Streghecattive...
esoterismo, stregoneria...avanti sorelle....
Post n°1098 pubblicato il 25 Maggio 2009 da stregacattiva2
Ho scelto te Nel silenzio della notte, |
Post n°1097 pubblicato il 17 Maggio 2009 da dracula56
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Post n°1096 pubblicato il 15 Maggio 2009 da stregacattiva2
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Post n°1095 pubblicato il 13 Maggio 2009 da stregacattiva2
Le atrocità Il suo strumento di tortura preferito era l'impalamento. I metodi d'impalamento erano sostanzialmente due, il primo consisteva nell'uso di un'asta appuntita che trafiggeva il condannato all'altezza dell'addome per poi issarlo in alto. La morte poteva essere immediata o sopraggiungere dopo ore di agonia. Il secondo metodo d'impalamento consisteva nell'utilizzo di un'asta arrotondata all'estremità che cosparsa di grasso veniva inserita nel retto della vittima che poi veniva issata e tenuta infilzata, il peso stesso del poveretto faceva penetrare l'asta all'interno del corpo e la morte sopraggiungeva dopo anche due giorni di lenta agonia. Adottò questo metodo dai turchi, adattandolo alle sue più specifiche richieste: creò metodi diversi per impalare i ladri, i guerrieri nemici, gli ambasciatori del Sultano, i traditori.
La morte Fu liberato nel 1475 e reinsediato sul trono di Valacchia. C'erano però delle restrizioni: egli doveva sposare la figlia del sovrano ungherese e adottare il rito cattolico invece del rito greco-ortodosso. In più dovette capitanare una specie di crociata contro i Turchi, che avanzavano sempre più. Nel 1476, dopo diversi successi sul Danubio, fu circondato dalle armate ottomane e morì sul campo di battaglia. Molte sono le ipotesi su dove sia finita la sua salma. Alcuni pensano sia stata bruciata, altri pensano sia stata fatta a pezzi ed esposta a Istanbul, per alcuni il corpo è stato ritrovato in una tomba di una cappella nella città di Snagov; ma ricerche archeologiche dal 1930 scoprirono solo le ossa di un cavallo. Sembra che tutte le mattine un gruppo di monaci dedichi delle preghiere a quella tomba con lo scopo di "farlo stare buono". Nella cultura popolare
Nell'arte Esiste un unico vero ritratto di Vlad, ancora conservato preso le collezioni del castello d’Ambras, nel Tirolo austriaco. Il principe è raffigurato dei tre quarti, con in testa, sopra i lunghi capelli ricci, un copricapo di velluto rosso adorno di otto fila di perle. Sulla fronte, una stella d’oro a otto punte con incastonato un enorme rubino rettangolare, sostiene un pennacchio nella cui parte inferiore risaltano cinque grosse perle. Le sopracciglia sono arcuate e sovrastano due grandi occhi grigio- verdi. Un naso lungo e leggermente aquilino, con le narici preminenti, sconfina sui lunghi baffi castani, dritti che prendono quasi tutta la larghezza del volto. Il labro inferiore, rosso e sporgente, come quello degli Asburgo, delimita il mento affetto da un leggero prognatismo. Questa combinazione di naso aquilino e labbra rosse un tempo veniva chiamata «un becco da pappagallo su due ciliege». Vlad Dracula indossa una camicia rosso-arancione, una tunica color porpora, con dei grossi bottoni rotondi, ornati di pietre preziose. Un manto di zibellino con alamari anch’essi purpurei completa la tenuta. Esisteva anche un affresco raffigurante il principe valacco realizzato verso il 1526 sui muri della chiesa del monastero di Curtea de Argeş. All’inizio del XIX secolo, però, un vescovo di Argeş lo fece cancellare e sostituire dal proprio ritratto. Gli altri ritratti di Dracula di cui si abbia notizia ornavano la prima pagina dei pamphlet tedeschi stampati fino al 1568. L’edizione di Vienna del 1463 inaugurò la serie, che per l’epoca costituiva una novità. Fu questa raffigurazione a cadere sotto gli occhi di Pio II nel 1463 e, qualche anno dopo, sotto quelli di Leonardo Hefft, notaio di Ratisbona, che scrisse a questo proposito: “E adesso il suo aspetto appare proprio crudele e cupo, poiché l’immagine dipinta del suo volto e in circolazione più o meno dappertutto nel mondo”. risorse Wikipedia |
