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Messaggi del 06/12/2017

Io dico che

Post n°2449 pubblicato il 06 Dicembre 2017 da namy0000

…”‹‹Io dico che l’ansia è la modalità relazionale della nostra epoca››, ho annunciato alla mia amica.

‹‹Ora sì che mi sento meglio››, ha risposto. ‹‹Pensavo che fossimo delle fifone››.

‹‹Essere fifone va di moda››, ho sentenziato impugnando il cellulare e facendo partire con dita tremanti venti minuti di rumore di pioggia.

Passato il panico da caffeina, abbiamo mandato messaggi agli attivisti che avevamo invitato per intervistarli, chiedendogli se non gli dispiaceva, al posto della prevista orgia chimica, bere un buon tè vestiti comodi in un’atmosfera rilassante. Hanno tutti reagito con immediato sollievo. Uno si è offerto di portare una borsa di pigiamoni a tema animale e del gelato: si preannunciava una serata storica.

Oggi, se sei fico soffri d’ansia. Non sto dicendo di appartenere alla categoria. Correlazione, come tutti sanno, non vuol dire causalità e, da fonti affidabili, so che quelli veramente fichi sanno anche usare Snapchat, indossano tute a fiori e riescono a rapportarsi con le persone da cui sono attratti senza fare smorfie come un cocker sotto acido. Nonostante questo, se il disturbo definitivo degli anni Novanta era la depressione, l’emergenza di disturbo mentale che rende il mondo quello che è – esausto, instabile e con un gran bisogno di starsene sdraiato per una decina d’anni – è l’ansia.

L’onnipotenza dei disturbi legati all’ansia può lasciare sbalordito chiunque non guardi le notizie da un po’, e quindi non sappia di quanta roba la maggior parte di noi deve preoccuparsi. Quasi una persona su cinque, tra gli statunitensi con più di tredici anni, soffre d’ansia, e tra le donne il dato raddoppia. Depressione, ansia e disturbi correlati sono aumentati in modo costante nei dieci anni trascorsi dalla crisi economica, e la colpa non è solo delle case farmaceutiche cattive. A giugno Alex Williams ha passato in rassegna sul New York Times una serie di libri autobiografici sull’ansia in cima alle classifiche, osservando che ‹‹la nazione del Prozac si è trasformata negli Stati Uniti dello Xanax››. … ‹‹Succede tutto troppo››. È un problema profondo e allo stesso tempo profondamente moderno. Il problema, nello specifico, è che molti di noi vivono in paranoia e, al di là che abbiamo o meno buone ragioni per farlo, il panico ininterrotto è debilitante. … ‹‹Ogni fase del capitalismo››, dice il collettivo Plan C, ‹‹ha un sentimento di fondo che fa da collante. Il segreto meno segreto della nostra epoca è che tutti soffrono d’ansia››. … Ogni forma d’intensità, espressione personale, legame emotivo, immediatezza e piacere oggi è impregnata dall’ansia, che è diventata il fulcro intorno al quale ruota la subordinazione. Una componente rilevante del sostrato sociale alla base dell’ansia è la multiforme onnipresenza della rete di sorveglianza che ci circonda. … Ma questa rete visibile è solo lo scudo esterno. È necessario riflettere su come la concezione neoliberale del successo inculchi questi meccanismi di sorveglianza nella soggettività e nella storia personale di quasi tutta la popolazione, perché non riusciamo a trovare il modo di sottrarci da questa produzione di massa dell’ansia.

