Messaggi di Agosto 2017
Post n°2327 pubblicato il 30 Agosto 2017 da namy0000
“Corso di educazione all’affettività e alla sessualità, tenuto da Valentina Pasqualetto e Matea Rocca nell’ambito dell’Istituto Iner di Verona, presieduto da Giancarla Stevanella in collaborazione con Pietro Boffi.. Il vero guadagno del corso è stato l’aspetto interiore: ‹‹Ci è stato fatto presente che non siamo solo un corpo ma un’anima di cui tenere conto e sentirselo dire da un adulto è stato importante››. I ragazzi, soprattutto se maschi e dell’età delle medie, ignorano la fisiologia del corpo, ma tutti, anche alle superiori, credono nell’amore per sempre e hanno un estremo bisogno di sentirsi speciali. Eppure per tutti loro fondamentale è stato sentirsi dire che sono speciali e importanti come “diamanti”. ‹‹Ci sentiamo come gli altri invece ognuno di noi è speciale››, commenta Asia, 14 anni. ‹‹È stata una bella lezione di autostima soprattutto in un mondo come quello in cui viviamo››. ‹‹Avevo bisogno di sentirmi speciale. Spesso ci sottovalutiamo e non capiamo quanto siamo importanti prima di tutto per noi stessi››, dice Matilde, 13 anni. Rispetto alle conoscenze, Fabio, 14 anni, ha capito di non conoscere perfettamente il suo corpo ed è stato utile comprendere ‹‹che ognuno si sviluppa in tempi diversi e non bisogna vergognarsi, perché prima o poi tutti arrivano allo stesso punto››. E ha scoperto che ‹‹i cambiamenti del corpo determinano anche il modo di pensare e introducono a un mondo più serio››. Leo, 14 anni, dal canto suo, è rimasto colpito da come i maschi siano ‹‹più oggettivi, mentre le femmine pensano più ai sentimenti›› e per la sua vita personale ha imparato come approcciarsi all’altro sesso ‹‹e non aver paura di essere rifiutato. Perché ho già provato a innamorarmi e a non sapere come esprimerlo››. Dalila, 14 anni, conosceva il suo corpo ma non quello dei maschi. ‹‹Ora ho capito anche perché la pensano in maniera diversa››. Per Giacomo, 13 anni, è stato difficile “digerire” i cambiamenti, per lui ma anche per i suoi genitori. ‹‹Noi ci arrabbiamo per delle libertà che non ci lasciano e intanto loro stanno cercando di abituarsi››. Anche se genitori, e gli adulti più in generale, restano tra le persone di riferimento per confrontarsi su amore e sessualità. Dalila parla con la madre o con la sua miglior amica; Matilde con le amiche, ma anche con i genitori: ‹‹In generale con le persone di cui mi fido››. Asia ne discute con la sua miglior amica e la sorella di tre anni più grande, mentre con i genitori fa più fatica: ‹‹Il coetaneo ti capisce prima e meglio››. Fabio parla con la sorella, ‹‹anche se dei miei mi fido perché hanno già fatto questa esperienza››. Giacomo con gli amici maschi ‹‹anche se crescendo la differenza sbiadisce››. Matilde con le femmine parla di sentimenti e sessualità, con i maschi di scuola e hobby, ‹‹le cose profonde tra noi, quelle light con loro››. Leo, ‹‹ai maschi dei maschi, e alle femmine delle femmine››.