Post n°1094 pubblicato il 11 Maggio 2009 da stregacattiva2
Il regno di Vlad si trovava davanti a una svolta pericolosa. Per difendere il suo paese contro le incursioni ottomane era entrato in conflitto con Maometto II. La protezione dei mercati valacchi e dell’economia del paese in generale gli aveva procurato l’ostilità dei sassoni e, indirettamente, quella del re Mattia Corvino, il quale permetteva a due pretendenti che minacciavano il suo trono - Dan e Basarab - di risiedere in Transilvania, e che da essi si aspettava armi e vestiti, poiché, aggiungeva, «il mio esercito è nudo». Nel febbraio-marzo del 1459, Dan aveva annunciato agli stessi cittadini l’intenzione di recarsi presso l’Imperatore (Federico III), e questa volta chiedeva un aiuto pecuniario. Infine, il 3 aprile, Mattia Corvino proibiva ai cittadini di Braşov l’esportazione di armi verso la Valacchia, un ulteriore segno della tensione che regnava tra i due principi. Si può facilmente immaginare lo smarrimento di Vlad e dei boiardi; questi ultimi non vedevano certo di buon occhio la situazione senza vie d’uscita nella quale li aveva relegati l’intransigenza del loro voivoda. Alcuni dovettero suggerire una pace con il sultano, che poteva attaccare in ogni momento la Valacchia con la scusa del tributo non riscosso. Alla fine i loro timori si rivelano infondati perché Maometto II si limitò a conquistare Semendria e altre fortezze, mettendo cosi fine all’indipendenza dello stato servo per oltre tre secoli e mezzo. Pasqua di sangue Vlad vedeva la propria posizione indebolirsi sempre più all’interno del suo paese. Avendo egli una concezione molto particolare della condizione di «sovrano», si sentì in dovere di reagire. Il suo piano d’azione ebbe il merito della semplicità: sbarazzarsi di tutti i possibili traditori e sostituirli con dei fedelissimi. Per portare a termine questo piano, organizzò un gran banchetto nel palazzo principesco di Tãrgovişte la domenica di Pasqua del 1459 che, quell’anno, cadeva il 25 marzo. Il racconto del pamphlet tedesco del 1463 descrive la scena: ”Invitò a casa sua tutti i signori e i nobili del paese; quando il pranzo ebbe fine, si rivolse al più anziano e gli chiese di quanti voivoda o principi che avessero regnato sul paese si ricordasse. L’uomo rispose quel che sapeva; poi interrogò anche gli altri, giovani e vecchi, e a ciascuno chiese quanti poteva ricordarsene. Uno rispose cinquanta, un altro trenta, uno venti, un altro dodici, e nessuno era abbastanza giovane per ricordare [ meno di ] sette. Allora fece impalare tutti quei signori che erano in numero di cinquecento”. Cinquecento persone impalate in occasione del memorabile banchetto dato nel palazzo di Tãrgovişte, la cifra è, oltre che impressionante, falsa. Teniamo innanzitutto presente che questo raduno non si è potuto svolgere all’esterno, poiché era il 25 marzo. Bisogna allora prendere in considerazioni le dimensioni del salone per i ricevimenti del palazzo, oggi in rovina, ma che è stato studiato dagli archeologi. Esso era lungi dall’essere immenso: lungo dodici metri e largo sette. Non vi si poteva sistemare più di due tavoli nel senso della lunghezza e una in quello della larghezza, dove sedeva il principe. Anche se ciascuno dei due tavoli fosse stato lungo dieci metri (bisogna mettere il passaggio dei servi e dei piatti) e anche se i convitati si fossero suddivisi sui due lati del tavolo, non si sarebbe potuto sedere più di quaranta persone. Considerando il principe, il metropolita, che sedeva alla sua destra, e qualche altro favorito sistemato vicino al voivoda, non si può comunque sorpassare la cifra di una cinquantina di persone. A ogni modo, la notizia cinquanta boiardi massacrati dovette aver fatto senz'altro scalpore. Stranamente, nelle fonti contemporanee non si trovano altre testimonianze su quest’evento. Naturalmente esistono coloro che descrivono la morte dei nemici del voivoda, uomini, donne, bambini impalati, bruciati vivi, sepolti fino al collo nella terra e poi finiti con le frecce, bolliti nei