nella vita di ogni giorno. Questa esperienza è divenuta un fermento di gruppi - cellule nelle case, novità e gioia per tanti semplici battezzati. E’ infatti un metodo parrocchiale che offre occasioni di conversione a laici e al loro parroco, non un movimento, ma una comunità parrocchiale, un reticolo di gruppi raccolto ogni domenica nell’Eucaristia e, durante la settimana, sparsi nella vita normale; li spinge il desiderio e l’impegno di portare e riportare a Gesù e alla parrocchia amici, parenti, vicini, colleghi..... Così per evangelizzare, ogni membro delle cellule ha capito che ci vuole la forza dello Spirito Santo. “Avrete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8). “Andate in tutto il mondo predicate il vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15).

E l’Adorazione Eucaristica è diventato quel tempo in cui gli evangelizzatori si accostano alla sorgente dello Spirito: Gesù Eucaristia. Il tempo per adorare è diventato essenziale, per interiorizzare la Parola di Dio, per rinfrancarsi alla presenza del Signore, rivedere ogni persona e situazione con la Sua luce. I parrocchiani tutti, anche coloro che non si lasciano coinvolgere di più o stanno a guardare in modo più critico, hanno capito: la parrocchia, la chiesa esiste per portare Gesù, farlo incontrare a tutti. “La Chiesa esiste per evangelizzare” EN 14). L’Adorazione dunque è diventata un’esperienza di tutti i gruppi, di tanti parrocchiani qualunque, così come il desiderio e l’urgenza di evangelizzare si è allargato e dalle cellule è stato assorbito come sensibilità di molti, perfino bambini e ragazzi oltre che giovani e adulti, oratorio, catechesi, cooperatori, gruppi famiglie, Caritas, San Vincenzo, Unitalsi...

Le attività non sono diminuite o sciolte in vago misticismo, ma riequilibrate ed orientate ad essere “ponti di amicizia per evangelizzare”. San Paolo ce ne ricorda il senso: “Tutto io faccio per il Vangelo per diventarne partecipe con loro” (1Cor 9, 23). Dall’Adorazione e dal desiderio e impegno di Evangelizzazione riprende dunque la sua identità il prete, ritorna la gioia nella liturgia, i vari servizi non diventano un potere o un possesso perché svolti per Lui, l’oratorio non è un luogo di qualunquismo attivista, ma per portare a Lui! Rinasce anche la confessione: se stai in chiesa la gente passa per l’adorazione e desidera confessarsi. La Parola di Dio è assimilata e amata: nella cellula di evangelizzazione la si accosta attraverso l’intervento del parroco inciso in cassetta o CD e la si assimila, e nella adorazione la si riprende in preghiera per farne luce ed impegno di vita.

Benedico il Signore per il dono della Adorazione Perpetua che Egli ci dona, ormai da nove anni in parrocchia e per la gioia di Evangelizzare. Una parrocchia aperta, gioiosa, impegnata è possibile: se Gesù ne è il centro e portare il suo Vangelo e il suo Amore ne è l’obiettivo.

- zenit.org - don Narciso Danieli - donboscoland.it -

 
 
 

OMELIA DI PAPA BENEDETTO XVI: "QUESTO E' IL MIO CORPO, QUESTO E' IL MIO SANGUE"

Post n°7215 pubblicato il 09 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Divenire Eucaristia! Sia proprio questo il nostro costante desiderio e impegno, perché all’offerta del corpo e del sangue del Signore che facciamo sull’altare, si accompagni il sacrificio della nostra esistenza. Ogni giorno, attingiamo dal Corpo e Sangue del Signore quell’amore libero e puro che ci rende degni ministri del Cristo e testimoni della sua gioia.

"Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue". Queste parole che Gesù pronunciò nell’Ultima Cena, vengono ripetute ogni volta che si rinnova il Sacrificio eucaristico. Le abbiamo ascoltate poco fa nel Vangelo di Marco e risuonano con singolare potenza evocativa quest’oggi, solennità del Corpus Domini. Esse ci conducono idealmente nel Cenacolo, ci fanno rivivere il clima spirituale di quella notte quando, celebrando la Pasqua con i suoi, il Signore nel mistero anticipò il sacrificio che si sarebbe consumato il giorno dopo sulla croce. L’istituzione dell’Eucaristia ci appare così come anticipazione e accettazione da parte di Gesù della sua morte. Scrive in proposito sant’Efrem Siro: Durante la cena Gesù immolò se stesso; sulla croce Egli fu immolato dagli altri.