Tutti guardano con diffidenza a Internet per informarsi, ‹‹perché non è attendibile, non dice verità ma pareri, e lo fa con una certa incoscienza››” (Chiara Pelizzoni, FC n. 35 del 27 agosto 2017). |
Post n°2326 pubblicato il 29 Agosto 2017 da namy0000
“Il difficile rapporto tra giovani e fede. Alcuni neocresimati dicono: ‹‹Finalmente è finita, ci vediamo al matrimonio››. Che fede è mai questa? La vera fede è pane per i giovani di oggi, superficiali e fragili? Alcuni partecipano alla messa domenicale con i genitori come una prassi protrattasi nel tempo. La domenica: messa e pranzo con i genitori, grandi silenzi, telefonino, nessun dialogo. Catechisti e parroci, quando avete preparato i cresimandi avete letto loro il Vangelo, avete parlato di fede? La fede si conquista con lo studio, con i dubbi chiariti, parlando con Cristo a tu per tu. La fede tramandata e accettata nell’infanzia poi va coltivata. Senza fede si è fragili. Fede è fiducia e va stabilito un rapporto con Dio con la guida continua di un pastore. Gli incontri con i Papa mi sembrano solo incontri di fan con il loro divo – Elena”. “Un buon numero di giovani, dopo la Cresima, non va nemmeno più a messa. E il dialogo sembra assente, perché tutti si isolano con il telefonino in mano e la cuffietta nelle orecchie. Tu fai bene, cara Elena, a sottolineare l’importanza di una fede autentica, da coltivare giorno dopo giorno e non tirare fuori solo negli incontri col Papa. Eppure proprio in questi incontri si vede come il Papa riesca a rompere il muro della chiusura. Penso che dovremmo essere noi adulti a chiederci perché non riusciamo a parlare con i millennials, perché non siamo riusciti a trasmettere loro quella fede autentica che vorremmo che loro facessero propria. Sono convinto che la crisi è prima di tutto nostra, di noi adulti, della nostra fede superficiale, a volte troppo formale, che sembra non avere a che fare con le scelte della vita quotidiana, con l’amore verso tutti che il Vangelo ci insegna” (don Antonio, FC n. 35 del 27 agosto 2017). |
Post n°2325 pubblicato il 29 Agosto 2017 da namy0000
Alaa, il violinista in fuga dalla Siria a Milano, (Avvenire, Ilaria Sesana, 21 febbraio 2016). Occhi chiusi, concentrato sulle note del suo violino. Mentre suona, il volto di Alaa mostra più della sua vera età. Solo quando stacca l’archetto dalle corde, il suo viso si apre in un sorriso. Rivelando i suoi trent’anni e le sue speranze per il futuro. Ed è proprio Hope (Speranza) il titolo della traccia che chiude Sham, l’album di debutto del violinista siriano Alaa Arsheed. «Spero che si arrivi finalmente alla pace in Siria, voglio un futuro senza guerra e senza morte. Vorrei avere al più presto i documenti, per far venire in Italia i miei genitori, che sono rimasti sotto le bombe», racconta il giovane siriano, uno dei pochi ad aver presentato domanda d’asilo nel nostro Paese, a Milano. E che proprio nella città lombarda sogna di costruire il proprio futuro, sempre all’insegna della musica e della cultura. «Ho iniziato a suonare il violino a otto anni» spiega Alaa, nato e cresciuto in una famiglia di artisti. A Suwayda, città nel sud della Siria, il nome degli Arsheed è legato a filo doppio a quello del caffè-galleria 'Alpha' che la famiglia aveva aperto nel 2006. «Abbiamo allestito più di 140 eventi. Alpha era il primo spazio della città non legato al governo, dedicato solo all’arte», un luogo dove la gente di Suwayda poteva respirare un soffio di libertà, malgrado l’opprimente cappa del regime di Assad. Un sogno che, purtroppo, è durato solo cinque anni. Nel febbraio 2011 scoppia la breve primavera siriana. Alaa e tanti altri giovani come lui, colti e liberali, guardano quello che succede in Egitto e in Tunisia e accolgono i primi fermenti rivoluzionari con la speranza di poter costruire un Paese migliore. Il sogno, però, finisce troppo presto e in maniera tragica. Alaa decide di lasciare la Siria: la rivoluzione, appena sbocciata, lo ha già deluso. «Ci credevo. Ma adesso cosa rimane? Assad era un male per la Siria e ora invece abbiamo lui e il Daesh». Così Alaa fugge a Beirut, dove inizia a costruirsi una nuova vita, sempre accompagnato dall’inseparabile violino «comprato da un artigiano ucraino a Odessa». Suona nei teatri, ai matrimoni, nei locali. «Ho anche iniziato a studiare come tecnico del suono per lavorare nel cinema». Vive nel Paese dei Cedri per quasi quattro anni assieme al fratello Ayan e alle due sorelle Maruka e Kinda, tutti musicisti come lui. Poi, l’incontro con l’attore Alessandro Gassmann cambia la sua vita: Alaa è uno dei protagonisti del documentario 'Torn' che racconta le storie degli artisti siriani in esilio. «Poco dopo mi ha contattato la fondazione 'Fabrica' di Treviso, che mi ha offerto una borsa di studio e la possibilità di incidere il mio primo album», racconta felice il ragazzo. Così è nato 'Sham', che già nel titolo, riproponendo l’antico nome di Damasco, racchiude l’amore di Alaa per il suo Paese. «Ora il mio sogno è quello di aprire un’altra galleria d’arte come quella creata da mio padre – spiega Alaa –. Un luogo dove le persone possano parlare attraverso l’arte». È convinto che l’Italia e Milano siano il posto giusto per realizzare questo progetto. |