calderoni, impiccati, decapitati, eccetera. Possiamo dunque concludere che il massacro della domenica di Pasqua del 1459 ha avuto come vittime soprattutto i boiardi che non appartenevano alla cerchia dei consiglieri del principe. Vlad, dunque, si circondava di uomini di fiducia di ogni specie, anche turchi e tartari. La sua corte doveva assomigliare a quella dei sultani ottomani, dove si parlavano le lingue slave, il greco e, per ultimo, il turco. Nello sterminio del 1459, le cifre riferite dai contemporanei - 500 boiardi nei pamphlet tedeschi, alle quali si aggiungono 20.000 persone secondo Calcondila - sarebbero dunque esagerate e risulterebbero dalla confusione con altre azioni violente del principe. Calcondila riferisce anche che Vlad confiscava i beni delle vittime per donarli ai suoi favoriti, uomini nuovi che non facevano parte della nobiltà valacca. Dan III e il colpo di statoNell’epoca in cui Vlad Dracula massacrava i suoi oppositori in Valacchia e conduceva una guerra commerciale contro i sassoni della Transilvania, la guerra civile continuava a dilaniare l’Ungheria, dove Mattia Corvin portava avanti la lotta contro Federico III. Fu allora che una tregua di dieci mesi (dal 24 agosto 1459 al 24 giugno 1460) mise provvisoriamente fine alle ostilità tra l’imperatore e Mattia, che ne approfittò per restituire la libertà allo zio. Mattia Corvino promise di partecipare alla crociata a capo di 40.000 uomini, ma a condizione, lui pure, della pace con l’imperatore e del suo riconoscimento come re d’Ungheria. Il papa Pio II gli offrì allora una somma di 40.000 ducati per finanziare il riscatto della corona, a patto che non concludesse nessuna pace separata con Maometto II. Per ottenere il suo scopo, però, Mattia aveva più che mai bisogno dell’aiuto dei sassoni della Transilvania, che partecipavano per Federico III nonostante la generosità che il re aveva dimostrato nei loro confronti. L’ultimo ostacolo a quest’intesa rimaneva Vlad Dracula e la sua intransigente politica di guerra commerciale. Il principe valacco si rivelava a tutti gli effetti un vassallo scomodo, indipendente e guerrafondaio nei confronti di quei turchi che Mattia voleva tenere a distanza finché il suo conflitto con Federico III non si fosse risolto. E questo nonostante l’impegno solenne di partecipare alla crociata, poiché il giovane re sapeva benissimo che una guerra su due fronti rischiava di essere disastrosa sia per l’Ungheria sia per lui stesso. Ecco perché autorizzò il pretendente Dan a scacciare Vlad dal trono della Valacchia. Dan, passato alla storia romena con il nome di Dan III, godeva dell’appoggio degli abitanti di Braşov che gli concedevano ospitalità e gli fornivano il denaro necessario all’arruolamento dei mecenati. Questo denaro proveniva, almeno in parte, dalla vendita delle mercanzie dei privati cittadini della Valacchia bloccati a Braşov. Non appena le nevi iniziarono a sciogliersi, durante la settimana di Pasqua del 1490 - che cadeva il 13 aprile - Dan III varcò la frontiera e marciò contro le forze di Vlad Dracula. L’impresa non fu coronata dal successo, anzi. Il 22 aprile un certo Biagio annunciava da Pest agli abitanti di Bafta (Bardejov, in Slovacchia) la disfatta del pretendente, la sua cattura, la sua decapitazione e le sevizie che Dracula aveva inflitto ai partigiani di Dan. Il pamphlet tedesco del 1460 aggiunge un dettaglio macabro: “[Dracula] fece prigioniero il giovane Dan e fece leggere l’orazione funebre dai suoi sacerdoti; quando ebbe finito, fece scavare una tomba secondo l’usanza cristiana e vicino a questa lo decapitò”. |
Post n°1093 pubblicato il 10 Maggio 2009 da stregacattiva2