"Questo è il mio sangue". Chiaro è qui il riferimento al linguaggio sacrificale di Israele. Gesù presenta se stesso come il vero e definitivo sacrificio, nel quale si realizza l’espiazione dei peccati che, nei riti dell’Antico Testamento, non era mai stata totalmente compiuta. A questa espressione ne seguono altre due molto significative. Innanzitutto, Gesù Cristo dice che il suo sangue "è versato per molti" con un comprensibile riferimento ai canti del Servo di Dio, che si trovano nel libro di Isaia. Con l’aggiunta - "sangue dell’alleanza" -, Gesù rende inoltre manifesto che, grazie alla sua morte, si realizza la profezia della nuova alleanza fondata sulla fedeltà e sull’amore infinito del Figlio fattosi uomo, un’alleanza perciò più forte di tutti i peccati dell’umanità. L’antica alleanza era stata sancita sul Sinai con un rito sacrificale di animali, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, e il popolo eletto, liberato dalla schiavitù dell’Egitto, aveva promesso di eseguire tutti i comandamenti dati dal Signore.

In verità, Israele sin da subito, con la costruzione del vitello d'oro, si mostrò incapace di mantenersi fedele a questa promessa e così al patto intervenuto, che anzi in seguito trasgredì molto spesso, adattando al suo cuore di pietra la Legge che avrebbe dovuto insegnargli la via della vita. Il Signore però non venne meno alla sua promessa e, attraverso i profeti, si preoccupò di richiamare la dimensione interiore dell’alleanza, ed annunciò che ne avrebbe scritta una nuova nei cuori dei suoi fedeli (cfr Ger 31,33), trasformandoli con il dono dello Spirito (cfr Ez 36, 25-27). E fu durante l’Ultima Cena che strinse con i discepoli e con l’umanità questa nuova alleanza, confermandola non con sacrifici di animali come avveniva in passato, bensì con il suo sangue, divenuto "sangue della nuova alleanza". La fondò quindi sulla propria obbedienza, più forte, come ho detto, di tutti i nostri peccati.

Questo viene ben evidenziato nella seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, dove l'autore sacro dichiara che Gesù è "mediatore di una alleanza nuova" (9,15). Lo è diventato grazie al suo sangue o, più esattamente, grazie al dono di se stesso, che dà pieno valore allo spargimento del suo sangue. Sulla croce, Gesù è al tempo stesso vittima e sacerdote: vittima degna di Dio perché senza macchia, e sommo sacerdote che offre se stesso, sotto l'impulso dello Spirito Santo, ed intercede per l’intera umanità. La Croce è pertanto mistero di amore e di salvezza, che ci purifica dalle "opere morte", cioè dai peccati, e ci santifica scolpendo l’alleanza nuova nel nostro cuore; l’Eucaristia, rendendo presente il sacrificio della Croce, ci rende capaci di vivere fedelmente la comunione con Dio.

Cari fratelli e sorelle, ho richiamato l’importanza di restare, come Chiesa, in ascolto della Parola di Dio nella preghiera. Dio la plasma come "suo" popolo, come l’unico Corpo di Cristo, grazie alla nostra sincera partecipazione alla duplice mensa della Parola e dell’Eucaristia. Nutriti di Cristo, noi, suoi discepoli, riceviamo la missione di essere "l’anima" di questa nostra città, fermento di rinnovamento, pane "spezzato" per tutti, soprattutto per coloro che versano in situazioni di disagio, di povertà e di sofferenza fisica e spirituale. Diventiamo testimoni del suo amore.

Mi rivolgo particolarmente a voi, cari sacerdoti, che Cristo ha scelto perché insieme a Lui possiate vivere la vostra vita quale sacrificio di lode per la salvezza del mondo. Solo dall’unione con Gesù potete trarre quella fecondità spirituale che è generatrice di speranza nel vostro ministero pastorale. Ricorda san Leone Magno che "la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende a nient’altro che a diventare ciò che riceviamo". Se questo è vero per ogni cristiano, lo è a maggior ragione per noi sacerdoti. Divenire Eucaristia! Sia proprio questo il nostro costante desiderio e impegno, perché all’offerta del corpo e del sangue del Signore che facciamo sull’altare, si accompagni il sacrificio della nostra esistenza. Ogni giorno, attingiamo dal Corpo e Sangue del Signore quell’amore libero e puro che ci rende degni ministri del Cristo e testimoni della sua gioia. E’ ciò che i fedeli attendono dal sacerdote: l’esempio cioè di una autentica devozione per l’Eucaristia; amano vederlo trascorrere lunghe pause di silenzio e di adorazione dinanzi a Gesù come faceva il santo Curato d’Ars.