Post n°2324 pubblicato il 27 Agosto 2017 da namy0000
“Forse non c’è dono più grande del dono della speranza. È un bene primario. Possiamo essere sazi di merci e di ogni bene di comfort, ma morire disperati. Sempre, ma soprattutto quando attraversiamo i deserti, la terra promessa appare irraggiungibile, l’esilio infinito. Chi ci dona speranza vera e non vana, prima guarda negli occhi la nostra disperazione, l’attraversa, la fa sua. Lotta contro le false speranze, subisce tutte le conseguenze e le ferite della lotta, resiste a quella dimensione di pietasumana che porta tanti a cedere alla tentazione di offrire false consolazioni - a sé stessi e agli altri. I profeti, dal centro della notte, ci annunciano un’alba vera, che ancora non vediamo ma che possiamo intravvedere con i loro occhi. Come quando tutto attorno dice da molto tempo soltanto morte e vanitas, e un amico, un giorno, ci parla del paradiso. E, questa volta, ci sembra finalmente tutto vero, oltre i paradisi artificiali che ci avevano ingannati nell’età dell’illusione. Ed è, finalmente, tutto grazia, tutto charis, tutto gratuità: «Curerò la tua ferita e ti guarirò dalle tue piaghe» (Geremia 30,17). |
Post n°2323 pubblicato il 27 Agosto 2017 da namy0000
“Genesia. Una donna senza età, che ha portato avanti i suoi anni con serenità e coraggio e allegria, affrontando le difficoltà della vita con il sorriso. Venne a casa mia quando i miei primi due figli erano molto piccoli e io pretendevo che indossasse la divisa blu e il grembiule bianco. Li metteva per farmi piacere, ma preferiva i lavori più semplici, come pulire il terrazzo, mettere in ordine il giardino e cantare con i bambini. Poi le venne offerto un lavoro di grande responsabilità e soprattutto d'amore: occuparsi della vita di un ragazzo che non sapeva esprimersi e aveva bisogno notte e giorno della presenza di qualcuno che si occupasse di lui. Genesia divenne il suo angelo custode che lo accompagnò dall'infanzia alla maturità con attenzione, con affetto, con infinita pazienza. Questa donna semplice si è sempre fatta amare perché molto ha dato di sé e anche ora che la sua salute sembra che lentamente l'abbandoni ancora pensa agli altri e mi scrive: «Vi porto sempre nel mio cuore, ma soprattutto nelle preghiere. Vi voglio un bene dell'anima». Saper amare nella gioia, nella sofferenza, nella pietà ecco la lezione di questa persona di modesta cultura, ma di grande scuola di umanità. Quante volte dimentichiamo di guardarci attorno, tra la gente meno conosciuta dove vivono in silenzio i tesori più grandi della vita. Per loro non ci sono alti titoli di giornali, né trasmissioni televisive ma appena un grazie talvolta a voce bassa da chi viene aiutato. È una gratitudine che sale veloce tra le nuvole del cielo dove, ci raccontava la nonna, qualcuno scriveva sul libro d'argento le cose buone da ricordare. Una favola? Abbiamo bisogno delle favole anche oggi quando le crude realtà della cattiveria umana ci vengono dispensate ogni giorno con tutti i particolari. Impariamo a guardare il mondo con gli occhiali della misericordia e della pace, con la luce di una gioia anche creata da noi stessi forse per non piangere. Sfogliamo l'album del tempo alla ricerca di quel bene che è di tutti ed esiste, altrimenti non ci sarebbe vita sulla terra. Cerchiamo un appoggio quando siamo soli, basta saper chiedere, non temere di essere giudicati, non pretendere da noi stessi una forza che non abbiamo. Il silenzio sul proprio dolore è difficilmente positivo, mentre condividere è già vincere. Grazie anche a te Genesia per avermi fatto vedere come il proprio male è sopportabile se prima hai ascoltato quello degli altri”. () |
Inviato da: Penna_Magica
il 08/02/2024 alle 11:19
Inviato da: cassetta2
il 27/12/2023 alle 17:41
Inviato da: cassetta2
il 11/09/2022 alle 12:06
Inviato da: cassetta2
il 31/08/2022 alle 18:17
Inviato da: cassetta2
il 09/05/2022 alle 07:28