Primo regno di Vlad Dracula Il primo regno di Dracula non durò a lungo: il 17 dicembre a Costantinopoli corse voce che fosse sconfitto da Giovanni Hunyadi, il quale lo avrebbe anche condannato a morte. Questa doppia informazione è falsa perché Hunyadi ritrovò la libertà solo a Natale. Fu dunque Vladislav II, infine rientrato da Kosovopolje, a scacciare Dracula dalla Valacchia verso la fine di novembre. Ed egli, costretto nuovamente all’esilio, trovò rifugio in Moldavia. Non aveva regnato che due mesi, forse tre, senza infierire nei confronti di quanti si erano schierati contro di lui con i Dăneşti. Non si ha notizia di stragi o altre forme di rappresaglia, in quel breve periodo, verso le popolazioni che avevano in qualche modo accettato l'usurpatore. Nulla che anticipasse la ferocia delle sue gesta successive. Grande deve essere stata l'amarezza del giovane principe detronizzato nel constatare che, nonostante la buona disposizione verso i propri feudatari, non ci fosse tra questi nessuno disposto ad aiutarlo. Chi, d'altronde avrebbe avuto l'ardire di opporsi allo strapotere degli Hunyadi? Dracula avrebbe fatto tesoro a proprio modo di questa lezione, convincendosi per il futuro dell'inutilità della clemenza. Ne sarebbero scaturiti orrori a non finire, alimentati di vendetta e anche dalla certezza che solo attraverso il terrore potesse esprimersi la regalità, ma non era quello il momento più adatto per elaborare una filosofia del potere. Solo e senza terra, Dracula doveva decidere dove rifugiarsi. Di una cosa era certo: non poteva tornare indietro, nel grembo caldo della corte ottomana. Aveva chiara percezione del disappunto con cui sarebbe stato accolto dal sultano dopo questo insuccesso. Evitò dunque di ricorrere la via del sud, donde era venuto, e proseguì verso nord, chiedendo asilo in Moldavia dove regnava suo zio Bogdan. Fu accolto con ogni riguardo, e nuovamente istruito alla religione cristiana insieme al cugino Stefano, coetaneo generoso e di vivace intelligenza, col quale immediatamente si intese. Nacque tra i due giovani, mentre studiavano sotto la guida di monaci greci, un'amicizia così fraterna che si scambiarono un giuramento di mutuo soccorso per la vita. Entrambi ambivano a un trono. Quello che vi fosse giunto per primo avrebbe aiutato l'altro ad ascendere al proprio. Era un giuramento più impegnativo per Stefano che per Dracula, poiché Stefano una corona già l'aveva, saldamente tenuta dal padre, mentre quella di Dracula era usurpata dai Dăneşti. Ma era talmente incerta la stabilità di certe signorie che i cambiamenti di scena più inattesi erano all'ordine del giorno. Infatti, tre anni dopo, una congiura di palazzo spazzava via Bogdan dal suo trono, del quale si impossessava un avventuriero di nome Petru Aron, Bogdan cadeva sotto i pugnali dei congiurati, suo figlio Stefano e il nipote Dracula riuscivano a fuggire. Rinnovarono, nel separarsi, il loro giuramento di amicizia, obbligando quello dei due che avrebbe avuto maggiore fortuna a soccorrere l'altro.
Ritorno in Transilvania Delle tre province rumene nelle quali si riconosceva per tradizione la famiglia bessarabica, cui Dracula Vlad apparteneva, la Valacchia era in mano ai Dăneşti, la Transilvania agli Hunyadi, la Moldavia all'usurpatore Aron. Non c'era molta scelta, ma VIad seppe scegliere ugualmente nel modo per lui più conveniente, prendendo una decisione che avrebbe cambiato per sempre la sua vita, consentendogli di riconquistare il trono paterno. Lo aiutarono in questo l'audacia, il calcolo politico e, certamente la disperazione: scelse Giovanni Hunyadi, l'assassino di suo padre e suo fratello, che con quel doppio delitto aveva estinto verosimilmente la propria sete di vendetta. Vlad aveva percepito la predisposizione del “Cavaliere Bianco” a farsi tutore di ogni principe in difficoltà per potersene poi servire ai propri fini. Aveva intuito soprattutto che difficilmente i Dăneşti avrebbero potuto tenere il principato di Valacchia, il più esposto a meridione, senza giungere a compromessi con i turchi. Così era stato per suo padre, così sarebbe stato per Vladislao II; e allora Giovanni gli si sarebbe messo contro. Fu in vista di quel momento che Dracula scelse gli Hunyadi e che questi scelsero lui prendendolo sotto la loro ala protettrice, con quella lungimiranza che faceva vedere loro la necessità, prima o poi, di liquidare i Dăneşti. Come sostituto di questi ultimi sul trono di Valacchia, se un'operazione del genere si fosse resa necessaria, il figlio di Dracul era perfetto, perché legittimato oltre tutto da risapute ragioni dinastiche. |