Pur essendo una risposta logica al sovraccarico di stress e insicurezza, l’ansia è anche un modo facile per mantenere le persone isolate, sottomesse e docili. Vivere in uno stato di agitazione permanente è sgradevole ma utile. Chi è ansioso produce, almeno fino a quando dalla produttività precipita in una condizione nota con eufemismi come “tracollo”, “stress” o ‹‹assoluto e invalidante crollo nervoso che ti fa girare in tondo come un topo sbattendo la testa contro un muro››. … Il problema non è che tanti di noi sono sempre preoccupati. È che abbiamo un sacco di motivi per esserlo. È vero sia a livello “micro” – come ripagherò i debiti accumulati per conseguire titoli di studio in teoria essenziali per un lavoro che non si trova? – sia a livello “macro”, quando coprendoci gli occhi sbirciamo al telegiornale boschi in fiamme e profughi di guerra, chiedendoci se valga la pena cominciare quel libro così lungo. La preoccupazione costante sarà anche nociva, ma non è priva di logica. Ovvio che io lo dica: soffro d’ansia. … Come osservano quelli di Plan C, ‹‹se la prima ondata della resistenza al capitalismo ci ha dato una macchina per combattere l’infelicità e la seconda una macchina per combattere la noia, ora ci serve una macchina contro l’ansia. Ancora non ce l’abbiamo. Per le persone è difficile passare dall’ansia alla rabbia, ed è facile fare il percorso opposto in seguito a un trauma››. … Ci siamo consolati come degli adulti, e a quel punto abbiamo tirato fuori il gelato e messo su i cartoni animati, premurandoci, se necessario, di prendere la medicina per dormire. Avere paura va bene. Non bisogna fare i duri. Siete autorizzati ad accumulare giochini antistress, a rintanarvi tra cuscini dai messaggi rassicuranti e a fare quel che serve per rimanere a galla in questa inquieta fase della storia umana. basta non arrendersi e non cedere”.

 

(Laurie Penny, Internazionale n. 1232 del 24 nov. 2017). 

 
 
 

Notizie FALSE

Post n°2448 pubblicato il 06 Dicembre 2017 da namy0000
 

2017, Il Post 5 dic.

Sul Corriere della Sera di oggi Angelo Panebianco – politologo, docente universitario ed editorialista di lungo corso – mette in fila una serie di luoghi comuni che fanno parte da anni del dibattito politico, e probabilmente sentiremo ancora più spesso con l’inizio della campagna elettorale dai partiti ma anche dai giornali.

A dimostrazione del fatto che le fake news non sono una invenzione recente, possiamo identificare una serie di asserzioni false che, a volte da decenni, vengono riproposte continuamente di fronte al pubblico. Queste falsità sono diventate luoghi comuni, acriticamente assunti come veri. Sono, almeno in parte, frutto di automatismi mentali, di cortocircuiti cognitivi. Per lo più, le asserzioni false circolano per una combinazione di interessi (qualcuno ha interesse a che il falso venga creduto vero) di chi le ribadisce e della pigrizia mentale di chi le ascolta. Faccio alcuni esempi scelti per la loro persistenza e per gli effetti negativi che tali falsità esercitano sulla nostra vita pubblica. Se ne potrebbero scegliere anche altri. Alcune di queste asserzioni false appartengono alla categoria «come imbrogliare i giovani». La più spudorata è quella secondo cui avremmo in Italia «pochi laureati». Detta così è una bugia. Abbiamo troppi laureati in giurisprudenza e troppo pochi laureati in fisica. Più in generale: troppi laureati in materie umanistiche, e in scienze umane, e pochi laureati nelle scienze hard. Questa distorsione penalizza i giovani laureati alla ricerca di una prima occupazione. Per eliminare la distorsione bisognerebbe introdurre il numero chiuso in tutti i corsi di laurea umanistici e di scienze umane. In modo da dare agli studenti liceali una bussola per orientare le scelte future.

 

I più dotati in materie umanistiche sapranno che, se quella è la loro vocazione, essi dispongono di buone chance per superare lo sbarramento del numero chiuso. Gli altri, se vogliono accedere all’Università, dovranno dedicarsi con impegno, già al liceo, allo studio della matematica e delle discipline scientifiche. Avremmo allora, in prospettiva, meno laureati (ma di migliore qualità) nelle umanistiche e più laureati nelle scientifiche. Mettendo fine a una distorsione che penalizza i giovani (e,per giunta, non mette a disposizione del mondo produttivo abbastanza «capitale umano»).

 
 
 

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