San Giovanni Maria Vianney amava dire ai suoi parrocchiani: "Venite alla comunione…E’ vero che non ne siete degni, ma ne avete bisogno". Con la consapevolezza di essere inadeguati a causa dei peccati, ma bisognosi di nutrirci dell’amore che il Signore ci offre nel sacramento eucaristico, rinnoviamo la nostra fede nella reale presenza di Cristo nell’Eucaristia. Non bisogna dare per scontata questa fede! C’è oggi il rischio di una secolarizzazione strisciante anche all’interno della Chiesa, che può tradursi in un culto eucaristico formale e vuoto, in celebrazioni prive di quella partecipazione del cuore che si esprime in venerazione e rispetto per la liturgia. E’ sempre forte la tentazione di ridurre la preghiera a momenti superficiali e frettolosi, lasciandosi sopraffare dalle attività e dalle preoccupazioni terrene. Quando tra poco ripeteremo il Padre Nostro, la preghiera per eccellenza, diremo: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano", pensando naturalmente al pane d’ogni giorno per noi e per tutti gli uomini. Questa domanda, però, contiene qualcosa di più profondo. Il termine greco epioúsios, che traduciamo con "quotidiano", potrebbe alludere anche al pane "sopra-sostanziale", al pane "del mondo a venire". Alcuni Padri della Chiesa hanno visto qui un riferimento all’Eucaristia, il pane della vita eterna, del nuovo mondo, che ci è dato già oggi nella Santa Messa, affinché sin da ora il mondo futuro abbia inizio in noi. Con l’Eucaristia dunque il cielo viene sulla terra, il domani di Dio si cala nel presente e il tempo è come abbracciato dall’eternità divina.

Maria, che sei stata donna "eucaristica" in tutta la tua vita, aiutaci a camminare uniti verso la meta celeste, nutriti dal Corpo e dal Sangue di Cristo, pane di vita eterna e farmaco dell’immortalità divina. Amen!

Papa Benedetto XVI - donboscoland.it -

 
 
 

MESSAGGIO DA MEDJUGORJE RICEVUTO DA IVAN VENERDI' 8 GIUGNO

Post n°7214 pubblicato il 09 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Carissimi, ecco quanto Krizan ci ha comunicato sull’apparizione avuta da Ivan ieri sera, Venerdì 8 Giugno 2012, alla Croce blu alle ore 22:00. Ecco le parole di Ivan:

«Come ogni giorno, dopo l’incontro con la Madonna, così anche stasera desidero avvicinare e spiegare anche a voi ciò che è più importante dell’incontro di stasera. Anche stasera la Madonna è venuta a noi molto gioiosa e felice ed all’inizio ci ha salutati col suo materno saluto: “Sia lodato Gesù, cari figli miei!”. Poi la Madonna ha detto:

“Cari figli, anche oggi vi invito in modo particolare: rinnovate i miei messaggi, vivete i miei messaggi. Invito tutti voi stasera: pregate in modo particolare per le vostre parrocchie da cui voi provenite e per i vostri sacerdoti. In questo tempo vi invito in modo particolare a pregare per le vocazioni nella Chiesa. Pregate, cari figli, pregate, pregate. Grazie per aver risposto anche oggi alla mia chiamata”.

Poi la Madonna ha pregato per un tempo prolungato qui su tutti voi con le mani distese, ha benedetto tutti voi con la sua benedizione materna ed ha benedetto anche tutto ciò che avete portato perché fosse benedetto. Poi la Madonna ha pregato per un tempo qui su di voi malati presenti ed io ho anche raccomandato tutti voi, tutti i vostri bisogni, tutte le vostre intenzioni, tutte le vostre famiglie ed in particolare, come faccio ogni volta, ho raccomandato anche stasera i malati. Poi la Madonna ha continuato a pregare qui su tutti noi e se n’è andata in questa preghiera, se n’è andata nel segno della luce e della croce col saluto: “Andate in pace, cari figli miei!”.

[Info da Medju] - informazioni_da_medjugorje-owner@yahoogroups.com

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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