Post n°1092 pubblicato il 09 Maggio 2009 da dracula56
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Post n°1091 pubblicato il 07 Maggio 2009 da dracula56
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Post n°1090 pubblicato il 07 Maggio 2009 da stregacattiva2
Vlad III di Valacchia (Sighişoara, 2 novembre 1431 – dicembre1476) fu un voivoda valacco. Conosciuto anche come Vlad Ţepeş (pronuncia: /tsepeʃ/) o Vlad l'Impalatore fu, a più riprese, principe di Valacchia: nel 1448 dal 1456 al 1462 ed infine nel 1476. Grazie al suo dominio, il principato di Valacchia riuscì a mantenere la sua indipendenza dall'Impero ottomano. La sua crudeltà gli valse il soprannome di Ţepeş, che in rumeno significa l'Impalatore. L'origine del nome Vlad, come suo padre Vlad II, apparteneva all'Ordine del Dragone (ordo draconistarum), creato nel 1408 da Sigismondo di Lussemburgo re d'Ungheria. Scopo dell'ordine era di proteggere la Cristianità e lottare contro i Turchi. Il padre Vlad II fu chiamato Dracul il cui significato era "Dragone" dato che questi divenne il suo simbolo. Per questo il figlio venne chiamato in romeno Drăculea (che puo significare l'appartenenza, la discendenza dal "Dracul"). Per una curiosa coincidenza, in rumeno il termine Dracul poteva essere interpretato anche come Diavolo o può essere interpretato come storpiatura del nome dragul- cioè caro, prezioso. Vlad III divenne dunque "Figlio del Diavolo". Ma il nome con cui Vlad era veramente ricordato è il rumeno "Ţepeş", che significa l'impalatore, poiché quello era il supplizio a cui usualmente condannava i propri nemici. E ne aveva tanti: soprattutto i turchi, ma anche i commercianti sassoni e i mendicanti valacchi, e le donne adultere; questo genere di punizione era tipicamente ottomana. Questi ultimi si riferivano a Vlad come Kaziglu Bey, cioè il Principe impalatore, termine attestato a partire dal 1550. Delle sue crudeltà parlano in modo particolare le Cronache dei sassoni, cronache provenienti dall'epoca.
La giovinezza Dracula aveva diciotto o diciannove anni quando s’impossessò del trono dei suoi avi, la stessa età di Murad II e di Maometto II quando salirono sul trono dei sultani ottomani. A differenza di questi sovrani, però, Vlad vantava un’esperienza più ricca, frutto dei soggiorni trascorsi, a partire dalla nascita, in tre «mondi» diversi: Sighişoara e il mondo dei Sassoni della Transilvania, la Valacchia dove aveva trascorso i suoi anni più belli, quelli del passaggio dell’infanzia all’adolescenza, e infine il mondo ottomano dall’Anatolia e di Adrianopoli, dove aveva vissuto dal 1444. Dracula visse la maggior parte dell’adolescenza in Valacchia, in condizioni molto diverse da quelle della sua infanzia. L’insediamento del paese sul trono coincise con l’uscita di Vlad dall’infanzia (puer) e con l’ingresso in una situazione diversa (adulescens), come sempre avviene quando un giovane lascia la società femminile (madre, balie, serve) ed entra in quella degli uomini. Per Vlad questo cambiamento coincise con la scomparsa della madre (o con la separazione dei genitori), e forse ciò poté essere causa di un trauma psicologico. La rottura del contatto con la madre potrebbe spiegare alcuni tratti del suo carattere, come la durezza e l’insensibilità nei confronti della sofferenza altrui, e in particolar modo le terribili torture e sevizie che avrebbe riservati alle donne, ai bambini e ai neonati. Comunque sia, la presenza al fianco del padre di una matrigna, una principessa moldava (Marina?), che darà alla luce due figli - Radu e Alessandra - dovette affrettare l’ingresso di Dracula nel mondo degli uomini. A partire dal 1444, quando aveva quattordici o quindici anni, l’età che segnava il passaggio allo stato di «giovane» (juvenis), quindi di maggiorenne, Vlad Dracula dovette fare i conti, suo malgrado, con un terzo universo: il mondo musulmano dell’Asia minore e poi di Adrianopoli, in Europa. La società nella quale si ritrovò immerso non assomigliava in nulla e per nulla a quella in cui era cresciuto. Le usanze, la lingua, la religione, i vestiti, tutto gli era estraneo. Rimase subito colpito dalla venerazione di cui godeva il sultano da parte dei sudditi, che si consideravano come suoi schiavi. Per forza di cose tutto ciò impressionò Vlad, che era abituato alla preminenza dei gran signori (jupan) e dei loro clan negli affari dello stato valacco, al loro spirito frondista, al loro orgoglio e alla loro brutalità. Anche la profondità religiosa dei musulmani, le loro usanze semplici e il loro amore per la giustizia dovettero incuriosire Dracula. Alla corte del sultano, dove visse almeno un anno, poté osservare la straordinaria varietà di nazionalità che formavano la sua cerchia: nobili provenienti dalle grandi famiglie turche dell’Anatolia, greci rinnegati, serbi, albanesi, arabi, africani, italiani, persiani, eccetera. L’amore dei turchi per la guerra, per i cavalli e per il loro dio alimentava un’atmosfera strana, quasi eroica. Bisogna dire che i sultani sembravano disporre, soprattutto in Asia, di un serbatoio inesauribile di uomini. Le città, l’artigianato e il commercio prosperavano, i contadini vivevano di gran lunga meglio che nei paesi cristiani. E anche i sudditi cristiani non avrebbero rinunciato per nulla al mondo a vivere sulle terre del sultano. Infine, e contrariamente a un’opinione ancora tenace, i turchi non inducevano i cristiani a convertirsi per forza: si poteva rimanere cristiani e godere della fiducia del sultani e degli alti dignitari. Fu il caso di molti greci e italiani, che ne hanno lasciato testimonianza nei loro scritti. |
Post n°1089 pubblicato il 05 Maggio 2009 da stregacattiva2
La maggior parte delle streghe crede in una forza creativa che possiede gli elementi ed i poteri in forma sia maschile che femminile. Frequentemente si usa l'espressione "Dea e Dio" per descrivere quest’energia in un modo che sia accessibile alla mente umana. Altri attributi sono la mela ed il cane [cane che sarà proprio anche di Diana; mentre l'animale sacro ad Ecate è anche il serpente, come simbolo di terra, da intendersi non nel senso cristiano, ma in quello più antico di tale animale, ovvero quello che ora conosciuto ome drago]. |
Post n°1088 pubblicato il 04 Maggio 2009 da stregacattiva2
L'epoca del Re Artu', corrispondente al V secolo della nostra era, coincise con il massimo splendore della saggezza e della magia celtica nelle isole britanniche. |
Post n°1087 pubblicato il 01 Maggio 2009 da dracula56
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Post n°1086 pubblicato il 29 Aprile 2009 da stregacattiva2
L'Akasha, l'elemento invisibile Per una strega e' indispensabile conoscere e saper usare i 5 elementi... Si 5. Concentratevi sulla vostra mente e cercate di percorrere la struttura del vostro ultimo pensiero, cercate di capire da cos'e' stato creato, passate ora al pensiero precedente e ripetete l'esercizio per 2 settimane, cercando di tornare sempre di piu' indietro, saprete voi quando fermarvi.
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Post n°1085 pubblicato il 27 Aprile 2009 da dracula56
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Post n°1084 pubblicato il 27 Aprile 2009 da stregacattiva2
L'acqua rappresenta il potere mentale, basta bere da una fonte di montagna per avvertire la sua potenza, e' in sintesi il componente principale della vita, viene considerata "la grande ingannatrice" poiché con i suoi riflessi di luce inganno lo sguardo. Come disporre questo elemento sull'altare? Queste creature sono pericolose, visto che nessun uomo puo' resistere ai loro richiami, e quando il mal capitato si avvicina a loro muore affogato. I momenti migliori per vederle sono all'alba e al crepuscolo, portate con voi un rametto di salice, vi proteggera' dalla loro malia. Dirigetevi verso la piu' vicina sorgente, cascata o piu' semplicemente presso un fiume o un lago, il potere di questo elemento e' duplice puo' essere sia buono che cattivo, tutto sta in cio' che volete chiedere.
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